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Jezus, i biel stanie się jeszcze bielsza. Jak Kościół wymyślił marketing

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In questo tour de force documentato e irriverente sulla storia della comunicazione pubblicitaria nella Chiesa cattolica, Ballardini decostruisce senza falsi ossequi la dottrina, la ritualità, la teologia, l'architettura, l'evangelizzazione nei loro elementi propagandistici e, in senso linguistico, pragmatici, e fornisce così un contributo a un'altra, nuova controstoria della Chiesa - la grande azienda con il settore marketing più efficace e capillare di tutta la storia occidentale. Del resto, come ha dichiarato monsignor Ernesto Vecchi nel 1997: "Il marketing? Ha cominciato Gesù, già duemila anni fa..."

Hardcover

First published January 1, 2000

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Bruno Ballardini

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Displaying 1 - 17 of 17 reviews
Profile Image for paper0r0ss0.
652 reviews57 followers
August 25, 2021
Un marchio e i suoi prodotti sono sul mercato da piu' di 2000 anni. Sono necessariamente buoni? Non e' detto, basta che chi li proponga sia un buon venditore, anzi il miglior venditore. Figurandosi la chiesa cattolica come una multinazionale si scoprono cose interessanti e ci si accorge di aspetti che solitamente passano sotto traccia. Nostra superficialita' o forse assuefazione, visto che siamo esposti al battage sin dalla nascita, con il latte materno? Viene in mente il mitico Fantozzi che dopo mesi di letture impegnate si illumina e proprompe incazzoso in un "Ma allora mi hanno sempre preso per il culo!" Lettura interessante, a volte troppo orientata a tecnicismi markettari, ma intrigante. Da prendere comunque con le molle.
Profile Image for Marina.
898 reviews186 followers
July 24, 2021
Ce l'avevo nel Kindle dal 2013 (!!) e in effetti capisco perché non lo avessi mai letto prima, è veramente noiosissimo e non mi stavo perdendo niente. Per fortuna è breve quindi si legge velocemente, però non mi è proprio piaciuto. L'idea di raccontare come la Chiesa utilizzi le strategie di marketing è interessante, però (e lo dico da atea) provo immenso fastidio per quelle persone che sprizzano astio da tutti i pori per le religioni. Ok, io non sono credente, ma rispetto le religioni pure se per me sono favole inventate per consolare le persone (e a volte per controllarle, ma questo è un altro discorso). Alla fine il disprezzo dell'autore per la Chiesa cattolica è una cosa di cui poteva tranquillamente parlare al bar, scriverci un libro mi sembra un'esagerazione.
Profile Image for Maurizio Codogno.
Author 67 books145 followers
November 15, 2010
La copertina di questo libro vale già da sola il prezzo d'acquisto. L'idea di base del libro è geniale: Ballardini fa vedere come le tecniche attuali di marketing siano state tutte previste e usate dalla chiesa cattolica, che in duemila anni ha avuto tutto il tempo di affinarle e portarle a vette irraggiungibili da chi cerca di venderti un qualunque prodotto. D'altra parte, come dice il capitolo 2, La politica di prezzo come fattore strategico: "Quanto costa il prodotto?" "È gratis". (Questo è l'intero capitolo 2, tra l'altro).
La prosa è molto piacevole, a volte fin troppo, nel senso che a volte Ballardini si parla un po' troppo addosso e incorre in alcuni svarioni; ma il cambio di prospettiva nel vedere le azioni della Chiesa sotto questa luce è davvero utile per tutti, forse anche per i marchettari stessi. Non solo "le azioni", tra l'altro: se definire il papa "l'amministratore delegato della Società" può fare sorridere, la "prima convention di Nicea" è un'immagine favolosa! Per gente comune come me, avrei preferito qualche spiegazione in più sulle varie prove dell'esistenza di Dio tradotte come "Unique Selling Proposition" e slogan relativo, oltre a un capitolo dedicato alla perdita di quote di mercato della Società a causa delle nuove sett... pardon marche, e soprattutto della concorrenza islamica. Chissà, magari in futuro!
Nota per chi ha letto l'edizione del 2001: in questa nuova edizione, è stato aggiunto un capitolo dedicato agli inizi di papa Benedetto XVI. Credo che in tanti converranno che la strategia del "riposizionamento senza muoversi" sia quanto stia accadendo oggi nella chiesa!
(commento preso dal mio blog, http://xmau.com/notiziole/arch/200807... )
Profile Image for Lorenzo Bovitutti.
117 reviews8 followers
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April 4, 2018
Ci sono gruppi, istituzioni, società, intere culture, agglomerati umani di varia entità e storia, tutti fondati sul senso di colpa. Jean Delumeau ha ben descritto quanto la nostra civilizzazione sia stata modellata dal senso di colpa. Come poteva il marketing trascurare uno strumento di persuasione di così ampia portata? Ancora oggi, infatti, nell’aggressivo mercato dei detersivi, in cui prevalgono strategie di mercato invasive, si usa sia informare sulle caratteristiche del prodotto sia instillare contemporaneamente, in chi non l’ha ancora scelto, dosi massicce di social embarrassement, ovvero il senso di colpa dato dalla possibilità di apparire più sporchi e più trasandati nella vita sociale: L’attacco sembra avere come unico obiettivo le abitudini di lavaggio ma arriva molto più lontano. Da lì, infatti, si discende per induzione alle abitudini quotidiane e quindi alla filosofia di vita del nucleo familiare, cioè in definitiva alla concezione del mondo. È in gioco il modo di essere, non il pulito. Se si ha un pulito “meno pulito” degli altri non si è all’altezza dello standard di apparenze richiesto dalla società. Il pulito è una categoria dello spirito e dunque chi rimane con una camicia sporca deve avere in fondo anche la coscienza sporca.

