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Il male oscuro

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Italian

Paperback

First published January 1, 1964

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About the author

Giuseppe Berto

34 books34 followers
Giuseppe Berto (27 December 1914 – 1 November 1978) was an Italian writer and screenwriter. He is mostly known for his novels Il cielo è rosso (The Sky Is Red) and Il male oscuro.

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Displaying 1 - 30 of 107 reviews
Profile Image for Vit Babenco.
1,784 reviews5,792 followers
May 29, 2024
Incubus is an acrid mockery of the psychoanalysis… The narrator took it into his head that the origin of all his troubles is the image of his father… So his aim is to exorcise the ghost of his late father from his consciousness…
…my choice of psychoanalysis was inspired not only by the hope of intellectual benefits as will become clear in due course, but also by a secret need to replace my dead father in some way so that the battle, if there had to be one, could be joined with a living, rational being and not with a memory or something similarly indefinable and elusive, like a dead father in fact, and though at the beginning my secret needs weren’t very clear to me, the transference-phenomenon was precisely the first thing that worked, that is, the transference of my affections and not, as some might imagine, the elimination of the dead father and his effective and convenient replacement by another person, since psychoanalysis doesn’t aim at this, and couldn’t do it anyway, and in effect the treatment simply wants to make us aware of the problems and conflicts buried in our unconscious so that when we unexpectedly have to face them, maybe in quite different guises, we are not scared out of our wits.

The protagonist explains magnanimously that psychoanalysis is exactly like a confession to the priest, except that you must pay money for it… He sees that in many ways he is similar to his father and this semblance starts turning into an obsession…
…I began to examine my profile more carefully making use of two mirrors and at times even three carefully arranged, studying with a hostile attitude the fatal resemblance…

He keeps recollecting his life as if he’s lying on the psychoanalyst’s couch… His childhood… His medical misadventures… The story of getting married and becoming a parent… His professional worries… Finally he is defeated by hypochondria and becomes a feeding trough for all sorts of medicos… Then to all his mishaps the psychoanalysis is added… And his lingo turns into a really phantasmagorical claptrap…
…I seem to have grabbed this Superego defunct father father memory father inheritance of duty and honor, when I’ve grabbed it and have it with its back to the wall, at a moment when I’m not looking it rummages in my unconscious and brings up long-forgotten sins and griefs and throws them at me by way of the colon or the lumbars, and it unleashes on me its anxiety attacks to bury me in my terror and in my finally admitted incapacity.

Uptightness and phobias are the road that lead not to happiness but to frustration.
Profile Image for Orsodimondo.
2,458 reviews2,432 followers
November 29, 2023
LA COSCIENZA DI BERTO


Giancarlo Giannini è il protagonista del film omonimo diretto da Mario Monicelli nel 1990.

Berto parte subito al galoppo economizzando i punti, ma non le virgole, infarcendo i suoi lunghi periodi di frasi subordinate, inglobando anche il rado dialogo, spingendomi a trattenere il fiato fino all’incontro col primo punto fermo, una pagina dopo, o due o tre quando non quattro e perfino di più. In un perfetto mix d’autobiografia e finzione, periodi lunghi in capitoli lunghi con rarità di punti fermi con tono buffo che accompagna un ritmo da giaculatoria detto anche flusso di coscienza che può risultare sì un pochino ostico e/o faticoso ma è anche assai divertente e trascinante.
Era come se avessi scoperto il bandolo d'un filo che mi usciva dall'ombelico: io tiravo e il filo veniva fuori, quasi ininterrottamente, e faceva un po' male, si capisce, ma anche a lasciarlo dentro faceva male.


Giannini ed Emmanuelle Seigner che interpreta sua moglie, “la ragazzetta”.

E sarà il tanto parlare di Freud, psicanalisi e sedute con terapeuta – d’altronde è noto che Berto scrisse questo suo libro proprio su consiglio e stimolo del suo psicoterapeuta – e sarà l’ampio ricorso all’ironia, sottesa lungo tutto il percorso – e saranno le tante pagine dedicate alla morte del padre, il figlio sempre rimproverato (non solo dal padre, ma anche dalle cinque sorelle minori), lo strano balletto accanto al suo letto d’ospedale (il figlio riparte per tornare a Roma, e allontanarsi da quella situazione familiare che lo mette in chiaro disagio, si giustifica con tutti dicendo che se parte è perché il padre sta meglio ed è in via di guarigione: poi, appena approda a Roma riceve la telefonata che gli annuncia la morte del genitore), ripensare, ascoltare, ritrovare Zeno, la sua coscienza, Italo e Svevo (peraltro di nascita non geograficamente lontana da quella del veneto Berto) è stato automatico e assai piacevole. Direi quasi rassicurante e rigenerante.



Anche riflettere che io proprio come Berto mi sono sempre tenuto distante da famiglia e parenti, condizione che mi ha fatto arrivare ai vari capezzali della vita sempre in ritardo, a cose più o meno fatte, proprio come succede all’io narrante di questo prezioso libro, anche questo pensiero è sorto automatico.
E anch’io come il lui di questo bel libro ho sempre respinto l’idea del matrimonio, ma ti pare, abdicare alla sacra e santa libertà dell’individuo: eppure Beppi Berto si sposò nel 1954 e si tennero stretti uno all’altra fino alla fine di lui (lei è sopravvissuta ed è la “ragazzetta” che l’io narrante finisce per sposare). Io invece ho sempre talmente respinto l’idea dal compiere quell’atto più di una volta.



L’ipocondria porta l’io narrante a spasso da medici, farabutti e luminari, preparati e incapaci, economici e costosi ed esosi, da guaritori maghi e chiromanti, omeopati, agopuntori, chiropratici. Lo aprono col bisturi in sala operatoria per una sospetta ulcera che però non trovano, e dopo si scopre che erano calcoli renali, o meglio, un singolo calcolo. Oppure è l’ernia lombare, la sciatica, il cancro. Ma niente viene provato né trovato.
E allora deve essere la testa. La depressione. L’ansia. L’agorafobia, la claustrofobia. Gli attacchi di panico: come quella volta che si butta per terra in piazza Barberini e abbraccia le gambe di un vigile perché la divisa è autorità e l’autorità è sicurezza. O quell’altra che si rifiuta di salire fino al suo appartamento del quarto piano e si sdraia sul letto del portiere a piano terra. Nevrosi. E la sua voce eccola qui, è quella di Berto, di questo io narrante.



