Un romanzo-verità sulla tormentata vita del poeta Dino Campana (Marradi 1885 - manicomio di Castel Pulci 1932). Frutto di un lungo e accurato lavoro di ricerca, l'appassionato libro di Vassalli illumina l'esemplarità di un destino tragico e ristabilisce alcune verità biografiche su un poeta maledetto la cui gloria postuma va crescendo. Questa vita di un reietto allucinato, in contrasto perenne con la cultura del suo tempo, riafferma la propensione dell'opera di Vassalli a occuparsi di eresie culturali e storiche (i futuristi de L'alcova elettrica, la strega de La chimera), non per indulgere in sterili ricostruzioni storico-biografiche, ma per sottolinearne la sorprendente attualità e verità. «Ma se Dino Campana non fosse esistito io ugualmente avrei scritto questa storia e avrei inventato quest'uomo meraviglioso e "mostruoso", ne sono assolutamente certo. L'avrei inventato così».
Born in 1941, he was a well known Italian novelist. Sebastiano Vassalli nasce a Genova nel 1941 da madre toscana e padre lombardo, ma vive a Novara sin da bambino. Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di lettere dell’Università di Milano, dove si laurea con Cesare Musatti con una tesi su “La psicanalisi e l’arte contemporanea”. Dal 1965 al 1979 si dedica all’insegnamento in parallelo ad un’intensa attività artistico letteraria. Partecipa alle vicende della neoavanguardia con il “Gruppo ’63”, il cui intento è abbandonare il mondo critico-accademico per tentare nuove discipline (psicanalisi, strutturalismo, semiologia) e raccogliere l’eredità dell’avanguardia del primo Novecento. Appartengono a questo periodo alcune prose sperimentali (“Narcisso”, 1968; “Tempo di màssacro”, 1970) e la raccolta in versi e prosa “Il millennio che muore” (1972). Successivamente a queste sperimentazioni Vassalli si orienta verso una narrazione in cui si delineano storie, trame e personaggi: “L’arrivo della lozione” (1976), “Abitare il vento” (1980) e “Mareblù” (1982). L’anno della svolta è il 1983: Vassalli pubblica il provocatorio pamphlet "Arkadia", in cui scaglia frecce avvelenate contro i gruppi sperimentali cui aveva preso parte. È con “La notte della cometa” (1984) che ha inizio il nuovo corso di “letteratura pura”, esplicata nella narrazione della vita del poeta Dino Campana, uomo al di fuori delle norme. “L’alcova elettrica” (1986) è intervallato da “Sangue e suolo” (1985), nato da un’inchiesta propostagli da Giulio Bollati sul bilinguismo e sul calo numerico degli italiani in Alto Adige: da qui ha inizio l’interesse per certi aspetti connotativi degli italiani - in primo luogo la scarsa memoria - tema che caratterizza anche tutti i successivi romanzi, a partire da “L’oro del mondo” (1987), in cui un omonimo alter ego ascolta i racconti dello zio Alvaro, un sopravvissuto all’eccidio di Cefalonia. È con “La chimera” (1990) – storia dell’esposta Antonia Spagnolini, arsa come strega a Novara tra i festeggiamenti l’11 settembre del 1610 - che Vassalli trova il gusto dell'intreccio e della costruzione dei personaggi. L’opera è un successo editoriale e di critica, vince vari premi letterari - tra cui il premio Strega - e viene tradotto in molte lingue. “Marco e Mattio” (1992) è ambientato a cavallo tra Sette e Ottocento. Sullo sfondo storico del passaggio rivoluzionario portato da Napoleone, il protagonista Mattio si automutila e si crocifigge, facendosi artefice di una nuova Passione. Seguono “Il Cigno” (1993); “3012” (1995) - un romanzo fantascientifico, estraneo agli scritti di questo periodo, forse composto proprio per contestare l’etichetta di “romanziere storico” attribuitagli dai critici – e “Cuore di pietra” (1997) - la storia di una grande casa in una città di pianura e di coloro che l’hanno abitata -. Nel 1998 Vassalli pubblica “Gli