Diamo per scontato che il mito dell’Eden abbia potuto fornire nei secoli il terreno più fertile su cui motivare i consumatori all’acquisto. Tutti noi aspiriamo a una condizione di esistenza migliore e, secondo la religione antica, quella condizione ideale è già stata nostra. Così, nel periodo iniziale del business, il primo product manager della Multinazionale, tale Paolo di Tarso, non fece altro che articolare un dispositivo persuasorio in due passaggi fondamentali appropriandosi, nella prima fase, del potenziale colpevolizzante di quel mito. Noi avremmo perso l’Eden perché siamo i discendenti del primo peccatore, colui che proprio per questo venne scacciato dal Paradiso. Dunque, geneticamente, siamo peccatori anche noi (Rm 5,12). Ma nella seconda parte della sua geniale strategia di comunicazione Paolo legò indissolubilmente questo incidente al riscatto del peccato originale grazie al sacrificio di Gesù (Rm 5,19; 1 Cor 15,22). Fu questo il passaggio fondamentale che avrebbe fatto scattare il senso di colpa nel target. Da quel momento l’episodio venne citato come case history, giustificando la morte dell’adepto come «prova» della bontà della marca, della buona fede dei suoi rappresentanti, e in definitiva insinuando la necessità di contraccambiare con una fede illimitata e incondizionata.

«In principio era il Verbo». Se, come ha osservato Derrida, «non esiste segno linguistico antecedente alla scrittura» e, come ha aggiunto Ong, «neppure esiste un “segno” linguistico dopo la scrittura», si potrebbe concludere che essa si presti benissimo a rappresentare “l’Alfa e l’Omega”, se non addirittura a venire scambiata con esso. Nulla più di un segno parlante si presta a essere divinizzato. Di fronte a questo le altre divinità perdono senso: Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare verso gli idoli muti secondo l’impulso del momento. Gli «idoli muti» non avevano valore perché non erano dotati della parola, anzi comunicavano con l’umanità solo perché era l’umanità a trasferire senso in essi: parlavano quindi come l’umanità desiderava. Questa è la prova che si trattava di divinità fasulle.

