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Casa d'altri e altri racconti

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In gioventù, lo chiamavano Doctor Ironicus per la sua intelligenza sottile; oggi, il protagonista di Casa d'altri non è che un "prete da sagre", confinato in un paesino della provincia emiliana dove non succede mai niente e dove "appaiono strane anche le cose più ovvie". Zelinda, però, una vecchia che passa le sue giornate a lavare i panni al fiume, senza avere alcun contatto con la gente, cosi ovvia non è; e non è ovvio neppure il tentativo di comunicazione che cerca di instaurare con il prete, interrogandolo vagamente sulla legittimità di derogare a una "regola" della Chiesa cattolica. Quale, lo si scoprirà soltanto alla fine: quando il Doctor Ironicus, lo spirito arguto del seminario a cui il paese sta stretto, non saprà dare alla vecchia che una risposta convenzionale e inadeguata. Lo stesso senso di inadeguatezza si ritrova negli altri racconti: da Elegia alla signora Hadier, dove la protagonista, morto il marito, si chiude in una quieta infelicità, ai Due vecchi la cui serenità coniugale è turbata dal ricatto di uno studente. La raccolta comprende, oltre ai racconti usciti nei "Nuovi Coralli" di Einaudi nel 1980, anche alcuni testi apparsi per l'ultima volta nel 1960 presso Vallecchi e ripubblicati qui in una versione filologicamente aggiornata: un ciclo narrativo completo in cui Silvio D'Arzo descrive la solitudine dell'uomo, la sua condanna a vivere il proprio tempo e il proprio posto come "casa d'altri": senza rinunciare all'ironia e alla consapevolezza che nemmeno la disperazione permette alla vita quotidiana di essere meno "monotona" o "ridicola".

142 pages, Paperback

First published January 1, 1980

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About the author

Silvio D'Arzo

28 books9 followers
Silvio D’Arzo (pseudonym of Ezio Comparoni) was born in Reggio nell'Emilia in 1920. He wrote of the loneliness of the human being, the unpredictability of destiny, the search for a consolation that gives meaning to existence. Despite his untimely death, his production is wide and heterogeneous, including essays on English and American literature (Stevenson and Conrad in particular), and several poems. However, today he is mostly remembered as a fiction writer. His best-known short novella is The House of the Others, described by Eugenio Montale as "a perfect story".

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Profile Image for Orsodimondo.
2,457 reviews2,430 followers
January 11, 2023
grazie PIER

description
Luigi Ghirri: Cittanova di Modena, 1985 (da ‘Il profilo delle nuvole’).

La meravigliosa foto di copertina del maestro Luigi Ghirri predispone nel modo migliore alla lettura di questo libriccino, racchiudendone il nocciolo.
E il primo racconto, quello che dà il titolo alla raccolta, è subito una notevole piacevole sorpresa: una lingua chiara, limpida, asciutta, distillata, che viene voglia di assaporare in bocca, gustandola e succhiandola come una caramella saporita, viene voglia di leggere ad alta voce per sentire la musica della prosa (no, nessuna ricerca di lirismo, si tratta proprio di prosa, di grande prosa).
Alcune descrizioni sono così nitide e vive che pare quasi di vedere il farsi della sera (D'Arzo è maestro di questo momento del giorno, raramente ho trovato tanta abilità nel presentare l'arrivo del buio notturno) o di sentire i campanacci del gregge.

description

Dicevo di Luigi Ghirri, interprete dello sguardo, affascinato dalla luce e dalle cose apparentemente più semplici: il nitore, la grazia, la viva bellezza delle sua immagine di copertina che come tutte le sue foto non cerca l'effetto e neppure lo stupore, ma l'essenza, mi sembra esprimere perfettamente il cuore di questi racconti.

description

I due protagonisti di 'Casa d'altri' sono due 'anime semplici', un povero prete da sagra e lotteria... e una vecchia lavandaia, che danno vita a un duello psicologico degno di Choderlos de Laclos.
Al termine del quale, c'è malinconia e solitudine: e per strada, anche tanta ironia.

Il secondo racconto è la geniale prefazione al romanzo che D'Arzo ha progettato per anni: vera prefazione o presunta, gioco letterario? Il romanzo non è mai nato, ma intanto ecco qui la prefazione: un'invenzione che sarebbe piaciuta a Orson Welles.

Nel terzo racconto, soldati, guerra, ancora l'Appennino emiliano, e la stessa splendida scena iniziale del primo racconto: un quadro degno di Caravaggio.

description

No, D'Arzo non aveva esaurito il suo talento e la sua fantasia in una manciata di racconti: il fatto è che è morto così giovane (32 anni) da non riuscire neppure a veder pubblicata questa raccolta - men che meno a terminare il romanzo.
Gli editori hanno fatto un po' quello che volevano, come spesso succede: quindi, non c'è da stupirsi se due racconti hanno inizio e momenti identici, è mancato il tempo della revisione finale.
Tra l'altro, è un'immagine così bella che vale la ripetizione.

E la bellezza del titolo, e dei titoli di ogni racconto...

Sì, D'Arzo è da scoprire, o riscoprire, è decisamente sottovalutato a giudicare da questi racconti: non c'è proprio bisogno di tirare in ballo Henry James per affermare che è un grande - D'Arzo e James non hanno proprio nulla in comune, se non l'epigrafe in testa al secondo racconto.
Io lo leggerò ancora, ne ho voglia.

Grazie PIER perché è per merito di Pier Vittorio Tondelli che ho scoperto Silvio D’Arzo.

