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74 pages, Paperback
First published January 1, 1989
come to my blog!It seemed to Rosa Lublin that the whole peninsula of Florida was weighted down with regret. Everyone had left behind a real life. Here they had nothing. They were all scarecrows, blown about under the murdering sunball with empty ribcages.
"If you're alone too much," Persky said, "you think too much."
"Without a life," Rosa answered, "a person lives where they can. If all they got is thoughts, that's where they live."
"You ain't got a life?"
"Thieves took it."
Consider also the special word they used: survivor. Something new. As long as they didn't have to say human being. It used to be refugee, but by now there was no such creature, no more refugees, only survivors. A name like a number -- counted apart from the ordinary swarm. Blue digits on the arm, what difference? They don't call you a woman anyhow. Survivor. Even when your bones get melted into the grains of the earth, still they'll forget human being. Survivor and survivor and survivor; always and always. Who made up these words, parasites on the throat of suffering!
"...this is very nice, cozy. You got a nice cozy place, Lublin."
"Cramped," Rosa said.
"I work from a different theory. For everything, there's a bad way of describing, also a good way. You pick the good way, you go along better."
"I don't like to give myself lies," Rosa said.
"Life is short, we all got to lie."
THE SHAWL really packs a punch for such a short read. So very dark and sad.
“Lo de antes es un sueño. El después es una broma. Solo permanece el durante. Y llamarlo vida es una mentira”.
...Maaa...
Era il primo suono che Magda avesse mai emesso dalla gola da quando i capezzoli di Rosa si erano seccati.
- Maaa… aaa!
Di nuovo Magda barcollava nella luce pericolosa dell’arena, scarabocchiando su quelle zampette torte così pietose. Rosa capì che Magda piangeva per la perdita del suo scialle, capì che Magda stava per morire. Una marea montante di comandi martellò nei capezzoli di Rosa: Vai, corri, prendi! Ma non sapeva qual era la cosa da prendere per prima. Magda o lo scialle. Se fosse saltata nell’arena per acchiappare Magda, l’urlo non sarebbe cessato, perché Magda lo stesso non avrebbe avuto lo scialle; ma se fosse corsa nella baracca a cercarlo, e l’avesse trovato, e se avesse inseguito Magda tenendolo e agitandolo, allora avrebbe riportato indietro Magda, Magda si sarebbe messa lo scialle in bocca e sarebbe tornata muta.
Rosa s’infilò nel buio. Fu facile scoprire lo scialle: Stella (la nipote che aveva rubato lo scialle a Magda) ci si era rannicchiata sotto, addormentata nelle ossa esili. Con uno strappo Rosa liberò lo scialle e volò – poteva volare, non era che aria – nell’arena. Il calore del sole mormorava di un’altra vita, di farfalle d’estate. La luce era placida, morbida. Dall’altra parte del reticolato, in lontananza, c’erano prati chiazzati di denti di leone e di violette dal colore intenso; al di là, ancora più lontano, innocenti gigli tigrati, alti, che drizzavano i loro berretti arancione.
Rimase per un attimo al margine dell’arena. Talvolta la corrente elettrica dentro il reticolato sembrava ronzare; persino Stella diceva che era soltanto immaginazione, ma Rosa sentiva voci reali nel filo: tristi voci granulose. Più era lontana dal reticolato, più chiaramente le voci si affollavano a parlarle. Le voci lamentose facevano vibrare le corde con tanta convinzione, con tanta passione, che era impossibile sospettare che fossero fantasmi. Le voci le dicevano di levare in alto lo scialle; le voci le dicevano di agitarlo, di farne una frusta, di spiegarlo come una bandiera. Rosa sollevò, agitò, frustò, spiegò. Lontano, molto lontano, Magda si chinò sulla sua pancia nutrita d’aria, tendendo i bastoncini delle braccia. Era in alto, su in alto, portata sulle spalle da qualcuno. Ma la spalla che portava Magda non veniva verso Rosa e lo scialle, si allontanava, il puntino di Magda si perdeva sempre di più nella distanza fumosa. Sopra la spalla brillava un elmetto. La luce batteva sull’elmetto e lo faceva scintillare come una coppa. Sotto l’elmetto un corpo nero come un domino e un paio di stivali neri si affrettavano in direzione del reticolato elettrico. Le voci elettriche cominciarono a schiamazzare forsennate. – Mammaaa, mammaaaaa – ronzavano, tutte insieme.
Come era lontana da Rosa ora Magda, di là da tutto lo spiazzo, oltre una dozzina di baracche, completamente dall’altra parte! Non era più grande di una falena. Tutt’a un tratto Magda nuotava nell’aria. Tutta Magda veleggiava sospesa. Sembrava una farfalla che andasse a toccare un viticcio d’argento. E l’istante che la testa piumata di Magda e le sue gambe a matita e la pancia a pallone e lo zig-zag delle braccia schizzarono contro il reticolato, il ringhio delle voci d’acciaio impazzì, incitando Rosa a correre e correre fin dove Magda era caduta dal suo volo contro il reticolato elettrico; ma naturalmente Rosa non obbedì. Rimase lì immobile, perché se avesse corso loro avrebbero sparato, e se avesse provato a raccogliere gli stecchi del corpo di Magda avrebbero sparato, e se avesse lasciato erompere l’urlo di lupo che ora le saliva lungo la scala dello scheletro, avrebbero sparato; così prese lo scialle di Magda e se ne riempì la bocca, lo pigiò e lo pigiò finché non si ringozzò l’urlo di lupo e sentì l’intenso sapore di mandorle e cannella della saliva di Magda; e Rosa bevve lo scialle di Magda fino a che non fu secco