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Across the Street

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A woman nearing middle age suffers from loneliness as she lives vicariously through the lives of her neighbors. By the author of Donadieu's Will.

188 pages, Hardcover

First published January 1, 1942

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About the author

Georges Simenon

2,732 books2,286 followers
Georges Joseph Christian Simenon (1903 – 1989) was a Belgian writer. A prolific author who published nearly 500 novels and numerous short works, Simenon is best known as the creator of the fictional detective Jules Maigret.
Although he never resided in Belgium after 1922, he remained a Belgian citizen throughout his life.

Simenon was one of the most prolific writers of the twentieth century, capable of writing 60 to 80 pages per day. His oeuvre includes nearly 200 novels, over 150 novellas, several autobiographical works, numerous articles, and scores of pulp novels written under more than two dozen pseudonyms. Altogether, about 550 million copies of his works have been printed.

He is best known, however, for his 75 novels and 28 short stories featuring Commissaire Maigret. The first novel in the series, Pietr-le-Letton, appeared in 1931; the last one, Maigret et M. Charles, was published in 1972. The Maigret novels were translated into all major languages and several of them were turned into films and radio plays. Two television series (1960-63 and 1992-93) have been made in Great Britain.

During his "American" period, Simenon reached the height of his creative powers, and several novels of those years were inspired by the context in which they were written (Trois chambres à Manhattan (1946), Maigret à New York (1947), Maigret se fâche (1947)).

Simenon also wrote a large number of "psychological novels", such as La neige était sale (1948) or Le fils (1957), as well as several autobiographical works, in particular Je me souviens (1945), Pedigree (1948), Mémoires intimes (1981).

In 1966, Simenon was given the MWA's highest honor, the Grand Master Award.

In 2005 he was nominated for the title of De Grootste Belg (The Greatest Belgian). In the Flemish version he ended 77th place. In the Walloon version he ended 10th place.

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7 (2%)
Displaying 1 - 30 of 42 reviews
Profile Image for Sandra.
963 reviews333 followers
December 10, 2012
Un Simenon voyeur quello che leggiamo in questo splendido romanzo, in cui viene messa impietosamente a nudo una vuota esistenza che vive solo dei ricordi del passato, priva di un presente che la riempia e gli dia un senso. Per poter andare avanti si deve riempire quel vuoto con qualcosa che funzioni come surrogato al vivere. Cosa meglio della vita altrui? Certo, non una esistenza qualsiasi, ma quella che si avrebbe voluto avere, quella che una donna di quaranta anni che è vissuta sempre sola ad accudire il padre militare, cucendo e rammendando calze con il suo uovo di legno, può solamente immaginare nelle fantasie peccaminose che sorgono guardandosi allo specchio in sottoveste o ascoltando la voracità sessuale della giovane coppia di vicini. L’avidità di vivere di Antoinette Rouen, la giovane esuberante dirimpettaia che scalpita per liberarsi dalle catene di un matrimonio borghese piatto e senza soddisfazioni, è quello che Dominique sogna, che la attira inesorabilmente. Appropriarsene attraverso la lettura di gesti , di sguardi e di parole lette sulle labbra perché visti da una finestra si trasforma in una torbida ossessione, che aiuta Dominique ad andare avanti, fin quando è possibile. Fino a quando la finzione cade, il surrogato svela la propria inefficacia e l’unico contenuto che rimane nel vuoto dei giorni sempre uguali è la solitudine.
Un ritratto impietoso di una umanità tormentata, così ben disegnato, con una meticolosa attenzione ad ogni particolare di una esistenza inconsistente vissuta sempre ai margini, dietro i vetri di una finestra, ma soprattutto di una tragica modernità.
Profile Image for Siti.
406 reviews165 followers
December 28, 2017
Una visione della vita sorretta da una certa predestinazione, un’esistenza fra le tante inutile e insensata, a corollario un intero universo emotivo che , sapientemente imbastito nei tempi dilatati della fanciullezza, si lacera nel tempo incompiuto di un’esistenza mai vissuta. Nique, povera Nique, così ti chiamano ancora i tuoi parenti lontani che a stento ti rintracciano a Parigi per annunciarti la morte di una zia. Dominique, sola, povera e bramosa di vita. Educata a stare da una parte, mesta e silenziosa, dopo la morte del padre che ha accudito per puro del senso del dovere, si ritrova schiacciata da un futuro senza alcuna prospettiva. È costretta ad elemosinare la permanenza nella casa che un tempo era sua e ad affittarne degli ambienti per poter sopravvivere. Entra in casa, una stanza separata da un salotto che funge da cerniera con il suo piccolo vano, una coppia di sposini, esuberanti, vitali, chiassosi e molto attivi sessualmente. L’udito si affina, la vista cerca validi pertugi, la mente rivaluta il proprio corpo maturo ma mai sfiorito, l’amore: una vana speranza soffiata da un destino crudele. Dominique si protende dunque verso la vita degli altri e la spia dalla finestra, in questo caso è un video senza il sonoro ma lei, in questo cinema muto, coglie tutti i particolari delle esistenze che si ritrova a spiare. Una coppia di anziani coniugi e la loro cameriera al piano di sopra, un piano più sotto il loro figlio malato e una nuora mai apprezzata. Proprio lei, Antoniette, diviene la sua ossessione: ha lasciato morire il marito non intervenendo a somministrargli il medicinale che avrebbe potuto ancora una volta salvarlo. È ora libera e vive ma Dominique che ha visto tutto la controlla, la spia, la pedina , la provoca, la invidia …
Il romanzo scorre veloce e inesorabile come la vita lasciando una sensazione di cupo pessimismo, a nulla valgono illusioni, speranze, lo strare cheti in un angolino a guardare o il vivere spasmodicamente alla ricerca di una durevole felicità, voraci di vita, ebbri di clamori, zeppi di denari se infine tutto si riduce a una desolata solitudine, quella insita nella stessa esistenza.
Amaro, troppo amaro.
Profile Image for paper0r0ss0.
651 reviews57 followers
December 30, 2021
Claustrofobica narrazione di una solitudine quasi assoluta che si svolge per la gran parte all'interno di due stanze d'appartamento, dentro due abitazioni che si frontaggiano dai lati di una strada. La vita di Dominique, quarantenne zitella e quasi vecchia per l'epoca, passa prevalentemente alla finestra della sua camera da letto. Per ragioni economiche subaffitta una stanza a una giovane e carnale coppia che le fa pensare a tutto quello che lei non e' stata. Vive di riflesso di cio' che vede e che fanno gli altri, non ha interessi, non ha speranze o sogni da realizzare, solo le vite altrui le danno il senso dello scorrere dei giorni. Tutti nel bene o nel male procedono nel proprio cammino, solo lei sembra essere immobilizzata in un gorgo di ricordi, rimpianti e recriminazioni. Anche un omicidio al quale assiste dalla finestra non sembra in un primo momento spezzare questo incantesimo.
Profile Image for Amaranta.
588 reviews261 followers
May 12, 2019
Due donne, una di fronte all’altra, che vivono due solitudini diverse e che in qualche modo si fanno compagnia. Sullo sfondo un delitto che unisce le due donne. Una spia la vita dell’altra, sa tutto di lei, vorrebbe essere lei? Probabilmente no, ma è così che riempie il vuoto della sua vita amara, una vita trascorsa da invisibile.
Un altro romanzo in cui Simenon la fa da maestro nel raccogliere le sensazioni dell’animo umano, le piccole grettezze, le mancanze, e metterle su carta.
Profile Image for cristiianclemente.
115 reviews3 followers
September 22, 2025
1.75/5⭐️
uno dei libri più noiosi che io abbia mai letto e mi ha tenuto bloccato con la lettura per tutta l’estate i’m so mad about it.
non è scritto male ma alcune storie semplicemente non hanno il minimo senso di venir raccontate i fear
Profile Image for Pierre Menard.
137 reviews252 followers
June 2, 2014
Le vite degli altri: ecco un possibile sottotitolo, che ricorda il bellissimo film di von Donnersmarck, per questo torbido e sensuale romanzo breve di Simenon, declinato quasi tutto al femminile. Dominique Salès, la protagonista, è un’affittacamere quasi indigente che vive in un piccolo appartamento in Faubourg Saint-Honoré a Parigi. La sua esistenza trascorre piatta e incolore tra meschine economie domestiche ed è rischiarata esclusivamente dalla presenza dei vicini di cui lei segue avidamente le vicende. Dominique è talmente affascinata dalle vite degli altri da provare per loro tramite emozioni, passioni e impulsi, talvolta amplificandoli, più spesso deformandoli, e quasi sempre ritraendosene disgustata, come se l’eccessiva intensità dei loro sentimenti potesse ferirla.