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Roncocesi, casa di Luigi Ghirri, 1991. C’è in questa foto una cosa che più Ghirri non si può, così inequivocabile e sovrana: la luce. La luce separa l’intimo dall’indifferente, il sentimentale dall’intellettuale, ma insieme li collega in una pacificata armonia – quella luce che tra il basso della terra e l’alto del cielo trova il suo diapason di intensità proprio in una riga orizzontale mediana, come una lama d’argento. WALTER SITI
Profile Image for Malacorda.
598 reviews289 followers
December 18, 2019
Al primo racconto assegnerei finanche 5/5. Il mio giudizio è influenzato dal fatto di conoscere bene il luogo in cui si svolge tale racconto che da' il titolo alla raccolta: grazie alla dritta di @Gattalucy, ho potuto collocare perfettamente i personaggi nei loro luoghi - anche se a dire il vero, pur senza alcuna indicazione non avrei stentato a riconoscere le atmosfere a me ben note. I paesini appena sotto il crinale oggi non sono più del tutto fuori dal tempo, sono stati raggiunti anch'essi dal ventunesimo secolo, eppure restano comunque indietro, rispetto il resto del mondo, di una ventina d'anni circa: a tutt'oggi stanno vivendo una specie di adolescenza in stile anni '80-'90.

La prosa estremamente colloquiale è nel contempo estremamente aggraziata: lo splendido portamento di questa scrittura è il suo aspetto più illuminante, in tempi come questi in cui il coraggio di mettere per iscritto il flusso di coscienza, quello ce l'hanno un po' tutti, ma ottenere risultati validi è un'altra grammatica. Un altro aspetto pregevole di questo racconto è la capacità di focalizzarsi su qualcosa che è (apparentemente) un nonnulla, riesce a descrivere e caratterizzare luoghi e momenti che pure non sembrano avere segni particolari. Il risultato della mescolanza di tali ingredienti è una lettura molto avvolgente, piacevolmente prenatalizia (laddove per natalizio si intende un qualcosa o qualcuno avvolto nel buio imposto dalla contingenza e un po' assorto in sé stesso, non alludo certo all'allegria forzosa e allo shopping brilluccicoso).

Gli altri racconti: bei colori e belle pennellate, amabilmente pervasi da una certa qual vena malinconica e decadente, ma sono solo degli abbozzi che finiscono ancora prima di iniziare, studi che girano intorno a una certa figura o a una certa frase o scena. Media aritmetica: quattro stelle.
Profile Image for Dagio_maya .
1,107 reviews350 followers
July 31, 2020
Ezio Camparoni – che assumerà dopo vari psudonimi quello definitivo di Silvio D'Arzo- nasce a Reggio nell'Emilia nel 1920.
Leggendo la sua biografia, l'impressione è quella di una vita che si è da subito messa in moto per accelerarne i tempi, quasi presagisse la morte in giovane età.
A soli 15 anni, di fatti, pubblica una piccola raccolta di racconti.
A 16 consegue la maturità classica per poi laurearsi a 21 specializzandosi in glottologia.
La sua produzione consiste in una breve serie di pubblicazioni che s'impongono a fatica per poi spegnersi a causa di quella morte prematura a soli 32 anni a causa di una fulminante leucemia.
Un autore sottovalutato in vita per essere riscoperto anni dopo rimanendo, tuttavia, relegato in una nicchia della storia letteraria italiana.
Sebbene nella sua breve vita abbia lasciato un'esigua produzione, in questa spicca senz'altro la raccolta "Casa d'altri ed altri racconti".
Pubblicato in vita solo una volta (1942) da Valsecchi dopo che Bompiani prese tempo tergiversando ed Einaudi (nella persona di Cesare Pavese) rispose con un secco rifiuto.

La raccolta è composta da otto brevi racconti tra cui il posto d'onore spetta nel citato "Casa d'altri":
definito da Eugenio Montale «il racconto perfetto» e da Manganelli «una tragedia teologica».

E' incredibile come una trama così scarna e riassumibile in poche righe sia congegnata in un'architettura ed una cifra stilistica così precisa ed immersa in una lirica tanto potente in cui si ci potrebbe dilungare nell'analizzarla.

Nel piccolo paesino montano di Montelice la monotona esistenza è scandita dall'alternarsi delle stagioni dove il clima rigido fa da padrone ("L’inverno viene presto da noi, e dura quasi mezz’anno.").
La voce narrante è quella di un sacerdote non più giovane "con una corporatura e una faccia alla Falstaff".
Con aria annoiata scruta da anni il paesaggio rassegnato ad assistere ud un ciclico e prevedibile ripetersi.
Una noia che sembra invadere la sua stessa funzione che ormai si riduce a pochi e puntuali riti:

"Perché ormai io ero un prete da sagre: ero un prete da sagre e nient’altro: su questo non c’era piú dubbio. Per un matrimonio alla buona e dottrina ai ragazzi e metter d’accordo anche sette caprai per un fazzoletto di pascolo non ero poi peggio di un altro: e cosí se un marito cominciava a usare un po’ troppo la cinghia. Ecco solo il mio pane oramai: altra roba non era per me".

Un piccolo diversivo però si affaccia.
Zelinda una vecchia lavandaia, che il prete non ha mai visto prima, compare un giorno sul greto del fiume intenta a sciacquare i panni.
Così D'Arzo la descrive:

"E se una pianta può in qualche modo servire a dar l’idea di un cristiano, bene, un vecchio ulivo di fosso è quel che ci vuole per lei. A vederla cosí, mi pareva che ormai né stanchezza né noia potessero piú qualche cosa su lei: si lasciava vivere e basta, ecco tutto."

Zelinda ha una domanda da fare e su questo interrogativo e la relativa risposta si centra il racconto.

Un racconto da ascoltare con le orecchie ben aperte per sentire il rumore di quell'acqua che "che cadeva a gomitoli" o il latrare dei cani che assieme ai campanacci parte da lontano anticipando l'arrivo degli uomini che scendono dai pascoli.

Un racconto che si guarda nei paesaggi che parlano: "e quando nelle stalle le lanterne si accesero, spuntò anche la luna. Non rotonda come in agosto, s’intende, ma piú furba, e piú lucida e fresca come l’avessero tolta da un secchio: e tutti i monti con le creste già bianche ed i pascoli e il cimitero ed i boschi, e giú, all’altro lato, la valle, mi si aprirono piú grandi che mai; tutto giovane e azzurro con qua e là qualche picchio d’argento.".

Un racconto che si sente dentro perchè quella domanda e quella risposta si muovano tra le righe stampate ma altrettanto fanno nella coscienza dell'Uomo.