italiani sono gli altri” - una raccolta di articoli polemici scritti per varie testate giornalistiche - e il romanzo “La notte del lupo”, il cui protagonista è Yoshua (Gesù in ebraico), privato di tutti gli aspetti divini e soprannaturali. “Infinito numero” (1999), invece, tratta del forte contrasto tra la civiltà etrusca, che rifiuta la letteratura e la parola scritta, e quella della Roma augustea, che viceversa fa della scrittura un’ideologia assoluta. In “Archeologia del presente” (2001), poi, attraverso le vicende di una coppia di giovani, Vassalli ritrae una generazione che sognava di cambiare il mondo. “Dux” (2002) è la storia dell'ultima battaglia che Giacomo Casanova combatté nel mondo dei vivi, e rappresenta un nuovo capitolo sul carattere degli italiani: Casanova è un tipico italiano, socievole ma non sociale, adattabile e furbo. Con “Stella avvelenata” (2003) Vassalli torna alle sue grandi storie. Leonardo Sacco, un giovane
"Essere un grande artista non significa nulla: essere un puro artista ecco ciò che importa."
Alcuni mesi fa, leggendo "L'acustica perfetta" di Daria Bignardi, mi imbatto nel personaggio di Dino Campana e nel libro di Vassalli che racconta della sua vita, e mi si presentano entrambi - libro e personaggio - avvolti in un alone di mistero e di magia.
In realtà questo libro è un lavoro assolutamente scientifico, una indagine che ricostruisce la vicenda artistica e umana di Dino Campana: lascia poco spazio per l'invenzione e il romanzato, riporta invece attentamente documenti e testimonianze e laddove mancano i documenti si limita a motivare le spiegazioni più logiche e plausibili. Non mi aspettavo certo un romanzo vero e proprio ma comunque mi immaginavo qualcosa dai toni un po' meno processuali. Vassalli pare invece mettere sotto accusa - e neanche tanto velatamente - tutti coloro che hanno contribuito allo smarrimento di Campana: la famiglia tutta, gli insegnanti, i letterati e i critici, la Aleramo, gli editori, gli psichiatri e i medici, "e poi ancora gli affossatori senza nome, i mentitori senza scopo, i denigratori disinteressati…". A causa di questa istruttoria, egli sarà poi a sua volta messo sotto accusa per attentato al mito, per aver cercato di smontare la vecchia leggenda del genio-pazzo. In questo derby, io sto decisamente dalla parte di Vassalli.
Questa biografia è erudita, piacevole e scorrevole tuttavia la struttura in brevi capitoli, con molti incisi, note ed interruzioni, rende la lettura piuttosto sfuggente, ed in effetti quell'alone di magia che avevo acciuffato per la coda nel libro della Bignardi, qui mi è decisamente sfuggito.
Ancor più della figura di Dino Campana, riguardo il quale molti documenti sono andati smarriti o distrutti così pure come tanti suoi scritti, quel che emerge nitidamente da questa lettura è la figura dell'Italia tra la fine del XIX sec e l'inizio del XX sec, con gli usi e i costumi, i circoli e i caffè e le riviste, le stazioni, le vetture di posta e le prime automobili. Si staglia nitida anche l'immagine di Marradi, un paese come tanti altri lungo la dorsale appenninica, dislocati nei pressi dei valichi o lungo percorsi di cui oggi si è persa la memoria, un tempo erano luoghi di confine tra due o più stati, importanti centri di passaggio e di smistamento di cose e persone. Oggi resta solo qualche sporadico turista che si ferma nell'unico bar-trattoria-albergo, collocato nell'edificio che un tempo fu la antica stazione di posta, e restano solo le pietre ad esprimere la muta perplessità per la repentina desertificazione, le pietre non lo sanno che laggiù in fondo alla valle scorre l'autostrada con i TIR incolonnati. "Prima che l'Italia diventasse un unico circuito automobilistico, dalle Alpi all'estremità della Sicilia, la gente ancora si parlava."