Anticamente, i messaggi che si materializzavano dai segni scolpiti sulla pietra nella mente di chi li leggeva riempivano di stupore gli animi delle persone semplici, e gli scribi che operavano questo prodigio erano visti come depositari di straordinari poteri magici poiché erano in grado di “far parlare le pietre”.

Con la “sacra scrittura” nasceva un potente medium monodirezionale e assolutista, come per noi oggi è la televisione. La sua presunta interattività sarebbe stata, di fatto, tutta a carico dei credenti che rapportandosi alla Scrittura avrebbero creduto di mettersi in relazione con l’incarnazione del Verbo. In buona sostanza, la prospettiva che si apriva era quella di abituare la gente a parlare con il monitor della tv e a interpretare la realtà solo secondo quello che veniva detto in televisione, riuscendo inoltre a far credere a ognuno che il messaggio massificato scaturito dal medium fosse una comunicazione personale.

La Chiesa è stata la prima a intuire che il punto vendita non svolge semplicemente la funzione dell’ultimo ingranaggio del meccanismo della distribuzione, ma è anche motore di aggregazione e quindi di fidelizzazione.
Abituare la clientela a frequentare regolarmente il punto vendita è un obiettivo che per gli strateghi del marketing rimane spesso soltanto un sogno irrealizzato. Il motivo di ciò risiede nel fatto che non sempre si riesce a creare un legame emozionale fra il luogo e gli utenti stessi. Effettuato un acquisto, la maggior parte delle persone si ritiene soddisfatta e non trova più necessario tornare nello stesso negozio per lunghi periodi di tempo. La più grande multinazionale della storia, invece, è riuscita ad attuare questo legame elaborando una main promise analoga a quelle usate nella pubblicità di prodotto, ma riferita al luogo. La chiesa come edificio è immagine della Chiesa intesa come popolo di Dio. Di conseguenza, non solo consumando il prodotto si può godere del benefit, ma prima ancora il semplice atto di recarsi sul punto vendita consente di ottenerlo.

In genere, uno dei punti più difficili nella progettazione è stabilire l’ubicazione delle casse rispetto all’ingresso. La regola più utilizzata vuole che l’ingresso si situi sempre alla destra delle casse. In linea generale si può notare che in chiesa le cassette per le offerte di denaro sono spesso vicino all’ingresso, ma messe in modo tale da essere notate soltanto al momento dell’uscita proprio per non dare l’impressione di una eccessiva commercializzazione del rito (per questo stesso motivo, in alternativa, un commesso passa a raccogliere le buste con le offerte). Esistono cassette per le offerte anche di fianco agli altari secondari. Ed è possibile anche trovare dei dispenser che per ogni offerta danno in omaggio una candela da dedicare al santo specifico, attivando il meccanismo: offerta → candela → beneficio Tutto lascia sottintendere che, se con un’offerta più cospicua si può avere una candela più grande, anche il beneficio ottenuto dal santo sarà più grande, più rapido o più efficace. Questo strumento di promozione sul punto vendita si è rivelato nei secoli eccellente per la fidelizzazione dei clienti e per favorirne un flusso costante.

Il pubblico che prende parte all’animazione sul punto vendita deve avere spazio adeguato per seguire tutto l’evento con diversi atteggiamenti corporei codificati. Il rituale non ammette comportamenti diversi da quelli stabiliti. La cerimonia alterna la posizione in piedi e quella in ginocchio alla posizione seduta: anche il relax è codificato. La condivisione degli stessi atteggiamenti posturali crea ordine e senso di appartenenza.