L’analisi psicologica di Simenon è praticamente perfetta: i pochissimi tratti espliciti servono da base per caratteri che si costruiscono e si sviluppano mentre la storia progredisce. L’abilità evocativa restituisce una Parigi estiva, soffocante, molle, claustrofobica: profumi intensi e odori pesanti, afa e umidità, vesti e lenzuola che si incollano ai corpi, rumori nella strada, voci irose e sospiri languidi, locali intrisi di fumo e alcool. Poche pagine, e ci troviamo in un modesto appartamento di Faubourg Saint-Honoré, illuminato dal sole estivo, a guardare insieme a Dominique nella fessura verticale tra le persiane accostate quello che sta facendo Antoinette Rouet dall’altro lato della strada…

Consigliato a chi si diverte ad osservare i propri vicini dalla finestra.

Sconsigliato a chi non apprezza l’introspezione psicologica dei personaggi.
Profile Image for Luna di giorno.
56 reviews11 followers
August 5, 2024
Maupassant e la “pipa” di Magritte


Simenon è un labirinto la cui unica via di uscita è la grandezza della sua scrittura.
La scrittura di Simenon ha una potenza racchiusa in poche righe, in una frase, un capoverso, a volte in un’unica parola.
Come se finalmente avessi trovato un tesoro nascosto nel forziere seppellito in un’isola deserta, questo frutto maturo (scoperto inciampandoci sopra) mi rendo conto che Simenon lo ha preso in prestito, anzi lo ha ingerito e digerito dopo averlo masticato parecchio, da Guy de Maupassant… uno scrittore che è un paradosso: lucido come una lama, vissuto e morto nella follia morbosa della sifilide, un autore che nonostante si consideri discepolo di Flaubert, io definirei: un allievo di nessuno, un unicum, inventore di racconti brevi tra i più belli, psicologicamente spietati, e malinconici, in cui sia mai incappata.
Mi concentro allora sul Simenon che si ciba di Maupassant: lo stile secco, che va subito al punto, e come un‘accetta affilata descrive i tratti psicologici; una certa fatalità senza scampo dell’individuo, incastri psichici che rendono i personaggi estranei a se stessi, senza comprendere perché siano stati fatti di quella specifica essenza, e allo stesso tempo la descrizione minimale ma viva e incisiva dell’ambiente fisico attorno ad essi, mai un orpello in più del necessario, il concentrarsi sul pulviscolo che respira addosso ai protagonisti, nell’aria densa e rutilante di luce, che dà vita a loro e agli ambienti da loro abitatati.
La luce del giorno o della notte, si presenta nelle sue svariate possibilità atmosferiche e d’intensità, nel contesto cittadino degli interni delle case di rue del Faubourg Saint-Honoré, (una delle strade più eleganti di Parigi), e dei suoi esterni, lungo le vie silenziose. La luce, naturale o artificiale, impalpabile oppure impietosa e diretta a solcare i contorni, è la puntuale narratrice del racconto, il modo in cui sfiora gli oggetti e gioca divertendosi con essi crea la poesia della narrazione, oltre che la sua “verità”. Questo mi ha ricordato il paesaggio descritto attraverso la luce (un paesaggio che diviene tutto interiore) in “Pierre e Jean” di Maupassant, letto da poco, dove ho trovato più di un’assonanza di stile con lo scrittore belga. Simenon avrà mutuato in modo consapevole dal suo Maestro? Inutile dire che Entrambi sono tra i miei scrittori culto (i miei scrittori culto superano le dita di una mano…).
Ecco un passaggio di Simenon:
“L’aria è fluida, gli oggetti stanno al proprio posto, con i loro colori, la loro densità, i loro riflessi, la loro rassicurante umiltà; sono tutti a portata di mano di Dominique che ha voluto limitare il suo universo alle quattro mura di una stanza. E l’ora in cui anche il mondo visibile nel rettangolo azzurrino della finestra, quel grande spazio di frescura mattutina dove riecheggia ogni minimo rumore, pare appartenere a lei […].”
Il cambiamento continuo o il reiterarsi di una certa sfumatura luminosa usata da Simenon (il modo in cui la luce colpisce gli oggetti o come i protagonisti osservano vivere la luce attorno a sé che inondandoli li fa propri) dà il senso alle esistenze dei personaggi e decide di loro: luminosità della luna che rimbalza sui tetti o che filtra dalle finestre dei palazzi nelle camere da letto, o il quadrato di luce di una stanza che rimbalza fuori nella notte, o il sole che picchia sulle insegne invitanti dei negozi o sulle serrande abbassate come a escludere il resto del mondo. Il cielo è limpido e inesorabilmente volto all’infinito o nuvoloso e col suo grigiore chiuso a ogni speranza, sono varianti di un afflato poetico sempre onirico, sospeso, impermeabile alla certezza. Le luci e i colori della notte, dei lampioni attorniati di vaghi aloni, o dei tavoli caffè nei locali notturni, dove la luce rutilante si fa viola o arancione o chissà che altro andando a colpire gli oggetti, le mani, i volti sopratutto, descrivendone la malinconia, o la gioia momentanea di false speranze.
Una luce a tratti incisiva che va così a tagliare di netto i tratti psicologici e le atmosfere, che da vaghe diventano certe, portatrici di un’esistenza a senso unico.
La descrizione della penombra nella sua persistenza in angoli grigi e sinistri dove la luce arriva a stento, va a sottolineare la presenza di vie con sinistri hotel dove non accade nulla di buono.
Un bisogno lancinante di vita è presente in tutto il romanzo, e insieme la compresenza del vuoto, un vuoto interiore, nel domandarsi continuo del perché della propria esistenza, con l’aiuto onnipresente dei ricordi d’infanzia o di fanciullezza, che si confondono con la realtà.