Discorso a parte merita il tema del manicomio, per il quale Dino Campana può essere una specie di reality-réclame, visto che ne è entrato e uscito più volte: il manicomio in Italia è stato impiegato come efficace alternativa tra il carcere vero e proprio - non comminabile a chi di fatto non ha commesso reato - e una famiglia che spesso e volentieri non intende farsi carico di un proprio membro il più delle volte solo bisognoso di aiuto oppure di uno stravagante mal sopportato. Ancora oggi capita di sentire, tra i discorsi da bar della gente amareggiata per l'andazzo generale, che gli odierni eccessi di micro-criminalità sono effetto della legge Basaglia.
Dunque Campana come Van Gogh, come Ligabue e come tanti altri che per avere avuto una particolare sensibilità nei confronti del mondo e della natura che li circonda sono stati presi per matti o - nella migliore delle ipotesi - per degli strambi. Questo a dire il vero accade molto spesso ancora oggi, nella nostra società così omologante che se una persona si apparta dal branco per stare con un libro o con uno strumento musicale o anche solo per stare con la natura, il minimo che deve aspettarsi è di esser derisa; se uno vuole tenere qualcosa per sé e non sente il bisogno di sbandierarlo in piazza (principalmente la piazza virtuale…) viene subito guardato con sospetto.
La notte del passaggio della cometa di Halley nel Maggio 1910 è stata un momento di follia collettiva e di collettiva ispirazione, e Vassalli la descrive in modo molto suggestivo. L'intera vita di Campana è stata così, come una folle cavalcata in groppa a questa stessa cometa, una vita di disperazione e ispirazione al tempo stesso. Suggestiva è anche l'idea esposta da Vassalli secondo il quale a ogni passaggio della stella corrisponde il passaggio sulla terra di un vero Poeta, uno ogni 76 anni. Ricordo vagamente il passaggio della cometa di Halley nel 1986: ovviamente la cometa in sé non l'ho vista per niente, ma mi ricordo che a forza di sentirla nominare in televisione e nei discorsi della gente, e poi con questo nome intrigante e avvincente come un personaggio da cartone animato, alla fine questa benedetta cometa di Halley è diventata uno degli elementi fissi nei fantasiosi giochi tra me e mia cugina. E intanto chissà dov'era il nuovo Poeta atteso da Vassalli, e ora sotto quale ponte o in quale call-center starà rimuginando versi dedicati al cielo e invettive dedicate al mondo…
Una scrittura piana, una vicenda complessa e lacunosa raccontata con rispetto. Letto tutto di fila😊. Tante suggestioni: la poesia e/o il poeta, l’Italia provinciale dell’età giolittiana, Bologna vs Firenze, le riviste e l’avanguardia, la diversità, la famiglia borghese, il manicomio. Nessuna risposta, nessuna certezza, nessun giudizio (o quasi): questo è quello che mi è piaciuto. Quello che però ci si aspetta da una nuova edizione dal prezzo esorbitante (Rizzoli 2019) è una contestualizzazione critica più aggressiva - ormai si può, anche Sanguineti non c’è più - sia nei confronti di Campana sia nei confronti di Vassalli e della sua “svolta”.
Dietro ogni pazzo c’è un villaggio: questa pare essere la tesi del libro-inchiesta che Vassalli ha dedicato a Dino Campana. C’è un padre debole, suggestionabile, pavido; c’è una madre crudele, bieca, bigotta, falsa; c’è un fratello adorato dalla madre quanto il primogenito viene tacciato di tare mentali e di essere l’anticristo; c’è un paese (Marradi, in Toscana) superficiale, ignorante, curioso, cattivo; c’è la polizia forte con i deboli; ci sono Papini, Soffici e tutta l’intellighenzia vociana, inaccessibili e compiaciuti del proprio successo; ci sono medici frettolosi e compiacenti; c’è Sibilla Aleramo, che cede al vagheggiamento di un amore suggestionato dalla carta; c’è uno zio che cerca di mettere una pezza alle disavventure annunciate del povero negletto nipote, di certo instabile, ma non il “mentecatto” della diagnosi. E c’è una cometa, passata nel 1910 in un clima quasi millenarista: piace pensare che il suo influsso abbia potenziato un poeta, non un “grande poeta”, ma “un puro poeta”, capace cioè di trasmigrare da un’epoca a un’altra, dialogando con posteri e antenati.