L’Italia, intanto, è in pieno boom, ma rimane sempre Italietta. L’io narrante scrive e collabora tra cinema e giornali, guadagna ma spende tanto, solo il conto delle cure mediche vale un piano quinquennale. Dal paesello della provincia veneta (Treviso) è venuto a Roma, e passa dai Parioli alla Balduina (la parte bassa). Però in mezzo ci infila un sacco di anni di militare: la guerra d’Abissinia, poi quella nel nord Africa, poi la prigionia in un campo americano di pow (Hereford nel Texas dove incontrò Alberto Burri). Ma sarà mica fascista questo io narrante? No, si direbbe più anarchico, insofferente, inquieto. Ma allora come mai tanto gusto per la divisa e le armi e la guerra? Avrà modo di pentirsene.
E la cura arriva con la psicanalisi. E la cura arriva con la scrittura:
Il dolore rimane dolore, ma non si trasforma più in angoscia…Sono ancora malato e credo che non guarirò mai. Però sono guarito per quel tanto che volevo disperatamente guarire, ossia non ho più paura di scrivere.
Ma esiste davvero cura per l’internazionale dei depressi, come la chiama Andrea Pomella, si riesce a sconfiggere il drago?



Profile Image for Carmine R..
630 reviews93 followers
November 8, 2022
Storia di una nevrosi (e della sua incessante battaglia)

"Insomma ciò che importa raggiungere è una serena valutazione di sé stesso nei confronti della realtà, cosa tuttavia più facile da dire che da fare dato che velocemente cambiamo noi e insieme ovverosia contemporaneamente cambia anche la realtà la quale poi è costituita da infinite cose in perenne mutamento e inoltre da alcuni milioni o miliardi di individui ognuno in rapida trasformazione e impegnato nel correre dietro per conto suo alla mutevole realtà, sicché questo mondo sarebbe proprio una bella girandola da matti se non intervenisse l'arte del compromesso che sarebbe poi la rinuncia alla pretesa di fare cose perfette che com'è noto non sono di questo mondo e facilmente neppure dell'altro."

"...però esaminando al di fuori d'ogni agitazione sentimentale il rapporto tra me e il padre mio con l'esperienza dell'equivalente rapporto che si era venuto a creare tra me e mia figlia ecco che io comprendevo benissimo che il rapporto d'amore tra padri e figli non è necessariamente reversibile per così dire, ossia tutta la quantità d'amore che un padre può avere per un figlio è compensata dal fatto stesso che il figlio esiste, in altre parole un padre non può pretendere che un figlio lo ami con la stessa intensità con la quale lui lo ama né con la stessa qualità d'amore."

"Vedi un po' mi è capitata una moglie del tipo eroico esibizionistico ossia che eccelle nelle grandi occasioni e per tutto il resto del tempo è una rompiscatole, e invece io casomai avrei preferito il contrario dato che che le grandi occasioni sono rare mentre le occasioni di rompere le scatole non finiscono mai..."

"Ma purtroppo questa paura non sempre prende la strada dell'evidenza e spesso rimane come paura astratta o va a finire nel caldo lombare o nei giramenti testicolari e in questi casi è facile trovare medici che dicono che il caldo è una mia impressione e che i coglioni in fondo girano a tutti."

Nel 2014 usciva un film horror di stampo indipendente direttamente dall’Australia, terra non prolifica come l’America per quanto concerne il genere: Babadook, diretto da Jennifer Kent.
Il classico canovaccio della casa infestata, col passare dei minuti, e il progressivo cambio d’atmosfera a scandire il dramma in atto, si tramuta nell’ammissione di un dolore che non conosce redenzione; né, come spesso mentiamo a noi stessi, ridimensionabile con i silenzi e l’ingenua speranza che il tempo funga da panacea.
I mostri non si sconfiggono affidandosi alla forza di volontà o la speranza; con i mostri ci si confronta per scendere a compromessi.
Berto affida alla scrittura l’esercizio della testimonianza per mettersi a nudo e giudicarsi da cima a fondo. L’autobiografia, scritta come flusso di coscienza che lesina in punteggiatura e addirittura si priva di capitoli o paragrafi, assume la forma di un vero e proprio fiume in piena che tracima dagli argini e spazza via l’apparenza con la quale ci si fa scudo nel quotidiano: si abbandoni il tentativo di imporre un filo logico alla stesura, con il vano tentativo di incasellare la mente - per definizione inintelligibile a se stessa.
Il soggetto di partenza è la perdita del padre e l’influenza che tale lutto avrà nell’incedere degli anni. Diventa l’inizio di un percorso costellato da fallimenti e promesse mancate, paturnie dettate dalla nevrosi; moti d’animo che contemplano il riscatto, ma vagheggiano maggiormente la vigliaccheria, in una irreparabile fuga dettata dalla deresponsabilizzazione delle proprie scelte.
Ma è soprattutto l’invincibilità della figura paterna, silenziosa sagoma che assurge a ricettacolo di tutto ciò che quotidianamente si disonora, a tracciare impietosamente, nei giorni, uno scontro impari poiché inestinguibile è l'avversario che si fronteggia.
Chi non è più sulla terra si tramuta in perpetuo occhio giudicante; e il ricordo dell’assente viene ridisegnato dalla fallibilità della mente, cucito su misura per la giustificazione del momento o la necessità di espiazione.
L’incessante affastellarsi di ossessioni e pensieri distorti diventa cifra stilistica di un’esistenza dettata in egual misura da una vocazione mediocre e l’anelito alla gloria.
L'opera di Berto diverte con il suo sarcasmo corrosivo; costringe financo alla risata - nervosa, ma pur sempre una risata - di chi quella battaglia quotidiana la sta perdendo.
Profile Image for Evi *.
395 reviews308 followers
February 4, 2018
Lui, Giuseppe Berto, ha impiegato tre mesi a scrivere di getto questo denso romanzo fiume che evidentemente era già lì nella sua testolina bacata, bello pronto a sgorgare fuori come un tumore che per guarire il corpo che lo ospita deve esserne estirpato, io invece ne ho impiegati tre di mesi per portarne a termine, anche faticosamente, la sua lettura, però l’ho fatto senza saltare mezza riga perché, se devo abbandonare (un libro) lo abbandono e senza rimpianto, ma quando decido di leggerlo allora lo rispetto e non salto nemmeno una virgola.

Gli sforzi profusi dallo scrittore e dal lettore sono qualitativamente molto diversi, pure l’esito dovrebbe esserlo anche se i libri sono balsami che guariscono o leniscono le pene di chi li scrivi come di chi li legge.
E mai formulazione fu più appropriata, perché Berto scrive questo libro, pienamente, forsennatamente autobiografico e specchio della sua anima, non per noi lettori ma essenzialmente per se stesso per tentare di guarire da una serie di nevrosi causate, a dire suo e dei medici che lo ebbero in cura, dal rapporto conflittuale e non risolto con la figura paterna ex carabiniere, ex commerciante di cappelli, figura anafettiva e autoritaria, che per tutta la vita dileggiò il figlio prospettandogli un futuro di totale fallimento.