“Tutta presa dalla vita di un’altra persona, Dominique si dimenticava persino di respirare; fissava con
uno sguardo ardente quella donna affacciata alla finestra, quegli occhi persi nel cielo; vi ritrovava una vita più vibrante, una vita proibita; si sentiva pulsare il sangue nelle vene e a un tratto, in preda alle vertigini, si gettò sul letto affondando il viso nel cuscino
morbido per soffocare il grido di impotenza che le dilaniava il petto.
Per molto tempo rimase cosi, immobile, con i denti serrati sulla federa inumidita dalla saliva, ossessionata dalla sensazione di una presenza. «Lei è qui...».”
Ma se luce e ombra inondano le cose anche il suono o il rumore dirigono l’esistenza interiore di Dominique, l’anti-eroina di questo romanzo. E la città nella notte silenziosa schiamazza di un occasionale clacson di taxi o di manovre dei bus di ritorno al deposito mentre lei è chiusa nella sua stanza a rammendare inutilmente vecchie calze e a immaginare il mondo.
L’attenzione a tutto ciò che accade anche a livello uditivo attorno a sé, riporta voci fuori campo, rumori molesti dei due vicini giovani amanti sempre a scambiarsi la pelle, che la inorridiscono, lei che ha il corpo intanto da quando era ragazza, e non sa cosa sia l’amore.
Tutto questo vuoto si tramuta nell’ossessione di osservare la vita altrui, spiandola dalle finestre della propria camera da letto, o inseguendola come farebbe un detective per le vie di una città notturna come Parigi, dove nei quartieri bassi come in quello alti, sembra sempre che si stiano tramando sinistri affari, nei locali notturni o nelle vie silenziose, malfamate, mentre la città respira concitata di passanti che inseguono segrete passioni, indaffarati nel nulla.
Come non ricordare il modo di narrare Parigi con le sue contraddizioni e il mescolarsi di ceti sociali in questa Pangea notturna da parte del visionario Balzac? E come non rievocare anche il modo descrittivo di Zola in certe descrizioni preziosamente squallide dell’equivoca città di francese:
“Quando non pioveva capitava che il signor Rouet, per fare un po’ di moto, percorresse a piedi, con il suo passo regolare, il tratto che separa rue Coquillière da faubourg Saint-Honoré, sfiorando la vita turbolenta della strada, e chi lo vedeva passare sempre alla stessa ora si diceva che era proprio un vecchio in gamba.
Senza volerlo, Dominique l’aveva seguito altrove, in più equivoche peregrinazioni. L’aveva visto, nascosto sotto l’ombrello, addentrarsi a schiena curva nelle viuzze intorno alle Halles. L’aveva visto camminare con un passo diverso, irregolare, discontinuo, affrettarsi verso una sagoma lontana ferma sotto un lampione a gas, rallentare e fare dierofront per allontanarsi di nuovo, e non aveva capito subito il senso di quell’inseguimento; era angosciata alla vista di quelle strade caotiche, di quegli androni gelidi e bui, di quelle scale che davano direttamente sulla carreggiata, delle lampade di vetro smerigliato sopra le porte di terrificanti alberghetti, delle ombre immobili o fugaci, delle vetrate di piccoli bar in cui uomini e donne immobili come statue di cera aspettavano Dio sa cosa.
[…] sfiorava le ragazze che uscivano dall’ombra per abbordarlo, i loro volti, come calamitati, si avvicinavano per un attimo nella luce incerta, ma lui ripartiva, pensate è inquieto, struggendosi dalla voglia, in un misto di speranza e sconforto.”