Mentre il resto dell’umanità sta ancora gingillandosi con fantasie e film sul virtuale, la Chiesa non solo ha realizzato per prima la realtà virtuale ma l’ha addirittura resa reale affermando una simbiosi del divino con l’elemento umano in una sorta di architettura client-server come avviene nel film Matrix.

Oggi, in un’epoca di desacralizzazione, la raccomandazione di non masticare l’ostia perché si tratta della carne di nostro Signore Gesù Cristo può ancora generare qualche confusione nei consumatori. Proprio l’invito catechistico all’inghiottimento delicato dell’ostia piuttosto che alla sua masticazione apre nella coscienza del consumatore la possibilità, fino a quel momento non contemplata, di fruire del prodotto in modo diverso. L’ostia andrebbe deglutita intera per far sì che il prodotto possa “entrare” inalterato nel consumatore e sortisca gli effetti promessi (possedendolo). Un uso diverso, come la masticazione ad esempio, comporterebbe una prima forma di digestione e quindi il rischio della neutralizzazione, dell’annullamento delle proprietà sacre del prodotto.
In definitiva, ciò che torna alla luce è l’antico tabù del cannibalismo. Ebbi modo di constatarlo proprio in occasione della mia prima comunione. La preparazione alla cerimonia fu curata nelle settimane precedenti da un anziano sacerdote che parlava con voce particolarmente flebile, abbassando completamente il tono di voce nella seconda metà di ogni parola. Posso dire di aver compreso veramente solo metà di quello che disse. Fu così che quando arrivai davanti all’officiante per la mia prima (e ultima) comunione, al suo annuncio: “Corpus Christi...”, io risposi ciò che avevo imparato (a metà) e morsi l’ostia consacrata esclamando “ahm!” anziché “amen”. L’orrore che si disegnò sul volto del sacerdote mi divenne chiaro soltanto molti anni dopo. Lo sbigottimento causato dal terrificante immaginario legato all’atto che si compie con l’Eucaristia deve aver causato per secoli nei fedeli un trauma dalle dimensioni insondabili. A mio avviso, questo trauma può esser stato utile a creare una condizione di temporanea “prostrazione” psicologica, un abbassamento delle difese razionali sufficiente a generare (o rigenerare) lo stato di “grazia”.
Nell’Eucaristia, a un iniziale atto cannibalico da parte del credente, segue un processo digestivo in cui è il credente stesso a essere cannibalizzato. In genere, il cibo corporale diviene una stessa cosa con chi lo riceve, cangiandosi esso cibo nella persona che lo riceve, laddove tutt’all’opposto avviene nell’Eucaristia: perché non già il cibo si cangia in chi lo riceve, ma chi lo riceve si cambia spiritualmente nel cibo ricevuto. Se lo scopo era quello di ottenere dai fedeli accettazione e gratitudine incondizionate, il rito è realmente in grado di operare una trasformazione addirittura a livello subliminale.

