"Car Tar, non devi essere triste perché sono partit. Cosa dovrei fare io, che sono qui sol fra tutti questi terrestri cosi strani e diversi da noi? Devo riconoscere che fanno di tutto per farmi stare a mio agio. Purtroppo qualche volta non è possibile, ma non dipende da loro. Qui è tutto così le abitudini, i materiali, la gente, l'aria stessa che si respira, la gravità, il sapore dei cibi. Certe volte mi sento frastornat e avrei voglia di tornare a casa su Deneb. Ma tutto sommato è un'esperienza interessante e credo che, quando mi sarò abituat, mi divertirò un mondo. Un abbraccio affettuoso, Mo". Una lettera tradotta dal denebiano, lingua che prevede per i ragazzi al di sotto dei 50 anni, pronomi e aggettivi di genere neutro. Il racconto è riproposto in una nuova collana per ragazzi, dedicata ai loro animi avventurosi, sognatori e a volte ribelli. Storie ricche di forti emozioni scritte da autori fra i più affermati nella narrativa per l'infanzia arricchite dai disegni di grandi illustratori.
Bianca Pitzorno (Sassari, 1942) è una scrittrice, autrice televisiva e traduttrice italiana. Celebre soprattutto come autrice di romanzi per ragazzi, dal 2000 è anche ambasciatrice UNICEF.
Born in 1942, she's an Italian writer and screenwriter specialized in children literature.
She graduated in Classic Literature, with a thesis on Prehistoric Archeology. For seven years she worked as a responsible for cultural children’s television programmes for the Italian public television (RAI). She also worked as an archeologist, theatre writer, screenwriter, lyricist and teacher.
From 1970 to 2011 she published many assays and novels, for both kids and adults, translated in many countries all over Europe, America and Asia. She translated Tolkien, Sylvia Plath, David Grossman, Enrique Perez Diaz, Töve Jansson, Soledad Cruz Guerra e Mariela Castro Espìn.
She lives in Milan. She doesn’t love traveling but visits Cuba often and collaborates with the local cultural institutions. Since 2004 she stopped writing for younger readers, concentrating only on adult books. Her most popular works are: La bambina col falcone 1982; Vita di Eleonora d'Arborea, 1984 e 2010; Ascolta il mio cuore, 1991; Tornatras, 2000; La bambinaia francese, 2004; GIUNI RUSSO, da Un'Estate al Mare al Carmelo, 2009. La vita sessuale dei nostri antenati (spiegata a mia cugina Lauretta che vuol credersi nata per partenogenesi) 2015.
Se a scuola le insegnanti di lettere consigliassero o leggessero i suoi libri, forse la nostra società non sarebbe messa così male. Ho iniziato a leggere i romanzi di Bianca Pitzorno non ricordo se su consiglio di mia cugina, di mia madre o della bibliotecaria del paese, alle elementari. Ricordo solo che ovunque fossi cercavo i suoi libri e credo sia stata proprio quest'autrice a farmi appassionare alla lettura sin da piccola. In questo romanzo tratta un argomento molto attuale, nonostante il libro risalga a più di quarant'anni fa: la parità di genere, il modo in cui tuttora la società impartisce e ripartisce compiti diversi ai maschi e alle femmine , le differenze di salario, di educazione di considerazione. L'espediente con cui lo tratta e lo avvicina al mondo dei più piccoli riguarda la venuta sulla Terra di un extraterrestre proveniente da Deneb, Mo, di cui non si conosce il sesso, poiché nel suo pianeta d'origine lo si scopre solo dopo cinquant'anni. Mo dovrà vivere per dieci anni con dei terrestri e adattarsi a questa società. Nel frattempo si tiene in contatto con la famiglia naturale attraverso lo scambio epistolare con il fratello/sorella cui si rivolge al neutro, con *. Davvero da non perdere a qualsiasi età, un trattato sociologico mascherato da romanzo per ragazzi. Se avessi dei figli lo farei leggere loro sicuramente, ma lo consiglio anche a qualche mio coetaneo rimasto all'età della pietra.
Incredibile pensare che siano trascorsi già quarant'anni dalla pubblicazione di questo romanzo, che è di un'attualità sconcertante, anzi, è più avanti! Dovrebbe essere un testo obbligatorio da leggere nelle scuole, anche se già mi immagino i genitori isterici (in questo caso gli uomini più delle donne, smentendo quelle che dovrebbero essere le loro "catatteristiche" di comportamento di genere) che vanno a protestare con presidi e insegnanti e scatenano un putiferio, come già hanno fatto, del resto!
Cos’è esattamente Mo? Un maschio o una femmina? In effetti i bambini provenienti da Deneb, il suo pianeta di origine, sviluppano gli attributi sessuali solo dopo l'adolescenza. La famiglia Olivieri, che si è presa l’incarico di accudire il piccolo extraterrestre, non sa dove battere la testa. Mamma Lucilla vorrebbe una bambina che le tenga compagnia, Papà Nicola un bambino con cui giocare. S’impone una scelta! Del resto, ai due diversi sessi corrispondono modelli educativi diversi, è chiaro… Si vorrebbe pensare che libri come questo siano superati, che maschi e femmine ormai godano dello stesso livello di considerazione, ma è davvero così? La violenza sulle donne, la loro sottovalutazione, continua purtroppo. Forse con modalità più subdole rispetto a quelle descritte nel libro, ma probabilmente anche peggiori. Il finale è davvero amaro, solo la piccola Cecilia ha il coraggio di rimanere sulla Terra, per le altre piccole protagoniste non c’è posto. Trovo che il romanzo sia un ottimo spunto di discussione per tutti gli educatori sul ruolo dei sessi nella nostra società. La bella lettera finale di Mo sul valore della donna dovrebbe essere letta a tutti i bambini.
