Febo ha tredici anni e vive insieme ai nonni all’ombra dei Castagni Gemelli, in un piccolo borgo sull’Appennino popolato da leggende paurose e da un’umanità bizzarra e variopinta. Luna, muta e selvaggia, vive a Ca’ Strega con la sua stravagante famiglia capeggiata da una nonna dotata di poteri magici. Il destino dei due ragazzi si intreccia per sempre un pomeriggio al luna park, per via della profezia su una misteriosa mano di ferro. Le loro strade si dividono – lei finisce in un istituto di suore dove il dottor Mangiafuoco le farà recuperare la voce, mentre lui va a studiare in città dove ritrova un padre megalomane, sempre sul punto di concludere “un grande affare”, e una madre amareggiata. Pur se lontani, Febo e Luna non smettono di pensarsi e di volersi bene. Lui tutto grandi teorie e proclami, lei concreta e battagliera. Il destino della loro vita è lasciarsi e ritrovarsi, e ogni volta il loro distacco è preceduto dalla separazione, premonitrice e crudele, di un’altra coppia di amanti. Allegro e malinconico, profetico e nostalgico, lucido e visionario, Stefano Benni parla di amori felici e impossibili, di alberi fatati e di delfini, parla di noi, di chi eravamo e di come siamo diventati.
Stefano Benni (Bologna, 1947 – Bologna, 2025) è stato uno scrittore, umorista, giornalista, sceneggiatore, poeta e drammaturgo italiano.
Stefano Benni (1947-2025) was an Italian satirical writer, poet and journalist. His books have been translated into around 20 foreign languages and scored notable commercial success. He sold 2,5 million copies of his books in Italy.
He has contributed to Panorama (Italian magazine), Linus (magazine), La Repubblica, il manifesto among others. In 1989 he directed the film Musica per vecchi animali.
“Giura” racconta un’unanimità variegata stramba non sempre benigna ma che sa di aria fresca, vive nelle campagne, gioca nei fienili e va nei luna park.
Nell’ultimo libro di Stefano Benni si alternano malinconie a gioie, voglia di futuro a rimpianto verso quel passato fatto di paesaggi che il tempo e l’uomo hanno inesorabilmente trasformato.
Febo, detto Codino, è un ragazzino selvatico che ha una passione, quella di arrampicarsi sugli alberi di noce e da lassù guardare le colline e tutte le case intorno, ognuna delle quali ha un nome e una storia, perché lì ci abitano i suoi amici. Febo però ha nel cuore una persona speciale, Lunaria detta Luna una bambina strana un po’ matta, una piccola strega che non parla. Lunaria è il suo opposto, perché si sa che gli opposti si attraggono e si completano, per questo forse, Benni li alterna nei capitoli dedicandoli all’uno e all’altra, come due voci che dialogano a distanza.
Già, la distanza, è questo il filo conduttore che lega i due protagonisti, inseparabili ma destinati a stare lontani, quasi un rincorrersi come il giorno e la notte Il Sole lui, la Luna lei.
Luna una sera, si fa male rischia di non camminare più, viene portata via per curarsi È il primo distacco da Febo, che poco prima al luna park aveva percepito nel suo sguardo un rimprovero: Lunaria si era sentita tradita e con gli occhi glielo avevo fatto capire.
“Fatina fatina non morire giuro sarò un bravo burattino non ti tradirò più.”
Nel tempo, la malattia e la lontananza di Lunaria rendevano quel borgo sull’Appennino interessante o noioso, tutto dipendeva come sempre dall’umore...
“Quando sei triste ci sono due modi per stare meglio. Uno è considerare chi sta peggio di te (...) “Un altro è guardare la gioia e farsene illuminare”
“Giura” è una storia d’amore, un amore lontano fatto di distanza e forza, di interruzioni e riavvicinamenti, di suggestioni primitive e tanta magia. Ogni 15 anni Febo e Lunaria si dividono più volte per poi riunirsi, il loro è un sentimento che cresce nelle emozioni e nella fisicità fino all’età adulta. Il titolo, “ Giura” racchiude la lealtà della parola data perché giurare è un legame sa di promessa importante e quando si ama giurare significa non dimenticarsi. Mai.