I racconti che seguono sembrano sminuiti per potenza che troviamo in "casa d'altri".
In realtà, una loro necessaria rilettura ne mette in luce una sonorità ed un andamento che creano un'atmosfera misteriosa.
Sono piccole istantanee di quella vita di provincia che sia presenta al contempo semplice e complicata:

"Non so se sia eccesso o mancanza di sensibilità, ma è un fatto che le grandi tragedie mi lasciano quasi indifferente. Ci sono sottili dolori, certe situazioni e rapporti, che mi commuovono assai di piú di una città distrutta dal fuoco."
Profile Image for paper0r0ss0.
651 reviews57 followers
July 31, 2022
Una piccola raccolta di racconti altrettanto piccoli ma di grande impatto emotivo. Se la dimensione del racconto breve implica spesso narrazioni banali con il (presunto) colpo a effetto, qui ci troviamo invece di fronte al piccolo miracolo di una scrittura di classe, non inutilmente bombastica ma di una modernita' sorprendente. Le (s)venture della vita, della vita di campagna, la Natura descritta in maniera commovente. La Natura vera, quella non ancora disneyana o manieristicamente ecologica. Quella che ami e odi allo stesso tempo. La fatica della solitudine anche in mezzo agli altri. Una scrittura non diretta, evocativa e non ruffiana. Insomma una piccola raccolta non uniforme ma che merita senz'altro la lettura. Mi permetto di segnalare il racconto "Una fasciatura ben fatta".
Profile Image for lorinbocol.
265 reviews433 followers
January 5, 2018
di qua dal paradiso.
un prete disilluso, dalle parti della crisi di vocazione. un prete a cui i peccati meschini di una piccola comunità sembrano aver sfilacciato tra le dita il rapporto con il proprio ruolo, e con la capacità di assolverlo. finché un giorno il destino (l'onnipotente?) gli mette fisicamente sulla strada qualcuno che può ridare scopo all'abito che indossa. una vecchia lavandaia dalle giornate durissime, con un peso interiore che la tormenta e che inizia a tormentare - per speculare assenza - anche lui. la donna con l'inseparabile capra diventa il miraggio della pecorella da riportare nel gregge.
assillato dal suo segreto, dal non detto di un rapporto che si fa sempre più ossessivo, il sacerdote viene messo davanti a un dubbio fondativo, lacerante. a un quesito di lei che lo lascia spiazzato, capace solo di farfugliare una risposta misera, sottodimensionata. arrivato al dunque della prova che voleva, il pastore si scopre incapace di superarla. contemporaneamente, senza un nesso certo di causalità, la vita della donna si conclude in un modo che l'autore lascia volutamente vago, ma che alla luce di quel che (non) è successo prima ci appare comunque di immensa drammaticità.
a distanza di poche settimane, mi sono trovata per caso a leggere due storie di preti, dilemmi insoluti, morte. due vicende (e due opere, questa e quella di walter siti bruciare tutto) diversissime, ma che mi sono parse anche molto simili. perché spolpandole possiamo arrivare a guardarle come l'insanato dualismo tra un uomo di fede che cerca nel rapporto con chi gli chiede aiuto la conferma del se stesso più autentico. e trova in un caso l'incapacità, e nell'altro l'apparente inutilità, del proprio agire come bravo ministro di dio.

quando attraverserà
l'ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in paradiso
là dove vado anch'io
perché non c'è l'inferno
nel mondo del buon dio.


(le 4 stelle sono praticamente tutte per il racconto eponimo).
Profile Image for Cosimo.
443 reviews
May 11, 2018
“Tutto questo mi prese cos�� all'improvviso che sul momento non mi venne parola. Nessuna. Ma poi no, non fu neanche così: alla bocca mi salirono parole e parole e raccomandazioni e consigli e “per carità” e “cosa dite” e prediche e pagine intere e tutto quel che volete. Tutte cose d'altri, però; cose antiche: e per di più dette mille e una volta. Di mio non una mezza parola; e lì invece ci voleva qualcosa di nuovo e di mio, e tutto il resto era meno che niente”.

In un crepuscolo sottile, dietro a tragiche solitudini quotidiane, cercherete la noia di campagna tra tristi sciocchezze e commoventi miserie. Vi accompagnano vecchi contadini, maestri di paese, preti ironici: verso consuete infelicità, con le loro assurde ragioni e gli antichi paesaggi. Un quadro elegiaco e malinconico, dove insoliti gesti e persistenti memorie colorano le nebbie di provincia.

“E' stato detto che tutti noi, almeno per un certo periodo, viviamo una vita non propriamente nostra: finché, ad un tratto, arriva il nostro giorno, qualcosa come una seconda nascita, e solo allora ciascuno di noi avrà la sua inconfondibile vita”.

http://www.ilpickwick.it/index.php/le...
Profile Image for Ilenia Zodiaco.
284 reviews17.6k followers
June 2, 2015
C'è questa espressione che non mi va più via dalla testa: "spolveriamoci il cuore e non pensiamoci più". Sembra una di quelle frasi simpatiche, ironici inserti colloquiali che gli scrittori usano spesso. Io invece credo che racchiuda tutta la tristezza del mondo. E D'arzo ci avverte: "quando ci si mette il mondo sa ben essere triste, però. Ha perfino intelligenza in questo". Questi racconti provano a sussurrarci le cose che si possono dire solo al buio, che non si ha il coraggio di riportare del tutto alla luce. Come la signora Nodier. Una vedova che, senza morire, ha arrestato il corso della sua esistenza. Quando un soldato le riporta a casa l'amata cagnolina del marito defunto, non riesce a sopportarne la forza della vita e la fa imbalsamare.
La dimensione di questi brevi racconti è quella di un'infelice (ma sopportabile) quiete, quella di un'eterna sera. I personaggi sono quasi tutti senili, ipnotizzati dagli spettri viventi dei ricordi. Attendono. Più che le parole (per cui i protagonisti provano addirittura vergogna), parlano i colori del cielo di montagna: il viola, il blu, il grigio, l'ottone. Stiamo sospesi, non nella malinconia, né nel dolore né nel rimorso (come ci avverte il protagonista alla fine del racconto principale). Bensì in un grande vuoto. "Qualcosa era successo, una volta, e adesso era tutto finito".

