Con un ritmo implacabile, tra commedia, noir e thriller, una galleria di personaggi senza speranza intrecciano le loro esistenze in un girone infernale ambientato tra Tor Tre Teste e l'Agro pontino, specchio di un Paese che sembra avere perduto la nozione più elementare di umanità. Dagli alti burocrati che sognano un complotto delirante per risolvere drasticamente il problema delle pensioni, ai piccoli criminali presi in un meccanismo senza scampo, a un impiegato Inps che si crede un giustiziere, tutti cercano di fare la pelle all'altro, pur di fare un passo in piú nella giostra dei criceti.
Sarà che abitualmente non leggo libri noir, ma questo libro mi ha stupito positivamente. Mi sembra che riesca a dare un passato ai volti dei morti ammazzati che si vedono al telegiornale, volti che hanno in comune l'epilogo tragico ma non necessariamente la storia precedente. Ci sono come sempre il viscido, il cattivo, l'onesto per caso e non si sa per quanto, il delinquente senza stoffa, la storia d'amore, il gigante presunto invincibile. Insomma probabilmente i soliti ingredienti, però messi insieme in modo credibile, con lo sfondo di luoghi abbastanza noti come l'EUR, le campagne di Pratica di mare, le periferie di Roma dove i poli industriali sfumano in aree popolate da chi non si può permettere i bei quartieri romani e vive in luoghi malserviti e malgestiti da tutte le pubbliche amministrazioni degli ultimi 50 anni, cioè da quando esistono. E quindi spalmati sull'asfalto ci sono i residui di una società che non riesce a dare a tutti le stesse opportunità. Non tutti si ritrovano a delinquere con intenzione, molti anzi scivolano per la china a partire da condizioni familiari disastrose dalle quali si scivola senza che le mani che si tendono, se ci sono, siano abbastanza robuste da trattenerli nella discesa. Senza voler fare sociologia da strapazzo, il libro suscita questo genere di pensieri e non mi sembra poco. Mi ha fatto pensare spesso a Jeeg robot, film molto celebrato, secondo me giustamente. La storia non si esaurisce in questo, c'è una vicenda fantapolitica piuttosto attuale (e paradossale) che si intreccia. La scrittura è inoltre ottima. Insomma, bravo Manzini.
Dunque adesso leggo Schiavone con piacere e ho imparato anche ad apprezzarlo, conoscendo un po’ diversi suoi lati, anche quelli un po’ spinosi diciamo, soprattutto riuscendone a comprendere le motivazioni. Ho faticato però ad arrivarci e mi ci sono voluti almeno i primi due o tre libri della serie per riuscirci, e il motivo fondamentale sta nell’impatto devastante con la sua rudezza, con l’amarezza che si porta dietro, con l’angoscia che trasmette a tratti, la disillusione profonda e anche la rabbia che cova, sempre pronto a scoppiare. In parte hanno inciso anche la sua spregiudicatezza e l’assenza totale di rispetto per le regole, di persona che trova il modo per prendersi dalla vita il più che può, dopo aver capito che nulla ti viene regalato, ma che in un tutore della legge è alquanto inusuale, ecco. Bene qui ritroviamo tutte queste sensazioni, anche se questa volta i protagonisti sono da un lato dei piccoli e grandi malviventi che si scontrano per il malloppo di una rapina, dall’altro dei magnati della finanza, dei politici, un militare, un medico, insomma la creme de la creme dei potenti romani che organizzano il progetto innovativo “Anno zero” per ridurre il numero eccessivo di pensioni che grava sulla società.
Il problema qui è che non esiste la minima redenzione per nessuno, nè il più piccolo spiraglio, o una fievole speranza che lasci intravedere una possibilità di salvezza! Tutti dal primo all’ultimo sono sporchi, chi più chi meno, e quelli che cedono anche solo minimamente ai sentimenti si rivelano i deboli destinati a soccombere agli altri che continuano il giro. Perché sono tutti dei criceti che girano insieme sulla giostra, ripetendo sempre lo stesso percorso prevedibilissimo, e laddove qualcuno decida di cambiare qualcosa ed innovare, va subito eliminato perché pericoloso o deve pagare perché fragile.
La capacità narrativa di Manzini è encomiabile come sempre, e riesce a intrecciare le storie una all’altra al punto da renderle avvincenti perché vuoi scoprire come vada a finire. Ma l’angoscia e il pessimismo trasmessi da questa storia, soprattutto per quanto riguarda René e Alessia, beh me li sarei volentieri risparmiati! E anche il progetto, per quanto non basato su una storia vera, non fatico a immaginarlo messo in atto nella realtà, soprattutto nel periodo che stiamo vivendo, e fa davvero venire i brividi...