Car* Tar, sono proprio contenta di essere nata a Deneb, visto che dovevo nascere donna! Ma lo sai che qui sulla Terra una donna non è padrona di niente! Per esempio, una nasce con un cognome e una nazionalità, e crede che siano suoi. Invece glieli ha prestati il padre, fino a che non si sposa. Infatti poi il marito gliene presta di nuovi, e se si risposa li cambia ancora. Potrebbe essere divertente, se una qualche volta non si chiedesse: “Ma chi sono veramente?” Lo sai che ci sono nazioni, che affermano di essere civili, dove le donne fino a qualche anno fa non potevano votare, e tutti pensavano che fosse normalissimo? Lo sai che lo stesso identico tipo di lavoro, se lo fa una donna viene pagato di meno? Lo sai che i genitori preferiscono far studiare i figli maschi piuttosto che le figlie, anche se sono più stupidi, perché sono gli uomini che devono far carriera e affermarsi nel mondo del lavoro? E che molte donne che credono di essere ricche perché il marito guadagna molto, se non vanno più d’accordo non se ne possono andare per i fatti propri perché non sono in grado di guadagnare un soldo da sole? E lo sai Tar, che se una donna non è considerata bella, tutti la criticano anche se è brava e intelligente e non va bene né per sposarsi, perché gli uomini vogliono la moglie bella, né per lavorare, perché le richiedono la “bella presenza”. Invece un uomo può essere brutto come un maiale e viene stimato lo stesso sia come marito che nel lavoro. Poi le accusano di perdere troppo tempo col trucco, il parrucchiere e la moda, poverette, e le chiamano frivole! Quasi tutte le donne, per esempio, portano i tacchi alti, che sono scomodissimi per camminare. Lo fanno perché gli piace - pensano gli uomini - cretine! Ma se una donna va in giro con i tacchi bassi, sono i primi a trovarla trasandata, racchia, la prendono in giro e non la trovano desiderabile. Perciò poverette, i tacchi se li fanno piacere per forza! Del fatto che in casa devono fare tutto loro, anche se il marito non è paralitico, te l’ho già scritto. In teoria possono fare qualsiasi mestiere, ma se guardi bene, ci sono delle professioni dove non trovi nessuna donna, o sono così rare che ne parlano i giornali e la televisione, come di un cane a tre teste. Adesso ho capito perché i terrestri ci tengono tanto a sapere immediatamente se un neonato è maschio o femmina! È chiaro; perché se non le allenano per un tempo abbastanza lungo, nessuna delle loro figlie al momento giusto avrà abbastanza pazienza per essere capace di fare la donna! E non credere che a essere maschio ci si guadagni molto. Si hanno molti privilegi, ma si pagano cari... Perché neanche un maschio, che crede di essere padrone della sua vita e di quella degli altri, è libero di fare quello che vuole. Non si può commuovere, non può avere paura, non può essere sensibile, non può essere tenero e gentile, non può piangere in pubblico, non può cantare e ballare, non si può mettere dei bei vestiti, non può decidere di occuparsi della casa e dei bambini invece di andare in ufficio, non può fare certi mestieri, non può avere certi hobbies... Guarda, non può neanche cercare di sembrare più bello di quello che è, a meno che non faccia l’attore. Una donna, perché gli altri l’ammirino, deve essere sempre truccata. Magari un trucco che non si vede, ma deve averlo... Se un uomo osa uscire di casa col rossetto perché è troppo pallido, altro che ammirarlo! Perché, non l’ho proprio capito, ma ti assicuro che forse quando mi credevano un ragazzo, rischiavo di stare peggio di adesso.
Molto prima della caccia al gender c'era Bianca Pitzorno con Mo. Mo è sulla Terra per uno scambio culturale: è originari* di Deneb, un pianeta in cui non si conosce il sesso di una persona prima dell'età da riproduzione e matrimonio. A che cosa servirebbe saperlo prima? Quando la nuova famiglia di Mo scopre che l'ospite denebiano non conosce il proprio sesso, scatta il putiferio. E Mo dovrà imparare a convivere con i terrestri e il loro bizzarro modo di vivere.
Questo è un libro per ragazzi, su questo non ci piove, ma fa parte di quella letteratura per ragazzi che merita di essere letta a tutte le età. Consigliatissimo a chiunque.