Per fortuna Henry James si fa sentire a distanza di molte lune (che D'Arzo ama tanto). La sua influenza, sebbene ovvia, non è ingombrante e questa raccolta è una gemma. Lo stesso non si può dire per l'edizione Einaudi del 1980. Capisco tutte le vicissitudini editoriali che ha passato questo piccolo libriccino però non si può trovare nel testo "Cecof" al posto di Cechov, e una cascata di virgole messe a caso, due punti ripetuti come se fosse uno scritto in codice morse ecc.. Noto con piacere che è stata fatta una nuova edizione (in biblioteca purtroppo era disponibile solo una copia malconcia dell'edizione trapassata) e spero che sia stata corretta (o quanto meno, rivista!) la singhiozzante punteggiatura. Mi rifiuto di credere che D'Arzo la usasse in maniera così scellerata.
Ad ogni modo, leggetelo, amici.
Profile Image for Gattalucy.
380 reviews160 followers
January 27, 2018
Casa d'altri... monti miei.

Eugenio Montale lo ha definito “il racconto perfetto”, Tondelli ne tesseva le lodi.
Per me è una bis, bis rilettura. Lo faccio sempre in gennaio, quando il tempo è quello, e dalle mie finestre si vedono in lontananza quei monti, se non c’è bruma che li nasconda, quei calanchi viola, quando là è nel pieno la morta stagione, gli sterpi secchi, le passere uccise dal freddo, la notte che arriva alle sei, i fossi ghiacciati, i vecchi che se ne muoiono in fila, … e io li porto al cimitero di monte, e i bambini che per l’intera stagione se ne stanno dentro le stalle a scaldarsi col fiato dei muli. Un inverno di cinque o sei mesi.



Un racconto, il primo, quello che dà il nome a tutti, che è una piccola perla, dove non succede nulla, perché nulla succede lì da trent’anni, tra un pugno di case sperduto tra i monti, più livide e fredde del sasso... sette case addossate e nient’altro: più due strade di sassi, un cortile che chiamano piazza, e uno stagno e un canale, e montagne fin quanto ne vuoi.
Eppure lì, per un prete che si sente, ormai, solo un prete da sagre e nient’altro, giusto per un matrimonio alla buona e dottrina ai ragazzi, e metter d’accordo anche sette caprai per un fazzoletto di pascolo… o se un marito cominciava a usare un po’ troppo la cinghia in quel mondo chiuso dove la luce al tramonto si fa densa di ombre, proprio l’ora, capite, che la tristezza di vivere sembra venir su assieme al buio e non sapete a chi darne la colpa: brutt’ora., proprio lì accade qualcosa. Una vecchia mai vista, una non del suo gregge, ha il coraggio di porgli una domanda, una a cui non sa rispondere, a cui non è più preparato. Ma per trovarlo, quel coraggio, le ci vuole del tempo, a lei che si sente come la capra che l’accompagna ogni giorno nella sua vita magra di lavoro e miseria.
"E anche nel mangiare non c’è gran differenza, perchè lei mangia l’erba, e io radicchi e insalata, e la differenza sta solo nel pane.
E per riuscirci, per buttar fuori quel rospo che le rimane nel gozzo, chiede al prete di voltarsi, “Va bene-decise- E io ve lo dico anche. Ma allora voi vi voltate da un’altra parte, e non mi state a guardare più in faccia” . E io feci anche questo. Vi assicuro che mi voltai verso il muro, come quando qualcuno si sveste
Non accade nulla in questo racconto. Accade il mistero, quello che in certi momenti è dentro ognuno di noi. Non una parola di troppo. Solo congiunzioni necessarie, se e quando servono. Poesia pura.
Peccato aver perso Ezio Comparoni, alias Silvio d’Arzo, per una leucemia a 33 anni. Sarebbe diventato un grande.

P.s. Segnalo, per chi non lo sapesse, che il luogo di cui parla il racconto altro non sarebbe che Cerreto Alpi, luogo nativo di sua madre, dove, grazie a una bella iniziativa, sono affisse per il paese, seguendo un percorso letterario, Pagine di pietra, dei pannelli con le parole che in Casa d’altri ritraggono il borgo, appesi ai muri delle case come fogli di romanzo. Un'alternativa ai visitatori del passo del Cerreto da non perdere.
Profile Image for Grazia.
503 reviews219 followers
August 1, 2017
"Un’assurda vecchia: un assurdo prete: tutta una assurda storia da un soldo."

Un prete sessantenne, un prete da sagra, un prete che ha la fisionomia di un vecchio Falstaff. Una vecchia di pari età. Che lava stracci e budella dalla mattina alla sera, una sera che tinge tutto di viola o di blu, laggiú dal canale, alzando e abbassando i panni dell'acqua, accompagnata da una fida capretta.

Una vita arida come i sassi sul canale.

"E il giorno dopo fare lo stesso, e anche l’altro giorno, e tutti i giorni del mondo. Perché io questo lo so: questo lo so, lo so bene: tutti i giorni del mondo. E su questo neanche voi potete dire di no."

Una donna che nonostante l'umiltà della sua condizione, si rende conto della pochezza della sua vita. Che si guarda intorno e che domanda. Domanda a chi le regole dovrebbe conoscerle. Domanda a chi a suo giudizio può derogare le regole. Domanda a chi non sa dare che imbarazzate non risposte.

E la domanda, la deroga richiesta, è ciò che tortura quel prete, quel vecchio Falstaff che soluzione o assoluzione dare non sa.

"Le parole mi fanno vergogna, ecco il fatto: e i commiati non sono mai stati per me."

