Al centro di questo libro c’è il rapporto della vita umana con l’esperienza traumatica della perdita. Cosa accade dentro di noi quando perdiamo chi abbiamo profondamente amato? Quale vuoto si spalanca? Quale lavoro ci attende per ritornare a vivere? E cosa avviene quando questo lavoro risulta impossibile e ci sentiamo persi insieme a chi abbiamo perduto? Il lavoro del lutto e la nostalgia sono due esempi di come possiamo restare vicini a ciò che abbiamo perduto senza però farci inghiottire dal dolore. Mentre il nostro tempo esalta il futuro, il progetto, l’intraprendenza, il lutto e la nostalgia ci ricordano che lo sguardo rivolto all’indietro non è sempre segno di impotenza, ma può anche alimentare le risorse che servono per essere davvero capaci di non smettere mai di nascere.
Può la luce arrivare dal passato? Può esserci luce nella polvere?
He works in Milan as a psychoanalyst and is a member of the Lacanian School of Psychoanalysis, treasuring the Title AME. Founder of JONAS (Center for Psychoanalytic Research on New Symptoms). He teaches at the University of Bergamo and at the Freudian Institute in Milan.
“ […] il solo modo di portare a compimento un lutto è quello di riconoscerne la strutturale incompiutezza.”
La vita oscilla tra la perdita e il desiderio e forse la sfida esistenziale è riuscire a mantenere l’equilibrio tra queste due polarità fondamentali del nostro essere al mondo.
In questo saggio Recalcati analizza le diverse modalità di gestire il dramma della scomparsa di una persona cara, sapendo bene che- Freud insegna- il lutto è un lavoro psichico profondo, un lungo e tortuoso processo che dovrà portare il soggetto al superamento della fissazione melanconica sull’oggetto perduto.
Ma, a differenza di quel che pensava Freud, anche quando il soggetto è in grado di aprire il suo desiderio verso altro/altri, cioè in termini tecnici reinvestire la sua libido sequestrata dal lutto, il peso della perdita non può essere mai del tutto alleviato.
È lo Zarathustra di Nietzsche che, pur dichiarando il suo sì alla vita, dovrà portare sulle spalle il peso dell’acrobata precipitato dalla fune. Ovvero: il lavoro del lutto prevede sempre un resto, uno scarto, qualcosa che non si lascia né domare né dimenticare. Perché una parte di me se n’è andata con la persona scomparsa. E questo significa dolore. Irrimediabile dolore.
Eppure la luce di chi mi ha lasciato continua e continuerà a splendere in me finché vivo. Come il bagliore delle stelle morte arriva al mio sguardo superando i limiti dello spaziotempo, assenza che si fa presenza, misteriosa e imperscrutabile, eppure vera.
Ecco allora aprirsi un sentimento nuovo: la gratitudine. Che può intrecciarsi alla nostalgia perché “quello che è passato non è più tra noi ma, anziché diventare oggetto di un rimpianto regressivo, risplende nella sua assenza raggiungendoci come una visitazione inattesa”.
Una volta di più Recalcati non mi ha deluso. Sempre bravissimo nelle sue analisi e nello scrittura comprensibile a tutti ( chi è interessato, ovviamente ) ; conosciuto attraverso la televisione nelle sue" lezioni agli studenti " mi ha subito colpito per la sua capacità di arrivare a tutti con un linguaggio semplice e chiaro. Bibliografia molto fitta : citato spesso il mio amato Freud che mi rileggerò ( a spizzico)
É un bel libro in realtà incentrato sul rapporto che la vita umana stabilisce con le numerose perdite che la segnano, affronta temi interessanti e lo fa anche bene. Ci sono molti riferimenti a filosofi, artisti, opere letterarie e cinematografiche. Alcuni passaggi li ho trovati un po' noiosi e inutilmente ripetitivi, per questo non ho messo 4 stelle. Non sono sicura lo consiglierei a tutti. All'inizio stavo per abbandonarlo poi a dire il vero una volta finito l'ho rivalutato.
Diciamocelo: Massimo Recalcati è un maestro nell'analizzare e scandagliare le nostre parti più sottili e profonde. A parer mio, uno dei migliori attualmente in circolazione. Non c'è una parola di troppo, una sbavatura in questo libro delicato ma al contempo risoluto e puntuale. Trattare del lutto, della perdita, dell'allontanamento o scomparsa, è arduo, solo i poeti riescono a farlo con tale dolcezza e garbo. I poeti e Massimo Recalcati.
