In Vlucht en einde van Joseph Roth schetst Morgenstern een zeer persoonlijk beeld van zijn bewogen vriendschap met Joseph Roth in politiek dramatische tijden.
Soma Morgenstern ontmoette Joseph Roth voor het eerst in 1909 in Lemberg (het huidige Lviv) tijdens een congres van Joodse scholieren. Hun gezamenlijke achtergrond – ze waren allebei afkomstig uit Galicië, een verre uithoek van het Habsburgse rijk, tegenwoordig Oekraïne – schiep meteen een gevoel van verbondenheid.
Beiden gingen in Wenen studeren en in de Eerste Wereldoorlog waren ze allebei soldaat in het Oostenrijks-Hongaarse leger. Vervolgens werkten ze als correspondent voor de cultuurpagina’s van de Frankfurter Zeitung – Morgenstern in Wenen en Roth in Berlijn. Toen in 1933 Hitler aan de macht kwam, vluchtte Roth naar Parijs, waar hij ten slotte in een klein hotel zijn laatste onderkomen vond. In 1938 vluchtte ook Morgenstern naar Parijs en hij nam een kamer in hetzelfde hotel. In weerwil van Morgensterns pogingen Roth van de drank af te krijgen, nam diens alcoholverslaving alleen maar toe, tot hij uiteindelijk in mei 1939 overleed aan de gevolgen ervan.
In Vlucht en einde van Joseph Roth schetst Morgenstern een zeer persoonlijk beeld van zijn bewogen vriendschap met Joseph Roth in politiek dramatische tijden.
Soma (real name Salomo) Morgenstern spent his childhood in various villages in Galicia. His father worked as a bailiff, but was also a Jewish scholar and fulfilled the functions of a prayer leader in the area where the Morgensterns lived at that time.
Morgenstern's upbringing was not only religious but also multilingual. In his childhood memories Ukrainian was his first language, though Yiddish became his native tongue. He also learned ancient Hebrew in order to understand religious texts, and sometimes went to Polish, sometimes Ukrainian village schools, in which he was also taught German. German would later be the language in which he wrote, in large part because his father held the language in high esteem.
After he left grammar school Morgenstern went to Vienna to study law in 1912, where his studies were interrupted by his military service during the First World War, meaning he only graduated in 1921. Afterwards he worked as, among others, as the Vienna correspondent for the Frankfurter Zeitung and moved in the intellectual circles of Vienna, and was befriended by, for example, the composer Alban Berg and the authors Joseph Roth and Robert Musil.
In March 1938 he fled Vienna via France (where he was repeatedly detained as a "foreign enemy") to New York in 1941, where he lived until his death in 1976. His son Dan Morgenstern is a well-known jazz historian, critic, lecturer and archivist at Rutgers University.
Apparsa per la prima volta nel 1994, quest’opera si basa su un dattiloscritto facente parte del Lascito dell’autore, morto a New York nel 1976, ormai dimenticato. Si presenta come una biografia di Roth ma sfocia , e in questo il sottotitolo “Ricordi” anticipa, in un disegno più ampio che va a collimare con la stessa esistenza di Morgenstern e insieme a lui con il ritratto di un’epoca. Insomma ci si ritrova a soddisfare la curiosità primaria rivolta a Roth e contemporaneamente, almeno nel mio caso, a scoprire l’interessante figura di Morgenstern. Egli scrive in qualità di amico, quello che fu per Roth durante la sua breve , ma non incompiuta, esistenza. Non si tratta di un’amicizia facile né tantomeno edulcorata, anzi è un rapporto che matura nel tempo, nato in maniera fortuita, esacerbato da sostanziali differenze etiche e morali, dalla condotta di vita, in cui l’unico collante è il medesimo destino storico: essere originari della Galizia, sudditi della vecchia Austria, novelli polacchi poi cittadini della nuova Austria per subire l’infausto destino di divenire dei profughi, rifugiati dapprima a Parigi, lì Roth morì, e poi in America. “Essere amico di un uomo per tutta la vita significa aver mangiato insieme a lui un sacco colmo di sale”, questo ribadisce Morgenstern a più riprese nello scritto, quasi a sottolineare la fatica che gli costò questa amicizia messa a dura prova dalle differenze sostanziali fra i due, dalla personalità di Roth estremamente istrionica, a tratti infantile e complessa . Basti pensare che questo caro amico ha rivisitato più volte i suoi cenni biografici, in vita, modificando di volta in volta il luogo di nascita, l’identità paterna ed è arrivato perfino a tacere la morte della moglie, schizofrenica, della quale diceva di essere ancora il maggiore sostentatore , soprattutto delle sue cure psichiatriche. Non bastasse questo, il rapporto è stato devastato dall’etilismo di Roth a cui Morgenstern dedica numerose pagine, dal suo lento insorgere fino alle crisi più acute intervallate da qualche timido tentativo di disintossicazione. Diventa impossibile per lo stesso amico scindere la persona dall’alcolizzato e dallo scrittore; emerge quasi una sorta di predestinazione alla dipendenza da alcool: l’unica possibilità che Roth si diede per non soccombere alla costante ricerca della sua identità minata dall’assenza della figura paterna, per non farsi schiacciare dal suo tempo storico e dalla perdita dei suoi ideali, per sopportare il costante stato di fuga al quale si era votato. Una vita sotto i riflettori, da giovane l’esperienza militare (mentì clamorosamente anche su quella restituendo il suo grado di sottotenente dopo l’invasione dell’Austria!), poi l’esperienza di giornalista inviato in diversi territori, le prime pubblicazioni in qualità di romanziere, seguito e acclamato in vita, costantemente in debito con qualcuno ma mai senza soldi, ai quali non attribuiva alcuna importanza, circondato da profughi, lavorava e beveva alla luce del sole facendo degli alberghi e delle loro sale di lettura, la sua dimora, il suo studio, la sua sala di ricevimento. Convinto monarchico lavorò affinché potesse essere restaurato l’impero affiliandosi agli indispensabili cattolici che riuscirono infine a impossessarsi delle sue spoglie, dopo la morte in ospedale per presunta polmonite, e a seppellirlo con rito cattolico, lui nemmeno battezzato. Le memorie sono ricche e corpose e sono preziose per la restituzione del tempo storico che le caratterizzò, io mi sono soffermata sulla figura di Roth, in realtà si legge tanto anche di Zweig, Musil e Kraus; ci sono puntuali riferimenti alla storia dell’Austria dell’intermezzo fino all’Anschluss, sono ben evidenziate le differenti posizioni ideologiche dei tre amici ; ai due di cui sopra occorre aggiungere il troppo pacifista e privilegiato Zweig, a detta di Roth. Ad arricchire la narrazione anche le curiosità circa la genesi dei romanzi più noti del nostro, con qualche curiosità rispetto al combaciare di alcuni personaggi con le persone che gravitarono intorno a lui e in ultimo una lettura circostanziata de “La leggenda del santo bevitore” che si vedrà non può affatto prescindere da questa biografia appena gustata. Su tutto, amichevole e impietoso il giudizio di Morgestein che reputava Roth un brillante giornalista e non un brillante romanziere, capace solo di magistrali descrizioni ma lontano dall’essere un narratore organico. Il volume, arricchito da un sostanzioso apparato di note, si chiude con uno scritto di Ingolf Scultz: “Soma Morgenstein. L’autore come sopravvissuto” , indispensabile e prezioso per capire questo autore di cui Adelphi promette nuove pubblicazioni.