Quando, nel 1972, Tiziano Terzani arrivò in Vietnam, era – come scrive lui stesso – un giovane corrispondente «ottimista, sorridente e speranzoso». Consegnò la propria esperienza di testimone della guerra al diario che l’anno dopo apparve col titolo di Pelle di leopardo. Si ritrovò di nuovo in Vietnam nel 1975, e fu uno dei pochissimi giornalisti occidentali testimoni della liberazione di Saigon. Giai Phong!, pubblicato nel 1976 ricostruisce i retroscena diplomatici e di guerra di quei mesi febbrili. Riproposti insieme dopo oltre venticinque anni, e con una nuova introduzione dell’autore, i due libri, scritti letteralmente tra due fuochi, descrivono non solo le battaglie e gli orizzonti della guerra, ma anche la sofferenza delle popolazioni civili, il cambiamento materiale e morale dopo la fine degli scontri, tra fabbriche e chiese, rancori e perdoni.
Tiziano Terzani was an Italian journalist and writer, best known for his extensive knowledge of 20th century East Asia and for being one of the very few western reporters to witness both the fall of Saigon to the hands of the Vietcong and the fall of Phnom Pehn at the hands of the Khmer rouge in the mid-1970s.
Che faticaccia. Allora, diciamo che non è uno dei libri più accessibili di Terzani. Anzi, proprio per niente, specie se siete nati, come me, quando la guerra del Vietnam era già storia, quando veniva citata nei film perché questo o quello era veterano del Vietnam, ecco.
Quindi ecco qui il mio consiglio: a meno che non abbiate un interesse accademico per questo tema, saltate a pié pari il primo libro dei due proposti in questa edizione. Si tratta di una raccolta di articoli che Terzani scrisse per Der Spiegel durante la guerra, e per questo si perdono chiaramente in dettagli che per noi, 40 anni dopo, sono abbastanza poco rilevanti.
Giai Phong invece è più leggibile per uno sbarbato di oggi, perché racconta come è cambiata Saigon nei primi mesi della riunificazione vietnamita. Ho letto e scoperto molte cose che non sapevo, anche se sono partita da una conoscenza della storia della guerra indocinese e vietnamita ridottissima, quindi per me ci voleva poco.
Lo consiglio solo a chi è veramente interessato - altrimenti, di Terzani, leggete qualcosa d'altro, qualcosa che magari sia più comprensibile a noi, oggi.
In realtà non mi è piaciuto per niente, ma non posso mettere meno di 3 stelle considerando gli anni che ha passato in Vietnam per testimoniare il tutto. Purtroppo non è affatto chiaro ed esplicativo come speravo
A distanza di tanti anni, questo memoriale appare datato, ma conserva intatta la fragranza della cronaca vissuta e vista, giorno dopo giorno, direttamente sul campo. Desta ammirazione l'intuito, il fiuto, con cui Terzani decise di restare a Saigon, dopo la sua caduta, o di tornarvi due anni dopo, per proseguire a inviare corrispondenze. Il senso di incertezza che si respira resta affascinante ancora oggi. Pur con i limiti cui accennavo (in gran parte ideologici, per ammissione successiva dello stesso autore), si tratta di grande giornalismo. Gli ultimi rantoli di una professione che la televisione prima, e l'informatica poi, avrebbero lentamente ucciso.
Ho faticato tantissimo a leggere questo libro (in realtà composto di due opere) di Terzani, uno dei miei autori preferiti. Per questo la sorpresa ed il disappunto, che mi hanno portato ad assegnare una valutazione mentale così scarsa. Soprattutto il secondo libro, quasi apologetico, è stato per me noiosissimo. Il primo, un po’ impegnativo, l’ho comunque trovato più interessante, nel suo rigoroso stile da cronaca di guerra. Ho apprezzato tuttavia il commento iniziale dell’autore, che riconosce quanto fossero figli del loro tempo e della sensibilità dell’autore stesso di quel periodo. Per questo forse possono apparire un po’ estranei ai lettori odierni che non hanno vissuto tali eventi. Consiglio altri libri di TT, decisamente meno “contingenti” e più universali.