"El peso doloroso del duelo y su elaboración atroz, luego la incorporación del resto irreductible del objeto perdido. Algo de él o de ella quedará siempre con nosotros, acompañará nuestra existencia como la luz de las estrellas muertas. El hecho de que acarreemos con nuestros maestros, nuestros amores, nuestra infancia, con los detalles imborrables de nuestro pasado es lo que nos llama a decir que el trabajo del duelo nunca puede disolver por completo el objeto perdido, sino solo transformarlo en un remanente vivo que incorporamos a nosotros mismos."
Qué bella la imagen de incorporar nuestro pasado y nuestros duelos como la luz de las estrellas muertas, alumbrando nuestro futuro. El ensayo se inicia un poco denso describiendo tipos de duelo y, aunque a veces resulte repetitivo, acaba con un mensaje reconfortante cargado de consuelo. Justo lo que necesitaba en este momento. El psicoanalista italiano Massimo Recalcati sabe transmitir, "¡mantente lúcido!"
"Pero ¿no es acaso la herencia en sí misma la forma más alta de la nostalgia como agradecimiento?"
Ένα δοκίμιο για το δυσκολο θέμα του πένθους και της νοσταλγίας από τον Ιταλό αναλυτή, μια δυνατή προσπάθεια να αγγίξει κατι τόσο ευαίσθητο. Είναι χωρισμένο σε τρία μέρη. Στο Α μέρος αναλύει τη ψυχαναλυτική γνώση γύρω από το βιωμα του πένθους. Με ποιους τρόπους η ψυχή αποφεύγει την διεργασία του πένθους και πως την αρνείται? Η μελαγχολία και η μανιακή άρνηση ως αποφυγές τι αντίκτυπο έχουν σε όσους μένουν πίσω? Υφίσταται ποτε πραγματικη ολοκλήρωση/ λύση του πένθους ή παντα μα πάντα θα μένει κάτι ανολοκλήρωτο στην επεξεργασία του? Η διεργασία του πένθους είναι μια κοπιώδης ψυχική εργασία που απαιτεί χρόνο και αυτος ο ενδιάμεσος χρόνος ανάμεσα στο τραύμα της απώλειας και της διεργασίας συμβολοποιησης του είναι εξαιρετικής σημασίας. Όμως, είναι ένας χρόνος μη γραμμικος, έξω από τον κανονικό χρόνο, "η χρονικοτητα της διεργασίας του πένθους εξελίσσεται περισσότερο με τροπο σπειροειδη, σαν ένα είδος Ψυχικού κυματισμου" , κάπως σαν το υποσυνείδητο της γιουγκιανης ανάλυσης που δεν ακολουθεί τους νόμους του γραμμικού χρόνου. Για αυτό και το πένθος με τη μνήμη είναι άρρηκτα συνδεδεμένα και με πολύπλοκες συνδέσεις.
Στο Β μέρος αναλύει τη νοσταλγία. Ποια είναι τα πρόσωπα της νοσταλγίας? Πως σχετίζεται με το πένθος? Γίνεται να νιώσουμε νοσταλγία για κάτι που ακόμη δεν εχει συμβει? Υπάρχει ένας θετικός χαρακτήρας στη νοσταλγια που επανακινει τη ζωή?
Κλείνει με το Γ μέρος όπου συνδέει το πένθος και τη νοσταλγια με την ευγνωμοσύνη και την ανάγκη για συνέχιση της κληρονομιάς, για παράδοση των όσων χάθηκαν. Και έχει δίκιο, μέσα από αυτή τη διάσταση μπορεί κανείς να μετουσιωσει το επεξεργασμενο, δουλεμένο πένθος, την γλυκόπικρη νοσταλγια σε μια παρακαταθήκη, σε μια ευγνωμοσύνη που αποτυπώνεται στο μελλον.
Ο Ρεκαλκατι δίνει παντα πολύ όμορφες εικόνες στις αναφορές του, βιβλία, τέχνη, ταινίες κ είναι όλες πολύ στοχευμενες. Προς το τελος, η φράση από το σινεμά ο παραδεισος "μην αφήσεις τη νοσταλγία να σε κουμανταρει" είναι τόσο δυνατή, είναι αυτό που γράφει ο συγγραφέας "η αποφασιστική προτροπή να μην εγκαταλείψει την επιθυμια του, να μην παραμείνει θυμα της εξιδανικευσης και των ματαιώσεων του παρελθόντος, να μη μείνει δέσμιος των ριζών του".