Qui siamo di fronte a una “colazione sull’erba” di Manet con Balzac, Zola e Maupassant e il loro cestino di frutta troppo matura che osservano sbalorditi Simenon beatamente stravaccato poco distante che fuma nudo la pipa di Magritte “che non è una pipa”…
La storia di una solitudine a confronto coi propri prepotenti fantasmi.
L’immaginazione, la visionarietà di chi è solo, si trasformano in realtà tramite lo sguardo oltre le proprie mura, oltre il sé, attraverso la finestra della propria camera da letto, fino alla finestra di fronte (un mito ricorrente nella letteratura di Simenon) verso l’altrove.
Ascoltare la vita degli altri anche attraverso i muri che dividono la nostre stanze da quelle di un altro appartamento, esistenze altrui che ormai danno un unico senso alla nostra vita, perché la nostra non esiste, perché abbiamo imparato fin da subito a metterci da parte, assecondando ossessivamente questo vuoto.
Questa è la storia della creazione di un alter ego, e mentre un omicidio si compie sotto i nostri occhi, l’altra protagonista da possibile assassina diviene la propria stessa immagine riflessa, l’unica persona che agisce la vita al nostro posto, l’unico nostro espediente, l’unica ragione di vita. Diventa parte di sé, diventa il nostro doppio: e se il nostro doppio, che all’inizio avevamo demonizzato, fallisce, e non si arrampica più alla vita da vincitore, anche noi siamo destinati a fallire.
Incisiva, come dicevo, l’influenza in questo romanzo del gigante Zola: Simenon ha guardato senza ulteriori orpelli per camuffarlo a “Teresa Raquin”, alla scabrosità inquietante del soggetto, sia nel personaggio di Antoniette Rouette, sia nel suo insipido e malaticcio marito, sia nella glaciale suocera madame Rouette, che costretta a infermità fisica, che con i suoi occhi fissi e volitivi pieni di orrore nei confronti della nuora, ricorda senza ombra di dubbio quelli della suocera Raquin.
A conti fatti, questo piccolo capolavoro di Simenon, è anche un omaggio trasognato ai più grandi scrittori dell’800 francese, di sicuro quelli intercettati da me (che ultimante leggo solo accanitamente classici): Maupassant, Zola, Balzac. Ciò ha reso la lettura di questo che direi un romanzo “poema” di Simenon, un battito di cuore continuo e pericoloso per il mio organo cardiaco… perché le emozioni sono tante, le continue epifanie letterarie in questa metafisica narrazione del vuoto, dell’esistenza in una città labirinto mentale, che ora che ci penso di sicuro avrà influenzato la “Trilogia di New York” di Paul Auster.
La caccia al tesoro della grande letteratura dentro questa poesia/romanzo di Simenon rimane quindi ancora aperta.
Ma altra avvincente ebbrezza è stata scoprire (sono ovviamente tutte scoperte di una lettrice esploratrice, che segue l’istinto senza metodo…) la continua citazione di un pittore che ha raccontato la solitudine e il vuoto esistenziale borghese e cittadino, la malinconia sospesa del ‘900: l’americano Hedward Hopper.
“Dominique decise di andare a dormire. Per spogliarsi si ritirò in fondo alla stanza e sebbene la luce fosse spenta, il suo corpo si stagliò bianchissimo nell’ombra; lei si affrettò a coprirsi, si assicurò che la porta fosse chiusa; poi, prima di infilarsi nel letto, diede un’ultima occhiata alla casa di fronte e vide Antoinette affacciata alla finestra. Probabilmente non era riuscita ad addormentarsi. Aveva riacceso la lampada rosa, che ora illuminava il disordine del divano trasformato in letto per la notte, il cuscino con l’impronta lasciata dalla testa, le lenzuola ricamate, un libro aperto, un mozzicone di sigaretta fumante in una coppetta.
Nella camera c’era come una voluttuosa atmosfera di indolenza, e Dominique si nascose dietro un battente della finestra per contemplare la figura di Antoinette rischiarata dalla luna. I capelli bruni, sciolti, le scendevano sulle spalle bianche come il latte. Il suo corpo, avvolto in una camicia da notte di seta riccamente ornata, si rivelava a Dominique per la prima volta in tutta la sua pienezza. Le affiorò alle labbra una parola, una parola semplicissima, donna, che solo allora le parve di capire veramente. Appoggiata alla ringhiera di ferro battuto, Antoinette era china in avanti, sicché il busto premeva un po’ sulle braccia bianche e il seno si sollevava leggermente; si intravedeva un solco d’ombra nella scollatura della camicia da notte;
[…] aveva davanti una creatura radiosa, apparsa nell’aria fresca della notte, alla frontiera tra l’infinito e una camera illuminata di rosa. Una creatura come sospesa, che era destinata a qualcosa e a quello aspirava con tutte le sue fibre.”
Concludendo: siamo di fronte a un altro geniale belga che fuma “una pipa che non è una pipa”…
Profile Image for Roberto.
627 reviews1 follower
August 25, 2017
Dominique, la protagonista del romanzo, ha quarant’anni e ancora un corpo fresco come un'adolescente, ma non sa ancora cosa sia la giovinezza e la vita. "Non fa rumore per le scale... Perché le è stato insegnato a salire senza far rumore, a non disturbare gli altri, a farsi da parte".

Vive la sua vita alla finestra, rammendando calze, ricordando il padre generale, ascoltando al di là della sottile parete i suoni fatti dalla coppia di giovani sposi cui ha affittato la stanza. Spia, ascolta, osserva la vita degli altri.

Guarda ogni giorno la vita che si svolge nella casa di fronte: sul piano esattamente di fronte al suo c'è la finestra del figlio della ricca famiglia Rouet. Un uomo malato, bloccato a letto, che sopravvive grazie a una medicina che lo tiene in vita in caso di crisi cardiaca. Un giorno Dominique, dalla sua finestra, vede sua moglie, giovane, esuberante e piena di vita, negare la medicina al marito durante una crisi e lasciarlo morire.

Combattuta tra il desiderio di denuncia e l'invidia per quella donna che, una volta morto il marito, riprende a vivere e turbata ogni giorno di più dalla passione e dai fremiti dei suoi inquilini, Dominique comincia ad essere ossessionata dall’osservazione della vita altrui.
Nella sua dignitosa povertà, senza relazioni e affetti, sempre più consapevole della sua incapacità a reagire ai propri fallimenti e fantasmi, tra ricordi dell'infanzia, frustrazioni e solitudine, quella donna senza età e senza passioni inizia ad avvertire una silenziosa complicità con chi considera un'assassina.

In altre parole Dominique tenta di vivere la vita degli altri, ma il gioco non funziona e l’epilogo, come si può immaginare, è tragico.

“Era quella la vita? Un po’ di infanzia inconsapevole, una breve adolescenza poi il vuoto, un continuo susseguirsi di preoccupazioni, di grattacapi, di piccole incombenze e, a quaranta anni, già la sensazione della vecchiaia, di una china da percorrere mestamente.”

Magistrale la lettura della realtà di Simenon, sempre improntata ad osservazioni intime e profonde. Il romanzo è malinconico, sottolinea in ogni momento la solitudine e le ossessioni della vita della protagonista con una narrazione poco avvincente, ma è la vita stessa di Dominique ad essere poco interessante. Impressionante la descrizione, nelle pagine finali, della completa solitudine di Dominique.
Profile Image for Three.
303 reviews73 followers
August 21, 2017
che strano libro.
Dà l'impressione che l'autore sia partito con un'idea e l'abbia cambiata in corsa, perché la prima parte - la migliore - va in una direzione, e poi nella seconda parte la storia vira.
Si è convinti, leggendo la prima parte, che la protagonista finirà per influire su quelle vite altrui - selvagge quanto la sua è inerte - che osserva con un misto di invidia e di fastidio. Ed effettivamente lei sembra prendere in mano la situazione, sia pure in maniera occulta e vile, ma dai suoi tentativi di interferire non sortirà nulla.
Scivolerà, così, in un distacco definitivo dalla realtà, prima trascorrendo giorni interi a seguire per la città i passi di una delle sue vicine, che la noterà senza darle, come sempre, alcun peso; poi "vedendo" un'altra vicina che è morta; poi restando definitivamente sola, per la partenza dei suoi affittuari. La conclusione della storia è quasi obbligata; invece le vicende delle persone che Dominique ha osservato dalle proprie finestre restano sospese e di loro non sapremo più nulla.
Profile Image for Patty.
140 reviews48 followers
June 17, 2017
Simenon sta diventando la mia ossessione.
Con la precisione di un chirurgo incide con il bisturi nelle pieghe più profonde dell'animo, scava nella normalità, nelle misere trappole del vivere quotidiano e senza alcuna pietà ti trascina nel profondo abisso dell'inquietudine da cui non puoi più risalire e sei perduto, irreversibilmente.
Grande!
Profile Image for Carlos Cano.
33 reviews19 followers
July 16, 2022
Otra obra maestra de Simenon.