È sensato vivere come fossimo ospiti in casa d'altri?
Profile Image for Xenja.
695 reviews98 followers
September 15, 2017
Una cosa splendida, mi ha lasciato incantata. Non solo “Casa d'altri”, ma tutti i racconti, e quel pezzetto di autobiografia. Da leggere e rileggere, soffermandosi su ogni frase. Perché D'Arzo scrive in modo unico. Stile personalissimo. Anche i contenuti, storie minime eppure grandi. Poetico, tragico, ironico. Assolutamente perfetto. Non mi spiego che sia così poco conosciuto. Devo procurarmi, credo, le altre poche cose che è riuscito a scrivere prima di morire, ahimè, così giovane.
Profile Image for Outis.
392 reviews68 followers
January 30, 2022
Il racconto "Casa d'altri" è da 5 stelle.
Ma anche gli altri raccontini, seppur alcuni ancora in bozze (si ripetono perfino pezzi uguali in Casa d'altri), non sono per niente male, in particolare "i due vecchi".
Tutto molto malinconico. Casa d'altri anche originale per temi e personaggi.
Chissà cosa avrebbe potuto scrivere Silvio D'Arzo se non fosse morto a soli 31 anni!
Profile Image for _nuovocapitolo_.
1,105 reviews34 followers
May 10, 2025
Che strano, di questo scrittore ho sentito parlare solo per caso, eppure il racconto è bellissimo. Un prete intelligente e curioso si trova a fare il parroco in un paesello tra i monti, tra pecorai e contadini, gente semplice, pettegola, di vedute ristrette, che non filosofeggia troppo e non pensa al di là del quotidiano. Tra queste persone spunta una vecchia che attira la curiosità del parroco per quello che lui intuisce lei vorrebbe dirgli ma non gli dice. Anzi, la buona volta che fa i 7 km di strada per andarlo a trovare e fargli la famosa domanda, chissà perchè gliene fa un'altra.
Anche il lettore è incuriosito dalla vecchia e dal suo mistero. Ma la cosa più bella del racconto è sicuramente la descrizione degli ambienti, del tempo che cambia, del cielo, del vento. Sembra di sentire i campanelli delle vacche e di vedere passare le capre. Si sente l'odore dell'erba e del letame sui campi.
In ogni caso si arriva a fine racconto intuendo il contenuto della fatidica domanda. Ma questo non disturba la lettura: la malinconia che cala sul romanzo improvvisa, il peso della domanda inchioda il lettore e don Ironicus. Purtroppo di fronte a certe domande non c'è risposta, e l'ironia è un salvagente che funziona solo per se stessi ma non si può lanciare a un altro. La soluzione viene dal cielo, alla fine, o dalla vita, malinconica e chiude il libro nel modo migliore.

La presentazione e le recensioni di Casa d'altri e altri racconti, opera di Silvio D'Arzo edita da Einaudi. In gioventú, lo chiamavano Doctor Ironicus per la sua intelligenza sottile; ormai sessantenne, il protagonista di Casa d'altri non è che un «prete da sagre», confinato in un paesino della provincia emiliana dove non succede mai niente e dove «appaiono strane anche le cose più ovvie». Zelinda, però, una vecchia che passa le sue giornate a lavare i panni al fiume, senza avere alcun contatto con la gente, così ovvia non è; e non è ovvio neppure il tentativo di comunicazione che cerca d'instaurare con il prete, interrogandolo vagamente sulla legittimità di derogare a una «regola» della Chiesa cattolica. Quale sia questa regola, lo si scoprirà soltanto alla fine: quando il Doctor Ironicus, «così goffamente da provare vergogna di tutte le parole del mondo», non saprà dare alla vecchia che una risposta convenzionale e inadeguata. Intanto il lettore si trova coinvolto in una vicenda dal ritmo sempre più serrato, in un intreccio di tensioni e conflitti, in una lingua densa insieme di concretezza e di lirismo. Lo stesso clima di attesa incalzante si ritrova negli altri racconti: da Elogia alla signora Nodier, dove la protagonista, morto il marito, si chiude in una quieta infelicità, ai Due vecchi la cui serenità coniugale è turbata dal ricatto di uno studente. Nei temi comuni della solitudine, dell'isolamento, della diversità, c'è la disperazione lucida e modernissima di vivere il proprio tempo e il proprio luogo come «casa d'altri».
Profile Image for Ubik 2.0.
1,073 reviews294 followers
December 18, 2019
“Un’assurda vecchia, un assurdo prete: tutta un’assurda storia da un soldo”

E’ un piccolo delicato incanto il racconto che dà il titolo a questo libro e ne occupa la metà delle pagine. Un racconto che è quasi impossibile descrivere perché privo di un concreto filo narrativo ma si sofferma invece sull’impalbabile rapporto fra due strani protagonisti (uno narrante…) che procede per leggeri spostamenti quasi inavvertiti ed è come se rimanesse costantemente sospeso nell’aria.

Su questo quadro particolare, che di per sé lascia come un senso di incompiuto e pare termini prima di cominciare, l’autore ha disseminato, direi quasi decorato, il percorso con innumerevoli fugaci frammenti di “poesia” (termine inappropriato ma non so trovarne un altro…) che conferiscono all’insieme l’incantesimo della natura dei luoghi; luoghi che altro non sono che il nostro Appennino, rappresentato in un periodo (il primo dopoguerra) improntato alla fatica del vivere ed alla parsimonia dei borghi montanari e dei loro taciturni e modesti abitanti.
“Aprii la finestra che da sulla piana. Strisce di pioggia e odor d’erba bagnata invasero tutta la stanza”

“C’è quassù una cert’ora. I calanchi ed i boschi e i sentieri ed i prati dei pascoli si fanno color ruggine vecchia,e poi viola e poi blu …”

“In quel momento, di là sulla strada si sentì un rumore di campanacci di bronzo e un fruscio come d’erba medica e d’acqua che prendeva tutta quanta la via, e un’infinità di peste leggere, e belati. Ombre bianche ombre nere scorrevan via dietro il vetro. Gli spinoni abbaiavano forte.”