Είναι η παγίδα του πένθους, το να στερηθεί το υποκείμενο την επιθυμια του, να λιώσει μέσα στο χάσιμο/πένθος του αγαπημένου αντικειμένου, να παραδώσει τη λίμπιντο του κ τις επιθυμίες του. Το "μην αφήσεις τη νοσταλγία να σε κουμαντάρει" είναι αυστηρό, είναι δύσκολο αλλά είναι ακριβως όλο το νόημα.
Να μπορείς να δεις και να θαυμασεις το φως που έρχεται από τα νεκρά αστέρια γνωρίζοντας ότι έχει ήδη χαθεί, μια "παρουσία φτιαγμένη από απουσία" που εμπνέει τη νοσταλγία ως ευγνωμοσύνη και οχι ως θρήνο ή παγίδα.
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Lectura recomendadísima a todo el mundo!!! Especialmente cualquier persona con dificultades con el gran problema de "dejar ir", no sólo a las personas, también los sueños, ideas, lugares... anhelos, melancolías, añoranzas y nostalgias.
Sé que volveré aquí para recordarme que, aunque no exista una forma "buena" o "correcta" para hacer todo esto, uno merece elegir, al menos, una forma que no sea especialmente dañina. Dolorosa siempre, el dolor es necesario, pero la autolesión no.
Hay una idea que, aunque lleva tiempo viviendo en mi cabeza, he leído aquí expresada en palabras por primera vez: "elevar la herida a la dignidad de la obra poética". Y yo creo que somos dignos o, al menos, que merecemos serlo.
Non mi ha convinto del tutto. L’ho trovato abbastanza ripetitivo nonostante la brevità e non trovo abbia approfondito affatto i sentimenti che possono scaturire da un lutto, ma forse questo è un problema mio che mi aspettavo altro. È più una pacca sulla spalla per invitarci a trovare del buono anche nella perdita, ma con troppi esempi cinematografici e pochi di vita vissuta.
Elegí este libro por estar atravesando un duelo en este momento. Me pasó que la primera parte me pareció aburrida y obvia. Me suele pasar con algunos libros de psicología que me provocan sentirme subestimada como lectora. Pero la segunda parte cambia el tono y me gustó bastante. La metafora de la luz de las estrellas muertas me pareció muy bonita y acertada.
L’autore di questo libro, Massimo Recalcati, uno psicoanalista famoso a livello internazionale, ha scritto questo saggio ponendo al centro “il rapporto della vita umana con l’esperienza traumatica della perdita”.
La parola chiave è questa: “perdita”. Intorno ad essa ruota la “vita” con quell’altra parola alla quale si oppone e che nasconde da sempre tutte le risposte: la “morte”.
Recalcati, ponendosi una serie di domande, scrive il saggio da esperto analista che ben conosce l’uso delle parole. Non sono domande semplici, come quelle poste in quarta di copertina del suo libro: “Può la luce arrivare dal passato? Può esserci luce nella polvere?”.
I due interrogativi cercano di dare una spiegazione al titolo del libro: “La luce delle stelle morte”. Accattivante frase che coglie il lettore come una mazzata, di sorpresa, specialmente se colpito da un lutto e dalla inevitabile nostalgia che questo lutto ha creato.
Implacabile Recalcati insiste chiedendosi: “Cosa accade dentro di noi quando perdiamo chi abbiamo profondamente amato? Quale vuoto si spalanca? Quale lavoro ci attende per ritornare a vivere? E cosa avviene quando questo lavoro risulta impossibile e ci sentiamo persi insieme a chi abbiamo perduto?”.
Andiamo in ordine per capire cosa intende dire lo psicoanalista sin dall’amletico titolo che dà al suo lavoro: “La luce delle stelle morte”. Chi/cosa sono queste “stelle”? Sono tutte le perdite, le scomparse, i decessi che gli esseri umani sono costretti a vivere ogni momento della loro esistenza.
Chi lascia, esce o scompare da questo mondo resta nella nostra memoria come la luce delle stelle nell’universo, luce che arriva fino a noi, quando quelle stesse “stelle” sono scomparse ed alle quali noi “guardiamo” con dolore, rimpianto e nostalgia.
Tutto qui. Vuol dire che nel cielo ci sono stelle che si accendono e spengono e noi non le vediamo ancora, oppure continuiamo a vederle anche se non ci sono più.