Un libro interessante, un documento storico. Una guerra con 500.000 mila uomini americani. La liberazione del Vietnam da parte dei Vietcong. L’assassinio di JF Kennedy. Il diplomatico E. Kissinger che tratta l’uscita di scena e il ritiro dal territorio vietnamita di militari e funzionari americani. La vittoria del comuniamo sull’idea sociale capitalista.
Il volume raccoglie due scritti, Pelle di leopardo (le corrispondenze di guerra dal Vietnam) e Giai Phong, ovvero le corrispondenze dopo la ritirata dell'esercito statunitense dal Vietnam e la resa di Saigon.
Ho trovato molto più interessante il secondo scritto (che è anche il più corposo) in quanto le corrispondenze di guerra, per quanto interessanti e notevoli, hanno un valore specifico di testimonianza legato all'epoca in furono scritte e poi pubblicate (come dice giustamente nel suo commento Massimot).
Nella seconda parte Terzani testimonia l'entrata a Saigon dei bo doi (ovvero i "famigerati" vietcong) e la loro presa del potere. Nonostante parteggi per loro (che d'altronde non hanno utilizzato la violenza per imporsi ma la "rieducazione" e la cortesia, almeno fino ad un certo punto) Terzani è capace di esprimere anche il suo sconcerto davanti alla disumanizzazione di questi personaggi, che dimenticano il rancore anche nei confronti di chi ha loro sterminato la famiglia e li ha torturati, il tutto per il bene del popolo vietnamita.
La cosa che mi ha colpito di più è stato leggere delle conseguenze della retorica anti-comunista da parte degli Stati Uniti e del governo di Saigon. Convinti che i vietcong fossero sanguinari e che tutti coloro che avevano avuto in qualche modo a che fare con il regime di Thieu sarebbero stati uccisi o puniti in modo sanguinoso, i saigonesi tentarono il tutto per tutto per scappare da Saigon, al punto da cercare di salire in corsa sugli ultimi aerei degli Stati Uniti in partenza, rimanendo in molti casi uccisi. Coloro che furono costretti a rimanere, spesso cercarono di coprire la loro connivenza con il regime e di anticipare le punizioni dei vietcong, che poi non avvennero, o comunque non nelle modalità "previste". Ad esempio tutte le ragazze che si percepivano come possibili target sposarono in fretta e furia i primi uomini accettabili che trovarono, onde evitare che i vietcong le unissero in matrimonio a uomini deformi o vecchi o inaccettabili per altri motivi, dato che si era diffusa questa voce. Una volta entrati a Saigon, i bo doi non fecero nulla di simile.
Questo libro sono in realtà due: nel primo “Pelle di leopardo” si racconta degli ultimi giorni prima della caduta del regime sud vietnamita, nel secondo “Giai Phong” i primi giorni dopo lo stesso evento. Entrambi i libri sono una serie di resoconti dell’esperienza di Terzani come corrispondente dal Vietnam durante la guerra del Vietnam. Il primo libro offre una visione molto critica e dettagliata della guerra del Vietnam, a tratti cruda, che fa capire sia i motivi per cui gli Stati Uniti persero quella guerra, sia le modalità in cui i vietcong la vinsero. Il secondo libro è invece un resoconto incantato di quei primi giorni di Rivoluzione, in cui i nord vietnamiti presero il potere, e cercarono di imporre una visione socialista e paritaria del potere. A posteriori, visione quanto mai falsa e propagandistica, come ha anche per ammesso lo stesso Terzani, che al tempo era molto più idealista e fiducioso nell’essere umano. Il libro si legge con qualche difficoltà, dovuta ai molti fatti, nomi e luoghi narrati (la cartina alla fine del libro è molto utile), ma è un’opera indispensabile per capire la Guerra del Vietnam e il momento storico.