“Adesso sulla strada di monte, per le siepi e le scarpate d’intorno e i calanchi ed i pascoli era tutto silenzio, e già dormivano gli uccelli e le rane ed ogni altra creatura”


Sono esempi di frasi tra le tante che si trovano lungo il racconto e che, avulse dal testo, temo perdano buona parte dell’elemento fatato che invece risalta all’interno della narrazione, frasi che sono prosa ma, come dicevo, hanno il ritmo della poesia e mi sono sembrate determinanti nel conferire il senso di magia che promana da “Casa d’altri”.
Del resto del libro, relegato fin dal titolo allo stato di “altri racconti”, non rimane molto da dire.
Profile Image for Bobparr.
1,149 reviews88 followers
August 8, 2017
Effettivamente Casa d'altri è un racconto strano e crepuscolare, che si muove in tempi e luoghi moderni ma lontani, mai troppo illuminati, nè da luci nè da parole.
Un racconto di sguardi e silenzi, di sentieri in salita e di vita che passa perchè ha da passare.

Altre due prove stilistiche, una introduzione e altri due brevi racconti terminano questo piccolo libro, su un piccolo* scrittore reggiano, a cui qualche tempo fa hanno intitolato una scuola, sul cui sito non spiega neppure chi è questo signore, e lascia le brevi note di Wikipedia a colmare lo scarto, e noi a pensare a come è breve la vita.
---
*Piccolo nel senso di poco noto.
Profile Image for Paulusque.
15 reviews7 followers
October 2, 2025
Un piccolo scrigno che contiene gemme splendenti.
Profile Image for Marica.
411 reviews210 followers
September 26, 2017
L'aria intorno era viola
Silvio D’Arzo dà il meglio di sé nei racconti con paesaggio. Il suo senso della natura è così evocativo che sembra di essere lì fuori mentre la sera si fa viola e di assistere al ritorno dei pastori, annunciato dalle luci e dal suono dei campanacci, respirando un’aria carica del profumo dell’erba, della quale non si fa menzione ma che riesco benissimo a immaginare. Dalle mie parti, d’estate, la notte sa di menta selvatica. Il primo racconto si apre con un’immagine caravaggesca: la fiamma di una candela illumina sei volti, donne anziane e un prete, intorno a una salma deposta su un sacco di foglie, la salma non si vede. Protagonisti un prete e una donna anziana, coetanei, in un paesino di montagna. La donna vorrebbe chiedergli qualcosa, ma non sa risolversi. Il prete vorrebbe aiutarla, ma non riesce a farlo. Altri due racconti mi sono piaciuti, “Alla giornata” riprende l’inizio di “Casa d’altri”, ma invece del pastore c’è un soldato: la ripetizione non mi era dispiaciuta, credevo fosse intenzionale e che volesse dire che siamo tutti uguali davanti alla Grande Consolatrice. L’altro “Una fasciatura ben fatta” si svolge fra boschi d’abeti e pascoli e la sua ruvidezza è un po’ mitigata dalla tenerezza del ragazzo e dal buon senso dell’ufficiale. Gli altri racconti, quelli senza spazi aperti, li ho trovati angusti, malinconici, citazioni di un passato remoto che non risuona più.
Profile Image for Hex75.
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August 8, 2021
un racconto, che da il titolo al libro, e poco altro: a volte basta questo e va bene così, si capisce di avere a che fare con un fuoriclasse, in tutti i sensi.
silvio d'arzo non si cita spesso, anzi resta figura assai marginale della letteratura italiana, e la morte avvenuta troppo presto (non solo come età ma anche troppo presto perchè una scrittura come la sua potesse trovare un pubblico), e anche se non mi azzardo a discutere le lodi di montale posso giusto dire che non so sei "case d'altri" sia perfetto, ma c'è più storia, costruzione dei personaggi e profondità intellettuale con quella cinquantina scarsa di pagine che in tomi molto più corposi.
è interessante notare come frasi e ambienti e persino suoni (i campanacci delle capre) del racconto principale ritornino nei racconti successivi, davvero belli anche se spesso davvero troppo brevi, tanto da lasciare l'amaro in bocca per quello che sarebbero potuti diventare.
autore da riscoprire? chissà.
intanto un racconto da suggerire, sia a chi cerca nella letteratura italiana sia a chi vuol scrivere.
Profile Image for Suni.
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August 17, 2017
«E alla fine quasi tutti imparammo quello che si dovrebbe imparare nascendo, la verità che fa nascere tutte le altre: che a ogni uomo può capitare tranquillamente ogni cosa. [...] Il mondo non è casa tua; e a te sembra di starci a dozzina. Come nei film di Charlot, ad ogni mezza schiarita di sole ti senti i passi di un vigile dietro.»

Vivere la propria vita come estranei in casa d'altri, questo il tema di fondo sia del racconto che dà il titolo alla raccolta sia degli altri sette scritti (sei racconti più brevi e una prefazione a un libro, sempre di D'Arzo, che non vide mai la luce).
Un grande esempio di scrittura per sottrazione, ad opera di un autore in grado di dare l'idea del silenzio, del tempo morto, dei soliti gesti che riempiono le giornate, dell'incapacità di trovare un senso o dare una risposta autentica a chi ha avuto il coraggio di porre una domanda.

PS: capita di ritrovare le stesse frasi o perfino brani quasi identici in due o più racconti, segno che D'Arzo ha ripreso e rielaborato certe idee nel corso della sua vita di scrittore (purtroppo brevissima, dato che è morto di leucemia nel 1952, a trentadue anni).

PPS: c'è un uso un po' bizzarro della punteggiatura, e in particolare dei due punti utilizzati come fossero virgole, che mi ha stordito.
Profile Image for Elalma.
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August 21, 2014
Finalmente leggo "Casa d'altri", stupendo racconto, apparentemente semplice ma capace di innestarsi nella mente. Leggerlo una volta non basta. Anche gli altri racconti sembrano svolgersi nello stessa atmosfera, un tempo contadino con l'aria di morte che ha lasciato la guerra, dove anche le pietre sono tristi e la felicità è un lusso a cui non si ha più diritto.
Profile Image for Liviana.
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March 29, 2024
Casa d'altri 5/5, l ho riletto due volte di seguito. Veramente un piccolo grande gioiello della nostra letteratura.
Fatevi un regalo, leggetelo.
Profile Image for Chiara Basile.
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May 5, 2025
Silvio io voglio risposte e tu mi dai solo domandee
Profile Image for Micol Benimeo.
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April 2, 2024
I racconti di Silvio D’Arzo parlano delle ‘cose che si dicono al buio’, quelle che si tacciono anche a se stessi; come i pensieri di Zelinda (Casa d’altri), il segreto di una moglie (Due vecchi), il cane imbalsamato della signora Nodier o quello che si può trovare sottoterra ‘in un’alba color neve sporca, dopo una festa paesana’ (Un minuto cosí).
La gemma della raccolta è Casa d’altri:
in mezzo alle sette case di Montelice, in un paese immobile in cui non si può far altro che ingrassare o diventare un prete da sagre, la vecchia Zelinda è ‘l’unica cosa viva’, l’unica che dice a voce alta quelle cose che si dicono al buio.