«¿Era eso la vida? ¿Un poco de infancia inconsciente, una breve adolescencia, luego el vacío, una maraña de preocupaciones, de molestias, de pequeños cuidados y ya, a los cuarenta años, la sensación de la vejez, de una cuesta abajo sin alegría?»
Profile Image for Vittorio Ducoli.
580 reviews82 followers
May 25, 2025
Una questione (solo apparentemente) privata

Non è la prima volta che commento un romanzo di Georges Simenon nel quale le finestre giocano un ruolo importante: sette anni fa lessi infatti Le finestre di fronte, prima opera dello scrittore belga di cui scrissi su questo blog. Anche in quel romanzo le finestre rappresentano l’apertura attraverso cui è possibile accedere alla vita di altre persone, che non sono consapevoli di essere spiate, e nello stesso tempo danno la possibilità ad altri di osservare la nostra vita. I due romanzi in termini generali si presentano diversissimi, ma proprio tale analogia tematica e il fatto che entrambi siano stati scritti in epoche e circostanze straordinarie, fatto per nulla marginale rispetto alle rispettive atmosfere, mi ha fornito lo spunto per una analisi per molti versi sui generis, e forse azzardata, del romanzo oggetto di queste note.
Un rapido sguardo alla sterminata produzione dell’autore non mi ha restituito altri romanzi nei quali le finestre giochino un ruolo così importante: in alcuni di essi in effetti sono presenti finestre, ma quasi sempre quali luoghi da cui partono dei colpi d’arma da fuoco o da cui si gettano aspiranti suicidi. Nell’autunno del 1940 però Simenon scrisse un racconto, Lo scialle di Marie Dudon, pubblicato pochi mesi dopo sul settimanale antisemita e sostenitore del regime di Vichy Gringoire - lo stesso cui in quegli anni collaborava anche Irène Némirovsky – una sorta di primo abbozzo de La finestra dei Rouet, uscito un paio d’anni dopo: per chi fosse interessato a leggerlo, segnalo che il racconto è stato ripubblicato da Adelphi nel 2021.
In generale si può affermare che la finestra rappresenti un luogo letterario di grande rilevanza, impiegato da molti autori quale metafora del passaggio da un mondo chiuso ad uno, sociale o naturale, più aperto, oppure – all’inverso - come elemento simboleggiante la separazione dal mondo, volontaria o meno. Più recentemente, l’irruzione della psicanalisi nella letteratura ha portato all’uso letterario della finestra come strumento dell’esercizio di una pulsione primaria quale il voyerismo, mentre sull’osservazione di avvenimenti da finestre sono state costruite molte storie gialle, thriller e di spionaggio.
Tra le opere basate sullo spunto delle finestre come luoghi d’osservazione si possono citare i romanzi Le finestre illuminate di Heimito von Doderer e Le Locataire chimérique di Roland Topor, nonché il racconto dello statunitense Cornell Woolrich Rear Window; da queste ultime due opere furono anche tratti due celebri film, rispettivamente di Roman Polanski, (L’inquilino del terzo piano, 1976) e di Alfred Hitchcock (La finestra sul cortile, 1954). È da notare che per una strana coincidenza il racconto di Woolrich uscì nel 1942, lo stesso anno in cui Simenon scrisse La finestra dei Rouet. Il titolo del racconto di Klaus Mann Finestra con le sbarre allude alla prigionia di Ludwig II di Baviera, e può essere considerato emblematico di tanti romanzi e racconti nei quali le finestre rappresentano ad un tempo l’unico labile contatto con il mondo di chi è carcerato e il simbolo stesso della loro reclusione.
È però giunto il tempo di tornare a La finestra dei Rouet e fornire alcuni elementi essenziali del suo contenuto.
Protagonista ne è Dominique Salès, una donna che il lettore incontra in un assolato giorno d’estate, quando le mancano tre mesi per compiere quarant’anni. È zitella, ha il naso lungo e un po’ storto ma un fisico ancora giovane, con una pelle finissima, seni ancora sodi e gambe tornite, anche se vi si notano aloni azzurrini che annunciano l’arrivo di varici. Figlia unica di un generale dispotico, ha vissuto nelle molte città in cui il padre era di stanza, prima con la madre, poi, dopo la sua morte avvenuta quando Dominique era molto giovane, sola con lui. Ha avuto un solo amore, platonico, con un giovane ufficiale di Angoulême, Jacques Améraud, poi ucciso nel deserto africano. Una volta in pensione il padre si è ritirato con la figlia nell’appartamento parigino di proprietà, in Rue du Faubourg Saint-Honoré, al primo piano di un palazzo signorile. Il padre è morto da ormai sette anni, dopo aver dilapidato il patrimonio speculando in borsa, e Dominique vive sola e senza amici in una dignitosa ma strettissima povertà. Per racimolare qualche franco, ha affittato la camera da letto ad una coppia di giovani sposi, Lina Plissonneau e Albert Caille, aspirante giornalista e scrittore. I due fanno spesso l’amore, anche di giorno; Dominique sente i loro sussurri, ed a volte li ha spiati dalla serratura.
Da alcuni anni Dominique osserva inoltre le finestre di fronte, al numero 175bis, dove abitano i Rouet, ricchissimi borghesi, ex padroni di trafilerie di rame. Al primo piano vivono Hubert Rouet con la moglie Antoinette, frivola, spendacciona e piuttosto volgare, di estrazione sociale inferiore al marito, probabilmente una sua ex dipendente. Al secondo piano abitano i genitori di lui: la madre, imponente ed obesa tanto da faticare a muoversi, odia – ricambiata – la nuora, e la tiene costantemente sotto controllo per mezzo della servitù. Il padre, venduta la fabbrica, è proprietario di un equivoco ufficio, gestito da un ebreo, tramite il quale presta danaro ad usura, ed è quasi sempre fuori casa, anche perché frequenta giovanissime prostitute nei quartieri malfamati della città. Tutte queste cose il lettore le viene a sapere solo nel corso della narrazione, seguendo sia il narratore terzo, che si esprime al passato, sia i pensieri di Dominique, che espressi al presente occupano buona parte del romanzo.
All’inizio del romanzo Hubert è a letto malato da circa un mese, a causa di frequenti crisi cardiache. Dalla finestra di fronte Dominique assisterà alla sua morte, e da quel momento sarà sempre più coinvolta emotivamente nelle vicende familiari dei Rouet, che osserva come da una platea nascosta: in particolare la vitalità di Antoinette Rouet da un lato e quella per certi versi ancora più trasgressiva dei suoi giovani inquilini dall’altro la metteranno ogni giorno di fronte alla vita affettiva che lei non ha mai vissuto e che ormai è troppo vecchia per vivere. Mi fermo qui con il racconto della trama, in quanto il romanzo è giocato anche su una buona dose di drammaticità che è giusto lasciare alla scoperta del lettore.
La finestra dei Rouet è quindi una storia, almeno apparentemente, del tutto privata, centrata sulla solitudine e sulla povertà della protagonista, e questo parrebbe segnare una prima, netta differenza con Le finestre degli altri, che è invece un romanzo essenzialmente – anche se non solo - politico; un’altra differenza è l’ambientazione, parigina nel primo, esotica in quest’ultimo. Come noto, Simenon scrisse Le finestre degli altri - nel cui titolo originale peraltro le finestre non compaiono - nel 1933, all’indomani di un lungo viaggio nell’Unione Sovietica. In esso egli riversò tutte le sue riserve di anticomunista viscerale rispetto alla società sovietica, vista dalla estrema periferia di una città portuale al confine con la Turchia. Le finestre sono di fatto la metafora del clima di sospetto da cui si sente avvolto il protagonista, un console turco, in una terra ostile.
Simenon, quindi, con Le finestre degli altri ha dimostrato nei fatti di saper trasfondere nella sua letteratura le impressioni, anche schiettamente politiche, che derivavano in quel caso da un viaggio, ma più in generale dall’osservazione della realtà che lo circonda. Del resto, accanto al Simenon romanziere esiste anche un prolifico Simenon giornalista, autore di circa un migliaio di reportages di viaggio.
Si ponga ora attenzione alla data di chiusura della scrittura di Le finestre degli altri, riportata come d’abitudine al termine della narrazione: 7 Luglio 1942. La Francia ha da due anni perso la guerra; la parte settentrionale ed occidentale del Paese è direttamente occupata dai nazisti, mentre in quella meridionale il maresciallo Petain ha istituito il regime collaborazionista di Vichy. Simenon dal 1940 vive in Vandea, a Fontenay-le-Comte, in una lussuosa residenza castellana, che lascerà nel maggio del 1945 per fuggire negli Stati Uniti a seguito di accuse di collaborazionismo. Sugli anni vandeani di Simenon e sui suoi rapporti con gli occupanti molte sono state le ipotesi, che vanno dal collaborazionismo vero e proprio a un opportunismo quanto meno carico d’ignavia. Di certo vi sono le sue collaborazioni con riviste collaborazioniste, un fratello arruolatosi volontario nelle Waffen-SS con cui si mantiene in stretto contatto, il suo rifiuto di aiutare i rifugiati belgi di origine ebraica. Di certo c’è ancora che nei numerosi romanzi scritti nel quinquennio bellico egli non parla mai apertamente di ciò che sta accadendo e neppure vi accenna. Simenon, come specifica la voce di Wikipedia a lui dedicata, ”non denuncia, non si impegna, non fa politica, fa solamente narrativa”, in questo differenziandosi da altri scrittori dell’epoca, anche non impegnati politicamente, come ad esempio la citata Irène Némirovsky, che in romanzi come I doni della vita e Suite francese sentirà l’urgenza di narrare in presa diretta le conseguenze della guerra per i francesi. Già commentando Il clan dei Mahé, scritto nel fatidico maggio 1945, avevo notato l’eclatante scollamento tra l’universo dei tanti romanzi che Simenon scrive nel periodo bellico e la drammaticità della situazione in cui venivano concepiti. Probabilmente questo atteggiamento distaccato dello scrittore belga è figlio proprio dell’opportunismo di chi viveva e voleva continuare a vivere tra gli agi in un castello della tranquilla Vandea, se non di una più o meno sotterranea accondiscendenza nei confronti dell’occupazione tedesca.
