Milena è nata in galera e lì è vissuta fino a tre anni. Oggi ne ha ventiquattro e si prende cura dei bambini reclusi, come Marlon. Marlon sarà presto strappato alla madre detenuta con cui vive. Milena conosce quel dolore e farebbe di tutto per evitarglielo.Eugenio invece fa parte della sua vita fin dall' era il «fratello» con cui dividere il sonno, è stato l'amico che non aveva mai paura, è diventato il suo amante.L'incontro con un giornalista che vuole parlare dei bambini in carcere è il terremoto che fa tremare le mura dietro cui Milena si protegge da sempre. Il giornalista è intenzionato a forzare ogni porta, vuole liberarla, o solo averla. Ma quando sei nata in galera, anche l'amore può diventare una minaccia. Rosella Postorino racconta la gabbia delle nostre esistenze «separate e inconciliabili», e insieme la felicità furiosa dei corpi che si toccano. Scrive un romanzo di esclusione e tenerezza, dove ogni nido cova violenza, ma il tentativo di salvare un altro essere umano è l'unico modo per salvare se stessi.
Penso sia abbastanza difficile recensire un libro quando hai odiato la protagonista dall'inizio alla fine, ma proverò ad essere il più oggettiva possibile.
Il romanzo avrebbe dovuto parlare dei bambini nati e cresciuti in carcere, poiché le loro madri sono detenute. In particolare, avrebbe dovuto raccontare cosa succede quando questi bambini diventano abbastanza grandi per uscire dal carcere ed essere affidati a qualcuno all’esterno. Anche la protagonista, Milena, è nata in prigione e ha creato un legame speciale con un altro bambino, Eugenio. Ora entrambi sono adulti e lavorano come volontari all'interno del carcere, occupandosi proprio dei bambini.
Come spesso accade, l’idea era buona ma la realizzazione mi ha profondamente delusa. Ho finito il libro con fatica, sperando fino all’ultima pagina in un miglioramento che però non è mai avvenuto. Il romanzo, purtroppo, ruota tutto attorno a Milena e si concentra pochissimo sui bambini. Milena che non cresce mai, non riesce a vivere come un’adulta, non si assume le sue responsabilità, mette continuamente in pericolo la propria vita, quella degli altri e soprattutto quella dei bambini. È egoista, pensa sempre e solo a sé stessa e sceglie sempre la strada sbagliata. Si giustifica continuamente dando la colpa ai genitori, in particolare alla madre. Mi aspettavo almeno un’evoluzione del personaggio che purtroppo non è mai avvenuta.
Questo libro non mi ha lasciato assolutamente nulla, se non il fastidio di aver perso del tempo a leggerlo. Un’occasione sprecata, quando si sarebbe potuto fare luce su un tema importante come quello delle madri detenute. Metto due stelline solo perché almeno la scrittrice ci ha provato.
Due stelle e mezzo. L’ho ascoltato in audiobook, la lettrice è molto brava e ha reso l’ascolto abbastanza godibile. Ma la protagonista resta, per me, insopportabile. Arresa alle sue debolezze, irresoluta, un’aliena orgogliosa delle proprie oscillazioni, una bambina mai cresciuta. Irritante.
Il corpo docile è un respiro corto. Parole dette senza fiato, contro il corpo di altri. E non c’è solo un corpo, ce ne sono cento. Sono i corpi sbattuti uno contro l’altro in Via Bartolo Longo. Quelli sovrapposti in verticale, in carcere. Sono corpi duri, ma trasparenti come il vetro. Che ci puoi passare attraverso con gli occhi, puoi spingerli con le mani contro saracinesche chiuse. E sono i corpi a custodirci, a sapere quello che siamo, a sapere tutto. Sono loro a descriverci agli altri. Non c’è modo di sottrarsi alla terribile bellezza delle immagini che disegna Rosella Postorino. I bambini alieni, Marlonbrando con la faccia da bambino adulto, con quel modo di capire le cose che si devono fare e basta. Milena ed Eugenio, prolungamenti. Di corpi. Di vita. Di azioni senza vergogna. Nudi in bagno. Nudi in testa. Pieni di cose che sanno solo loro, che riconoscono. Ogni centimetro di pelle conosciuto, condiviso. Il tremore del primo bacio, un terremoto che si è disteso nel tempo, nello stomaco. Che li costringe a restare vicini. A non riuscire a immaginare un domani senza gli occhi dell’altro. Ma il domani si riempie dello sguardo di chi arriva. Di chi sa depositarlo bene in quello dell’altro. Si riempie di un uomo che aspetta Milena con addosso un maglione rosso. Lou Rizzi, che la chiama per nome. Che le infila la mano tra le cosce e con un brivido le insegna l’amore.