E’ strano perché Il male oscuro è un libro pesantissimo, un macigno, diciamo pure una palla tremenda… ma…. è come la palla di Indiana Jones nel primo Alla ricerca dell’arca perduta: un pietrone gigantesco che però rotola giù facile facile, che si fa leggere e letteralmente tutto d’un fiato essendo inoltre pressochè orfano di punteggiatura.
Uno stesso periodo può dilatarsi per due, tre pagine senza soluzione di continuità; si deve disporre di polmoni ben ossigenati, trattenere il respiro e scendere in una apnea forzata per riuscire ad arrivare da un punto all’altro dei meandri mentali che infittiscono le pagine; impossibile, anche volendolo, mettere un segnalibro per spezzare la narrazione che sfugge e va avanti da sé anche quando il libro è chiuso e riposto al suo posto.
Una scrittura che ubriaca e che dà le vertigini.
Romanzo autobiografico, lungo, ininterrotto straripante flusso di coscienza che descrive con una minuzia quasi maniacale i malesseri psicologici, le fobie nevrotiche e, perchè no, anche i disturbi corporei che affliggono senza tregua l’autore, con una dovizia di particolari intimi assolutamente morbosa e senza ombra alcuna di impudicizia.

Berto ci trascina nella sua logorrea senza fine, giù, giù in un coacervo di situazione al limite del ridicolo: desiderio di affermazione e vigliaccheria, blocco dello scrittore, scoppi di pianto improvvisi, paura e desiderio delle donne mescolati insieme, panico per andare ad un concerto o per attraversare la strada o per guidare, senso di colpa davanti ad un piatto di amatriciana pensando ai potenziali risvolti sul suo delicato colon, agorafobia, ipocondria galoppante…
Rivolta come un calzino la sua mente e privo di ipocrisia di finzione e di privacy di sè ci rende partecipe delle sue cose più personali, senza farsi e farci mancare nulla, confidandosi al lettore come fosse il suo confessore, o il suo psicoanalista o il suo amico del cuore.

E nonostante tutta questa introspezione ansiogena, posso dire che raramente ho letto un’opera a tal punto comica.
E’ il paradosso e il merito maggiore di Giuseppe Berto: coniugare la drammaticità della sua depressione con una disinvoltura, una vena umoristica a tratti sferzante ed esilarante che tende a svuotare di ogni aspetto tragico la sua difficoltà di vivere.
Va da sé che i riferimenti a Svevo e la centralità del metodo psicoanalitico, come valida cura delle nevrosi, costituiscono l’essenza del libro stesso.
Profile Image for Roberto.
627 reviews1 follower
May 25, 2017

La paura di avere paura

Non so bene per quale ragione, ma prima di iniziare a leggere questo romanzo mi ero fatto l'idea che si trattasse di un cupo, pesante e deprimente resoconto della vita di una persona affetta da depressione. Un mattone insomma. Un libro che bisogna leggere lontano da lamette e barbiturici.

Mi sbagliavo, di grosso.

E' un uomo, Berto, che con un monologo senza respiro, con frasi lunghissime e con la punteggiatura risicata all'osso, si apre. Svela ogni aspetto della sua vita, della sua mente, ogni aspetto positivo e negativo, ogni pensiero puro e impuro. Berto ha il coraggio di mettere in mostra pubblicamente tutti quegli aspetti che normalmente tendiamo a nascondere. E lo fa perché comprende che quando il dolore rimane al nostro interno cresce, si ingigantisce, ci manda in crisi.

"Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore"

Forse a causa di un rapporto non risolto con la figura autoritaria del padre, inizia presto ad avere crisi di panico, veri e propri attacchi di paura incontrollata che in alcuni casi lo costringono a fare azioni inconsulte, come abbracciare terrorizzato le gambe di un vigile urbano per strada. Queste crisi di panico se da una parte gli rendono la vita estremamente difficile, dall'altra non gli impediscono di vedere il mondo, le persone, i fatti, con una estrema ironia. Più di una volta ho riso di fronte a battute fatte con disarmante candore. Una ironia senza la quale sarebbe difficile leggere il libro; una ironia invece grazie alla quale il libro diventa lieve acuto e stimolante. Ironia che con tutta probabilità non è altro che una difesa dello scrittore contro la vita deprimente.

"la paura della paura è arcana e ubiqua, sfugge sia ai raggi che agli esami istologici sicché nessuno al di fuori può capire se ci sia o non ci sia fino a che non diventa pallore o tachicardia o diarrea e allora anche il più asino dei medici riesce a capire che qualcosa c’è, ma purtroppo questa paura spesso rimane astratta o va a finire nel caldo lombare o nei giramenti testicolari e in questi casi è facile trovare medici che dicono che il caldo è una mia impressione e che i coglioni in fondo girano a tutti"

Queste crisi, o meglio la paura di avere queste crisi (la paura della paura) se da una parte gli impediscono di avere una vita normale, dall'altra lo costringono ad attaccarsi alle persone che gli sono più prossime. E' un egoista, Berto, pensa solo per sé. Si lega agli altri principalmente per bisogno. E' misogino, nevrotico, avaro e ossessionato dal tentativo di raggiungere la "gloria". E ha paura, paura di tutto. Paura della morte, della pazzia, della gente, della solitudine, dei viaggi, del futuro, di scrivere.

Il suo scritto non ha una direzione predefinita, non cerca di raccontarci qualcosa in particolare. Segue il filo dei suoi pensieri guardandosi dentro. Ma pian piano ci accorgiamo che i pensieri di quest'uomo non sono così dissimili dai nostri. La valenza dei discorsi di Berto è generale. E qui sta la grandezza del libro.

E il male oscuro del titolo pian piano si trasforma in un generale "male di vivere", la presa di coscienza della nostra impotenza, l'incapacità di uscire fuori dai propri fallimenti e dalle proprie angosce. Incapacità che si risolve poi alla fine con l'accettazione, la presa d'atto della sua condizione. E infatti la parte iniziale del libro mi ha ricordato spesso lo Svevo di Senilità, che aveva trattato abbondantemente in precedenza più o meno gli stessi temi.

Giuseppe Berto è un autore ben poco famoso e ben poco letto. Onestamente, non sono riuscito a capirne le ragioni. "Il male oscuro" è un gran bel libro da leggere. Perché è interessante, ironico, intelligente, acuto, a tratti brillante e che ci costringe a riflettere su molte cose della nostra vita. Perché è l'approfondita analisi di un uomo che, senza veli e senza abbellimenti di sorta, mostra le sue paure e debolezze. Che spesso sono uguali alle nostre.