Vassalli con il suo romanzo/biografia, frutto di anni di ricerche, ci permette di conoscere l'Italia di fine '800/inizio '900, e al contempo di comprendere, fin dagli albori, la vita di Dino Campana, autore dei Canti Orfici. Inevitabilmente questi si intrecciano: Dino è figlio di una società chiusa, basata su stereotipi immutabili, categorie troppo strette, che finiscono per plasmare la sua personalità, e segnare il suo futuro. È 'un ragazzo, un <> che attraversa il mondo senza trovare i suoi contemporanei e viene fatto a pezzi dalle persone che più gli sono vicine'. Già dalle prime pagine risulta difficile non condannare <>, la madre incapace di riconoscere il valore di un figlio e di dargli amore e supporto. Poche sono le persone che durante la vita di Dino si schierano dalla sua parte. Quelle poche persone hanno permesso che le sue poesie potessero essere stampate, così facendo ha potuto aver la prova di <> per davvero, di <>. Sfogliando le pagine si osserva impotenti agli eventi che hanno segnato la vita di Dino: le ingiustizie, le incompetenze (dettate dalle conoscenze dell'epoca) dei dottori che hanno creduto di curarlo, le sfortune. Sembra quasi vittima degli eventi, ma quello che emerge è un ragazzo perennemente insoddisfatto, incapace di trovare pace, che immancabilmente torna a Marradi, sua città natale, da quella famiglia che tanto male gli ha causato. Da quella madre che non lo vuole. Da quel padre esasperato, che a modo suo ha fatto tanto per il proprio figlio, tranne ascoltarlo.
Una biografia che scorre veloce, ma che lascia molto su cui riflettere. Dino Campana uomo e poeta. Pazzo? Probabilmente no, non subito almeno. Vassalli indaga con maestria su un’esistenza punteggiata da incomprensioni e fraintendimenti, sulle ombre, gli incubi e le oscurità del travaglio di un’anima in pena.
"Ma se anche Dino non fosse esistito io ugualmente avrei scritto questa storia e avrei inventato quest'uomo meraviglioso e 'mostruoso', ne sono assolutamente certo. L'avrei inventato così."
Unico appunto: la foto scolastica che viene citata in uno dei capitoli iniziali, quasi sicuramente non ritrae Campana:
Un poeta - gli dicono i libri - è più e meno che un uomo. E’ la rappresentazione tangibile della sopravvivenza del pensiero [...] In quanto poi alla poesia…dino sa da D’Annunzio che la poesia è un terribile dono e un’assoluta scommessa; da Carducci, che è duro tirocinio, un’arte. [...] nel pensiero del giovane Campana venga lentamente maturando un’idea d’arte ardua e aristocratica, quella stessa che poi, negli anni successivi, lo indurrà a rifiutare l’appartenenza ad una qualsiasi società letteraria. (pag. 66)
“Non c’è posto per me nel perfezionato congegno della società: sono il pezzo difettoso che l’operaio scarta. Il polline che non attecchisce e fa tappeto nei boschi”. (pag. 105)
Dino è naturalmente queto, riflessivo, sensibile; anche un po’ ombroso, lo so. Come tutte le persone sensibili e come noialtri di famiglia. Non è matto: ma certamente lo diventerà se insisterete a fargli fare cose per cui non ha inclinazione e a contrastarlo in ogni modo. (pag. 133)
“Voi siete Dino Campana?”. Gli dà la mano, gli dice: “Eccomi. Io sono Sibilla”. (pag. 206)
Ma nel pensiero di Dino c’è un futuro in cui l’umanità avrà finalmente capito che la poesia può giovarle soltanto a una condizione: d’essere fuori del tempo e dei suoi traffici: Un ponte sull’infinito, un messaggio lasciato a chi non c’è da chi non torna più indietro. (pag. 247)
Mi incuriosiva la vicenda umana di campana. Nessuno, checché ne pensino gli allocchi, è mai stato grande poeta perché pazzo; e nessuno è mai diventato pazzo perché grande poeta. (pag. 266)