L’accettazione acritica di qualunque prodotto o sottoprodotto della cultura cattolica, poi, ha avuto come estrema conseguenza il diffondersi di un’estetica volgare, ovvero di un’estetica capace di comprendere anche la volgarità realizzando gli stili più adatti alle grandi masse. Ciò può aver avuto origine nell’assimilazione inconsapevole di stilemi estetici propri dei luoghi in cui si “ottengono” i benefici. Tra le virtù ideali da coltivare, l’educazione del buon cristiano esalta quella della tolleranza. Come estensione del sacrificio personale, pone il target in condizione di accettare tutto in cambio della redenzione. Si tratta di un lavoro faticoso che dà però i suoi frutti: si sviluppa una invidiabile capacità di accettazione che passa per la perdita del senso critico, fino all’eliminazione totale della sensibilità. La “desensibilizzazione” porta a non percepire più la realtà ma qualcosa di diverso da essa che è mediato sia dal testo sia dall’utilizzo “testuale” della visione del gruppo. Perché anche la visione del gruppo diviene testo. Ciò ha conseguenze che arrivano a incidere perfino sulla percezione estetica. Così, il cattolicesimo è riuscito a eliminare il concetto di volgarità. Perché nessuno è più in grado di distinguerla.
Ciò che è sottile è difficilmente condivisibile e quindi non adatto alla massificazione. Il kitsch è esattamente la conseguenza della massificazione dell’estetica, ovvero della creazione di un’estetica destinata alla massa. Il kitsch è funzionale alla popolarità dell’arte. Come non ammirare allora il meraviglioso equilibrio fra architettura e retorica propagandistica costituito dai due colonnati che si curvano davanti alla basilica come per abbracciare maternamente le masse dei fedeli e convogliarle all’interno?
L’universalismo estetico di San Pietro si basa su un miscuglio di generi e di stilemi presi in prestito da altre tradizioni e culture e qui mescolati tra loro. Ad esempio, cosa c’entra un obelisco egiziano nel bel mezzo del tempio della cristianità? Certo, prima ornava il circo di Nerone su cui fu costruita la basilica, e già la scelta di questa locazione poteva avere un valore simbolico. Ma perché mai nel 1586 fu posto al centro della piazza? Probabilmente per ribadire lo stesso concetto, ricordando simbolicamente per l’eternità la vittoria del cristianesimo sul mondo antico. E cosa c’entra poi tutta la paccottiglia accumulata nei secoli, dagli orologi del Valadier che nel Settecento andarono a ornare la balaustrata, alla Porta della Morte di Manzù? Semplice. Il punto vendita più importante della catena deve avere sontuosità e spettacolarità tali da suscitare sensazioni forti. E per ottenerle si può procedere anche per accumulazione. Eliminata nella massa la percezione naturale che è stata sostituita da un’estetica mediata testualmente (sempre i libri ci dicono che la basilica di San Pietro è “bellissima” perché è la culla della cristianità, mai il contrario), nessuno si accorge che la sensazione provata di fronte alla basilica è senza dubbio forte, non già per la presunta bellezza dell’opera ma per via dell’impatto con una straordinaria massa di kitsch che arriva tutta insieme.

È interessante notare come il continuo accostamento fra la Roma imperiale e la Chiesa cristiana che fra le sue mura si era stabilita abbia potuto produrre nel corso della storia formidabili effetti persuasori. Associare l’immagine della prima, pur consistente, comunità cristiana a quella dell’Impero stesso ha permesso di veicolare efficacemente un senso di autorevolezza e di grandezza universale del cristianesimo che altrimenti sarebbe stato molto difficile veicolare. Si trattava in fondo di un sillogismo simile a questo: a) Roma è la città più grande del mondo antico; b) la Chiesa di Cristo è anche la Chiesa di Roma; c) quindi la Chiesa di Cristo è la più grande del mondo. In pratica, un innocente ragionamento del tipo non causa pro causa attraverso cui si crea erroneamente un nesso di causalità fra due cose che semplicemente coesistono. Una strategia che viene utilizzata ancora oggi dal marketing più rozzo inventando dei marchi che si fondano sull’immagine del paese dominante economicamente (ad esempio gli Stati Uniti) o tecnologicamente (fino alla fine degli anni Sessanta la Germania e, in seguito, il Giappone). Per fare questo basta utilizzare nomi che richiamino il paese in questione ed eventualmente inserire nel logotipo i colori nazionali. In base a ciò, il marchio dovrebbe apparire ai consumatori migliore degli altri della stessa categoria merceologica (e fornire di per sé una sorta di “garanzia” sui suoi prodotti) per il solo fatto che sembra provenire dal paese più potente del mondo.