Compagno di viaggio di un bellissimo viaggio in Vietnam. L'acuta penna di Terzani racconta la guerra in Vietnam con le sue complessità e falsità politiche andando alla ricerca delle fonti di prima mano e dei racconti di chi la guerra la subisce: i contadini; nella seconda parte viene narrata la resa/liberazione di Saigon e i primi tre mesi della Rivoluzione prima che gli ideali dovessero fare i conti con la realtà.
Dopo aver letto tutte le altri grandi storie di Terzani, dalla Cina post Mao, all'URRS in disgregazione un altro grande libro che porta il lettore in prima linea facendolo vivere come fosse li gli eventi di una parte della guerra del Vietnam con la successiva presa di Saigon e l'instaurarsi del nuovo regime. Un consiglio che vorrei dare e' quello di leggere i libri di Terzani in ordine cronologico, quindi Pelle di Leopardo e' proprio il primo che dovete iniziare
Questo libro sonnecchiava indisturbato da 20 anni nella mia biblioteca ed ho deciso di leggerlo per completare Terzani di cui era l'unico libro che ancora mi mancava. Ovviamente il mio giudizio si basa solo su una conoscenza relativa e frammentaria dei fatti di cui narra. Però è un fatto indiscutibile che Terzani sia stato testimone di un cambiamento epocale nella storia di un paese martoriato da più di 100 anni di guerra quasi ininterrotta. Prima i francesi, poi i giapponesi, gli inglesi, gli americani, praticamente tutte le nazioni cosiddette "civili" hanno massacrato il paese e il suo popolo. Il Vietnam è stato motivo e oggetto di guerre, massacri, invasioni, bombardamenti, uccisioni, strategie segrete delle grandi potenze che hanno condotto un teatrino sconvolgente sulla pelle di contadini, operai, povera gente che campava la famiglia con piccole risaie. Tutto per garantire loro la "libertà" dal comunismo. Milioni di morti ammazzati per un obiettivo fallito alla grande. Il resoconto di Terzani ovviamente risente di un'epoca in cui la contrapposizione in blocchi definiti di potere non lasciava molto spazio al dialogo, alle relazioni umane, alla scelta pacifica di un popolo che cercava di organizzarsi e scegliere un governo che non fosse imposto da una potenza o l'altra. Le quattro stelle sono per la penna felice di Terzani, non certo per le scelte fatte dal primo governo "autonomo" dei vietnamiti. E' stata una bella lettura e, a distanza di tutti questi anni (e col senno di poi), non si può certo accusare Terzani di essere stato di parte, come se tutto ciò che era stato scritto prima, da lui come da tutti gli altri corrispondenti di guerra, non fosse stato di parte, della parte opposta. Alla fine rimane un documento importante anche per leggere l'attualità.
Ogni volta che leggo Terzani viaggio veramente nei paesi dove la sua penna mi porta. I suoi libri non sono solo resoconti di viaggio o reportage giornalistici, ma vere e proprie testimonianze dove la sua mente curiosa riesce sempre a dare quel tocco personale in più che non si ferma solo ad una fredda cronaca degli eventi. Soprattutto, per me, Terzani ha sempre il pregio di essere un autore che mi spinge a conoscere, indagare e farmi domande.
"Pelle di leopardo" non fa eccezione: formato da due libri, "Pelle di leopardo", appunto, che racconta le ultime settimane della caduta del regime del Sud-Vietnam e "Gai Phong", cronaca dei giorni immediatamente prima e dei tre mesi dopo la liberazione di Saigon, Terzani racchiude qui la sua esperienza in Vietnam. Lungo il dipanarsi del libro e delle vicende, l'accento è posto su come e quanto le strategie politiche, la propaganda e l'ingerenza occidentale abbiano duramente colpito le persone comuni e un paese che al suo interno cova a dissidi da decenni. Esempio violento di decolonialismo e presa di coscienza nazionalista, le sorti delle guerre (ne parlo al plurale perché non fu una sola) hanno lacerato profondamente le famiglie, il territorio e i legami.