Sembrerebbe la classica storia tra un ragazzo e una ragazza che si conoscono per poi perdersi, ma in realtà ruota e si concentra su altre tematiche. La cosa bella di questa storia è che si caratterizza per lo stile visionario e fantastico di Benni. L'autore, con lo stile a cui ci ha abituato, porta il lettore sugli Appennini all'ombra dei Castagni Gemelli, circondato da una umanità ricca di personaggi, quali Slim, Bue, Celso, l'indio silenzioso fino ai due protagonisti, ovvero Febo e Luna. Dalla vita che mescola le sue carte sino a varie tematiche come la natura e il rispetto per l'ambiente che s'incrociano, i due protagonisti si cercano, si trovano fino ad allontanarsi ripetutamente lungo il proprio percorso senza separarsi mai perché "giura che non mi dimenticherai. Giura su ogni scrigno di noce, e su ogni chicco di uva e grillo nascosto e stella del firmamento".
Se dovessi spiegare chi per me è Stefano Benni, le parole non basterebbero. ⠀ Lui è tutte le parole che non riesco a dire. Tutte le parole che ho sempre cercato. ⠀ Lui ha sempre il libro giusto, per il mio momento sbagliato. ⠀ I suoi libri e le sue parole hanno per me un fascino incantato. E con il suo ultimo "Giura" divorato in poco più che un giorno sono capitata ancora una volta in mondi favolosi e fatati. ⠀ Senza rendermene conto anche questo libro parla di me in fondo, di quello che sono, quello che vorrei diventare. ⠀ O dove vorrei essere: in una fiabia.
Due vite parallele che si intrecciano durante l’arco della vita in un amore tortuoso. Ho letto quasi tutti i libri di Stefano Benni che è stato uno dei miei autori preferiti in gioventù (Saltatempo è il mio preferito) ed è ancora uno degli autori di punta di Feltrinelli. Nonostante i suoi 73 anni, continua ad usare lo stesso stile dei romanzi precedenti, ricco di personaggi improbabili dai nomi strani, cosa che ho sempre considerato come un punto di forza e che, devo confessarlo, essendo cresciuto anch’io, con la memoria attuale ho fatto davvero fatica a digerire. I protagonisti sono due, Febo e Lunaria (una ragazza muta). I capitoli alternano i due punti di vista in prima persona al passato raccontando l’evolversi delle loro vite strampalate e i punti di congiunzione/divisione. Le parti sono quattro, di cui l’ultima, un po’ forzata, rispecchia a mio avviso il bisogno degli autori di rispecchiarsi nei propri personaggi dandogli la loro stessa età e in questo caso disillusione, pensando a Benni la cosa mi fa un po’ di tenerezza e nello stesso tempo mi avvicina a lui. Il romanzo è una classica storia di dualismo amici/amori per la pelle che si avvicinano e si allontanano su una lunga linea temporale. Segue tutti i punti tipici del paradigma di queste storie. Non manca l’impronta ecologica e di sinistra degli altri romanzi, si legge velocemente (a parte l’inizio dove il setup è troppo ricco di personaggi inutili messi lì soltanto per fare contorno) e lo consiglio a tutti quelli che amano Benni e le sue storie.
Questo libro mi ha emozionata. Mi ha fatto vivere un mare di ricordi, mi ha fatto pensare all’amore, soprattutto a quello impossibile che ti porta ad uscire con altri per la paura di rimanere soli, ma comunque amerai per sempre quella persona. Fa sorridere spesso, come tutti i libri di Benni, ma ha qualche cosa in più. C’è più tenerezza, c’è amore in tutte le pagine e non mi aspettavo niente del genere sinceramente. Sono innamorata anche io della storia di Luna e Febo, e spero di trovare qualcuno da amare come si amano loro due.
È il primo libro che leggo di questo autore e mi ha piacevolmente sorpresa. Il libro è scorrevole e si legge facilmente, ma la storia conquista fin da subito. Non è una semplice storia d'amore, ma una di quelle profonde e dalle radici lontane che resistono sotto la terra degli eventi della vita.
