Kimiko, giovane scrittrice di romanzi d'amore, esce con Goro. Una sera, dopo una visita all'acquario di Tokio per vedere i delfini, fanno l'amore, ma Kimiko capisce subito che la loro storia non ha futuro; Goro convive infatti con un'altra donna, più grande di lui e dalla quale non vuole separarsi. Kimiko decide allora di abbandonare Tokio per trovare rifugio in un tempio vicino al mare, dove conosce Mami, ragazza dalle doti soprannaturali. È da lei che viene a sapere di essere incinta. Le notti di Kimiko, i suoi sogni, si popolano di delfini, meravigliose creature che l'accompagnano, insieme ad Akane, la bambina che porta in grembo, verso un futuro che non si era immaginata. Un romanzo molto intimo, quasi privato, che apre una nuova area di esperienza emozionale del mondo di Banana Yoshimoto.
Banana Yoshimoto (よしもと ばなな or 吉本 ばなな) is the pen name of Mahoko Yoshimoto (吉本 真秀子), a Japanese contemporary writer. She writes her name in hiragana. (See also 吉本芭娜娜 (Chinese).)
Along with having a famous father, poet Takaaki Yoshimoto, Banana's sister, Haruno Yoiko, is a well-known cartoonist in Japan. Growing up in a liberal family, she learned the value of independence from a young age.
She graduated from Nihon University's Art College, majoring in Literature. During that time, she took the pseudonym "Banana" after her love of banana flowers, a name she recognizes as both "cute" and "purposefully androgynous."
Despite her success, Yoshimoto remains a down-to-earth and obscure figure. Whenever she appears in public she eschews make-up and dresses simply. She keeps her personal life guarded, and reveals little about her certified Rolfing practitioner, Hiroyoshi Tahata and son (born in 2003). Instead, she talks about her writing. Each day she takes half an hour to write at her computer, and she says, "I tend to feel guilty because I write these stories almost for fun."
Dicevo giusto mentre leggevo alla mia donna che la Yoshimoto negli anni impari a conoscerla, e sai, quando apri un suo romanzo, che in realtà ci troverai dentro sempre la stessa storia, riveduta secondo caratteristiche diverse, magari, ma identica nel nocciolo. Anche Delfini non fa eccezione, naturalmente, le tematiche care a Banana sono sempre quelle: perdita, malinconia, nostalgia, forza dell'amore, spiritualità delle piccole cose, rinascita. Alle volte, la Yoshimoto riesce a mixare le sue tematiche fondanti con caratteristiche che rendono il racconto intenso, degno di essere (ri)letto anche se ormai lo si conosce a memoria, si sa dove sta andando a parare e si può prevedere con sistematica certezza come la trama andrà dipanandosi per arrivare alla conclusione (è il caso di Kitchen, Presagio triste, anche di Moshi Moshi, per esempio). Altre volte, invece, la performance di equilibrismo alchemico non riesce, ed è stato il caso, ad esempio, di Arcobaleno. Così come è il caso di Delfini. Che non è un romanzo orrendo (e che ritengo comunque un paio di spanne sopra ad Arcobaleno, non fosse altro per il fatto che, in Delfini, la protagonista non è insopportabile pur avendo una personalità abbastanza definita), ma non tocca come avrebbe dovuto fare, soprattutto per essere una storia così incentrata sull'emotività e sulla potenza dei sentimenti umani come forza creatrice. Alcuni passaggi sono banali, certi altri forzati (come ad esempio il punto in cui si insiste fino allo sfinimento sul fatto che, quando la protagonista resta incinta, in realtà non avrebbe dovuto essere in ovulazione; poteva essere spiegato in molti modi, ma Banana tira fuori una bananata e lo spiega con: la forza dell'amore mi aveva costretta a un'ovulazione fuori programma! Okay then). Mai, in nessun momento, la narrazione ti prende al cuore. Quella della Yoshimoto è una narrazione lieve, leggera, tutta pulviscoli di luce. Ogni tanto, col romanzo giusto, questi pulviscoli ti rimangono attaccati addosso. Quando prendi in mano il libro sbagliato, invece, te li scrolli dalle spalle in fretta. E' il caso di Delfini.
Un excursus carino sul tema della maternità, ma non abbastanza incisivo da rimanere impresso nella pelle. Quello che apprezzo di più della Yoshimoto è lo stile, con le sue atmosfere oniriche, che permettono di estraniarsi dalle fatiche della vita quotidiana. In questo romanzo ho ritrovato questo tipo di scrittura, passando delle ore piacevoli, ma non mi sono innamorata della storia come mi è successo con "Kitchen".