Il libro è suddiviso in tre parti scritte in maniera da toccare la sensibilità di chi legge. Il nostro animo reagisce con la nostalgia e la malinconia tipica degli esseri umani.
Tutte le altre realtà viventi ne sono prive. Una perdita inesorabile di chi abbiamo amato, una stella che vediamo solo nella nostra memoria, ma che in effetti sappiamo essere scomparsa.
Le parole lutto, nostalgia, malinconia, dolore, emozione, generano tristezza e rimpianto. Viene citato Sartre che diceva che la vita di un uomo è un viaggio con un biglietto di sola andata e la morte rappresenta il punto di arrivo.
Un viaggio senza senso, per lui. Ma la morte fisica non è la sola esperienza che noi possiamo fare della morte.
Se ci guardiamo indietro la nostra vita è un cimitero di morti, di perdite, di ferite, di separazioni, scomparse, abbandoni, ed ecco che l’esperienza del lutto diventa come un cielo cupo che si distende sopra ogni cosa.
Nella morte, la separazione assume le forme reali di una sparizione, di una scomparsa. Sono solo gli altri, coloro che restano, che possono interrogarsi sul mistero della morte.
Il lutto è la condizione dolorosa che colpisce chi resta, ma non riguarda solo le morti fisiche di persone alle quali eravamo legati, ma accompagna necessariamente ogni separazione.
Addii, abbandoni, tradimenti a volte si rivelano specie di morti che ci impongono il lutto che è una conseguenza diretta del trauma della perdita. Il lutto può durare all’infinito, forse solo con l’aiuto dello psicanalista lo si può risolvere.
La nostalgia spinge sempre ad essere visitati da chi è scomparso, dai ricordi e dalle immagini che ci vincolano a ciò che abbiamo irreversibilmente perduto.
Il termine nostalgia è da intendersi come la doppia anima del desiderio umano: da una parte il rimpianto per la cosa perduta, dall’altra il desiderio come apertura inaudita, tensione verso il nuovo, l’altrove, il non ancora visto, conosciuto, vissuto.
Non ci rimane che guardare al nostro passato con la stessa meraviglia con cui guardiamo la luce delle stelle morte sopra di noi se vogliamo ricordare chi ci ha lasciato e che abbiamo amato non con tristezza e rimpianto, ma con riconoscenza.
Confesso che questo libro non mi aiuta molto nella ricerca del senso della vita. Mi sono ricordato di una poesia di William Blake il quale scrisse nella poesia più bella del mondo questi versi:
“Vedere un mondo in un granello di sabbia/E un paradiso in un fiore selvatico/Tieni l’Infinito nel palmo della tua mano/E l’eternità in un’ora”
Qualsiasi piccola cosa al mondo, un granello di sabbia, un fiore di campo, contiene una sorta di verità cosmica più grande se riesci a guardarla con sufficiente energia e immaginazione. Un fiore di campo è un paradiso in miniatura, un granello di sabbia è un mondo in miniatura.
Ogni persona e ogni altro essere vivente, secondo Blake, è la miniatura di un progetto che rimane un mistero, nella vita e nella morte. Anche per uno psicoanalista quando guarda “la luce delle stelle morte”….
Non mi sarei potuto aspettare di odiare un saggio su un tema che amo.
Freud irrompe come un fungo ogni pagina di questo scritto che si tiene in piedi grazie alla solidità del pensiero sartriano che Recalcati ripropone in maniera asettica e noiosa.
Forse peggiori sono il suo uso spregiudicato di casi clinici che servono non da riflessione ma sempre e solo da prova alle tesi di Recalcati e la sua prosa ripetitiva, monotona, in tutto e per tutto anonima.
Ho notato che le uniche parti degne di essere ricordate erano le citazioni, più o meno parafrasate, da altri autori, tuttavia spesso abusate, incomprese (volontariamente o non). Benché Recalcati abbia una buona formazione generale, è dolorasemente ovvio quando cita pensatori che conosce meno per la ristrettezza della riflessione (es. Lévinas e Proust nella seconda parte del saggio)
Il titolo aveva riscosso in me grande curiosità è ho trovato alcuni capitoli davvero interessanti e scritti con maestria. Peccato che i messaggi sono stati ridondanti in tutto il libro, che probabilmente avrebbe risparmiato tra le 20 e le 30 pagine dalla parte centrale a quella finale, dove i concetti si inanellavano in modo ripetitivo e a tratti tedioso. Infine, mi sarebbe piaciuto di più leggere qualche esperienza in più dei pazienti dell'autore; senza che queste finissero bruscamente lasciano il lettore appeso.