La paura è la vera forza motrice, alimentata dalla propaganda e ingigantita dall'ignoto.
Uscito negli anni '70 e poi ripubblicato negli anni 2000, Terzani spiega nella premessa la sua intenzione di ripubblicare i libri senza cambiare nemmeno una virgola, nonostante sappia perfettamente che li scrisse sull'onda dell'entusiasmo di veder nascere un mondo nuovo, riconoscendo comunque quanto le sue opinioni cambiarono negli anni successivi e come le sue speranze vennero tradite.
Scrittura sempre impeccabile quella di Terzani anche in questo libro giornalistico un po’ di esordio. Nonostante ciò mi ci sono voluti due mesi per portare a termine la lettura. Il libro, così come la storia trattata, è davvero ostico e ha testato in più il mio interesse verso questa pagina di storia contemporanea. La prima parte presenta una raccolta di articoli che Terzani ha scritto come corrispondente per il Der Spiegel, sono in ordine cronologico e raccontano eventi molto dettagliati ma davvero difficili da mettere in relazione spazio/temporale per chi come me è nata vent’anni dopo la fine della guerra. La seconda parte è un racconto della liberazione di Saigon e dei mesi ad essa successivi. La voce di Terzani è sempre delicata, si percepisce che non è imparziale, ma racconta fedelmente e con molti dettagli creando una bellissima suggestione del cambiamento e delle fatiche del popolo vietnamita e lasciando noi lettori con un bagaglio di informazioni più grande di quello che avrei immaginato. Mi sento di consigliare la lettura a chi davvero interessato a saperne di più sulla guerra del Vietnam, altrimenti il rischio è quello di abbandonare il libro dopo poche pagine
Il libro segue esattamente la linea di tutti gli altri scritti da Terzani, permette di rivivere ed immergersi nei momenti della presa di Saigon. Libro di facile lettura, come al solito grande Tiziano. . .
Spettacolare resoconto della fine della guerra del Vietnam, dei mesi in cui all'Occidente non importava più niente della cosa visto il ritiro dell'esercito statunitense...
Si vede la caratura di un grande giornalista. Questi suoi reportage, vissuti proprio sul campo, possono a pieno titolo diventare libri di storia moderna.
Il primo libro il più intriso di idealism, chiaro dettagliato una testimonianza diretta ma quello che mi é piaciuto meno perché poco lucido per ammissione dello stesso terzani poi.
Nonostante abbia conosciuto Tiziano ed abbia divorato ed amato libri come un indovino mi disse e un altro giro di giostra, non ho mai interamente letto questo. Sono piu' attaccato al Tiziano viaggiatore e all'ultimo Tiziano esploratore a tutto tondo, poi la guerra del vietnam non appartiene alla mia generazione e non l'ho mai in fondo "sentita". Ho letto però, anche due o tre volte, la parte intitolata i tre giorni, i giorni storici della fuga degli americani e dell'arrivo dei vietcong a Saigon. Tiziano rende incredibilmente e con grande passione l'intensità e quasi la magia del momento, i cui episodi clou ho qui riportato:
"La strada numero 1 era tagliata, la via per Bien Hoa anche. La via del mare era stata interrotta la sera prima. Era ormai impossibile andare a Vung Tao. Saigon era una trappola, chiusa, bloccata, assediata. Quando sarebbero arrivati? Finalmente un uomo sulla trentina in civile, con gli occhiali neri, un berretto rosso, solo con una Honda si fermò. "Va verso il centro?" Rispose di sì, ma disse che avremmo dovuto passare dal mercato, perchè all'inizio di Hong Tap Tu c'erano dei soldati disertori che fermavano il traffico, derubavano i passanti, prendevano le automobili. Il cielo s'era coperto, stava per piovere e la città aveva un aspetto funereo. Passammo per quartieri popolari, per strade strette, evitando mucchi di spazzatura che nessuno si preoccupava più di portar via. Affacciata alle porte delle case, a gruppi sui marciapiedi, la gente mi guardava curiosa. Alcuni mi indicavano ridendo. Qualcuno urlò "My My" (americano americano), un ragazzo corse dietro la moto e tirò un sasso. [...] L'evacuazione continuava. Per tutta la notte il vuoto nero del cielo fu punteggiato dalle intermittenti luci rosse di questi strani uccelli da preda che si calavano lenti sui tetti, gettavano a tratti, per orientarsi, un lungo raggio bianco di luce dal loro unico occhio, si posavano per quattro, cinque minuti e scivolavano via, carichi di gente, ogni volta evitando a fatica la grande antenna della radio sopra l'edificio della Posta e i due appuntiti campanili della cattedrale. [...] Da una casa vicina e dal basso del viale Thong Nhat dei soldati dell'ARVN scaricarono la loro rabbia e i loro mitra contro quella pancia di ferro che si alzava nel cielo grigio. L'elicottero fece una brusca virata e lo mancarono. Il frullio delle pale si sciolse nell'aria umida e afosa del mattino e l'elicottero fu, in un attimo, un punto sempre più piccolo all'orizzonte. Era l'ultimo. L'ultimo."