Grazie alla mia amica Patty Forni e a Gene Gnocchi, per questa gemma nascosta: il bello di un book club sta proprio in queste scoperte.
Profile Image for Samuele Petrangeli.
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August 16, 2023
Quando si parla di "Casa d'altri", il racconto di Silvio d'Arzo - o, con il nome con cui fu pubblicato, Sandro Nedi, o, ancora, il suo vero nome, Ezio Comparoni - è inevitabile citare il giudizio di Montale a riguardo: "é un racconto perfetto".
Perché?
Perché, "un'assurda vecchia: un assurdo prete: tutta una assurda storia da un soldo" è un racconto perfetto?
E perché, in fondo, per parlare di "Casa d'altri" ci si rifugia, quasi sempre inevitabilmente, nel giudizio lapidario (ma corretto, eh) di Montale?
Il perché, credo, di entrambe le domande è riconducibile alla capacità di D'Arzo di creare un racconto che non spiega, ma mostra, che mette davanti al lettore una storia, e lascia che sia lui, nella totale libertà a muovercisi al suo interno. Un lavoro, quello di D'Arzo, che segue un po' la regola di Hemingway o Carver dell'iceberg: ovvero che soltanto il 10% emerga, e che tutto il resto sia sommerso. Non c'è parola in "Casa d'altri" che non sia perfettamente bilanciata, che non concorra a creare l'atmosfera crepuscolare in cui si muovono i suoi personaggi, o che vada a rompere quell'incantesimo di sospensione in cui la realtà è sempre mostrata, mai spiegata. In questo sono esemplari le descrizioni dei luoghi, della luce, mai di riempimento, ma sempre fondamentali nel riuscire a rendere universale questa sensazione di fine in cui si muove il prete: "l'aria intorno era viola, e viola i sentieri e le erbe dei pascoli e i calanchi e le creste dei monti".
La storia in sé è piuttosto semplice: a un vecchio prete di montagna, appena dopo la seconda guerra mondiale, si approccia una vecchia, con una domanda, che però gli farà soltanto alla fine. Intorno a questa trama semplicissima, fatta di avvicinamenti e allontanamenti, in una specie di danza fra i due, sta la perfezione di cui si diceva prima. "Casa d'altri", infatti, può essere il racconto della fine di un mondo, quello tradizionale, e l'avvento di un altro; può essere il racconto dell'ultima possibilità di un "prete da sagre" di poter sentirsi degno di se stesso; può essere il racconto di due vecchiaie, di due solitudini, e di due modi differenti di accettare la resa e la consapevolezza della resa; può essere, in fondo, il racconto di una solitudine universale e disperata, incarnata in un microcosmo. Ma tutto questo non lo renderebbe perfetto. Ciò che lo rende perfetto, per me, è il fatto che "Casa d'altri" è tutto questo contemporaneamente, in ogni singola pagina, ognuno può vedere, leggere, questi racconti, e tutti convivono insieme, senza mai escludersi.
E da questo, inoltre, secondo me, deriva il fatto che ogni volta che si parla di "Casa d'altri" ci si trincera dietro: "Montale ha detto che è il racconto perfetto". Perché a spiegarlo, a dire così e cosa lo si rovina. E' un racconto che vive di atmosfere, di sensazioni, di immagini, che le parole possono soltanto che deturpare.
Quindi. Com'è "Casa d'altri"? Il racconto perfetto, secondo Montale.

In questa edizione Feltrinelli, sta anche il racconto "Due vecchi". Anche lì, non sarà il racconto perfetto, però madonna se è un racconto di Cristo.
Profile Image for The Frahorus.
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August 26, 2018
Questo sconosciuto autore italiano, in arte Silvio D'Arzo, vero nome Ezio Comparoni, mi ha sorpreso, soprattutto leggendo e gustando il suo più importante racconto di questa raccolta, ovvero quello che da il titolo al libro: "Casa d'altri". Qui solitudine, isolamento e diversità sono i tre temi principali in cui ruota il racconto e dove i protagonisti sono due: un prete di montagna in piena crisi e una vecchietta lavandaia che non desidera altro che suicidarsi. Siamo a Montelice, un paesino montano della provincia emiliana, abitato da pochissime persone, ed ecco come ce lo descrive l'autore:
Sette case addossate..due strade, un cortile che chiamano piazza,uno stagno e un canale e montagna quanta ne vuoi. Che fanno qui a Montelice? vivono e basta e poi muoiono..qui non succede niente di niente…gli uomini al pascolo..le donne a far legna..in strada una vecchia o una capra o nemmeno quello..l’inverno dura mezzo anno. due mesi continui di pioggia, due tre mesi di neve-neve. non succede niente di niente solo che nevica e piove e la gente nelle stalle a guardare la pioggia e la neve come i muli e le capre.
C’ è un tempo della narrazione che è tre-quattro anni dopo la seconda guerra mondiale e c’è uno spazio al di là di quelle sette case, i cui colori si ripetono come un ritornello..un po’ come la pioggia gialla:
L’aria fuori viola e viola i sentieri e l’erbe dei pascoli e i calanchi e le creste dei monti…c’è quassù una certa ora. I calanchi si fanno color ruggine vecchia e poi viola, e poi blu..le capre si affacciano agli usci con degli occhi che sembrano i nostri. E non c’è sole nè luna nel cielo
E invece dell’assoluta solitudine di Andrés c’è la solitudine di Zelinda con la sua spietata, bestiale vita di stenti, non diversa da quella della capra che le sta sempre accanto giù al canale, dove in ogni stagione lava stracci e budella, ogni giorno fino a sera.
La storia è fatta di niente, eppure potrebbe essere “un giallo esistenziale”, “un giallo dell’anima”, perchè c’è un mistero da svelare nel rapporto che si stabilisce tra la donna e il vecchio parroco del paese, ridotto ad essere “un prete da sagre e nient’altro”
Zelinda in questa tragica vita di stenti cerca una via d’uscita dal mondo, vuole l’autorizzazione a morire come un gesto di carità ” se senza far dispetto a nessuno potesse avere il permesso di finire un po’ prima..anche uccidersi “ La tragedia del vivere, la consapevolezza dell’impossibilità del vivere e la fede, il sentimento religioso: uccidersi e non trasgredire.
Una vecchia con una terribile domanda e un prete con il suo silenzio ” da provare vergogna per tutte le parole del mondo”
In un dattiloscritto del racconto, di cui esistono diverse redazioni, D’arzo ha aggiunto a penna:”il mondo non è casa tua; a te sembra di starci a dozzina” e in emiliano significa “starci in prestito”
Profile Image for Padmin.
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October 20, 2023
La canzone della Zelinda Icci, fu Primo