Purtroppo non mi è piaciuto per niente. Ho letto altri libri di questa autrice che ho amato profondamente, quindi ero entusiasta di leggere anche questo. Tuttavia, sono rimasta delusa. La storia, ambientata dietro le sbarre con bambini come protagonisti, è certamente tagliente e fredda, come giustamente ci si aspetterebbe date le circostanze. Tuttavia, ho trovato che questa freddezza ha reso la storia troppo distante. Non sono riuscita ad appassionarmi alla trama o ai personaggi, e ho faticato a trovare un punto di accesso emotivo. Ero affezionata all'autrice per i suoi libri precedenti, ma "Il corpo docile" purtroppo non ha soddisfatto le mie aspettative."
Confermo. Rosella Postorino è una scrittrice che di ordinario non ha assolutamente nulla e questo libro un’altra bellissima scoperta. Perché? La sua scrittura ha la capacità di catapultare letteralmente il lettore nelle vite degli altri. Ed è questo il super potere dei grandi scrittori. Le storie, seppur importanti, passano in secondo piano. Domina la narrazione dei sentimenti, da intendersi come la capacità di “sentire” attraverso i sensi e le parole. E i sensi, come i sentimenti, non possono prescindere dal corpo che abbiamo in dotazione. E i corpi sono territori da abitare, si sentono vivere, hanno paura, una paura che riempie di felicità inspiegabile, per citare l’autrice, ma spiegata benissimo. Detto ciò, la storia di Milena è bellissima, leggetelo e mi dite!
Questo libro ha il grande merito di affrontare un tema che è un grande problema nel nostro paese: la vita in carcere dei bambini fino al compimento dei tre anni e la successiva separazione drastica dalle madri con le quali hanno vissuto fino ad allora. Due cose entrambe molto sbagliate. Le narra raccontando la storia di una donna che ha vissuto direttamente questa esperienza con tutti i problemi che si trascinano poi per il corso della vita. Ho trovato alcuni pezzi del libro molto belli, profondi, acuti. Altri difficili, poco chiari, che mi hanno lasciato un po' smarrita, forse inadeguata, delusa. Ma potrei essere io in un momento inadeguato a questa lettura. Però un libro che merita di essere letto anche solo per capire qualcosa in più di questa realtà così lontana dalla nostra routine.
La trama e il tema affrontato sono senza dubbio molto interessanti. Il libro è costruito come un flusso di pensiero della protagonista – un’ex bambina nata a Rebibbia e ormai adulta – una scelta narrativa che a tratti rende la lettura meno lineare e scorrevole. Probabilmente è una scelta voluta, per permettere al lettore di immedesimarsi nella sua psiche complessa e comprendere il peso psicologico che portano con sé i bambini nati e cresciuti in carcere. Nel complesso ho trovato il libro valido e significativo, anche se non mi ha coinvolto del tutto. #ilcorpodocile #rosellapostorino
Rosella Pastorino è una brava scrittrice. Una scrittura molto coinvolgente, reale. Il corpo docile è un bel libro che parla di donne, mamme, figlie. Di errori e di amore. Un libro che ho letto con piacere che mi è entrato un po’ anche nello stomaco, sotto la pelle. Se mi piace un autore cerco di andare in ordine di pubblicazione, per seguire il percorso. Leggerò sicuramente anche il successivo.
Mi è piaciuto questo romanzo, forse un pochino meno degli altri ,è una storia ben raccontata ,non mi è rimasta simpatica la protagonista ma questo non ha contribuito a farmi perdere la voglia di leggerlo. Anzi,lo consiglio!
Ho letto cose decisamente migliori della stessa autrice. Ho trovato la scrittura davvero un esercizio di stile che sovrastava la storia e questo mi ha reso complicato e pesante leggere il libro. Finito con fatica, forse la storia meritava di più.