Dall'ultima pagina di un libro di Benni alla prima pagina del prossimo passano a volte anni, a volte mesi. Ogni volta, come con un vecchio amico, non sembra passato nulla. Scivolo tra i capitoli quasi anticipando le parole una ad una. La sorpresa arriva, la risata strappa il silenzio, le lacrime salgono e scendono con la loro marea tranquilla. Nell'isola delle sue storie mi rendo conto che non sono in vacanza, ma a casa. È il tempo che corre tra quelle pagine, tra l'ultima e la prima del prossimo, ad essere un giro fuori, una passeggiata a largo. Da cui inevitabilmente posso solo ritornare.
«Tutti coloro che ami sono altro da te. Conoscerai solo una piccola parte dei loro pensieri, e loro non conosceranno i tuoi. Avranno gioie e pene in cui tu non sei compreso, e giorni e notti in cui non sarai presente nelle loro emozioni. La loro storia è piena di ore che ti resteranno nascoste. È meraviglioso averli vicino, ma la loro vita non ti appartiene. Ascolta la pena che provi quando vi allontanate per un attimo, o per lungo tempo. Capirai quanto sarà triste perderli per sempre, o quando loro ti perderanno. Per ciò che manca al vostro amore, amali di più.»
5* perché avevo bisogno di leggere in libro così in questo momento. Una fiaba dove tutto sta sempre al posto sbagliato, sentimenti, persone, opportunità, ma che magicamente ti fanno pensare che tutto sia al posto giusto, per giustificare la vita e anche la morte. Il lupo non perde il vizio di scrivere bene.
Uno dei migliori di Benni. Accattivante, la storia si svolge e si srotola sotto i tuoi occhi, i personaggi si raccontano ma non si spiegano, lasciandoti entrare nel turbine di emozioni e racconti come solo Benni sa fare.
Per cominciare... Stefano? Ti chiamo Stefano, ci conosciamo da quando ridevo come un idiota con Bar Sport e ne capivo solo metà perché a dieci anni cosa vuoi capirne. Comunque, dicevo: Stefano?
Vaf*****lo.
Ci conosciamo da più di trent'anni, farmi stare male così di nuovo. Rivaf*****lo. Quasi peggio che alla fine di Spiriti, porco mondo. Trivaf*****lo.
Per tutti gli altri, invece: è sempre Benni, e continua (dopo un paio di inciampi, forse) per la sua strada. Realismo magico sempre meno magico (ma sempre magico); la stessa malinconica speranza di sempre, ma sempre meno camuffata dal sorriso del lieto fine letto ad alta voce. Anche se il bimbo ormai dorme.
Da leggere. Da piangerci. Da mandarlo a tetraf*****lo, ma con un grazie, eh.
Quanta umanità in queste pagine di Benni: l'umanità che cambia nel tempo, l'umanità che distrugge e quella che costruisce. L'umanità che giura, che non vuole essere dimenticata, che ha paura della solitudine e che impara cosa significa amare. L'umanità che si può anche odiare, dopo averne visto la parte peggiore; ma poi che senso ha odiare, forse è meglio piantare semi di bontà, anche raccontando una storia d'amore come questa. Vorrei donare questo libro, che mi ha fatta ridere e commuovere insieme, a tutte le persone che amo ma che non mi appartengono, e che in virtù di questa libertà - come insegnano Febo e Luna - devo amare un po' di più. Nel frattempo, consiglio a tutti di leggerlo.
Febo e Lunaria. Sole e Luna. Due bambini di un paesino di montagna, lui “scoiattolo” che si arrampica sul noce e lei lupo selvaggio che non parla e morde. Innamorati l’uno dell’altra, non riescono mai a stare insieme più di battito di ciglia – giocando coi loro nomi potrei dire il tempo di un’eclissi- e, ogni volta che una coppia di amanti muore, loro si separano. Qualcosa, qualcuno, li allontana. Dopo che “la mano di ferro del Diavolo” come aveva predetto la nonna Strega, ha colpito Luna, lei si ritrova in un convitto gestito da suore che sfruttano le ragazze sorde, mute o entrambe le cose. Lui invece va in città, da un padre egoista e “boccalone” che si fa fregare alla prima occasione. Vivono vite parallele, con pensieri speculari. Riescono ad incontrarsi prima che lei venga mandata in Svizzera e lui da sua madre. Piovono baci, carezze, sospiri e “arrivederci”, con la promessa, col giuramento di non dimenticarsi mai l’uno dell’altra. Arriva il “progresso”, il sessantotto e l’università, dove Febo usa la sua rabbia per dedicarsi alla causa ambientalista (che allora si chiamava “ecologia”) e Luna invece si laurea in pedagogia, esperta nella lingua dei segni e ritrova la voce. Per un attimo si incrociano nei corridoi della facoltà occupata, ma nemmeno il tempo di uno sguardo, il momento passa e serviranno un’isola, uno yatch, il comandante Arabus, una collega di lavoro di Lunaria e l’amico Zanza di Febo per far sì che i due innamorati si ricongiungano. E si abbraccino, proprio come i Castagni Gemelli del loro paese, quelli dove una vita prima avevano inciso i loro nomi. E come cantava De Andrè “ e fu il calore di un momento, poi via di nuovo verso il vento, davanti agli occhi ancora il sole dietro alle spalle un pescatore”.