Dino Campana, nel mio libro, non è un grande poeta nel senso in cui lo furono, poniamo, dante Alighieri o goethe: data la brevità della sua vita e la follia che lo afflisse non avrebbe nemmeno potuto esserlo. Fu, o meglio rappresentò, una grande idea di poesia, che in seguito s’è affievolita. Di qui la sua attualità e di qui il senso di recupero che non ha in sé alcun elemento di necrofilia, ma anzi guarda al futuro. (pag. 301)
Dino Campana, come poeta, appartiene all’umanità. Come uomo, fu vittima dei suoi familiari e dei suoi compaesani e a quanto pare lo è tutt’ora. (pag. 302)
Le carte dell’archivio mostrano bene il metodo vassalli nella fase dell’avantesto del suo ‘romanzo-verità’: egli agisce da storico per un verso, frequentando archivi e biblioteche, e per l’altro verso si comporta da giornalista di reportage o d’inchiesta viaggiando, annotando, raccogliendo testimonianze scritte e orali. Ma nell’atto della scrittura Vassalli non teme di colmare con l’immaginazione i vuoti e le lacune di una biografia dalle ampie zone oscure…(pag. 316)
‘Scrivo novelle poetiche e poesie; nessuno mi vuole stampare e io ho bisogno di essere stampato: per provarmi che esisto, per scrivere ancora ho bisogno di essere stampato.’ (pag.318)
Vassalli in un singolare romanzo verità racconta la storia del poeta Dino Campana, la storia di un “matto” che, a causa di una personalità fuori degli schemi secondo il sentire comune dell’epoca non riuscì mai a farsi accettare. Furono i genitori i primi a mal sopportarlo, il padre, o a rifiutarlo, la madre: l’infanzia a Marradi, sugli appennini tosco romagnoli, dove era nato nel 1885, non fu delle più facili perchè ben presto si fece la fama di matto, persona stramba a cui dare la baia, più che da temere per una effettiva pericolosità. Era in realtà solo un ragazzo sensibile e ombroso dal carattere non facile che non riuscì a raggiungere obiettivi come gli studi universitari o la carriera militare: ambiva solo ad essere poeta e per la poesia era disposto a qualunque sacrificio. Una vita vagabonda con diversi viaggi – Svizzera, Argentina – esercitando tanti mestieri, per poi tornare nella cerchia familiare che finì per mantenerlo e per proteggerlo, anche se malvolentieri. Dino era sospetto non solo agli occhi della gente, ma anche delle autorità che più volte lo arrestarono ritenendolo un sovversivo, un simpatizzante della Germania durante la grande guerra (e lo zio magistrato fu di grande aiuto). In manicomio ci finì diverse volte prima di quella definitiva che all’epoca bastava poco: un’ingiunzione del sindaco, un parere medico di demenza generica e per la “tutela di sé e degli altri” si finiva in istituto, prima provvisoriamente poi confermati praticamente a vita. Triste destino a cui Dino sfuggì per molti anni fino a che qualche forma di pazzia non la sviluppò sul serio, le stravaganze divennero troppe come le liti con gli intellettuali dell’epoca che lo rifiutavano o con Sibilla Aleramo, un rapporto burrascoso che scosse entrambi; finì in manicomio, ribelle ormai domo e acquietato, sui cui cala il sipario e non c’è più molto da raccontare. Una narrazione suddivisa in tanti brevi capitoli, ricchi di particolari e citazioni, frutto di lunghe ricerche documentali e quando deve immaginare per mancanza di fonti lo dice perché lo scopo è di dare una verità certificata a una storia già distorta da troppe leggende e falsità. La storia di una sconfitta, di un diverso non accettato come lo saranno anche La chimera e Marco e Mattio, e come questi un valido romanzo, giustamente considerato tra i migliori dello scrittore. Quattro stelle.