Come accennato, ad un primo sguardo anche La finestra dei Rouet rientra in tale linea di evasione dalla cruda realtà del momento. C’è in particolare un episodio del romanzo che reputo significativo a questo proposito. La protagonista, in uno dei rari momenti in cui la narrazione esce da Parigi, si reca a Tolone al funerale di una zia, affrontando un lungo viaggio in treno. Nella realtà, all’epoca un simile viaggio avrebbe significato passare dalla zona di occupazione al territorio del regime di Vichy, con la necessità di avere un lasciapassare, un Ausweis rilasciato dall’autorità tedesca, difficile da ottenere, e sarebbe inoltre stato sicuramente segnato da attenti controlli lungo la linea di demarcazione: di tutto ciò nel romanzo non vi è traccia.
Nonostante il romanzo si presenti quindi come totalmente avulso dalla drammatica condizione in cui si trovavano la Francia e i francesi in quel 1942, o forse proprio per questo, ritengo necessario focalizzare l’attenzione su una serie di indizi che possono portare a concludere che l’operazione culturale di Simenon è in questo caso più sottile, e mira a veicolare quantomeno l’ineluttabilità, se non proprio l’accettazione, di quello che era avvenuto nei due anni precedenti. Vediamo perché.
Vale la pena innanzitutto chiedersi per qual motivo Simenon abbia sentito il bisogno di scrivere un romanzo molto simile nella trama ad un racconto scritto appena due anni prima. La risposta più ovvia sta nell’opportunità di usufruire di una sorta di economia di scala riutilizzando un canovaccio già sperimentato. Questa motivazione utilitaristica però a mio avviso scricchiola soprattutto quando si analizza il profilo delle protagoniste, che cambia radicalmente nelle due opere. Se Marie Dudon è una figlia del popolo, sposata ad un disoccupato, Dominique Salès è invece come detto figlia di un generale, e vive nella capitale, in una delle vie che almeno da duecento anni si identifica con l’aristocrazia francese e comunque con l’élite sociale ed economica del Paese. Ella rappresenta quindi in un certo qual modo la Francia stessa, quella di prima della guerra, figlia del militarismo e del peculiare classismo transalpino. Pur con tale retroterra sociale, Dominique è povera in canna ed esausta, come lo era la Francia del 1942, ed è rimasta zitella perché ha puntato tutte le sue speranze sulla perpetuazione di quel modello sociale, significativamente votando la vita ad un militare che morirà giovane.
Di fronte a lei abitano i Rouet, veri parvenus, rappresentanti arroganti e volgari della grande borghesia, la classe che dovrebbe fare di una sorta di vitalità arraffona la propria cifra sociologica. Anche loro vengono però ritratti da Simenon come esausti, malati (Hubert), ormai incapaci persino di muoversi (la madre) o dediti alla pedofilia (il padre), cui l’autore non risparmia neppure l’accusa di essere un volgare strozzino, naturalmente dati i tempi grazie all’assistenza di un ebreo. Quanto ad Antoinette, proveniente da una classe meno abbiente, il suo vitalismo è anch’esso intriso di una volgarità piccolo-borghese, che la porta prima a prostrarsi servilmente ed ipocritamente ai suoceri quindi ad illudersi circa le intenzioni di due amanti, emblematicamente italiano l’uno e mulatto l’altro. Sua madre e sua sorella sono anch’esse pervase da una intrinseca volgarità, esattamente come i genitori della giovane inquilina di Dominique, piccoli borghesi su cui pesa anche l’aggravante di essere dei provinciali. Gli unici personaggi non negativi del romanzo sono proprio loro, i giovani Lina e Albert, che rappresentano la Francia bohémienne e trasgressiva, affannosamente in cerca di un futuro, il cui raggiungimento rimane tuttavia incerto. Ad esclusione del tratto di Faubourg Saint-Honoré che Dominique riesce a traguardare dalla finestra, compreso tra l’incrocio con Boulevard Haussmann e la chiesa di Saint-Philippe-du-Roule, anche Parigi è sordida e meschina: sordidi sono infatti i locali e gli alberghi ad ore frequentati da Antoinette e dai suoi amanti, sporche e malfamate le vie lungo le quali si aggira Rouet padre in cerca delle sue prede bambine e Dominique in cerca di sé stessa. Il tutto condito da un tempo atmosferico opprimente per l’afa o freddo e umido.
Insomma, Simenon ci descrive, attraverso i suoi personaggi che cadono sempre più in un abisso esistenziale, un paese senza più forza né fisica né morale, cui forse ritiene possa far bene (ma questo onestamente egli non lo dice) un po’ di sana brutalità tedesca.
Concludo con alcune note sparse e piccole curiosità inerenti il romanzo.
Durante il viaggio a Tolone Dominique ha un’esperienza extrasensoriale, incontrando una anziana vicina che a sua volta era solita spiare il suo appartamento, e che è appena morta. Si tratta di un unicum nella letteratura di Simenon.
Anche se è agevole localizzare il punto esatto nel quale si fronteggiano le case di Dominique e dei Rouet e gli altri luoghi parigini che appaiono nel romanzo, in realtà il numero 175bis di Rue du Faubourg Saint-Honoré non esiste.
Il romanzo presenta immagini ed episodi di carattere sessuale che, se non giungono ad essere espliciti come in opere posteriori, sono molto audaci per l’epoca. Su tutti forse l’accenno ad un membro maschile in erezione e ad un quasi orgasmo di Dominique nel sonno.
Simenon termina il romanzo appena sei giorni prima che, a circa quattrocentocinquanta chilometri di distanza, i gendarmi arrestino Irène Némirovsky.
Profile Image for Mars .
68 reviews3 followers
March 31, 2023
Primo approccio a Simenon, fortunatamente non con un giallo (o sfortunatamente?). Più esperti di me hanno detto che questo è uno dei libri più psicologici e meno dinamici dell'autore, e malgrado la quasi totale assenza di dialoghi, il costante flusso di pensieri mascherato da indiretto libero di una protagonista (colei che guarda dalla finestra) a tratti insopportabile, si fa leggere e tiene attaccati alle pagine. Simenon ha uno stile scarno come piace a me e la semplicità della vicenda mi ha fatto vacillare sulla quarta stella. Mi ha dispiaciuto il finale, che ho trovato troppo lungo e quasi stucchevole considerato quel che c'era stato prima, avrei preferito una chiusa più ad effetto e magari più truce
Profile Image for Sofia.
169 reviews12 followers
December 17, 2024
Simenon, re della suspence.
La vuota e pietosa esistenza di una donna di mezza età si riempie di vita grazie alla vicina e alla famiglia del marito. Come sempre Simenon riesce a creare e a farci vivere un’atmosfera soffocante e claustrofobica, come un labirinto senza uscita. Oltre al “quasi omicidio” non succede quasi nulla di acclamante in queste pagine ma i piccoli gesti, le conversazioni, le espressioni nei volti dei vicini sono ciò che bastano a Dominique per tenersi occupata. E quando rischierà di perdere tutto ciò, si sentirà totalmente disorientata e amareggiata, facendo di tutto per mantenere questi momenti di “vita” ai quali lei si è affezionata.
Finale tragico, come sempre ben studiato e dritto al punto. Una mazzata sullo stomaco proprio
Profile Image for Dollisapi.
333 reviews12 followers
June 29, 2017
Georges Simenon es de esos autores que pueden contar la historia menos interesante y envolverte por completo en las maquinaciones de los personajes. En este caso, la historia de Dominique Salès es bastante simple: una mujer soltera y terriblemente pobre va perdiendo la poca decencia que le queda mientras espía a sus vecinos. A simple vista no es la clase de libro que uno quisiera leer pero conforme vamos avanzando en las historias que ella presencia nos vamos dando cuenta de que no sabemos nada más que lo que ella alcanza a ver y a escuchar de los demás pero no hace falta.
La historia, como en todas las de este autor, tiene su catarsis en el final (y sí, es fenomenal).
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Profile Image for Slagle Rock.
297 reviews1 follower
March 21, 2017
I'm reading the English translation of this, "Across the Street." So far, so good, half way thru. Claustrophobic suspense. The demurel heroine is demented.