Scrivo sull'onda emotiva di una lettura vissuta tutta d'un fiato che mi ha lasciato un nodo alla gola, un groppo allo stomaco e gli occhi lucidi. La Pitzorno mi sorprende da quasi vent'anni. Questo suo stupendo, incredibile, bellissimo libro non è recente, mi pare sia uscito a metà degli anni '70 ma non cambia nulla, potrebbe essere stato scritto mille anni fa come dopodomani. In breve: Mo, abitante del pianeta Deben, arriva sulla Terra per passare una vacanza culturale che durerà dieci anni (tale è il tempo richiesto affinchè i due pianeti siano in linea per intraprendere il viaggio da uno all'altro). Sarà ospite presso una famiglia, la famiglia Olivieri. C'è un piccolo problemino: Mo è maschio o femmina? I debeniani non possono appurare il proprio sesso fino al cinquantesimo anno d'età (un anno terrestre corrisponde a tre anni debeniani), ma la cosa non li sconvolge particolarmente visto che sapere a che sesso si appartiene è necessario unicamente dopo quel periodo e solo nel caso si voglia mettere su famiglia. O no? Non voglio assolutamente spoilerare la trama, perchè è un delitto togliere il piacere di gustare questa storia pagina dopo pagina, di seguire Mo durante il suo soggiorno terrestre. Quel che posso dirvi è che, come al solito, questa autrice è riuscita ad incastonare tutte le sue convinzioni in una storia molto dinamica, per nulla banale, accompagnata dalla logica del buonsenso dalla prima all'ultima pagina. È un libro nel quale mi sono trovata con tutte le scarpe, che ritengo importante, e che farei leggere obbligatoriamente non tanto ai bambini, anche se a loro è indirizzato, quanto ai loro educatori (genitori, insegnanti, istruttori sportivi e parenti in generale). Non fa mai male riflettere una volta in più su tematiche quali la libertà (quella vera, fisica, morale, intellettuale, civile, sociale and so on..), sulle differenze tra i sessi (non ci sono? ci sono? perchè ci sono? quali sono?), l'adozione, il rapporto famigliare, l'interazione tra i cosiddetti attori sociali (e se si chiamano così un motivo ci sarà), e tutto questo (ed anche di più) trattato in senso incredibilmente ampio e attraverso punti di vista a volte insoliti e inaspettati. Si piange, si pensa, ci si preoccupa e, in alcuni casi, si ride fino alla contorsione fisica: a tal proposito, è assolutamente esilarante l'entrata in scena dello psicologo Dotto, che dovrebbe essere risolutiva ed invece, facendo anch'esso parte della setta di preti atei adepti a Freud, si rivela una vera e propria calamità.
Ed eccolo qui, il terribile libro che travia i bambini portandoli su quella bruttissima via è che la teoria del gender. Pensate che questo libro è così malefico che lo fa dal 1979, ma a quanto pare solo ora i paladini della famiglia tradizionale si sono resi conto che esiste. Probabilmente ho caricato questo libro di troppe aspettative: non solo pensavo che fosse molto più recente, ma all'inizio avevo pure la pretesa che parlasse a me, che sono un'adulta, e che una certa mentalità la do per scontata. A me che godo di tante libertà grazie alle battaglie di altre. A me, che posso essere presa sul serio tante volte - anche se non abbastanza - perché donne come Bianca Pitzorno hanno fatto sì che la loro voce parlasse anche per chi non poteva essere sentito. Perché libri come Extraterrestre alla pari hanno probabilmente colpito l'immaginario infantile, mostrando la follia e la pura cattiveria degli stereotipi di genere. Extraterrestre alla pari è un libro che, quando inizia, spiazza per i toni esagerati con cui dipinge la vita in Italia, il modo quasi parodistico nonché tragicomico in cui viene rappresentata la famiglia tradizionale, e personalmente preferisco quando certe tematiche vengono affrontate in modo più subdolo. Ma il target è basso, e probabilmente un linguaggio immediatamente riconoscibile, questo stile schietto che mostra il contesto senza filtri, è più adatto a comunicare con i bambini. Una volta contestualizzato questo, una volta inserito nel suo periodo di pubblicazione, la mia iniziale perplessità è venuta meno, e dopo qualche pagina i toni si abbassano: il punto di vista, nel libro, è quello di Mo, il bambino alieno (uso il maschile in quanto nella lingua italiana manga un genere neutro), a cui lo stile di vita terrestre appare strano ed incomprensibile, ma che ad un certo punto inizia ad abituarsi. Per qualcuno che non ha mai vissuto la disparità di genere, le differenze in ciò che ci si aspetta da un maschio e da una femmina sono incomprensibili. Lo sguardo confuso di Mo mostra molto bene al lettore come le differenze di genere non siano affatto naturali ma imposte da un contesto culturale preciso, che miete solo vittime: abbiamo le bambine costrette ad un ruolo che calpesta la loro natura e i loro desideri, bambini a cui viene impedito di considerare l'altro sesso come proprio pari. Abbiamo donne la cui capacità di desiderare è stata letteralmente soffocata in fasce, abbiamo uomini a cui non è concesso essere vulnerabili o mostrare i propri sentimenti. E poi c'è Mo, che vorrebbe essere sé stesso ma non può perché deve per forza adeguarsi ad ruolo quando si identifica in entrambi. Extraterrestre alla pari non è un libro che parla di gender: è un libro che parla di diseguaglianza, di stereotipi di genere, di pari opportunità. È un libro che lancia il messaggio che ognuno deve avere la possibilità di essere ciò che vuole, senza che la società si erga a giudice, giuria e boia: se una donna vuole lavorare, può farlo. Se un uomo vuole occuparsi dei figli, può farlo. Se una madre non può occuparsi di suo figlio per due giorni, può farlo il padre. Essere giudicati e condannati dalla società per essere ciò che si è fa male, ed è crudele. Imporre ad un bambino un genere in cui non si identifica è sbagliato, puro e semplice. A volte a possono essere le persone che ci amano a ferirci di più, rifiutandosi di capire. Extraterrestre alla pari non parla ai membri della comunità lgbtq+: parla a tutti coloro che si sono visti imporre vestiti, giocattoli, aspettative ed erano loro ad essere sbagliati se non gli andava bene. Parla alle bambine che vogliono fare ciò che vogliono, parla ai bambini che vogliono giocare con le bambole e piangono. Parla ai bambini e bambine omosessuali (perché omosessuali si nasce, non lo si diventa quando si svegliano gli ormoni) sottilmente bullizzati perché non si conformano, parla ai bambini trasgender costretti in un'identità che non gli appartiene. Il modo in cui Bianca Pitzorno comunica coi suoi lettori usando un linguaggio semplice, senza esprimere giudizi ma mostrando, nero su bianco, la palese ingiustizia della disparità di genere, l'ho trovato particolarmente efficace non solo per raggiungere il suo pubblico infantile, ma anche - idealmente - non dico per far aprire gli occhi a chi è vittima di una certa mentalità, ma almeno per dare degli spunti di riflessione. Siamo di fronte ad un libro che nel finale ci fa capire che sarebbe tanto bello essere come Mo, che alla fine della fiera può tornare nella sua casa idilliaca (e non c'è niente di male, nell'abbandonare un mondo che ti calpesta a favore di uno dove si viene apprezzati), ma chi può deve essere è Cecilia, che sceglie di rimanere per lottare e cambiare le cose.