Il piacere di leggere la splendida prosa di Tiziano Terzani l'ho ritrovato anche qui, in queste pagine scritte più di trent'anni fa, che parlano di un luogo e di un tempo che non esiste più, quel Vietnam che per anni concentrò su di sé l'attenzione del mondo intero. Un paese e una guerra di cui sembra di conoscere tutto, complice forse la quantità di materiale, soprattutto film, prodotta in proposito, e di cui in realtà, forse, non sappiamo niente. Terzani per me è tutto quello che un reporter dovrebbe essere, ci racconta il Vietnam delle strategie militari e politiche, e quello dei soldati e dei contadini, non glacialmente imparziale ma nemmeno moralista: è bello sentire scorrere dalle pagine quell'entusiasmo per un mondo nuovo, l'euforia del cambiamento in cui tutto sembra possibile, la speranza per un promessa che poi, purtroppo, la storia insegnerà non essere mai stata più di questo. Illuminante.
Sono stata un po' tirata con le stelline solo perchè secondo me manca, per una vera completezza storica e cognitiva, la parte di articoli successivi alla liberazione di Saigon. Come Terzani stesso ammette nella prefazione: il libro è stato scritto sull'onda dell'euforia di vedere i vietnamiti riprendersi la loro nazione, ma poi anche qui ci si è dovuti arrendere davanti all'ennesimo esempio di rivoluzione finita in violenze e soprusi. Sarebbe stato utile e molto interessante leggere il proseguo della storia, un po' come è stato fatto invece per la raccolta degli articoli sulla Cambogia (Fantasmi) dove l'autore passa dall'entusiasmo per la vittoria dei Khmer Rossi allo sconvolgimento di fronte alla loro barbarie verso i propri connazionali.
Ad uno basta leggere questo breve articolo sulle centomila esecuzioni extra-giudiziarie http://jim.com/repression.htm per capire che quelle di Terzani sono mere favole. Certo, per un giornalista di sinistra l'impressione poteva essere quella di una transizione morbida in cui i buoni erano i vietnamiti del nord, ma le cose sono andate ben diversamente e Terzani non si è preoccupato di fare ricerche per smentire se stesso, nell'introduzione parla vagamente dei campi di rieducazione, ma non dice una parola su tutte le persone uccise dal nuovo governo.
Sarà che ho letto questo libro viaggiando in Vietnam, ti senti più coinvolto da fatti all' apparenza lontani. Una lettura emozionante, un crescendo verso la liberazione di Saigon. Diffide rendere un reportage di guerra così avvincente.
Per un pubblico generalista la parte più interessante arriva con la presa di Saigon, il resto credo sia cronaca giornalistica a tratti noiosa. Nella seconda metà di Giai Phong invece ho trovato lo stesso trasporto e coinvolgimento che ho visto in Fantasmi, che rimane il mio preferito di Terzani.