Bisogna essere delle grandi persone per mettersi a nudo in questo modo.
Profile Image for Emilia.
37 reviews21 followers
February 26, 2022
Lettura dolorosa e difficile, soprattutto nelle ultime pagine; mi porterò dietro questo libro per molto tempo, forse troppo.
Profile Image for Grazia.
504 reviews219 followers
July 30, 2017
"Il racconto è dolore, ma il silenzio lo è ancora di più"

L'attacco di panico entra nella mia vita più o meno 15 anni fa. Una telefonata nel cuore della notte, quando il sonno, prima dell'arrivo di mia figlia, era così robusto che neanche le cannonate potevano svegliarmi. Il consorte che dice: " È tuo fratello"

Credo che solo chi ha provato la sensazione, o si è relazionato con qualcuno che di questa cosa ha sofferto, possa avere una idea di quanto l'ansia o l'angoscia possa essere invalidante. Di quale sia la sensazione di stress o di impotenza di fronte ad una persona che qualunque argomento tu porti, ti risponde "Hai ragione, farò così. Ma io ho paura" E ti guarda con occhi smarriti. E, per mia esperienza, chi è in balia di queste crisi, non ha affatto voglia di ridere. Anzi, mi pare che il problema sia proprio questo, non riesce più a farlo perché i ricettori dell'ansia sono perennemente attivi. E la paura della paura blocca.

"in realtà ho molta voglia di far l’amore anch’io benché non sappia se ne ho più voglia o più paura però ho anche paura di mangiare o non mangiare o di muovermi o non muovermi e non parliamo poi dell’andar di corpo e di tante altre cose tutte inevitabili"

Ora. Il racconto di Berto, è la storia autobiografica di un decennio in balia della nevrosi, da lui scritto su indicazione dello psicologo. Un lungo monologo in cui spiattella i suoi pensieri più reconditi. Quelli per cui nessuno fondamentalmente vorrebbe farsi conoscere. Quelli che ciascuno di noi fatica a riconoscersi. Esce il quadro di un uomo ipocondriaco, tirchio, egoista, misogino ma nel contempo donnaiolo, ironico ed autoironico all'ennesima potenza, nevrotico e ossessionato dalla gloria e dai sensi di colpa verso il padre, ma soprattutto incredibilmente vero e umano.

"credo che nessuno prima di me si sia spinto così a fondo, senza preconcetti né divieti, nell’analisi di un uomo. Se la malattia del protagonista era annidata nell’odio per il padre, nelle funzioni sessuali, nell’ansia di trovare Dio, nei meccanismi intestinali, negli abissi della masturbazione, nell’avvilimento di fronte ai radicali, nell’esaltazione del primo bacio, nel terrore dell’omosessualità, nell’ossessione del cancro, nella smodata ambizione, nei torbidi stimoli segreti, ebbene lì bisognava che io l’andassi a cercare col coraggio di arrivare il più possibile in fondo, non dimenticandomi ciò che il mio analista mi aveva insegnato: qualsiasi cosa fosse venuta fuori, sarebbe stata comunque qualcosa attinente all’uomo. Ecco, proprio questo è ciò che può dare una giustificazione al mio libro e in particolar modo alle sue parti più crude e diciamo pure sgradevoli: la validità verso tutti, l’esplorazione di una parte di noi stessi che forse non abbiamo il coraggio di guardare, ma c’è, esiste in noi, e nasconderla non serve che a renderci sempre più ammalati e infelici."

Una scrittura asfittica, quasi completamente priva di punteggiatura. Come a rappresentare uno "swap" del pensiero dell'uomo in funzionamento ansiogeno perpetuo. Ma quanto ridere. Per il rapporto con la moglie. Ma soprattutto per le sue nevrosi paranoiche ["è chiaro mi sembra che io alle scarpe sui divani attribuisco un’importanza grande e forse eccessiva"]. Per le modalità con cui evoca le sue prime esperienze sessuali anche solo a livello di immaginario. [le prostitute vestite da preti ma con al posto dei bottoni gli automatici]. E sinceramente divertirmi così tanto con un libro che si intitola "Il male oscuro" e parla di nevrosi e dintorni, ecco proprio non me lo sarei aspettato.

Intenerita tantissimo dalla chiusa del libro. In cui finalmente viene abbandonata la corazza di ironia con cui Berto si fa scudo, e "il dolore rimane dolore e non più angoscia". E le lacrime scorrono liberatorie.
Profile Image for Il Pech.
351 reviews23 followers
May 17, 2024
Inutile mentire. Sono un cazzone. Mi irrito e mi stufo subito. Ho mollato Fuoco pallido, la Ricerca, la montagna annoiata. Ho sbadigliato con la Noia, la Nausea e Moby Dick, ho fatto una fatica boia con Horcynus e in alcuni passaggi di Solenoide. E poi faccio l'intellettuale ma i flussi di coscienza mi piacciono solo se sono esattamente come voglio io, altrimenti, anche se sono appaganti, li trovo sempre faticosi, pesi, ingombranti.

Poi, a 36 anni suonati scopro che qualcuno ha la chiave per la serratura del mio cervello marcio.

Lo dico subito, chiaro e tondo.
Il Male Oscuro è un CAPOLAVORO.
Va diretto nelle mie letture della vita, con buona pace di Moravia.

Stilisticamente miracoloso, riuscitissimo, divertente nonostante l'argomento trattato, scorrevole nonostante l'ambizione.
E il formato.

Il romanzo infatti è il monologo granitico di un nevrotico egocentrico, un flusso di coscienza incalzante e senza nomi propri, perché le uniche cose che contano sono la mente del protagonista e la sua lotta contro le sue angosce.

Beppe, vecchio mio, dove sei stato finora? Ma chi cazzo sei? Un Herzog ipocondriaco che odia le lettere? Un Bernhard molto molto più divertente? Un Saramago senza pedantería? Mai mai mai nella vita mi è capitato di leggere 416 pagine di periodi da 5 pagine l'uno senza appesantirmi nemmeno per un secondo. Sono commosso. Ammirato. Beppe, mio prezioso amico, ti abbraccerei.

Ah, in realtà questo non è un romanzo. È l'autobiografia di Berto. Il che dà ancora più valore all'ironia con cui ha asciugato tutte le lacrime versate.

Te lo ripeto: CA-PO-LA-VO-RO!
Profile Image for Ron.
6 reviews
March 11, 2019
Pensavo che avrei lottato con Il male oscuro, che sarebbe stata una lettura ostica e impegnativa. Tutt'altro. Berto mi ha subito intrappolato tra le pagine della sua vita, mi ha incantato e ha deciso che fino alla fine non avrei potuto abbandonarlo. Con la promessa che se mi fossi dedicato a lui, lui si sarebbe preso cura di me.
Per una settimana ho vissuto attraverso il suo monologo fitto eppure mai claustrofobico. Attraverso le sue fobie, i suoi sensi di colpa, le sue nevrosi. Attraverso il rapporto asfittico con la moglie e quello conflittuale con il padre. Attraverso la sua frustrazione di artista che non riesce ancora a essere sé stesso. Mi sono immerso nel suo dolore e me ne sono appropriato, ho amato le sue contraddizioni e l'ironia con cui si protegge da sé stesso.
È stata una settimana molto intensa.
Profile Image for Pavel Nedelcu.
484 reviews117 followers
June 15, 2021
Forse il romanzo (ampiamente) autobiografico più diretto e sincero della letteratura italiana novecentesca.