Sono stata una fan sfegatata del progetto delle "Storie della buonanotte per bambine ribelli", anzi, ho perfino partecipato all'autofinanziamento e l'ho amato non appena l'ho finalmente avuto nella mia libreria. Ho sempre pensato che fosse importante insegnare alle bambine che nascono con le stesse identiche possibilità dei maschi, che non hanno niente di meno.
Anche gli uomini sono costretti a fare delle rinunce, però. Un bambino che piange viene chiamato "femminuccia", come se non fosse un diritto tanto dei bambini che delle bambine quello di soffrire e di essere consolati. Vi basti pensare a come viene chiamato un padre presente: mammo. Come se un uomo non potesse essere affettuoso e attento ai suoi bambini senza diventare automaticamente una donna. E chiedetevi, tutti voi, come reagireste se vostro figlio vi chiedesse di fare danza classica o se amasse il rosa.
Perché tutto quello che nell'immaginario riguarda le donne viene visto come una degradazione, una rinuncia, una menomazione, mentre esiste una giornata per festeggiare le donne nella scienza? È una conquista tutto ciò che ci apre nuove strade, ma perché disprezziamo il rosa, critichiamo le casalinghe, censuriamo le principesse? Ci apriamo nuove strade e ci vetiamo di percorrerne altre perché le troviamo degradanti. Cosa mai ci dovrebbe essere di degradante?
Ai maschi questo viene vietato da sempre. L'affetto, la paura, la dolcezza, sono cose da donne. È una croce enorme da portare, quella di dover essere sempre rigido, sempre coraggioso, sempre duro. Forse sono contenta di non averla. E forse, se una femmina non fosse più un individuo di serie B, un uomo non si vergognerebbe ad occuparsi dei suoi figli e della casa, a ballare, a cucire. Forse saremmo tutti più felici.
Bene, insomma, tutto sto pippone che nessuno avrà letto fino in fondo per dire che fra le Storie per la buonanotte e questo libro della Pitzorno che ha ormai molto più di vent'anni è molto più rivoluzionario il secondo.
I migliori libri per bambini e ragazzi hanno un significato profondo che gli adulti possono apprezzare. Un libro che tutti dovrebbero leggere per riflettere sugli stereotipi del ruolo maschile e femminile.
Un libro per ragazzi ma perfetto anche per gli adulti perché fa davvero aprire gli occhi. Il tema trattato dalla Pitzorno è quello delle pari opportunità legato alle differenze di genere. Lo “scambio alla pari” di un giovane denebiano in viaggio studio sulla Terra diventa lo spunto di riflessione su queste importanti tematiche. Eh sì, perché sul pianeta Deneb le differenze di genere non influenzano minimamente l’educazione della prole e le aspettative che la società ha di un individuo. Su Deneb il genere sessuale, che tra l’altro si definisce biologicamente solo verso i 50 anni, non ha una grande valenza. Da questa immensa differenza con il pianeta Terra anno origine tutte le vicissitudini di Mo e della famiglia che lo accoglie. Perché sotto la lente d’ingrandimento non va a finire solo la concezione di Mo come maschio o femmina, ma tutto l’insieme di impalcature sociali, le convenzioni, le regole e gli stereotipi che coinvolgono tutti coloro che stanno attorno al giovane extraterrestre (genitori, cugini, cugine, zii, zie, amici e amiche, insegnanti,…). Essendo stato pubblicato nel 1979 in alcuni passaggi, per fortuna, l’ho trovato parecchio anacronistico. È infatti vero che ora come ora (nel 2019) alle bambine non vengono fatti indossare solo pizzi e merletti, non viene richiesto, in linea di massima, di stare più o meno composte dei coetanei maschi. Molti lavori sono stati sdoganati, molte conquiste sono state fatte. E ripeto: per fortuna. A ben guardare però si notano alcuni atteggiamenti e alcune “chiusure mentali” che sussistono ancora oggi. L’idea di donna come “figlia, moglie e madre” sta pericolosamente tornando in auge. Molti mestieri sono ora accessibili alle donne, ma in molti settori la presenza femminile è quasi nulla. Un uomo poco presente in famiglia a causa del lavoro “si sta sacrificando per il proprio nucleo famigliare”, una donna invece “sta sacrificando marito e figli a causa del lavoro”. I lavori domestici vengono ancora svolti essenzialmente dalle donne; solo il cucinare è diventato “adatto anche agli uomini”. Si noti bene, non è che gli uomini hanno potuto abbassarsi al livello del cucinare; si è dovuta innalzare l’azione di cucinare all’altezza degli uomini. Cucinare non più come dovere, come prendersi cura, come “fare da mangiare” ma come espressione creativa e artistica di alto intelletto. Guarda caso