"Όταν νιώθουμε ότι μας αγαπούν, η ζωή μας δεν είναι πια ένα τυχαίο γεγονός, αλλά έχει επιλεχθεί στην παραμικρή της λεπτομέρεια, έχει γίνει επιθυμητή, δηλαδή την προσμένουν. Έχοντας επιλεχθεί, η δική μου ζωή, ανάμεσα σε πληθώρα ανθρώπων, εμφανίζεται, όπως γράφει ο Σαρτρ 'ηθελημένη', 'κληθείσα' και 'προσδοκώμενη'...Την ύπαρξή μου την πρόσμεναν και τη βρήκαν. Ο κρίκος της ύπαρξης και ο κρίκος του νοήματος ενώνονται. Χάρη στην αγάπη του Άλλου - στην προσμονή του - η ύπαρξή μου αποκτά νόημα, δεν είναι πια ένα τυχαίο συμβάν, δε στερείται πια το δικαίωμα να υπάρχει."
«Aún hoy me doy cuenta de que mientras hablo, cuando imparto, como suele decirse, una clase, mientras acompaño mis palabras con gestos concentrado en mis pensamientos, lo llevo conmigo, en mis palabras y en mis gestos, me parezco a él, reproduzco algunos rasgos inconfundibles de su estilo. De esta manera lo saco una y otra vez de la niebla en la que ha caído, pongo a salvo sus palabras en las mías».
El libro en sí es un camino por las etapas del duelo. Está dividido en tres partes: duelo y trabajo de duelo, nostalgias, y nostalgia y gratitud. Tiene un contenido psico-educativo que me ayudó muchísimo. Es un libro muy recomendado para profundizar en la teoría y práctica sobre la vivencia de un duelo. La edición es hermosa. Y el nombre es maravilloso, inspirado en la noción de que el cielo que miramos contiene estrellas que ya murieron hace muchos años pero que aún su luz sigue viajando por el cosmos. En un sentido, esa luz que vemos es un recuerdo.
Un assaig lúcid i revelador sobre el procés del dol, que conté moltes veritats: la ferida mai s’acaba de tancar, i la mort és inevitable. Tanmateix, i tot i que sembli una contradicció, la seva lectura és reconfortant, o almenys així m’ho ha semblat. Explica conceptes molt interessants, com ara els de la nostàlgia-enyorança i la nostàlgia-gratitud. (7/10)
Recalcati scrive benissimo e arriva a tutti, anche ai non addetti ai lavori. Come suggerisce il titolo, questo saggio affronta il tema del lutto e della nostalgia. Mi è piaciuto tantissimo! Spero esca una collana da edicola con tutti i suoi libri a questo punto.
«L’incontro con l’Altro non avviene in sovrappiù ma è ciò che dà forma alla nostra vita.»
Saggio sul tema della perdita, su i diversi modi di elaborare il lutto, sul modo di gestirlo. Linguaggio scorrevole, anche se a tratti un po' ripetitivo, ricco di riferimenti soprattutto a Freud. Interessante per prendere consapevolezza di alcune dinamiche nelle quali tutti entriamo quando si tratta di una perdita o della fine di una relazione.
“… Il lavoro del lutto […] è un lavoro solitario che non può essere fatto da una massa […] ma se si vuole riattivare la vita si deve sempre dare sepoltura simbolica alle ombre del nostro passato. Non per cancellarle dalla nostra esistenza, ma per incorporare la loro esistenza nella nostra senza che questo processo generi una idealizzazione melanconica”.
Un saggio sul lutto, sul suo significato, sulle sue contraddizioni, sul suo simbolismo. Sul suo legame con la nostalgia, lo sguardo interiore e melanconico rivolto al passato, alle perdite impresse come cicatrici nella nostra anima. Un saggio sul trauma della perdita, nelle sue declinazioni. Perché “…ogni separazione vissuta annuncia la separazione finale della morte alla quale l’esistenza umana è destinata”, e “ogni taglio ha topologicamente due bordi: la separazione non si limita a dividere il soggetto dall’oggetto perduto, ma lo divide altresì da una parte di se stesso”.