OK, all done and I must say this is a rather sad book. The heroine's story begins pitifully and ends on a downright grim note. I'm puzzled by the "mystery" sticker my local library put on the spine of this novel (I believe there were some online reviews suggesting a mystery component as well). But a character who peeps through keyholes does not a whodunnit sleuth make. There is something of a "Rear Window" scene at the beginning of the book in which the heroine sees a crime of negligence (that might be the right term but whatever) occur but not much more really comes of that in terms of consequence or suspense in the book. Perhaps something was missing in the English translation but I also had a hard time with the narrative window, and "window" is the operative word. The heroine has incredible insight into the lives of her neighbors through her window (or keyhole, such as the case may be). The bulk of the story unfolds through what she sees and hears (and imagines?) from within her apartment. Really, even if one's neighbors live a house made of glass, there is much in terms of perception to be lost from peering in from a vantage point "Across the Street." Our heroine here has no problem picking up detail in her neighbors' movement and speech. The implied author's detail-rich fly-on-the-wall perspective tested my willingness to suspend disbelief. I stuck with it but really, the payoff at the end wasn't much of a payoff. Hence, I can only offer one star.
Profile Image for Mikee.
607 reviews
May 28, 2017
"Many of Simenon's non-Maigret books are psychological novels, delving into the mindn of the leadung character to define who he is and why he does what he does. This time the leeading character is a woman and Simenon tries his hand at exploring the feminine psyche, namely the obsessed neurotic feminine psyche.