è possibile mandare on air un determinato messaggio contemporaneamente a un altro di contenuto praticamente opposto. Si ottengono due vantaggi: saturare la comunicazione impedendo che altri possano trasmettere messaggi, e soprattutto raggiungere il gradimento del maggior numero possibile di persone. Ci sono voluti duemila anni prima che qualcuno scoprisse che «sul mercato moderno non competono dei prodotti, ma soprattutto dei messaggi». È stato così fin dall’inizio. Quando l’obiettivo era quello di conquistare pressoché la totalità del pubblico, la Chiesa ha sempre saputo esprimere la sua posizione ma al momento opportuno ha saputo anche evitare di esprimerla per non correre il rischio di dispiacere a qualcuno. Per fare un esempio, se dittatori e tiranni di ogni epoca non vennero mai scomunicati dalla Chiesa, probabilmente fu per il fatto che a loro modo avevano costituito un punto di riferimento per molti milioni di persone e sarebbe stato un peccato perdere tutta questa audience. Così come avviene tuttora per gli esponenti della mafia, i quali ottengono che nel caso della loro morte si continuino a celebrare messe in loro suffragio per portarli fuori dal Purgatorio e in Paradiso. Un luogo che, se è destinato ad accogliere soltanto coloro che hanno operato il bene o che sono stati comunque impossibilitati a compiere il male, appare già affollato di teologi, santi sessuofobi, beghine e altra gente noiosissima.

La Chiesa ha da sempre incorporato nel suo servizio il “valore integrato” più importante: quello del perdono. Milioni di peccatori aspettano solo di essere perdonati per poter continuare a essere peccatori. Con la parola scritta il cristianesimo ha creato il senso di colpa, e sempre tramite la parola ce ne libera: «Mosè ha dato la Legge, Cristo la grazia» (Gv 1,17). La riscrittura sistematica dell’Antico Testamento insieme al Nuovo, effettuata nei primi secoli, è servita a legittimare un’interpretazione univoca della parola di Gesù come compimento finale di ciò che è già scritto. Avete letto bene: ciò che è scritto. Non si esibiscono fatti, qui, ma ancora una volta ci si appoggia sulla “scrittura” come punto di riferimento forte. Mosè rappresenta indubbiamente la legge, ma in contrapposizione alla visione “punitiva” della religione antica si escogita la formidabile trovata del “credito di grazia”. Il Salvatore, per Paolo, è più che un buono: è un buono omaggio. Gesù ha elargito la grazia, sia a chi ha peccato sia a chi non ha peccato ancora (non si sa mai). In questo modo, i consumatori si muoveranno verso la Marca, certi di poter spendere quel credito e di poterne avere ancora tramite la confessione e il perdono. Chi può lamentarsi di un servizio del genere? La consumer satisfaction è garantita.