Nel solito e affascinante stile di Vassalli, la storia di Dino Campana. Narrativa che ricerca la verità. Inchiesta. Nella volontà letteraria di rimettere a posto alcuni tasselli resi scivolosi da chi troppo spesso ha voluto cavalcare il mito costruito del poeta pazzo. E poi, ma sopratutto, c’è Dino Campana tra queste pagine, c’è il dolore di un ragazzo ai margini, c’è il pregiudizio di una comunità che spinge ancora di più chi è fragile sulle soglie dell’abbandono. Da parte della famiglia, della comunità e non ultimo da se stessi. E l’amore folle, consumato, irascibile e inquieto con Sibilla, che in qualche modo vuole annoverarlo tra le sue conquiste e ascriversene una tacca in merito. E a raccordare la vicenda il terribile stato dei manicomi che accolgono tutto fuorché i matti reali. Mero strumento sociale attraverso il quale venivano eliminate le devianze e le scomodità non gradite dalla maggioranza. Una vicenda di intensa tristezza. «Ma forse è proprio vero che i poeti appartengono ad una specie diversa, “primitiva”, “barbara”, da sempre estinta eppure sempre in grado di rinascere come quella dell’araba fenice. I poeti autentici, dico: non i letterati o gli scrittori di poesie, ma proprio quelli per mezzo dei quali la poesia parla. Gli unicorni, i mostri.» [p. 9] «Non c’è posto per me nel perfezionato congegno della società: sono il pezzo difettoso che l’operaio scarta, il polline che non attecchisce e fa tappeto nei boschi» … «Come vado per strada, andrò pel mondo; non ho impegni o fardelli; attaccato alla vita, quanto all’albero la foglia d’autunno.» [p. 100] «Non sono ambizioso, ma penso che dopo essere stato sbattuto per il mondo, dopo essermi fatto lacerare dalla vita, la mia parola che nonostante sale ha il diritto di essere ascoltata.» [p. 171]
Últimamente no dejan de llegar a mis manos libros que relacionan la escritura y la enfermedad mental, y el último de ellos ha sido “La noche del cometa”, de Sebastiano Vasalli.
Una suerte de biografía novelada en la que se mezclan relatos, correspondencia, testimonios… con profundas reflexiones y muchas ansias de justicia para con el poeta Dino Campana quien, como tristemente ha sucedido con muchos autores, no disfrutó del reconocimiento que merecía ni en vida ni después de su muerte.
Un libro en el que se nos narran los problemas del poeta con la familia y la sociedad, las cuales podrían extrapolarse a muchas de estas personas cuya genialidad siempre ha sido puesta en entredicho; ¿es la enfermedad mental la que hace que sean tan brillantes y a la vez tan incomprendidos? ¿O son brillantes independientemente de su estado mental? ¿Es realmente importante si tienen equis enfermedad para valorar su obra? ¿Tendríamos esto en cuenta si la enfermedad fuera física? Estas son algunas de las preguntas que no dejo de hacerme cada vez que leo un libro de este tipo, cada vez que me topo con un autor o autora de estos que tan injustamente denominamos “malditos”.
En esta obra Vassalli nos dibuja un recorrido por la vida de Campana desde su infancia hasta el final de sus días, poniendo en evidencia el trato que sufrió tanto por su familia como por sus vecinos y la sociedad en general, y evidenciando de paso las condiciones tan sumamente inhumanas a las que se veían sometidos los pacientes de salud mental en los centros psiquiátricos, en este caso, de la Italia del siglo XX.