Passano gli anni e Febo scopre una forma diversa d’amore, parallela a quello che sete per la donna della sua vita: ha un figlio. E Luna insegna, viaggia, pensa a quell’uomo che è sempre stato l’unico, nonostante gli altri. E per caso si ritrovano ad un evento e insieme decidono di tornare al paese. Ed è bellissimo e straziante: bellissimo ritrovarsi, straziante tornare ai luoghi dell’infanzia e vedere catrame, cemento, un progresso che porta profitto e distruzione. Ma i castagni gemelli sono ancora lì, con i nomi incisi. Finché un fulmine si schianta tra le chiome e li separa e a separarsi sono anche, e ancora una volta, i due innamorati. E si arriva alla fine, e stavolta a saltare per primo, da un immaginario fienile come quando erano piccoli, è Febo. Lunaria viene a scoprirlo dai giornali. E decide di raccontare la loro storia. Questa.
Benni, mio amato Lupo, grazie per questo libro così lucido, amaro, ironico, ma che ha sempre quel luccichio di speranza e ironia, quei bambini che sono allegria pura mentre giocano a calcio e sono invincibili. Un esempio? “Quando sei triste ci sono due modi per stare meglio. Uno è considerare chi sta peggio di te, e allora mi basta andare al bar di Trafiume e osservare quanto erano tristi certi uomini prima e dopo la sbronza. Un altro è guardare la gioia e farsene illuminare. Allora, per esempio, mi bastava guardare com’erano allegri i bambini che giocavano calcio nella piazzetta davanti alla chiesa.” Niente può fermarli e la bruttura del mondo non li può toccare. (certo, ci sono anche i bambini appiccicati ai tablet, che non sanno più apprezzare nulla, che sono abituati alla violenza, come quelli che Febo incontra verso la fine della storia, ahimè) Febo e Lunaria, invece, conoscono bene la bruttezza del mondo e ciascuno a modo proprio cerca di combatterla, o di viverci, di fare quel che può. In modo complementare l’uno rispetto all’altra. E a prescindere da come finirà: qui non si vince o si perde, non più. Qui quello che conta è aver giocato la partita, aver fatto la propria parte con la certezza di esserci stati. Questa è la principale differenza che trovo rispetto alla produzione precedente.
È un romanzo pieno di poesia, di bellezza, di amara consapevolezza. Non è un illuso, Benni, da sempre racconta di un mondo pieno di male, ma anche tanto pieno di Bene. Non dà cure, lezioni su come affrontarlo – la pallastrada resta sempre una buona idea, così come ridere di gusto- semplicemente fa ciò che sa fare meglio: offre un’altra storia ai lettori. E ognuno ne prenderà quel che sente può.
La storia di Luna e Febo mi ha fatto sospirare, ridere e piangere sul finale. L’ho trovata bella in modo malinconico, piena di quelle riflessioni che sono presenti in tutti i libri di questo autore (forse qui più vicine a Pane e Tempesta o a Margherita Dolcevita, ma ci sono temi che sono presenti in ogni suo lavoro). Mi è piaciuta tantissimo la narrazione a voci alterne che- forse- è una sola voce dato che Luna e Febo sono (anche) gli aspetti maschili e femminili, complementari, che parlano ad ognuno di noi.