Ho letto tutti i libri pubblicati in Italia di Banana Yoshimoto. Hanno accompagnato i primi anni dei miei venti, quelli in cui si esce da quello strano limbo di incomprensione e isolamento che caratterizza l’adolescenza e si scopre che altre anime possono sentire – e sentono – quello che sentiamo noi, fanno le nostre esperienze, piangono le stesse lacrime, ridono delle stesse bizzarrie. Nelle realtà e nei personaggi tratteggiati dalla Yoshimoto – perché questo fa, tratteggia, con la sua scrittura leggera e fresca, dinamica e diretta, quasi una rielaborazione letteraria dello stile narrativo ed espressivo dei manga – ho potuto rispecchiarmi (come in Shirakawa Yofune - Sonno Profondo) o saziare la mia sete di scoperta delle emozioni degli altri (come nel meraviglioso Tsugumi o nell’intenso Kitchen). Sono altri gli autori giapponesi che mi hanno illuminato, svelato nuovi orizzonti, insegnato (Mishima, Murakami, Tanizaki, Kawabata, Basho…), ma Banana è stata l’amica giapponese, una sorta di corrispondente dal Paese che più amo, con cui passare a ogni occasione (la pubblicazione di un suo nuovo romanzo o la rilettura) qualche ora insieme a scambiare confidenze, a raccontare impressioni, a scoprire usanze e modi di pensare, a sondare gli animi.
Per tutto questo, leggere Iruka è stata un’esperienza un po’ triste e malinconica; come quando ci si ritrova entusiaste ed emozionate per un caffè con la migliore amica delle medie, incontrata per caso dopo tanti anni, solo per scoprire di aver poco o nulla da dirsi e da condividere, di non riconoscersi più. In realtà, in Iruka non mancano i temi cari alla Yoshimoto: la Morte (motore onnipresente di emozioni e situazioni nelle sue opere), la potenza dei simboli, l’efficacia dei sogni, poteri paranormali, amicizie e amori che nascono immediati e saldi grazie a una viscerale armonia delle anime e non per una lunga frequentazione, per l’impegno nel costruirli, per i compromessi per mantenerli. Eppure, è come se con l’età Banana abbia perso la forza della sua scrittura, la sua genuinità, la sua freschezza, e abbia lasciato sbiadire i colori brillanti di quel sottomessaggio che parlava di energia, di voglia di vivere, di rinascita (che qui non manca, anche se solo nel finale, ma è assolutamente fiacco e inefficace).
La protagonista di questo libro, Kimiko, è una giovane donna piuttosto insipida, che vive di novità appaganti e di fughe appena queste diventano insoddisfacenti, una donna cui la vita scorre accanto senza che l’afferri, senza lottare per qualcuno, senza puntare a qualcosa. Più che fatalismo, a tratti verrebbe da imputarle una disonorevole ignavia. Mi è parso si contraddicesse più volte e ho davvero faticato a ritrovarmi nelle sue riflessioni e nelle sue analisi sull’umanità, sulla vita e su se stessa: troppo distanti da me, spesso poco brillanti, talvolta persino poco lucide.
Andando a rileggere le frasi segnate durante la lettura, mi accorgo di quanto, estrapolate dal contesto, appaiano profonde e vitali; eppure, all’interno della trama erano svuotate di ogni significato e, anzi, l’appesantivano, come se ne fossero delle intruse. Forse, semplicemente e tristemente, Banana e io parliamo ormai lingue diverse, non ci capiamo più, non ci riconosciamo più.
Sarebbe stato bello invece crescere insieme.
“Quello era il punto dove ero giunta partendo dal precipizio dei miei sogni. Gli eventi si erano susseguiti con una rapidità tale da non riuscire a tenere il passo con la realtà, tanto da desiderare che qualcun altro registrasse tutti quei cambiamenti. Eppure il succedersi di quegli istanti rappresentava, per me e nessun altro all’infuori di me, una quantità incredibile di dati che avevo immagazzinato molto concretamente. Una quantità spaventosa di memorie che mi si era impressa nel corpo, nelle cellule, nel cuore, che si sarebbero cancellate soltanto con la mia morte. Ricordi di cui io sola conoscevo i dettagli. Il mio, quello di mia sorella, di mio papà, di Gorō e di Akane, i nostri mondi differenti si erano incontrati solo per un po’ e gli universi sconfinati dei nostri ricordi erano andati espandendosi giorno dopo giorno. Anche solo per quello, non potevo non pensare alla meraviglia di essere viva.”