Romanzo un pochino acerbo, ma si vedono tutti i tratti distintivi di Manzini. Personaggi indimenticabili, soprattutto i fratelli Massa. Impossibile non provare pena per Renè, tradito 2 volte.
Ho acquistato con grande entusiasmo questa riedizione di uno dei primi lavori di Antonio Manzini, curiosa di conoscere l’autore “pre-Rocco”, il vicequestore da me tanto amato e della cui storia, attendo con ansia un nuovo capitolo, perché sono in crisi di astinenza già da un po’. Premetto che non mi sono, quindi, posta di fronte a questa lettura pensando di fare un confronto con la serie di Rocco Schiavone, ben sapendo che mi sarei trovata di fronte a qualcosa di diverso, in ogni caso. Questo suo lavoro non mi ha delusa, in generale. La storia c’è tutta, i personaggi sono tutti ben caratterizzati ed il linguaggio diretto, duro e scorrevole di Manzini è già efficace, con tanto di pugni allo stomaco ben assestati, non solo dai protagonisti della storia che sono fin troppo maneschi ed implacabili, ma proprio dalla trama che non risparmia nessuno, in un crescendo di cinismo che, alla fine, purtroppo, ha oscurato ai miei occhi, tutto il resto, diventando decisamente troppo esagerato. Io apprezzo molto lo “humour nero” di Manzini che ho trovato nei suoi altri lavori e le sue storie dure e ciniche,le situazioni grottesche, ma comunque intrise di umanità. Ecco, in questo libro manca l’umanità secondo me, salvo nel personaggio di Renèè che si salva con il suo amore per Alessia. Tutto parte con quella che sembrerebbe una semplice rapina in banca, come succede molto spesso nei libri, ma da lì, poi, si scatena l’Inferno per tutti i personaggi coinvolti che si affaccenderanno ad inseguire il proprio interesse economico, calpestando, a piedi pari, tutto ciò che si presenterà sulla loro strada, uccidendo, tradendosi, passando sopra a qualsiasi ideale, per arrivare poi a non stringere in mano nulla, proprio come i criceti che si affannano tanto a correre nella loro ruota, senza giungere da nessuna parte (ma almeno loro si divertono e non fanno male a nessuno però! Al massimo qualcuno non dormirà per il cigolio della ruota e vorrà uccidere loro, eventualmente). Va bene che viviamo in un mondo dove, in molti casi, gli interessi contano più di tutto il resto; ok che nel nostro Paese le amministrazioni sperperano nell'interesse di pochi eletti e poi cercano di porvi rimedio tagliando dove non si dovrebbe; è vero anche che, per il “dio denaro”, molti sarebbero disposti a passare sopra ai sentimenti, ma non è possibile che tutto sia così corrotto, sporco ed assurdamente cinico come appare in questo libro. Ed io che, tra l’altro, sono amante del lieto fine, non per buonismo, ma perché, specialmente attraverso la lettura, mi piace sempre credere e sperare che le cose possano andare diversamente, non ho potuto apprezzare fino in fondo questo libro e, pur riconoscendovi dei pregi, come già detto, non mi sento di consigliarlo a viva voce.
Eccezionale sotto ogni punto di vista: intreccio, personaggi, spontaneità linguistica. Non stupisce che Ammaniti abbia scelto proprio Manzini come compagno di scrittura di alcuni suoi racconti. In questo romanzo il loro stile stupisce per similarità ma Manzini dimostra di sapere trattare un numero maggiore di tematiche rispetto al collega romano. Finale cinematografico ricco di colpi di scena.
Mi ha ricordato molto l'Ammaniti di "L'ultimo Capodanno dell'umanità" o di "Che la festa cominci": per l'intrecciarsi delle vite dei personaggi, per l'assurdità di alcune situazioni e vicende, per il destino che accomuna tutti i protagonisti.
Un noir molto interessante di Antonio Manzini. L’autore è un nome molto affermato nel settore grazie alle avventure di Rocco Schiavone. Ma La giostra dei criceti è un romanzo del 2007 che mette insieme elementi familiari come l’ambientazione a Roma e, soprattutto, la partecipazione di personaggi di livello diverso: persone comuni, criminali “sfigati” e criminali veri e propri. Da un crimine quasi standard come potrebbe essere una rapina si scatenano una serie di vicende, mosse, contromosse, situazioni da leggere e interpretare in cui i nostri personaggi proveranno ad averla vinta. È un romanzo quasi corale anche se i due protagonisti principali sono il criminale René e suo fratello Diego, uomo comune. Non leggo spesso libri del genere ma è stato molto bello per me, mai banale e ricco di descrizioni e atmosfere che mi hanno fatto immergere a pieno nella storia.