La perdita, le modalità diverse della sua elaborazione, le conseguenza della incapacità di simbolizzarla: dalla sua cronicizzazione in melanconia, alla sua inconscia negazione maniacale: la difesa dall’insopportabile trauma della perdita attraverso la sua soppressione emotiva, la consumistica, compulsiva, narcisistica “sostituzione dell’oggetto del lutto con un nuovo oggetto”, a nascondere spesso una pulsione autodistruttiva.
Passare attraverso l’inevitabile dolore del lutto è condizione essenziale per riuscire davvero a separarsi dalla persona perduta: è quel che accade attraverso il “lavoro del lutto”, come definito da Freud, sull’esperienza vissuta, che solleva alla fine dal peso della perdita.
Massimo Recalcati, milanese, classe 1959, è psicoanalista, saggista, di formazione lacaniana, e docente a contratto in diversi corsi universitari.
Nel saggio ripercorre la fenomenologia della perdita, ne offre le chiavi interpretative alla luce delle teorie psicoanalitiche, a partire dalle intuizioni e limiti della visione freudiana del “lavoro del lutto”, ovvero della sua elaborazione; esplora i territori interiori della idealizzazione, del rimpianto, della nostalgia, che nella stessa etimologia lega, dal greco, “nóstos”, il ritorno, a “álgos”, il dolore: “è l’impossibilità del ritorno a determinare il dolore di cui il ritorno vorrebbe essere il rimedio”.
Un ritorno che non è mai possibile, per la dinamica stessa della vita, “viaggio di sola andata”. Ed è proprio quel legame tra lutto e nostalgia, simboleggiato dalla “luce delle stelle morte” del titolo, a occupare la seconda parte del testo: la descrizione di presenze che non sono altro che riflessi perturbanti, enigmatici, o spettrali, di qualcosa che è nel passato: tracce che possono però nascondere una preziosa eredità, in grado di continuare a illuminare il cammino della nostra esistenza.
Un testo sicuramente valido e profondo. Tuttavia risulta davvvero tanto "annacquato" da una serie di ripetizioni nozionistihe o direttamente di pezzi interi già scritti poche pagine prima , altamente fastidiosi!
Si ha una forte sensazione di dover leggere un "riempitivo" , pagina dopo pagina, di concetti già perfettamente espressi poco sopra. Alla fine si tende a saltare paragrafi se non frasi intere in quanto poco scorrevoli (avendole già lette prima!) e perciò si cerca di finirlo quanto prima!
Se questo testo fosse stato di circa 50/60 pagine di lunghezza , estrapolando tutto ciò che di buono se non magistrale , è stato scritto dall'autore , questo testo sarebbe stato , per me, da 5/5 di valutazione. Ma anche una lettura più antologica , agevolerebbe tanto il lettore.
E' davvero interessante , nonostante tutto , come l'autore delinei , passo dopo passo, i vari stadi del Lutto , attualizzandoli e portando sempre diversi esempi , più o meno letterari.
Questo testo chiarisce in maniera sublime i vari aspetti e Stadi dell'elaborazione di un evento così tragico , spesso citando autorevoli autori del Settore.
Tuttavia , durante la lettura, è come se confermasse il Principio di Pareto. In cui circa un 20% copre tutti gli argomenti più importanti e ben formulati di questo libro.
Credo che a scopi più "universitari", un bel riassuntone sarebbe la miglior cosa per gli Studenti. Onde evitare lo spreco di varie pagine lette che non contengono quasi nulla se non una futile "minestra riscaldata" ogni secondo, senza mai cambiare ingredienti e composizione!
Brutto non è ma un buon lavoro di editing avrebbe , sicuramente , giovato un testo pieno di idee valide proposte in maniera davvero chiara dall'autore.
“In ogni istante della nostra vita c’è qualcosa che si perde”. Il libro ci parla di qualsiasi perdita significativa (morte di una persona cara, fine di un’esperienza amorosa, perdita del lavoro …) che si configura non solo come perdita dell’oggetto amato, ma anche come un vuoto angoscioso lasciato nel soggetto stesso , come un qualcosa strappato via dalla sparizione dell’oggetto . Richiede un lungo e doloroso percorso/ lavoro di accettazione che può assumere l’aspetto della angoscia melanconica o della allucinazione melanconica. Inoltre, la reazione al trauma della perdita sfocia anche nella nostalgia. Utile per chi di recente ha subito una grave perdita. Tuttavia la scrittura l’ho trovata a volte ripetitiva e ha bisogno di varie riletture per metabolizzare il tutto. Molti i collegamenti filosofici.