Un libro de lo más interesante que me ha zarandeado en muchas ocasiones, con pasajes muy duros e intensos y otros un tanto erráticos y desconcertantes, pero que sin duda ha conseguido despertarme mil y unas sensaciones. Lo que está claro es que Vassalli, con esta obra, consiguió justo lo que pretendía, elevar el nombre de Dino Campana a los oídos, los ojos y la mente de los lectores, erigiéndose en la voz de la justicia e impidiendo así que su obra caiga en el olvido.
Ripercorrere la vita di Dino Campana, il poeta pazzo, attraverso le ricerche di un grande Sebastiano Vassalli. La scrittura è magistrale, degna di questa autore. La storia è complessa, difficile comprendere la vita di questo poeta.
"La cosa importante è che questo libro continui a camminare nel mondo, e che Dino Campana continui a vivere in lui. Il resto, sono solo chiacchiere." 🤍✨
Che meraviglia la scrittura empatica di Vassalli risveglia emozioni e contemporaneamente fa nascere numerose riflessioni. La vita travagliata di Dino Campana la si legge compartecipandovi. Quanto si detesta la madre di Dino! donna frustrata e sterile nel corpo e nel cuore. E al pavido padre, Giovanni, che trova nel bromuro la pace dei sensi, vien voglia di dargli due schiaffoni per quanto é remissivo e permissivo nei confronti degli atteggiamenti isterici della moglie e madre di Dino. Mentre si prova simpatia per lo zio Torquato che sempre difende il "diverso" e emarginato nipote. "Mi chiamo Dino Edison." "Sono elettrico", così si definisce il poeta, il diverso, l'emarginato, durante il suo internamento in manicomio, quattordici anni, dopo numerosi trattamenti a base di scariche elettriche nei genitali, e elettroshock... con lui patiamo, soffriamo, ci arrabbiamo, raramente, purtroppo, proviamo gioia o serenità. Il libro di Vassalli, biografia romanzata, si, la possiamo chiamare così, mi ha portato a fare un parallelo con un'altra e altrettando fulgida biografia romanzata, quella dell'imperatore Adriano della Yourcenar. Tutte e due gli autori ci hanno restituito magistralmente l'uomo nella sua interezza con grande intelligenza, sentimento e empatia. "Ma forse é proprio vero che i poeti appartengono ad una specie diversa, "primitiva", "barbara", da sempre estinta eppure sempre in grado di rinascere come quella dell'araba fenice. I poeti autentici, dico: non i letterati o gli scrittori di poesia, ma proprio quelli per mezzo dei quali la poesia parla. Gli unicorni, i mostri." Di Dino Campana ho poche e scarse reminescenze scolastiche veicolate perlopiù dallo studio della vita e delle opere di Sibilla Aleramo con cui il Campana ebbe una turbolenta relazione. Dopo la lettura di quest'opera del Vassalli, naturalmente direi, nasce il desiderio di conoscere di più e meglio l'opera del poeta Campana, dell'"unicorno", del mostro. Così come nasce spontaneamente il desiderio, quasi bisogno, di conoscere meglio le opere del Vassalli per poter ritrovare, re-incontrare la sua bellissima e empatica prosa. E un grande grazie! a Valentina che mi ha segnalato e consigliato la lettura di questo libro permettendomi così di conoscere due grandi autori. (in un colpo solo!)
Un libro importante perche Vassalli riesce a fare il primo ritratto realistico del poeta Dino Campana. E ovviamente il prodotto di molta ricerca da parte dello scrittore. Pero manca il grande sfondo storico di certi altri libri dello stesso autore, come La Chimera, Il Cigno o Cuore di Pietra.
La vita del poeta Dino Campana raccontata in guisa da renderla avvincente e interessante, nonostante sia — invero — lacerata da terribili traversie familiari e giudiziarie (con specifico riferimento ai manicomi in cui era stato internato).