Fuera de la serie de novelas protagonizadas por el policía Rocco Schiavone, el italiano Antonio Manzini demuestra su nivel de gran autor de noir (giallo en italiano) también en obras como ésta. Al más puro estilo de Tarantino, en este libro Manzini entrelaza varias líneas argumentales protagonizadas por distintos personajes y que parten de un robo a un banco inicial. El resultado es una obra entretenida, que se lee muy rápido porque la acción no para y en la que se mezclan la violencia, el humor negro e incluso el amor, siempre con el trasfondo de los barrios bajos de Roma. Recomendable.
Una storia di malavita, di tradimenti, di cadute, di resurrezioni e poi di nuovo di cadute. Bravo Manzini, che anche al di fuori del solito Rocco Schiavone, dimostra di saperci davvero fare con le storie nelle quali il crimine la fa fa da padrone. Il ritmo non manca, con le vicende che si sovrappongono e si incastrano perfettamente, così come i rapporti tra i vari personaggi, con i buoni che diventano cattivi e i cattivi che diventano buoni. Il finale poi è davvero molto ma molto bello: lascia con l'amaro in bocca ma lascia anche con il dispiacere che il libro sia finito!
Piccola delinquenza senza speranza, piena di una ferocia che non conosce limiti. Un romanzo che avrebbe molte frecce ironiche al suo arco se non fosse per la voglia di sangue che lo pervade dall'inizio alla fine allontanandolo dal genere "giallo comico". La grottesca soluzione per il problema del buco INPS poteva essere trattata con altrettanta ferocia invece di essere accantonata frettolosamente.
letto con piacere questa storia di Manzini "pre-Rocco Schiavone". Devo essere sincero, l'avevo iniziato, abbandonato e poi ripreso. Sono quindi ripartito dalla prima pagina. Avere ri-iniziato la lettura è stata una buona cosa. Ho trovato la trama interessante e anche intensa. Intricata ma non troppo, con delle intuizioni divertenti che alla fine mi hanno fatto leggere il libro in un paio di giorni. Consiglio la lettura.
È una lettura su due livelli: da un lato si svolge una storia umana dura, triste, cattiva, fatta di personaggi grigi che ti fanno soffrire dalla prima all'ultima pagina – dall'altro lato, un'impietosa presa in giro della società italiana, dei suoi problemi, delle sue ipocrisie e dei suoi fallimenti, che fa ridere quanto pensare. Un libro un po' più macchinoso degli altri titoli che ho letto finora di Manzini, ma più incisivo che mai.
Ecco il Manzini prima di Schiavone. Questo è il secondo romanzo ancorché lo qualifichi di primo nell’incipit, Wikipedia dixit è il secondo. Che dire, a parte che non è male e ci si aspetta a tutte le pagine di vedere saltare fuori Schiavone. Ah, già è un mattatoio. Ma i personaggi filano, la trama e l’intreccio pure. Insomma valeva la pena darli una seconda possibilità. Aspetto il prossimo Schiavone con trepidazione. Anche pe i personaggi di romanzo c’è un prima e un dopo, sono sibillino per non svelare nulla a chi non ha letto Pulvis et Umbra. Che succederà?
Bel titolo noir, proprio noir che piu noir non si può. Avvicente, tutti i filoni sgangherati, in qualche modo si intrecciano, a volte in maniera bizzarra, altre insolita, altre, diciamocelo, in modo un po' preso per i capelli. Il finale meritava un po' piu di cura secondo me, e avrebbe portato al libro la quarta stella, ma tant'è. Tre stelle meritate.
Sembra un po' preso in prestito ai film dell' ispettore Coliandro ma mi è piaciuto molto. Trama originale e in parte geniale anche se tante scene di descrizione estremamente crude, più uno script di film che romanzo. Suspense e ritmo garantiti.
Schiavone-addicted, all'inizio lo schifavo in biblioteca, ma quando mi è rimasto solo lui gli ho dato una chance e... stupendo. Con qualche ingenuità da esordiente, il lavoro migliore, più viscerale, più convinto di Manzini.
Forse un intreccio troppo “intrecciato” per la mia mente lineare ma un bel libro da leggere sotto l’ombrellone. Ah, mentre lo leggete non ascoltate l’ultimo pettegolezzo dei vicini d’ombrellone perché rischiate di perdervi. E siccome sono un’incredibile romantica avrei preferito un finale diverso!
Un noir a tratti surreale con personaggi forse troppo caricature di sé stessi, ma è scritto bene e trasmette pienamente quella sensazione di essere in una giostra, come nel titolo. È stata una bella scoperta.
Troppo splatter senza una fine alle storie Che Si intrecciano senza alcun senso. Pensavo Che alla fine Ci fosse un filone Che legava tutte le storie, invece niente. Tutti morti amen