stirare e fare le pulizie è ancora “roba da donne”. Conosco pochissime persone preoccupate per amici o parenti, maschi, miei coetanei non sposati/conviventi mentre tutti sembrano allarmarsi quando intuiscono che la sottoscritta (o un’altra femmina) è paurosamente single. Un uomo non accompagnato è un uomo di mondo, una donna sola è, appunto, sola. Altro punto interessante è che forse la vera parità sarà raggiunta quando non solo le donne potranno fare ciò che fanno gli uomini, senza diventare maschili a loro volta, ma quando gli uomini non vedranno più come umiliante fare cose ritenute appartenenti ad una sfera prettamente femminile. Quando un bambino potrà giocare con le bambole senza far allarmare nessuno, quando un ragazzino potrà iscriversi serenamente a un corso di danza classica,… Un libro con un finale agrodolce. Amaro perché l’unica adulta che sembrava sfuggire, seppur a fatica, all’equazione donna/moglie/madre/addio sogni alla fine capitola e si arrende allo status quo. Troppe le pressioni, troppa la fatica nel dover lottare continuamente, troppa la frustrazione e, in definitiva, troppi i condizionamenti che fanno riaffiorare non desiderati sensi di colpa. Amaro perché sembra che ‘unica soluzione sia fuggire altrove, abbandonare tutto e partire. Andare lontano, dove le convenzioni sociali sono diverse, perché lottare, l’abbiamo visto poco sopra, è assolutamente inutile. Speranza non ce n’è proprio. Dolce perché nel modo più inaspettato, in sordina, nello spazio di poche righe, germoglia l’ipotesi di cambiamento. Se qualcuno parte, qualcuno resta. E resta la voglia di lottare, di cambiare le cose, di gettare gli abiti da femminuccia, di ribellarsi, di imparare a fischiare con due dita. Qualcuna riesce a conservare la forza di resistere con calma e con violenza. Qualcuna si sente abbastanza forte da tener testa al mondo intero.
Extraterrestre portami via... ...voglio una stella che sia tutta mia extraterrestre vienimi a cercare voglio un pianeta su cui ricominciare" http://www.youtube.com/watch?v=3c1NUI... Consuetudini, preconcetti, quanti altri condizionamenti ci vengono imposti fin da bambini? Questo racconto cerca di spiegarci le assurdità che di generazione in generazione ci vengono imposte, inculcate fin da piccoli. Con un occhio di riguardo sulla "differenza sostanziale" tra maschi e femmine. Mo è un bambin (su Deneb il sesso delle persone si conosce solo verso i 50 anni di età, che corrispondono ai circa 18/19 anni di età terrestri. Perché saperlo prima non ha nessuna utilità) extraterrestre che per un accordo interplanetario viene a trascorrere 10 anni sulla terra. E' un grosso problema per Mo essere accettata in un ambiente pieno di preconcetti. Immaginate di vedere un bambino che lavora a maglia o una bambina a capo di una banda di ragazzini. Un libro per ragazzi che non fa male anche agli adulti. Forse la soluzione migliore è farlo leggere ad alta voce ai genitori per i propri bambin .
40 anni e non sentirli! Un libro ancora attualissimo e per molti versi sorprendente. Pur con gli inevitabili, lenti progressi della nostra società, poco sembra essere cambiato nei pregiudizi legati al sesso. Nonostante il titolo, non si tratta di un libro di fantascienza sul nostro futuro, ma di un libro che tratta del presente, un presente che dura da tantissimi anni e che è duro a morire. Lettura consigliata che scorre veloce.
Un romanzo per ragazzi solo in apparenza, perché dietro la storia di Mo si nasconde una riflessione lucidissima su identità, libertà e disuguaglianza.
Mo, l’extraterrestre arrivato sulla Terra è lo specchio di una società che non riesce a concepire l’identità al di fuori del sesso biologico. Sul suo pianeta non esistono “maschi” o “femmine” fino ai cinquant'anni ma sulla Terra tutti sentono il bisogno di definirlo, di incasellarlo, di decidere per lui cosa deve essere. Appena mette piede nel nostro mondo tutto ruota attorno a una sola domanda: “È maschio o femmina?”. La necessità di etichettare diventa ossessione. Pitzorno smaschera quanto il nostro modo di pensare sia rigido, quanto la società si senta minacciata da ciò che non riesce a incasellare.
Pitzorno usa la fantascienza come pretesto per smascherare la rigidità delle nostre costruzioni sociali. Con apparente leggerezza mette in scena un esperimento sociale potentissimo: cosa succede quando un essere neutro viene immerso in un mondo che misura tutto — dai vestiti alle emozioni — in base al sesso biologico? E la risposta è chiara, la diversità spaventa, anche quando non fa male a nessuno.