Il protagonista narratore, alle prese con una forte nevrosi che gli mette paura di tutto, dopo aver provato in vari modi e con cure inutili e invadenti a capirne la causa, alla fine incontra uno psicanalista. Il quale, con grande ingegno e sensibilità, riesce a farlo riflettere sulla propria infanzia e, da buon freudiano, sul padre deceduto.

Vengono così alla luce tutti i conflitti repressi, le paranoie, le decisioni prese per opporsi a oppure compiacere questo padre incontentabile e scontroso.

La scrittura nevrotica di Berto ben suggerisce la malattia in questo romanzo e i suoi effetti devastanti sulla psiche umana. Spesso si ha la sensazione di non riuscire a proseguire nella lettura, ma bisogna avere la pazienza dello psicanalista nell'affrontare il lungo periodare anticonformista e ironico di questo grande autore, rivelatore schietto di sé stesso e giudice impenetrabile del mondo circostante.
Profile Image for Padmin.
991 reviews57 followers
December 12, 2017
Un capolavoro di profondità e umorismo. Tiene il tempo come il vino buono, anche perché il racconto di una nevrosi, al giorno d'oggi, è il "nostro" racconto. Sono convinta che ipocondria e paranoia siano diventati la cifra del tempo che viviamo: il sospetto, la paura, la credulità imperversano.
Colpisce soprattutto lo stile: un flusso di coscienza interminabile, privo spesso di punteggiatura, incurante della sintassi, con un intercalare di "si capisce" che lo rendono "discorso diretto". Parla, Berto, non scrive. E fa parlare il suo male come fosse ancora sul lettino dello psicanalista, attraverso le associazioni.
«Era come se avessi scoperto il bandolo d'un filo che mi usciva dall'ombelico: io tiravo e il filo veniva fuori, quasi ininterrottamente, e faceva un po' male, si capisce, ma anche a lasciarlo dentro faceva male».
Sul frontespizio cita Eschilo del Prometeo incatenato: Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore. Che lui affronta con impressionante lucidità, mai disgiunta da un'ironia a tratti feroce, a tratti comica, comunque umanissima.
Quanto male possono fare i padri, a volte..
Profile Image for Xenja.
695 reviews98 followers
September 21, 2021
Mi ha appassionato moltissimo. Assaporato lentamente, addirittura rileggendo alcuni passaggi subito dopo averli finiti, e con andamento in crescendo, fino alle emozionanti ultime pagine. Travolgente e coinvolgente come un torrente in piena; sensibile, lucido, schietto, acuto, ironico, e con uno svelamento dei misteriosi legami tra l’infanzia e le nevrosi dell’età adulta che riesce a essere psicoanalisi e poesia perfettamente fuse. In particolare, il racconto dell’infanzia e dell’adolescenza è degno dei migliori memoir mai scritti, dalla Lingua salvata di Canetti a Infanzia di Coetzee, dagli Anni verdi di Cronin all’Amarcord di Fellini, così come il ritratto del padre, memorabile, richiama alla mente tante altre figure di padri, autoritari e ansiosi, che tormentano se stessi e gli altri chiedendosi che combinerà il figlio (maschio) nella vita e profetizzando che - è proprio un classico - finirà in galera.
Nonostante le ambigue posizioni politiche e religiose, nonostante la misoginia, la smania di gloria, le frustrazioni un po’ patetiche, la lite di cattivo gusto (o coraggiosa?) con Moravia, ho una grande simpatia e stima di Berto: di lui già conoscevo e amavo Il cielo è rosso, La cosa buffa, Oh Serafina, ma questo è certamente qualcosa di più: un grande libro, pieno di vita, di sofferenza, di verità, di passione. Libro in qualche modo figlio della Coscienza di Zeno, da me ugualmente amato. Libro che, giova ripeterlo, prima di vincere Campiello e Viareggio faticò non poco a trovare un editore. Non sbagliava, Berto, a pensare di meritare un po’ di più dalla vita (e dall’intellighenzia del suo tempo).
Mi restano, intensi, il desiderio di vedere quella casa di Mogliano così meravigliosamente descritta, che forse non esiste più o comunque non è indicata da nessuna mappa (lui sperava che ci avrebbero messo una targa!), e il desiderio di incontrare anch’io uno psicanalista anziano, saggio, illuminante come Nicola Perrotti.
Da leggere assolutamente; e se si fatica a reggerne lo stile particolare, esiste una splendida versione in audiolibro.
Profile Image for Siti.
406 reviews165 followers
July 30, 2019
Il gusto del narrare, a dispetto di una materia autobiografica difficile da governare perché frutto di quello che viene avvertito come un fallimento esistenziale che altro non è che uno stato di malattia, in questo romanzo bello, fresco e originale non viene mai meno. Direi anzi che è l'essenza che regge la materia narrata meglio e più delle contingenze legate al puro contenuto. Uno stile dallo stesso Berto definito psicoanalitico, un libero fluire di parole per associazioni che non portano al pericolo di far perdere la bussola al lettore come avviene con la tecnica del flusso di coscienza ma che, al contrario, aprono nuovi quadri narrativi che si comportano come tasselli di un medesimo puzzle, ogni bordo coincide giustappunto con altri e si regge in un tutto grazie ad essi. Un gusto del narrare che la stessa malattia ha messo in crisi non fossero bastati un'altra serie di elementi concomitanti: Berto è inviso agli ambienti letterari dell'epoca, è stato fascista, ha scritto opere di facili successi, non si allinea anche quando, e lo fa più volte ma a modo suo, riconosce deleterie le sue precedenti simpatie politiche situandole nel mero dato biografico - ecco perché bisognerebbe conoscerlo un uomo prima di giudicarlo (e non parlo di non giudicare affatto, pratica secondo me misconosciuta a qualsiasi esemplare di essere umano) – e si comporta ora come un non allineato. Certo sono i tempi della dolce vita, quella felicemente ritratta da Fellini, ma lui viene da Mogliano Veneto sebbene risieda nella capitale. Insieme a lui a Roma c'è anche l'ombra paterna, quella dalla quale è sfuggito e che anche dopo la morte lo assilla al punto tale da far esplodere una nevrosi che covava da tempo. La narrazione si apre appunto nel pieno del conflitto familiare nel momento della morte del padre, siamo subito allineati alle bellissime pagine del romanzo di Svevo, La coscienza di Zeno, e Berto ne è pienamente consapevole ma lo stacco è immediato, l'impronta c'è ma il solco ora tracciato vivrà di un altro respiro. Concomitante all'evento tragico la narrazione procede impietosa a inanellare i molteplici episodi in cui il male si manifesta e tutti hanno una precisa collocazione nel corpo e nelle sue manifestazioni dolorose, è il dolore la spia prima del malessere, dolore localizzato nelle vertebre lombari, e nello stomaco se non negli intestini. Si arriva perfino ad un intervento urgente per sospetta peritonite: si taglia e si cuce senza nulla trovare. Forse è l'ulcera duodenale il vero male... Esilarante, divertente oserei dire e non abbiatene a male, a me questo Berto sta proprio simpatico, al limite tra il tragico e il comico. Ha avuto la capacità di esorcizzare il suo male con un'infinità di espedienti, e qui ci si ritrova tutti, non necessariamente perché nevrotici, basta un banale attacco di emicrania o anche l'herpes simplex, che tutto è tranne che semplice se recidiva. Ha inoltre avuto il coraggio di sperimentare l'analisi e con buoni risultati fidandosi del transfert e traendone indubbio beneficio e soprattutto non ha del tutto messo a tacere il suo super-Io che ambendo, con buona dose di narcisismo, al capolavoro e alla gloria imperitura, non ha avuto tutti i torti. Leggetelo per riappacificarvi con Zeno, per incuriosirvi verso Gadda, a cui si deve da “La cognizione del dolore” il titolo stesso del romanzo, o se per caso siete passati per Pomella e il suo “L'uomo che trema”. Leggetelo anche per dare uno schiaffo morale a chi non credeva alla voce di uno scorbutico, non allineato e molto critico verso i salotti buoni, gli unici che potessero partorire buona letteratura, naturalmente con il gioco di rimandi interni fatti di recensioni, amicizie nell'editoria e buoni divani.
Profile Image for Mirco con la C.
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February 21, 2018
Commento del settembre 2015:
Questo romanzo mi ha a lungo attratto ed intimorito allo stesso tempo soprattutto perché mi è purtroppo familiare il male oscuro a cui si riferisce il titolo, inteso come nevrosi legata ad un conflitto irrisolto con un genitore che per giunta è pure deceduto, invece mi è successo come con Il viaggio al termine della notte di Céline che non c’entra proprio niente con questo libro, ma anche quello all’inizio mi spaventava un po’ per ragioni del tutto diverse, ed invece in entrambi i casi mi sono trovato irresistibilmente catturato dalla scrittura e dall’inaspettato umorismo perché Berto si lascia andare ad una liberatoria ironia in questo suo torrenziale e travolgente flusso di coscienza che traduce senza nessuna censura le interminabili associazioni di pensiero di una mente nevrotica perennemente ripiegata sulle proprie magagne, per cui mi sono ritrovato spesso a sorridere salvo venire poco dopo risucchiato nel vortice di una crisi di panico, o di angoscia come le chiamavano ai tempi in cui scriveva Berto, ma ormai non riuscivo più a riemergere dalla lettura anche perché di solito uno per interrompere aspetta di arrivare ad un punto mentre qui non se ne vedono quasi, ci sono solo virgole ed a volte manco quelle, quindi si è rivelato infondato il timore che l’autore volesse analizzare il proprio male per concettualizzarlo e lasciarsi andare a noiose astrazioni o considerazioni filosofiche, per fortuna Berto non era quel tipo di intellettuale anzi gli intellettuali li schifava proprio anche per un complesso d’inferiorità misto ad invidia, li chiamava “radicali”, ed insomma è finita che in soli cinque giorni ho portato a termine questa esperienza che definirei catartica anche per non ripetere l’aggettivo liberatoria che ho usato prima, ed ho letto tutte le quattrocento pagine fino al finale agrodolce e poetico sul quale non dico di più e mi fermo qui.
Profile Image for Marcello S.
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May 31, 2022
Un altro pezzetto che si aggiunge alla linea tortuosa della lotta con il padre e con se stessi - che probabilmente ha un senso solo dentro la mia testa - che va da La coscienza di Zeno (1923), a Il male oscuro (1964), a Estinzione (1986), a La morte del padre (2009).
Micidiale.