Fino a qualche mese fa non conoscevo Silvio d'Arzo. Mai sentito prima neppure di nome. Quello vero (Silvio d'Arzo essendo un soprannome) è Ezio Comparioni (stando alle scarne notizie ricavate da Wikipedia: Reggio nell'Emilia, 6 febbraio 1920 – Reggio nell'Emilia, 30 gennaio 1952).
Mi venne incontro circa un anno fa tramite il meraviglioso “Soli eravamo” di Fabrizio Coscia, che lo classifica come autore di uno dei più bei racconti della letteratura italiana.
E’ poi tornato a bussare alla mia porta molto recentemente, grazie alla carissima amica Normanna Albertini, autrice di “Come spicchio di melagrana” e vincitrice, con questo libro, del premio a lui intitolato.
Una congiura letteraria in piena regola, insomma. Era scritto che dovevo conoscerlo.

I racconti contenuti in questa raccolta sono pietre preziose. Tra questi, “Casa d’altri” è una gemma autentica.
Nella postfazione si cita Montale, che lo definì un racconto perfetto. Eppure venne inizialmente respinto da fior di case editrici: per Einaudi il responsabile della stroncatura fu nientemeno che Pavese…
La trama è minima, asciutta: un paese – Monselice- dove piove o nevica, nevica o piove; pastori, pascoli, capre, cani che latrano; un prete disilluso ed una vecchia lavandaia solitaria; una domanda “indecente” formulata a pezzi e bocconi (ma che domanda!). Nient’altro.
Nient’altro? Be’, leggetelo e sappiatemi dire.
Per quanto mi riguarda, non avevo mai letto pagine così “musicali”. La sonorità della scrittura, in “Casa d’altri”, è forse quel che colpisce di più, implacabile. Ad ogni capitoletto fioriscono, da un capoverso all’altro, decasillabi, endecasillabi, novenari… un fluire di “prosa versificata” che incanta e stordisce. Giuro che mi sono sentita presa tra le spire di questa musica incantatrice -e inaspettata!-, così come succede al Mowgli del “Libro della giungla” disneyano quando incontra il serpente :-)
E’ una ballata, un rondò, uno strambotto (o forse una specie di bylina –ma priva della matrice epica?), più che un racconto… Chissà cosa avrebbe potuto ricavarne De André …
Profile Image for Sara (Sbarbine_che_leggono).
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October 31, 2018
Credo di non aver mai trovato altrove questo stesso ritmo che c'è in "Casa d'altri", un lirismo trascinante che un po' mi impressiona. Per non parlare di quel vivere come le capre, i sassi tristi, il bosco immobile e tragico nel crepuscolo; che ancora una volta "vivere e basta" non è sufficiente.
Profile Image for Arianna Fossati.
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April 20, 2022
“L’ombra proprio non era ancor scesa: campanacci di pecore e capre si sentivano a tratti qua e là un po’ prima della prata dei pascoli. Proprio l’ora, capite, che la tristezza di vivere sembra venir su assieme al buio e non sapete a chi darne la colpa”.

In solitari paesini abbarbicati sulle montagne in cui non accade mai nulla, dove anche l’ordinario appare straordinario, si muovono i personaggi – anziane vedove, preti da sagra, contadini, soldati, pensionati – il cui destino è dei più scontati: "vivono e basta...e poi muoiono".

Con una scrittura piana che segue il flusso di coscienza del narratore e una particolare ricettività per i rumori e i colori della natura, D'Arzo ci svela un paesaggio immobile e livido, cristallizzato nel tempo e tragico nella sua banalità. In ogni racconto il silenzio ingombra i cuori, mentre “le pause [hanno] un significato maggiore anche delle stesse parole”.

E nella chiusa di ciascuna storia si percepisce tutta l’umiltà del suo autore: quella volontà di ribadire la banalità e la piccolezza del fatto, ma proprio per questo la sua verità. La capacità, insomma, di rivelare un senso profondo dell'esistenza attraverso le piccole cose.
Profile Image for chiasmatica.
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April 26, 2021
"Me ne giravo su e giù per la stanza dove per la prima volta lei mi aveva così scioccamente parlato, spostavo un libro, lo spostavo di nuovo, o battevo su un vetro così: e adesso anche un ragazzo avrebbe potuto condurmi per mano. Un'assurda vecchia: un assurdo prete: tutta una assurda storia da un soldo."
Profile Image for Paola Fiorese.
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August 28, 2023
Alcuni libri (e alcuni autori) scelgono i loro lettori. Questo è stato l'incontro dell'estate.
Un racconto di parole che cantano senza musica. Di luoghi e persone che non hanno necessità di un nome. Non la tristezza ma la rassegnazione alla vita. Una scoperta che sta ancora lavorando in me e che richiede condivisione per trovare il suo posto.
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