È sorprendente come in un linguaggio semplice l’autrice riesca a portare una riflessione così radicale e femminista. Ci mostra quanto le disuguaglianze e i ruoli imposti non siano naturali ma educati, insegnati, normalizzati. Mo diventa il simbolo di tutte le persone che non rientrano negli schemi, di chi viene giudicato solo perché non aderisce all’immagine che la società si aspetta.
Mi ha colpito soprattutto il diverso trattamento che Mo riceve a seconda di come viene percepito: quando viene considerato maschio, gode di libertà, fiducia, spazio per muoversi nel mondo; quando invece è trattato come femmina, tutto cambia. Le regole si fanno più strette, i permessi più limitati, le aspettative più severe. In poche pagine Pitzorno mostra la disparità di genere nella sua forma più semplice e brutale: non c’è bisogno di spiegazioni, basta guardare come cambiano gli atteggiamenti degli adulti, quanto diverso diventa ciò che è concesso.
E poi c’è Anna, un personaggio che resta nel cuore. Una donna intelligente, piena di sogni, che avrebbe voluto studiare, lavorare, viaggiare ma che si è trovata incastrata nel ruolo di madre e moglie, costretta a mettere da parte se stessa per occuparsi degli altri. In lei si riflette il peso di una cultura che ha insegnato alle donne a essere necessarie ma invisibili, a rinunciare ai propri desideri in nome della famiglia. Anna è forse quella che subisce più di tutti l’influenza della società, la vediamo soffrire in silenzio, divisa tra quello che sente e quello che “deve” fare.
Bianca Pitzorno anticipa i temi dell'identità di genere e della libertà di espressione e lo fa con la potenza della narrazione, lasciando che la verità emerga dai piccoli gesti, dagli sguardi, dalle incomprensioni quotidiane.
Sono cinque stelle piene, senza esitazione. Pitzorno era anni luce avanti - la prima edizione di questo libro risale al 1979 - e ha saputo parlare di uguaglianza, identità e autodeterminazione con parole semplici e potenti, quando quasi nessuno lo faceva.
Confesso un minimo di delusione per questo libro. Le aspettative erano abbastanza alte, ho sempre pensato che l'idea fosse fantastica e pensavo che ci avrei trovato qualcosa in piu'.
Invece soprattutto all'inizio mi sono scontrato con una storiella semplice, tanti cliche', personaggi banali e banalizzati... insomma, la prima impressione e' stata pessima. Poi piano piano qualcosa e' migliorato, sono riuscito a inquadrare la storia alla fine degli anni '70, e a metterla nell'ottica di un testo per bambini. Meglio, ma non ancora bene.
Adesso pero' mi chiedo se per caratteristica della scrittura o per mirato effetto. A dare tanto fastidio non saranno mica gli sciocchi schemi incontrati, cosi' allucinanti da essere, purtroppo, in molti casi reali? e cosi' radicati, anche in molte donne che dovrebbero in realta' lottare contro ste cose. Ricordo ancora con incredulita' quando mia suocera mi ha detto: ora puoi amare davvero mia figlia, che ti ha dato un figlio maschio (avevamo gia' una femmina). E' stata una delle poche volte in cui sono rimasto senza parole.
In due parole: un romanzo fondamentale per un'educazione e una cultura inclusive e rispettose della serenità individuale. In più parole: Mo è un extraterrestre il cui sesso biologico non è identificabile e viene sulla Terra per un programma di scambi. Qui sperimenta sia l'identità di genere maschile sia quella femminile e si rende conto di quanto schifoso sia conformarsi a una personalità stereotipata stabilita in base al sesso biologico. Sfido chiunque lo legga a non farsi un esame di coscienza e attivarsi per migliorare le cose. Raccomandatissimo sia ad adulti sia a ragazzini, sia a genitori sia a persone senza figli, e ovviamente sia a maschi sia femmine.
La Pitzorno ci racconta una storia, che è anche una considerazione profonda sulla condizione femminile. Certo, esaspera un po’ le differenze di trattamento tra maschi e femmine, o perlomeno, mi sembra che siano datate anche per la nostra non troppo evoluta Italia. Ma a rifletterci, tante considerazioni sono validissime, si segue la trama con indignazione e purtroppo anche rassegnazione. Le ultime righe fanno scendere una lacrima, di speranza però.
Questo libro è stato pubblicato nel 1979. Quando non c'erano i computer, non c'erano i cellulari, la società era completamente diversa. Eppure se un extraterrestre proveniente dal pianeta Deneb atterrasse sul nostro pianeta oggi credo che avrebe gli stessi dubbi e struggimenti di Mo.
Mo è un extraterrestre di circa 10 anni mandato sulla terra per uno scambio culturale, sul suo pianeta la questione del sesso non è poi così importante infatti lo scoprono attorno ai cinquant'anni quando sono in procinto di sposarsi. La sua vita sulla terra si complica quando i suoi genitori terrestri vogliono per forza sapere il suo sesso per poter indirizzare la sua educazione. Nel libro ovviamente ci sono tanti aspetti che possono essere considerati superati ma, purtroppo, non tutti, anzi i nodi fondamentali sono sempre li...ed è così triste... Se il quadretto familiare in cui solo l'uomo lavora fori casa e la donna fa la casalinga e la sera è l'unica che sistema la casa può essere oramai, almeno parzialmente superato, le "pressioni" psicologiche che subisce una donna sono sempre li. E la zia Anna è un'emblema della situazione. Certo il libro è ben bilanciato e ci fa vedere tanti tipi diversi di bambine e donne e non cade nel tranello di fare di "tutta l'erba un fascio", anche in questo sta la sua grandezza e modernità. Un libro da far leggere alle bambine di oggi, e magari anche ai maschietti di oggi, perchè ancora molto necessario e devo dire purtroppo!
me: read this book at 10 me now: ...this book made me non-binary
A parte gli scherzi, rileggere questo libro adesso mi ha portato alla mente tanti ricordi. A 10 anni leggere di un alieno che affermava con fierezza “io non sono né un maschio né una femmina” per me fu illuminante.