C’è una frase di un film che amo che dice che gli artisti usano le bugie per dire la verità e Benni è un grande Artista per me. Più che dire bugie, Benni crea e con le parole graffia, azzanna la realtà, spinge il lettore a interrogarsi, a vedere le cose da un’angolazione diversa, fiabesca, magica, vivissima. E per di più lo fa strappando sorrisi, regalando momenti di leggerezza.
5 stelle anche per Giura, e una in più per l’omaggio a Zanza, che qui in riviera era un mito e il cui soprannome viene dato ad un personaggio secondario.
Buone letture e alla prossima.
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Una lettura diversa dalle mie solite, ma che ho divorato. Mi ha regalato spensieratezza, strappato qualche sorriso, fatto riflettere e commuovere. Vivere la storia di Febo e Lunaria attraverso i loro pensieri; lo yin e yang; la casualità della vita o la sua predestinazione questo è tutto quello che ha catturato la mia attenzione e spinto a leggere quasi tutto d'un fiato. È il primo libro di Stefano Benni che leggo, preso in prestito dalla libreria di mia sorella, comprato a sua volta in aeroporto, per ingannare un'attesa. Posso dire che questa ulteriore casualità, per me, non fa che aggiungere altra magia a questo romanzo?
L'avessi letto anni fa, forse avrei dato un voto più alto. Ma dopo tutte le meraviglie che ho letto di Benni, questo romanzo mi pare un po' sotto tono. Non è brutto, intendiamoci: è scorrevole, alterna malinconia e felicità, drammi e gioie. Ma non è Elianto né La Compagnia dei Celestini e neppure Terra!, Saltatempo, Bar Sport o Baol... Soffre il confronto con i capolavori del passato, insomma, e ne esce ridimensionato...
Quando sei triste ci sono due modi per stare meglio. Uno è considerare chi sta peggio di te, e allora mi basta andare al bar di Trafiume e osservare quanto erano tristi gli uomini prima e dopo la sbronza. Un altro è guardare la gioia e farsene illuminare. Allora, ad esempio, mi bastava guardare com'erano allegri i bambini che giocavano a calcio nella piazzetta davanti alla chiesa.
Credo di essere tra i pochi lettori a non aver apprezzato fino in fondo questo libro (e questo autore). Di Benni ho sempre sentito parlare benissimo e, girando qua e là tra librerie e social, mi sono sempre imbattuta in frammenti di suoi scritti davvero promettenti e ispiratori. Devo dire che, poco dopo l'uscita di questo romanzo, ho deciso con aspettative molto alte di approcciarmi alla scoperta di Benni con "Giura". La trama è bella, particolare e lineare insieme (lo scorrere del tempo prosegue più o meno sempre in ordine cronologico, ma la narrazione è alternata tra capitoli raccontati dal protagonista maschile – Febo – e quelli raccontati dalla protagonista femminile, Lunaria). Agli esordi si può pensare che il libro voglia esclusivamente raccontare nei suoi tratti poetici, magici e un po' nostalgici una storia di primo amore dolcissima; solo più avanti il lettore può rendersi invece conto che le vicende aprono svariate e ampie parentesi di riflessione su argomenti quali l'ambientalismo, la sempre più capitalista invasione della modernità nei piccoli centri abitati e nelle zone protette naturali, il sentimento idealistico di lotta giovanile, la mancata eppur inevitabile appartenenza a qualcuno nonostante le distanze e gli anni che passano. Nel complesso, ho apprezzato a livello di contenuto la storia e ritengo che il finale sia sapientemente costruito per lasciare al lettore la giusta dose di dolcezza e amaro in bocca e nel cuore. Quel che, però, proprio non sono riuscita ad apprezzare (e che di conseguenza in certi punti mi ha reso più indigesta la lettura) è lo stile ironico di denuncia che a mio giudizio toglie poesia e carattere ad una storia che di per sé ha tratti prettamente onirici, sospesi, fiabeschi, sognanti. Questo aspetto narrativo l'ho trovato marcato specialmente nei capitoli dove il narratore era Febo, il che mi ha reso il personaggio un po' "antipatico" e "supponente". Nel complesso, una storia leggera, malinconica e riflessiva... ma deve piacere la scrittura di Benni!