Allora io sono di parte, perché Banana Yoshimoto è la mia confort author, ma come come al solito, a descrivere questo libro in una parola direi Tranquillo. Quotidiano anche. Tokyo, spiritualità, delfini, Gōro e animali impagliati.
La capacità dell'autrice di trattare qualsiasi tema con un tono così dolce e leggero mi stupisce ogni volta che ne leggo un'opera. Delfini è come un sogno, che fluisce veloce quasi da non accorgerti quando finisce. Un pensiero un po' bizzarro ma che mi permetto di esprimere è, che nel mentre della lettura della storia, mi sono sentita ancora embrione e in grado di decidere come vivere la mia vita daccapo. Banana Yoshimoto ci insegna a vedere il mondo in modo trasparente e a trovare maniera di apprezzarne ogni singola cosa, persino il dolore e la morte. Non penso mi stancherò mai di leggere le sue storie. Buona notte.
Una pena que tantas ideas y reflexiones con potencial se queden en un libro repetitivo, masticado y sin hilo conductor. Mejora las últimas 50 páginas y aún así se repite. Una pena porque creo que si todo lo que quería decir la autora lo hubiera hecho en forma de relato, hubiera conseguido la atmósfera que quería.
Nell'iniziare questo libro sapevo benissimo che avrei trovato nel passato della protagonista un parente venuto meno. Infatti Kimiko è orfana di madre. Aleggere il libro che sulla Yoshimoto realizzò il suo traduttore Giorgio Amitrano, è sconcertante leggere la tranquillità con cui la Yoshimoto spiega questa sua esigenza di creare dei personaggi orfani o orfani per metà. A leggere solo le quarte di copertina, questa sembra una conditio sine qua non senza cui la storia non potrebbe cominciare. Salvo poi scoprire che non è poi così stringente e imprescindibile per alcuni sviluppi di trama.
Anche Delfini non fa eccezione. Ovviamente questo non lede alla bravura della Yoshimoto, quanto scritto è solo un mio parere personale, un fatto di gusti.
Quello che mi affascina è riscontrare che alla fine l'autrice non delude. Peccato abbia sempre questo velo di tristezza con cui presentare i suoi libri.
A metà libro ho dovuto interrompere la lettura e rimandarla al giorno dopo per il gran senso di pesantezza, di claustrofobia e di poca aria che mi hanno tramesso alcuni passaggi. Forse non mi è piaciuto molto "quello di cui leggevo" ma sicuramente mi ha colpiutro "quello che leggevo", ossia come è stato scritto.
Grande prova di scrittura della Yoshimoto, ha toccato delle corde antipatiche ma le ha fatte suonare bene.
La Yoshimoto non ha più niente da dire.... Le mancava un libro sulla maternità, eccolo qui. Un libro "femminile" ma che non ha niente da trasmettere ad una lettrice donna, figuriamoci ad un uomo! Banana, ti consiglio vivamente di riporre la penna e andare in pensione. Non hai più niente da dire. Ero partita ben disposta, dopo parecchi anni di "disintossicazione" dalla Yoshimoto (che ho ADORATO ai tempi di Kitchen, Tsugumi e Amrita!!!), e devo dire che per 1/3 del libro ho pensato che la storia non mi dispiaceva... Al quarto "...appena ha risposto al telefono mi sono accorta che avevo tanta voglia di sentire la sua voce...", "...appena l'ho visto mi sono accorta che mi era mancato tanto..." (una riga prima dice di non voler più avere a che fare con lui) mi sono detta: "Che palle!" Da quando poi la protagonista scopre di essere incita, ho iniziato veramente a detestare il libro e il modo in cui viene descritta la maternità, che non può essere apprezzato nè da chi la maternità l'ha già vissuta, nè da chi non ha ancora avuto questa gioia!
Kimiko è una scrittrice di romanzi rosa e vive a Tokyo. Conosce Goro, un uomo che intrattiene una strana relazione con una donna più grande di lui. Kimiko sa che non ci sarà futuro con Goro e dopo aver fatto sesso con lui all’acquario, decide di lasciare la città. Kimiko resterà incinta e conoscerà Mami, una strana ragazza con strani superpoteri. La letteratura asiatica è lontana per me ma per soddisfare una delle innumerevole challenge alle quali partecipo mi ci sono dovuta cimentare. Ammetto di aver scelto la Yoshimoto per la brevità dei testi. Dicono di questa autrice che o si ama o si odia. Io non potevo non essere che nel secondo schieramento. Libro pesante e noioso, ci ho capito poco. L’autrice ha proprio uno stile che non mi prende, avrei interrotto volentieri la lettura. Alla fine non mi è rimasto niente, solo la voglia di leggere altro.