Extraterrestre alla pari narra la storia di un* bambin*, Mo, che da Deneb arriva sulla Terra. Deneb è ben diversa da qui. Lì i bambini scoprono il proprio sesso solo arrivati ai 50 anni (che corrispondono circa ai nostri 17) e fino ad allora non si pongono poi tante domande sul sesso, il genere e le differenze tra essi. Perciò per Mo, arrivare sulla Terra, è un vero lutto.
Ci sono passaggi davvero significativi e degni di nota come quando Anna, la rivoluzionaria zia astronoma, dice a Mo: “Non è facile per te, vero Mo? È già così dura per noi donne... ma non essere NEMMENO una donna dev’essere terribile, vero?” Nonostante fosse stato pubblicato nel ‘79, questo libro con un’unica, singola frase prende in pieno le difficoltà che affrontano adesso le persone non-binarie.
Questo libro ovviamente tratta però della disparità tra uomo e donna. In certi passaggi gli stereotipi sono talmente tanto accentuati da risultare dolorosi e fastidiosi. E non credo che, nonostante gli anni passati, ce ne siamo del tutto allontanati.
“- Non c’è niente di male che una bambina o ragazza desideri travestirsi da uomo. Le sembra di essere più forte, più decisa. Ma un maschio che desidera vestirei da donna non è normale. È degradante. Ognuno dovrebbe desiderare di essere meglio di quello che è. - Quindi essere donna vuol dire essere peggio?”
Queste sono le condizioni a cui Mo deve attenersi, condizioni in cui si rende conto che, quando capiranno se è maschio o femmina, ha quasi il terrore che scoprire di essere femmina significhi essere considerato inferiore.
È così che ci rendiamo conto che, per quanto ci sforziamo, sessismo e mascolinità tossica nascono dalla stessa radice. Gli uomini non possono piangere, non possono truccarsi, non possono mettersi un vestito. Perché? Perché sembrerebbero delle donne — e se sembrassero delle donne questo sarebbe degradante. Mo pensa bene, infatti, che la parità non si raggiungerà tanto quando le donne avranno la possibilità di diventare ingegneri o astronauti (perché già succede), ma quando ad un uomo sarà data la possibilità di mettere un vestito in libertà, senza mettere in dubbio la sua mascolinità.
Ci sarebbero così tante altre cose da dire su questo libro.
SPOILER DEL FINALE
Non ho apprezzato il finale (ma comunque voglio dare 5 stelle a questo libro anche per affetto personale, o almeno 4,5). Non sono riuscita ad accettare che Anna si sia arresa così, che abbia mandato Stella via, lei che era così coraggiosa e battagliera. Sono felice per Mo, Maria e Caterina, però Cecilia resta l’eroina della storia, così ribelle e testarda che però se ne torna a casa, pronta a rimboccarsi le maniche per resistere.
Ho scelto di leggere questo libro di Bianca Pitzorno perché il mese scorso avevo affrontato il saggio di Elena Gianini Belotti relativo all'educazione delle bambine ed ero rimasta molto intrigata dall'argomento. Quando ho scoperto - grazie a una blogger che seguo e stimo - che una tra le mie autrici per l'infanzia preferite aveva pubblicato un titolo in cui affrontava proprio il tema dell'educazione in rapporto al sesso, ho deciso che mi sarei procurata il testo quanto prima. Come in ogni altro suo lavoro, anche in "Extraterretre alla pari" l'autrice affascina grazie alla sua prosa scorrevole e sovente velata di una sottile ironia. Essendo un libro per bambini il mondo creato non è verosimile, ma tutto ciò passa in secondo piano rispetto alla piacevolezza del racconto e all'analisi dei personaggi, che costituiscono a mio avviso il punto di forza del romanzo. Figure femminili "tipo/vecchio stampo" - tutte le donne adulte con l'eccezione di Anna - ; ragazzine rispettose e riservate (o forse meglio dire 'domate'), ma anche alcune che non accettano il ruolo secondario che la società impone loro. La Pitzorno riesce a presentare ai bambini in maniera semplice i concetti espressi nell'opera della Gianini Belotti, e il fatto che il/la protagonista viva senza pregiudizi di sorta entrambe le condizioni è' una trovata davvero efficace. Come anche in "Dalla parte delle bambine" ho trovato gran parte delle situazioni e dei comportamenti un po' estremizzati, riferibili magari alla società italiana di 20-30 anni fa, ma a parte questo sono assolutamente soddisfatta di questa lettura che si è dimostrata più che all'altezza delle mie aspettative.
Rilettura di un libro che incontrai per la prima volta quando avevo circa 9 anni.