essi sono dotati, sì, di libero arbitrio ma solo grazie al fondatore della Multinazionale. Non ne sono affatto dotati naturalmente, come vorrebbe il pensiero laico. Di conseguenza, i consumatori hanno la libertà di scegliere un prodotto purché lo scelgano all’interno del sistema di produzione e di consumo stabilito. Anzi, purché scelgano possibilmente il prodotto della Marca.  Riprendendo in modo laico la metafora della sorgente usata da Ratzinger a conclusione della sua enciclica, è tempo di ritrovare la sorgente di ogni nostra convinzione (o convenzione). Possiamo imbottigliare l’acqua di questa sorgente scrivendo sull’etichetta che è “naturale” ma non dobbiamo dimenticare che era naturale anche prima di essere imbottigliata e distribuita secondo le strategie del marketing. Possiamo confondere i nostri simili scrivendo che quest’acqua è l’acqua per antonomasia, oppure che “disseta più dell’acqua”, ma rimarrà sempre pura e semplice acqua, due parti di idrogeno e una di ossigeno, comunemente disponibile in natura. Allo stesso modo, occorre comprendere che i valori che le grandi multinazionali tentano di venderci ci appartengono già. Ci appartengono le cose della nostra vita, come pure i valori e le parole che li descrivono. Non esiste un amore cristiano, esiste l’amore. Si può avere un grande rigore morale anche senza essere religiosi. La fede non può essere condivisa e quindi divenire oggetto di massificazione da parte del marketing, né essere esportata, diventare merce di scambio, motivo di persuasione degli altri. Deve restare una questione rigorosamente privata e personale. Solo così aumenterà l’autocoscienza e diminuiranno i conflitti. Cosa dobbiamo fare per non lasciarci influenzare dal “così fan tutti” o da “l’hanno detto in televisione” e non continuare ad acquistare dei beni che possediamo già, comprese le nostre credenze? Forse non possiamo spegnere il televisore o tapparci le orecchie per evitare di venire esposti alla parola, considerando la nostra naturale predisposizione a credere a tutto ciò che viene detto, tanto più che in quest’epoca tutti i messaggi hanno assimilato una forma persuasoria. Tuttavia, qualcosa ci può ancora salvare. Non è la divina Provvidenza: è la Ragione. E, con essa, la Logica. Non vogliamo convincere nessuno di questo, anzi, dopo aver scritto tanto e per una forma di ecologia mentale, invitiamo chi legge a meditare sull’illogicità che risiede nel dare troppa importanza alla parola scritta.
Profile Image for Erikaconlakappa.
349 reviews13 followers
May 19, 2021
In una sola parola... geniale. Ad ogni pagina ti trovi ad annuire convinta e a dire "Non ci avevo mai pensato". Mi è piaciuto tantissimo. Meglio se avete una base di marketing, perchè ho trovato alcuni passaggi un po' ostici pur avendolo studiato.
Profile Image for Marta P..
44 reviews5 followers
May 22, 2021
Come il vate o il profeta, il libro trasmette un messaggio derivante da una fonte, rappresentata da chi ha effettivamente “parlato” o scritto il libro. L’autore potrebbe essere sfidato se fosse possibile raggiungerlo, ma di fatto egli non può essere raggiunto in nessun libro. Non esistono modi diretti di confutare un testo. Anche dopo una confutazione totale e distruttrice, esso dirà ancora esattamente le stesse cose di prima. Questo è uno dei motivi per cui l’espressione “il libro dice” ha assunto popolarmente lo stesso significato di “è vero”.


Geniale e spassoso.

Profile Image for Omar Caccia.
69 reviews
May 27, 2021
È abbastanza evidente che questo signore ce l'ha a morte con la Chiesa Cattolica, e in generale con le religioni. Un punto di vista sagace, tagliente e intelligente non è sufficiente per compensare una posizione che in molti casi sembra puramente aprioristica. Questo signore si dimentica che ciò che c'è di bello nella cultura occidentale è anche il risultato della direzione data dalla Chiesa nei secoli.
Profile Image for Marco.
122 reviews
March 21, 2023
Tra tanti libri definiti "la Bibbia del marketing", potremmo definire questo "il marketing della Bibbia". L'invenzione del marketing da parte di San Paolo e la sua evoluzione nella più grande multinazionale della storia, la chiesa cattolica, fino a Ratzinger. Il prosieguo con Bergoglio è stato scritto in un libro successivo che potrebbe essere altrettanto interessante, del resto come disse un vescovo statunitense alla sua elezione "il prodotto è sempre quello, cambierà il marketing"
Profile Image for Maria Chiara Maestri.
892 reviews9 followers
May 15, 2025
Una saggio interessante, provocatorio, ma ben scritto ed argomentato. Ho trovato geniale l'ultimo paragrafo, assolutamente coerente ma al contempo spiazzante. Non l'ho trovato noioso ne offensivo nei confronti dell'argomento trattato, anzi ne consiglio la lettura proprio per guardare le cose da una prospettiva che magari non è la propria.
Profile Image for amberle.
377 reviews13 followers
November 24, 2017
nonostante il titolo scherzoso il libro è più complesso di quanto sembri, specie per chi come me ha una conoscenza di marketing prossima allo 0 assoluto. Però resta comunque un trattato estremamente ironico (ok, a volte blasfemo) e scorrevole :)
Profile Image for Margherita Dolcevita.
368 reviews38 followers
November 15, 2010
La politica di prezzo come fattore strategico.