[88/100]

In appendice Berto affronta la questione dello stile:

La grande paura era di fermarmi e forse fu questa paura che mi fece trovare un modo di scrivere, sembra, abbastanza nuovo: periodi interminabili che corrono per pagine e pagine senza punti, con pensieri che si collegano l’uno all’altro in apparente libertà – sono, in fondo, le associazioni della psicoanalisi – ma con un costante desiderio di ordine, di logica, di chiarezza.
Prima d’andare avanti però era necessario vedere un’altra cosa, cioè se per caso altri non avessero già scritto nello stesso modo. Temevo Joyce, che conoscevo fino a Dedalus, non oltre. Misi in bella copia una trentina di cartelle e le portai a un critico di mestiere, di quelli che sanno press’a poco tutto. Esaminò il mio scritto e giudicò che non vi era alcuna connessione con Joyce. Casomai ci potevano essere delle affinità con i francesi dello sguardo e del nuovo romanzo, ma questo non mi faceva paura: non li conoscevo, ed erano troppo nuovi perché potessero essermi arrivati per via indiretta. Cosí continuai nel mio lavoro, abbastanza tranquillamente. Mi pareva di avere alle spalle Svevo e Gadda, ed era a mio avviso una buona compagnia.
Profile Image for emanumela.
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December 29, 2024
Quarant’anni dopo la coscienza di Zeno ecco la coscienza di Berto.
Un flusso di coscienza doloroso e grottesco e umoristico. Una forma narrativa inconsueta e desueta nel periodo della letteratura neorealista, tant’è che lo stesso Berto è critico nei confronti di coloro che lo definiscono tale.
Tanti temi, in questo flusso narrativo quasi senza respiro.
Ci sono pianti, angosce, piaceri e respiri affannosi, calore tra vertebre e cervelletto e ulcere e interventi inutili. E sensi di colpa, pane per la nuova psicoanalisi.
Es, Io, Super-Io ormai decodificati grazie al nuovo padre, quel “vecchietto” freudiano che lo curerà dalla nevrosi grazie all’analisi e agli psicoplegici.
Sono ancora lontani gli anni in cui una diagnosi e cura di depressione con attacchi di panico è quasi pane quotidiano.
La campagna d’Abissinia a cui partecipa per allontanarsi dal padre.
E continua con il pensiero ossessivo dei soldi, con le ristrettezze economiche, eredità di quel padre maresciallo dei carabinieri e poi cappellaio sgrammaticato e, infine, il rapporto con la ragazzetta poi moglie e madre di sua figlia.
In ultimo, dopo Roma e il cinema, portando con sé i tre capitoli limati, limatissimi, di un futuro capolavoro e null’altro, si ritira in Calabria.
L’ho amato. Molto.
Profile Image for roberto.
70 reviews24 followers
April 14, 2022
è la 5a volta che ricomincio questo commento perché diamine da una parte una volta che un libro mi piace così tanto si meriterà pur due parole, anche per combattere contro me stesso quest'istinto social a far fuori prodotti culturali dare agli stessi una qualche incerta votazione in stelline e basta chiuderla lì avanti il prossimo, e però d'altra parte è davvero dura con un libro così perché non è incasellabile in poche righe sia per contenuto che per forma, quindi mi limiterò a dire che in questi giorni in cui mi ha fatto compagnia (che in realtà avrei voluto fossero di più ma non riuscivo a staccarmici quindi sono stati ben pochi e questo nonostante la mole non irrisoria e i capoversi ben rari) mi sono ritrovato a pensare con lo stesso stile in cui è scritto questo libro qui, il che è uguale a dire che è stata un'esperienza di lettura travolgente e totalizzante, e ciò è evidente anche da questo commento stesso sebbene sia i miei pensieri che questo commento siano meno belli di questo libro che è appunto bellissimo, doloroso e insieme inaspettatamente divertente.
Profile Image for marco renzi.
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August 27, 2017
Allora.
Qui si potrebbe cominciare e finire con una parola, togliendosi il peso di cercare di dir qualcosa di sensato su un'Opera letteraria così grossa e importante. La parola in questione è CAPOLAVORO.
Non sarò certo il primo ad accostare il fin troppo abusato vocabolo a "Il male oscuro"; e del resto mi auguro di non essere l'ultimo. Poiché qui siamo davanti a una delle più grosse espressioni della letteratura italiana del secondo Novecento.