Ho trovato alcuni passaggi forse un po' troppo didascalici, ma d'altronde la prima edizione è del '79 ed è di fatto un libro per bambini. La storia ci racconta di tutte quelle profonde contraddizioni - causate dalla rigida separazione dei ruoli di genere - che emergono durante l'educazione di bambini e bambine. Mo, che proviene dal pianeta di Deneb e non conosce le regole terrestri, descrive e svela i comportamenti illogici degli adulti permettendo anche a noi di cogliere le assurdità di condizionamenti sociali estremamente radicati e interiorizzati (contestualizzando sempre la storia agli anni '70).
Il libro affronta anche le problematiche del linguaggio (ho adorato le lettere scritte da Mo in cui utilizzava pronomi neutri) e in alcune parti si avvicina addirittura a una riflessione critica sulla problematicità del binarismo in sé. Ma di nuovo ricordiamo: anni '70.
Ho amato anche, ai piè di pagina, le "note per i denebiani".
Ps. Sono troppo grande per partecipare a uno scambio culturale su Deneb?
Attirata dalla promessa di leggere un libro sul tema della non binarietà e dell'importanza ridicola che viene assegnata ai sessi oggi, ho letto la storia di Mo. Mo viene da Deneb, non dalla Terra. Su Deneb si scopre il proprio sesso solo ai fini riproduttivi e solo a 50 anni terrestri (nota: tre anni terrestri equivalgono a un anno denebiano). Mo però fa parte di un progetto di soggiorno studio sulla Terra, dove scopre che il genere a cui si appartiene invece influenza molto gli esseri umani, dalla nascita (e qualche volta anche prima) al resto della vita. Assolutamente da leggere e da far leggere. La spiegazione delle differenze di genere è chiara ed evidente, anche se dal 1979, anno della prima edizione originale, si spera che siano cambiate cose.
Continuerò ad amare i libri di Bianca Pitzorno, insieme a quelli di Roald Dahl, perché sono libri magici, ti fanno ricordare le cose positive dell'infanzia in tutte le età... questo, poi, secondo me era uno dei suoi migliori libri, con un linguaggio molto semplice e comprensibile anche a bambini un pochino più piccoli, mostra gli stereotipi della società, poi mostrando che non sono per forza le caratteristiche che deve avere una donna o un uomo. Che dire? L'ho divorato in poche ore... :) Secondo me era un libro fantastico, che tutti, prima o poi, dovrebbero leggere almeno una volta.
Bianca Pitzorno ricama una trama che è una continua risata amara, una piccola ma forte denuncia scritta nel 1979 eppure mai stata così attuale e fortissima. Perché l’assenza di genere pare non esistere sulla Terra, in particolare nella famiglia e nella società degli Olivieri, e già lo si può intuire dall’assenza nella grammatica italiana del genere neutro.
Molto bello...ti fa riflettere sulla distinzione dei maschi dalle femmine. Mi é piaciuto molto, lo consiglio a degli adolescenti sia maschi che femmine che pensano di essere molto diversi dal genere opposto
È incredibile come questo libro sia stato scritto nel 1979, ma tratti un argomento così attuale. Il giovane extraterrestre Mo, proveniente dal pianeta Deneb, si trasferisce sulla Terra per dieci anni. In età umana Mo ha cerca nove-dieci anni e verrà ospitato dalla famiglia Olivieri che non ha figli. Al suo arrivo però sorge un immediato problema perché nei denebiani il genere sessuale non è distinguibile fino a circa vent’anni d’età, quindi Mo non sa se sia maschio o femmina, anche se sul suo pianeta tutto ciò non ha mai creato alcuna difficoltà. Per la famiglia Olivieri ciò non è accettabile e quindi Mo viene sottoposto a visite ed esami per comprendere il suo genere. Nel frattempo, si renderà conto che sulla Terra vi è un trattamento diverso in base al sesso di appartenenza ed è evidente una disparità di genere a partire dall’infanzia, già attraverso l’educazione, i vestiti, i giochi. Si accorgerà che poche persone hanno la forza di ribellarsi e di cercare di cambiare le cose. Un libro adatto a partire dai dieci anni che permette molte riflessioni attraverso una stile leggero e divertente. Mia figlia di dieci anni credeva fosse stato scritto in questi anni, non pensava fosse della fine degli anni Settanta.
Sarebbe bello se il nostro amato pianeta somigliasse un po' più a Deneb, in cui il ruolo sociale e tutto ciò che ci definisce come entità, sia indipendente dal sesso a cui apparteniamo e sentiamo di far parte. Credo che questo libro debba essere inserito in molte più "liste dei libri da leggere" delle scuole, perfetto per capire l'uno e l'altro lato in un mondo bivalente. Con la scrittura della Pitzorno, che mi rapisce fin da piccola, è adatto a grandi e piccini. *piccolo pensiero che potrebbe contenere spoiler non voluti* Ringrazio le tante Cecilia e Mo che ci hanno permesso di avere una maggiore libertà e alle altrettante che arriveranno.♡ Chissà se raggiungeremo mai i livelli di Deneb.🌙
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No es un gran libro de ciencia ficción, pero sería un libro que le haría leer a mis hijos hipotéticos. Me dejó un poco insatisfecho el final, pero entiendo que a veces la única alternativa es ir a un mejor lugar. Un libro muy adelantado a su época y, aunque creo que en varias ocasiones exagera bastante, comprendo su intento por ayudar a los niños a cuestionar los roles impuestos en la sociedad con respecto a su género y sexo. Fue una experiencia interesante que me dejó muchas reflexiones y eso lo aprecio.