The book is not a success, Dark and brooding, it has few redeeming characteristics and no redemptive characters."
Profile Image for Bob.
460 reviews5 followers
February 1, 2021
Not the easist read all the way through, but overall really impressive. Beautiful painterly, cinematic scene setting. The two apartments and the street that divides them is so expertly drawn, as are the characters who feel tied to one another by a series of invisible wires that Simenon twangs to show the varying connections. There's real strain and ache and release here. I'd like to revisit this one in a few years.
Profile Image for SirJo.
235 reviews8 followers
April 19, 2022
Un Simenon più cupo e angosciante del solito. Come sempre costruisce e descrive un cosmo con poche, asciutte ed efficaci parole le atmosfere, i personaggi e i sentimenti di una storia ben poco complicata. I personaggi sono delineati con poche parole, ogni aspetto psicologico dei personaggi è chiaro, non ci sono possibili interpretazioni dell’agire dei personaggi.
Quella che emerge qui è la enorme e angosciante solitudine di Dominique, una donna sola che mai ha vissuto, che mai si è affacciata alla vita. Una donna che assistendo ad un omicidio intuisce le passioni, i desideri e i sentimenti che si celano dietro la vita della omicida. E ne prova invidia, perché prova pietà per sé stessa che mai ha vissuto le passioni e i desideri come la donna omicida. Ripercorre così il suo passato e perde definitivamente ogni speranza e illusione di vita.
Come al solito il finale delude il lettore, ma come al solito è quello più logico e corretto.
Però, e mi ripeto come già in altri commenti all’autore, dopo aver letto l’ennesimo Simenon non posso non notare alcuni aspetti a mio parere negativi dei romanzi di Simenon.
I suoi personaggi sono tutti senza speranza. Commettono il male così come potrebbero commettere il bene. Vivono senza un senso e senza la ricerca di questo. Hanno una vita senza il desiderio che questa abbia una speranza.
Anche in questa storia i protagonisti non somigliano a uomini, ma a bestie che vivono di istinti appena più che primordiali.
Ma scrive e descrive così bene e così a fondo nell’animo dei personaggi che è impossibile resistere a non leggere un Simenon dopo troppa astinenza. Sì, perché Simenon provoca dipendenza.
Profile Image for A.
549 reviews
April 24, 2022
Another fantastic Roman Durs .... repressed lady observes a negligent killing from across the street. A woman has allowed her sickly husband to die without saving him as he chokes and begs for help. Our woman wonders about her and communicates with her, but we learn more of her sad ways. Her one love was killed in africa after a single one worded postcard came home to her. Since then she pines, waiting to become an old maid. She cared for her cruel, uncaring dad for many of those years, but now she is on her own and letting out a room to a energetic and slightly scornful young couple. Our lead tracks Antionette (the woman across the street) on her 1st sordid affair down to the dumps. At that point the two are a pair - losers, aimless, manless, depressive, spiraling down to where. but then the woman is able to corral another man, though it is again pathetic and sleazy, but it is enough to have her be discovered and disown her former husband's family. She (Antionette) is off on her dirty life now and that leaves our heroine yet more bereft. Empty - her lodgers are vacating, evidently doing well- so she is left to, left to.... well, it is a very sad ending - "poor 'nique. poor 'nique' (She is Dominique). Utterly hollow in the end, this is a beautiful, sad book. Read this book via Williamsburg library and then and ILL.
This entire review has been hidden because of spoilers.
Profile Image for NoID.
1,570 reviews13 followers
September 6, 2025
Dominique ne s’est jamais mariée et pour vivre très chichement elle est contrainte de louer une chambre de son appartement et entendre le jeune couple qu’elle loge jouir de leur amour. Alors, quand elle voit par sa fenêtre une voisine laisser mourir son mari sous ses yeux, elle prend conscience du vide abyssal de sa propre vie.

Un livre plein de désirs inassouvis, tellement profonds, tabous, impensables

https://www.noid.ch/la-fenetre-des-ro...
Profile Image for Miria TheBookHunter.
402 reviews27 followers
October 2, 2022
Se è il giallo che cercate non siete nel libro di Simenon che più rispecchia questo aspetto. Qui il tema principale è dato dalla protagonista, dal suo stato d'essere, la sua totale consapevolezza di essere invisibile per il mondo...non necessaria. Non avrei mai detto di trovare così tanta introspezione in uno dei suoi libri, mi ha veramente colpita.
Profile Image for Escalibert.
13 reviews
August 27, 2025
La vie comme on ne l'écrit plus... Et pourtant elle est toujours là, dans le creux des maisons, sur les vieux divans, au travers des fenêtres qui ouvrent sur les autres... C'est lent, implacable, sans jugement, au pus près de la banalité, qui est rendue parfois belle, ou étrange, et toujours peinte avec un couteau.
13 reviews
November 25, 2022
Una vita fatta di nulla, la noia, l’apatia, l’assenza di ogni tipo di stimolo esterno e la totale solitudine della protagonista la spingono a sviluppare un’ossessione completamente folle. Molto piacevole.
17 reviews
March 30, 2023
Un romanzo riflessivo, ruminante nel suo incedere. Grigissimo come i paesaggi e come i muri dei palazzi che sono protagonisti. Nonostante i pochissimi dialoghi la lettura è molto scorrevole e qua è la affiora la poesia in mezzo a tanta tristezza.
Profile Image for Orma.
672 reviews15 followers
April 25, 2018
Non riesco ad arrivare alla quarta stella soltanto perché - accidenti a me - la scrittura di Simenon proprio non fa per me. Magnifica... ma non c'è verso.
Profile Image for Jean-Marc Depasse.
91 reviews
August 14, 2021
Si vous aimez les romans noirs, où l'auteur décortique la vie et la pensée des êtres humains, vous serez captivés par celui-ci.
Displaying 1 - 30 of 42 reviews

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