Berto, malgrado tutto, nonostante una vita difficile e piena di sacrifici, segnata dalla malattia, ebbe buon successo e vinse pure diversi premi.
Prima scrittore (inconsapevolmente, direbbe lui) inquadrato nel Neorealismo, un po' di successo, per citare il titolo di una sua raccolta di racconti, poi il silenzio; sceneggiature per campare, nevrosi, blocco dello scrittore, stesura di sceneggiature più o meno buone o scadenti e via dicendo. Poi, la psicanalisi: s'intravede uno spiraglio di luce; anzi: molto di più.
La terapia fu in parte la sua salvezza, nonché fautrice di questo romanzo, che vinse in un colpo solo il Viareggio e il Campiello.
È il racconto di una malattia, disperato ma ironico, anarchico e spietato, doloroso e talvolta difficile, ma di quella difficoltà che vale più di uno sforzo.

Uno può pensare che solo un matto possa, nel 1964, aver scritto un romanzo tutto in flusso di coscienza, tecnica narrativa legata perlopiù al modernismo, probabilmente considerata obsoleta, datata, in quegli anni.
Sulla carta poteva pure essere così, ma il fatto è che qui l'autore veneto reinventa questo procedimento, facendolo suo; dunque, il suo non è un flusso di coscienza joyciano, e non c'è alcun manierismo. Quello del "Male oscuro" è il flusso di coscienza di Giuseppe Berto: incontrollato ma al contempo controllato, scandito dai capitoli e qualche volta da qualche punto fermo; rarissimi, quasi inesistenti i paragrafi.

Quattrocento pagine di travasi di bile, di crisi, di attacchi nervosi, di ipocondria, di ossessioni, di pianti; ma anche di qualche risata amarognola.
E il bello di tutto ciò è che non è per nulla noioso.
Ovvio, deve piacere, bisogna entrarci dentro, cercare di empatizzare un po' con l'alter-ego bertiano; posso capire che non sia cosa semplice, ma ammetto che, purtroppo o per fortuna, per me è stato piuttosto facile.

Forse perché sono un po' un Berto nell'anima: nervoso, pauroso, pignolo, in analisi da qualche anno; e questa roba mi garba, non ci posso far nulla: quando trovo un libro così me ne innamoro, e penso che un salto in questa Cognizione del dolore più popolare e viscerale dovrebbero farcelo più o meno tutti, anche quelli che si sono rotti il cazzo della tristezza; quelli che fanno finta che non esista un Male Oscuro in ognuno di noi.

ps - avevo scritto questa recensione su anobii un paio di anni fa; adesso che di Berto ho letto all'incirca tutto perché ci sto lavorando su, alcune cose le scriverei diversamente; ma non cambio idea sul romanzo e sulla sua promozione e pieni voti. Anzi: a distanza di quasi tre anni, lo apprezzo ancor di più.
Profile Image for Cristina Mosca.
Author 13 books46 followers
August 18, 2020
me l’avevano raccontato come impegnativo, complesso, pesante. invece ci ho trovato tantissima ironia, accompagnata, certo, da altrettanta lucidità e sofferenza. come genitore è stata una lettura formativa; come figlia, terapeutica. inoltre, berto ha uno stile contagioso che mi è piaciuto moltissimo.
192 reviews1 follower
October 7, 2023
Non lasciatevi intimorire dal titolo.
Non perdete l'occasione di conoscere uno dei più straordinari autori italiani del secolo scorso.

Sì, il contenuto del libro è indicato nel titolo.
Si parla del Male Oscuro. Del Mal di Vivere che, purtroppo, quasi ognuno di noi, prima o poi, affronta lungo il cammino.
Di ansia, depressione e nevrosi sono pregne queste pagine. E delle loro cause.
Il rapporto difficile con la figura paterna.
Il complesso di Edipo nei confronti della madre.
La sensazione di continuo fallimento.

Berto, insomma, si mette a nudo. E lo fa utilizzando lo "stile psicoanalitico", da lui stesso così battezzato, e che ho trovato straordinario.
Un incredibile flusso di coscienza e pensieri.
Pagine e pagine senza punti.
Sembra di leggere Saramago, a tratti.
Il nostro Joyce? Chissà.

Pagine non facili, insomma. Si piange e, ve lo giuro, si ride anche.

Diamante, quasi nascosto, della nostra immensa letteratura.

"(...) è vita anche avere pensieri di gioia dove rifugiarsi quando si vuole."

"Il male oscuro", Giuseppe Berto, 1964.
Profile Image for Bryan--The Bee’s Knees.
407 reviews69 followers
June 27, 2017
If Thomas Bernhard and Woody Allen had a kid, I don't know if it would be Guiseppe Berto or not, but the kid's memoirs might read like Incubus (Il Male Oscuro). What a serendipitous find--I snatched this one up at a recent library sale not knowing anything at all about the author or the title, but was willing to take a flyer for two bits. Maybe it was the combination of discovery and luck and finding such a pleasant read for next to nothing, but I was thoroughly taken with this dense, funny novel.

The unnamed narrator is writing his memoirs on the advice of his psychoanalyst (the book was written in the mid-sixties, so psychoanalysis hasn't yet fallen out of favor) in order to deal with panic attacks that strike him like a seizure, and are tangled up with his emotional response to the death of his father. Thus, we get the story of the three periods of the narrator's life, all defined by his relationship with his father: the time they lived under the same roof; once the narrator moved away; and after his father's death - where his specter loomed even larger in the narrator's mind than it did in life.