Mi ha scaldato il cuore in una maniera assurda, semplicemente incredibile.
Non mi aspettavo che questo libro mi avrebbe presa così tanto, perché dalla trama non mi sembrava pieno di colpi di scena (cosa che amo nelle mie letture) e temevo un pochino che fosse piatto in alcuni momenti, invece è riuscito a farmi innamorare follemente. Parla principalmente di due vite normalissime, fatte di alti e bassi, di incontrarsi e perdersi, di amarsi perdutamente nonostante tutto. Mi ha confermato ulteriormente quanto io sia innamorata dell’amore: vedere due persone che si pensano e si parlano nei loro pensieri anche quando sono così distanti come lo sono i protagonisti in molti passi del libro, mi ha fatto proprio pensare “voglio essere amata in questo modo così smisurato, niente di meno”. Ho adorato anche il fatto che i personaggi non fossero tutti esseri umani e che, così ancora di più, l’amore fosse libero in tutte le sue forme e sfumature. Il finale mi ha commosso, anche perché non me l’aspettavo, ma mi ha fatto venire voglia di essere abbracciata fortissimo.
Di seguito vi lascio il passo che chiude il primo capitolo, nonché una delle mie parti preferite: “Il problema più grosso per loro è Lunaria detta Luna. Che ha ereditato dalla nonna la stregaggine. È pallida coi capelli neri fino alle ginocchia e tutti dicono che è matta: non parla è selvaggia non porta scarpe non vuole andare a scuola ha due occhi che spaventano il cielo, ma io la conosco e la amo. Ha quasi tredici anni. Con lei non parliamo, ma giochiamo insieme io, lei, Bue e Zanza, e il nostro divertimento preferito è fare tuffi nel fienile. Bello ma pericoloso, come tutto quello che dà sapore alla vita.”
il finale mi ha lasciato l'amaro (e l'amore) in bocca. Non ho capito perché, dopo tutto il tempo passato ad aspettarsi, Febo e Luna non possano stare insieme davvero. Se lo meritavano, per tutto ciò che avevano passato. Sembra quasi come una punizione divina, destinati ad amarsi e ad incontrarsi ma sempre lontani. Tutto il libro è scritto davvero in un modo fantastico e coinvolgente, ma sul più bello viene tolta la gratificazione al lettore...l'ultimo capitolo si interrompe, di colpo, e sembra che lo scrittore non abbia più avuto idee e abbia deciso all'ultimo di dire che tutto il libro che stessimo leggendo fosse opera di Luna. Secondo me avrebbe avuto più senso che a scriverlo fossero stati entrambi mentre sono restati assieme gli ultimi anni di vita. Come faceva Luna a sentire le emozioni che sentiva Febo e a scriverle? Mi è sembrato un finale piuttosto chiuso e non è giusto che Febo abbia questa sorte, nonostante Luna abbia avuto il suo sogno. 34/35 capitoli sono perfetti...e all'ultimo tutta la struttura cade e crolla, però sicuramente prenderò altri libri di questo autore, perchè mi è piaciuto molto (tranne il finale).
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"Avete conosciuto il meglio, un piccolo pezzo magico del vostro paese, in un’estate indimenticabile. Ma tutto intorno dilaga un feral morbo, una peste, la malattia della prepotenza, dell’avidità, del disprezzo per i deboli. Crescerà sempre, e in questo modo dovrete vivere, da un’ingiustizia all’altra, da un tirannello all’altro. Ma non date la colpa a loro, poiché tutti inizierete a somigliargli. Si scioglieranno i ghiacciai dell’intelligenza, bruceranno i boschi della tolleranza, gli incendiari della propaganda bruceranno ogni desiderio di vivere insieme. Il solo vento sarà l’Odio, che non viene dai punti cardinali, ma dalle oscure profondità di Ade mio fratello. E Ade è molto meglio dei nuovi Dei che adorerete. La vostra vela si straccerà, la barca è già spezzata, il mare si riempirà di cadaveri. Potrete resistere, ma sarete sempre meno." Quattro stelle solo per questo brano: da Benni voglio di più! Più coraggio nel ribellarsi alla subcultura che avanza, più freschezza nello stile. Qui, infatti, il brio delle sue narrazioni precedenti è un po' annacquato.