Quanto costa il prodotto?
E' gratis.

In realtà sarebbero due stelle e mezzo.
Comunque il libro è abbastanza divertente, anche se in certi punti, specialmente quando parla di "puro" marketing, è troppo arzigogolato e complicato, quasi autocompiaciuto e autoreferenziale, come a dire "Ehi guardate che pòpò di ragionamento ho fatto!"; comunque offre una prospettiva inconsueta su una questione che fa sicuramente riflettere. Sconsigliato ai credenti, ai ciellini, a quelli dell'Azione Cattolica, consigliato a chi si è fatto salvare da una sana e consapevole libidine.
Bellissimi alcuni slogan che si possono trarre da certe riflessioni fatte da filosofi e teologi del passato.

Dio. Think big.
Dio. Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.
Dio esiste. Quant'è vero Iddio.
Grazie a Dio non sono ateo.
Dio ti pensa. Pensaci.

La mia preferita, per intero.

Claudio Beregardo
Unique selling proposition:
secondo la rivelazione di santa Brigida, tutti coloro che osservano la legge naturale, a qualunque religione appartengano, si salveranno.
Reason Why: come anche dice il Corano di Maometto.
Slogan: Dio. Vivi secondo natura. Lo dice anche la concorrenza.

Profile Image for Barbara Ab.
757 reviews8 followers
February 22, 2015


Si meriterebbe 5 stelle per la geniale idea di analisi di marketing, ma si è dilungato troppo secondo me sugli esempi di troppe unique selling proposition. Esempio:
Tommaso d’Aquino
Unique Selling Proposition: Ci dev’essere un Dio solo
Reason why: poichè la moltitudine delle cose umane è governata bene quando è disposta uno solo.
(Dio. Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo)
Soren Kierkergaard
Unique Selling Proposition: Voler provare l’esistenza di Dio è il colmo del ridicolo.
Reason Why: O Egli esiste, e allora non lo si può provare (non più di quello che io possa provare l’esistenza di qualcuno ; tutt’al più posso trovare delle testimonianze, ma io così ne presuppongo l’esistenza); o Dio non esiste, ed allora non è più dimostrabile.
Supporting Evidence: Perchè “lo si può conoscere solo secondo che si è conosciuti” (1 Cor 13, 12), cioè secondo che si riconosce che si è conosciuti.
(Dio. Fatto a misura d’Io).

In generale un libricino brillante e geniale che certamenete sarà più apprezzato da chi ha delle conoscenze di marketing.
Profile Image for Taksya.
1,053 reviews13 followers
October 14, 2016
Più che indagine giornalistica è uno studio sul marketing migliore della storia... quello della Chiesa Cattolica. Non l'ho trovato blasfemo o volutamente sopra le righe, ma una semplice spiegazione di cosa ha fatto fino ad ora la Chiesa per mantenersi imbattuta agli occhi dei fedeli, rispetto ad altre Religioni o professioni di Fede. Certo, bisogna essere un pochetto aperti, ma non importa neppure essere esperti di marketing... si seguono benissimo tutti gli esempi e le spiegazioni.
Profile Image for Anna.
3,522 reviews193 followers
July 27, 2009
Książka dl osób orientujących się dobrze w ogólnych zarysach technik marketingowych. W pewnych momencie zaczęłam się gubić w tej książce.
Profile Image for giadix.
67 reviews2 followers
June 25, 2025
sarebbe stato più interessante se avesse effettivamente approfondito le leve del marketing nella chiesa anziché trasformare tutto in un’invettiva però copertina top
Displaying 1 - 17 of 17 reviews

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