The fun, though, isn't in the events, but in the telling. Berto's narrator is hypochondriacally funny, somewhat in the vein of a Woody Allen or Richard Lewis, self-aware of his problem, yet so self-absorbed that he critiques every minute turn his disease takes. And all the while he caustically disposes of those that surround him - his family, his wife, even post-war Italy itself and the movie industry of the time, where he scratches out a living as a screenwriter.

Funny is certainly in the eye of the beholder, or reader in this case - Berto is funny the way Thomas Bernhard is funny. If you laughed out loud while reading The Lime Works, then you might give INCUBUS a try. Berto also shares the same sort of prose style (I might call it a prose assault) as Bernhard. Sentences run on for pages, there is no traditionally written dialogue, and there may be only one or two paragraph breaks per chapter. This makes for an incredibly dense 388 pages. Still, it was one of the most entertaining things I've read recently, and I think it's a shame it's fallen so far into obscurity.
Profile Image for Francesca.
466 reviews529 followers
January 8, 2023
Letto per l’uni. Decisamente una lettura NON semplice, non solo per lo stile (dimenticatevi il punto, anche 60 pagine di seguito solamente in compagnia di virgole), ma anche per i temi trattati. Si parla di angoscia, di ansia, depressione, paura di qualunque cosa, e devo dire che un peso sul petto l’ho sentito. Entriamo nella mente del protagonista in modo totale. Niente fronzoli, niente censure. Ovviamente questo non lo rende un protagonista simpaticissimo, anzi. Ma l’intento dell’autore era proprio questo, e Il Male Oscuro l’ha scritto proprio nel tentativo di liberarsi del suo blocco creativo e del suo “male oscuro”. Qualche pagina sulle vicende intestinali del protagonista però le avrei tolte, se devo essere totalmente sincera e franca con voi signori del pubblico.
Profile Image for Io Nuca.
231 reviews52 followers
October 20, 2014
N-am știu ce dor mi-e de o carte cu nevrotici până n-am citit Răul ascuns! E mare, dar m-am bucurat de fiecare pagină. (Poate că în altă viață o să fiu psiholog. Mă mai gândesc.)
Profile Image for Arwen56.
1,218 reviews336 followers
March 15, 2015
Il male oscuro, di Giuseppe Berto, è un romanzo magnifico, che esplora le teorie freudiane attraverso la vita e le esperienze del protagonista e del suo rapporto conflittuale col padre.

La scrittura è come un fiume in piena da cui si viene letteralmente travolti e in cui la punteggiatura è praticamente assente. I pensieri e le considerazioni del protagonista sono un flusso continuo che il lettore si trova a seguire senza neppure avere il tempo di soffermarsi un attimo a riflettere. Solo dopo averlo concluso si riesce a tirare il fiato e a rendersi conto di quanti motivi di riflessione offre il libro.

Non è un'opera recente (risale al 1964), ma la consiglio vivamente a chiunque ancora non l'abbia letta.
Profile Image for arcobaleno.
649 reviews163 followers
September 30, 2013
Letto decenni fa, eppure ricordo bene, ancora, la partecipazione e l'avidità nella lettura.
Una scrittura senza pause che traduce "in simultanea" i pensieri; un flusso di parole che riesce, con immediatezza, a trasmettere i tormenti acuti prodotti dal male oscuro, fin quasi a “imprigionare” anche la mente del lettore attraverso un coinvolgimento intenso e martellante.
Profile Image for Francesco.
320 reviews
September 30, 2023
se dovesse esistere uno scrittore che potenzialmente sarebbe stato nume tutelare di questo romanzo è solo Franz Kafka
Profile Image for Calandrino_Tozzetti.
43 reviews22 followers
September 12, 2019
Quando in libreria m'imbattevo in questo romanzo, il pensiero andava subito alla canzone di Lelio Luttazzi. Non ho mai capito se dietro ci fosse un riferimento diretto all'opera bertiana, ma non considererei casuale la prefazione dello stesso Berto a "Operazione Montecristo" del sommo artista triestino. Tuttora mi vien dunque da collegarli inevitabilmente, benché questo libro c'incastri ben poco con la musica di Lelio.
Di certo questo è un viaggio che non si dimentica; è doloroso, ma al tempo stesso vien voglia di ripartire, giacché la disperata ironia dello scrittore veneto già ci manca una volta terminata l'ultima pagina.
"Il male oscuro" è un sintagma contenuto nella meravigliosa "Cognizione" gaddiana. Gadda, che di mali oscuri aveva esperienza, lodò poi il testo, e non era solito regalare elogi a destra e a manca, ecco.
Siamo peraltro dinanzi a uno dei libri preferiti di Alvaro Vitali, ulteriore testimonianza della sua grandezza (del "Male oscuro", ovvio, ma pure di Alvaro).
Profile Image for EMILIO SCUTTI.
239 reviews23 followers
August 14, 2022
Un libro che sembra affrontare quello che molti nevrotici non vogliono affrontare ossia le ferite, i dolori e le sofferenze reali ed immaginarie della propria vita . Un viaggio a ritroso senza sbocchi senza via di uscita verso l’origine del dolore accompagnati dalla psicoanalisi e da tanta ironia sembra sul filo come dei funamboli e alla fine siamo questi funamboli, la corda tesa tra passato e futuro l’importante è andare verso se stessi e non verso il Padre . È vero si cade , ci si fa male ma il gioco lo prevede . Originalissima scrittura con assenza di punteggiatura che aiuta ed è funzionale al tipo di racconto a volte onirico a volte psicoanalitico, un’opera che rimane un uniqum nella letteratura italiana ha un qualche cosa di sperimentale ma anche di maturo. Il protagonista siamo noi il finale è il nostro il vostro o quello che artificialmente costruiamo emozione dopo emozione pensiero dopo pensiero .
Profile Image for Frabe.
1,196 reviews56 followers
December 29, 2019
“Il male oscuro” è un lungo monologo dell'autore sulla sua nevrosi, la messa a nudo di una fragilità tanto grave da rasentare a tratti la follia. 419 pagine di scrittura densa, senza respiro, ma con il sollievo di una vena d'ironia costante. Grande libro, datato 1964: non so perché ho aspettato tanto a leggerlo, forse l'ho tenuto in serbo come un pregiato vino d'annata, stagionato a dovere e ora gustato appieno.
Profile Image for Abc.
1,117 reviews108 followers
April 19, 2018
Ci ho provato perché la tematica mi interessa molto, ma questo periodo infinito non riesco a sopportarlo. Faccio fatica ad affrontare una sequela di pagine scritte fitte fitte con pochissimi punti e innumerevoli virgole.
Per di più anche l'esposizione non mi piace. È tutto troppo confusionario, mi pare proprio che la terapia non sia servita a molto, l'autore ha ancora le idee molto annebbiate.
Displaying 1 - 30 of 107 reviews

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