Niente da dire, oramai dopo 5 libri letti di questa autrice, sono arrivata a comprendere il suo stile. Ogni suo libro, per quanto possa essere significativo e per quanti spunti per riflettere offra, è sempre caratterizzato da una vena di tristezza. Questo è fino ad ora (tra i libri che ho letto) il suo romanzo di più difficile comprensione: il tema trattato è infatti delicato e dolce, ma al tempo stesso viene analizzato da punti di vista diversi e talvolta ambigui. Inutile parlare dell'emozione nei tratti in cui la protagonista parla della gravidanza e della nascita della bambina. Romanzo consigliato e ricco di spunti di riflessione, e consigliatissima in generale l'autrice che tratta sempre temi profondi e importanti.
Alla frase “così, la forza dell’amore mi aveva indotta ad avere un’ovulazione eccezionale” mi ha persa. Questo libro è un buco nell’acqua. Sono stata illusa da alcune considerazioni iniziali che davano un tono gradevole al libro, ma no. Man mano la lettura diventa eccessivamente ripetitiva e noiosa, ma non è nemmeno questo il problema più grande, lo sono le considerazioni che diventano sempre più spicciole, ruotando attorno a luoghi comuni, pure insensatezze. Da una buona partenza si è arrivati ad una manciata di vuoto. Una delusione, I Who Have Never Known Men probabilmente mi ha maledetta, non posso più leggere libri che anche solo accennano a uomini, gravidanze e bambini senza che siano una rovina
Già Il coperchio del mare non mi aveva entusiasmato, non parliamo poi di Chie-Chan e io che ho trovato semplicemente orribile. Con questo Delfini la Yoshimoto mi dimostra che, se ho voglia di leggere un suo bel libro devo dedicarmi alle riletture dei suoi grandi classici e lasciare perdere le ultime uscite. Una trama surreale e fastidiosa, una scrittura inconcludente, mi pare che nello stesso paragrafo la Yoshimoto riesca a scrivere una cosa, il suo contrario e poi un paio di altre cose che non c'entrano nulla. Delusa!
I didn't like this that much. Scenes are not logically linked and the main character was always thinking and doing nonsense "philosophical" things. It was cool reading about pregnancy but nothing else.
Mah...davvero non so cosa dire di questo libro... non è terribile per me come Kitchen e Sly ma, come sempre, i libri della Yoshimoto mi lasciano un senso di vuoto e di incomunicabilità che cerco di spazzare via subito iniziando di corsa un nuovo libro... non saprei dire esattamente in questo caso da cosa sia dipeso...la storia di per sé non sarebbe nemmeno brutta, anzi, soprattutto la parte finale che è molto più incentrata sulla maternità è interessante, ma c’è sempre quella sensazione di irrisolto e di tragico che permea tutti i suoi libri, di cui davvero non mi capacito e che mi fa diventare insofferente fin dalla seconda pagina! Una amica diceva che si tratta della “malinconia giapponese”...beh può darsi sia la definizione giusta ma a me di solito la malinconia piace da buona dark...questa è una malinconia strana, fatta da riflessioni buttate lì come se chi parla avesse tutte le verità del mondo e della vita e si rassegnasse per finta ad essere come è e a non poter cambiare...è il credere a miti, leggende e filosofie antiche che sono parte della cultura giapponese millenaria (che peraltro da sola mi piacerebbe molto) ma intrisa e mescolata in un collage anche fatto male tra l’altro, con la modernità più spinta e audace e il voler essere avanti e alla moda a tutti i costi...è il progresso che passa sopra a tutto, compresi i principi che, in molte parti anche di questo libro, vengono tra l’altro tanto declamati ma poi sapientemente contraddetti...non so, in fondo è tutto questo che gira dietro alla narrazione a farmi tanto sfuggire da questi libri perché in fondo la storia sarebbe decente anche se non proprio avvincente visto che si riduce veramente a poche scene e momenti...
[3.5] Questo libro è stato una piccola carezza, intimo ed è infatti caratterizzato dal tono delicato e dalla tipica atmosfera contemplativa che contraddistingue l'autrice. La storia esplora i temi della fragilità emotiva, dell'amore e della guarigione interiore attraverso il viaggio della protagonista, che si muove tra relazioni profonde e riflessioni sul proprio passato. La scrittura è fluida e scorrevole, rendendo il libro una lettura piacevole e accessibile. Tuttavia, proprio questa semplicità narrativa potrebbe risultare limitante per chi cerca un coinvolgimento più profondo o un impatto emotivo più incisivo, che per esempio con me non c'è stato. Nonostante la trama prometta introspezione e sensibilità, il libro fatica a colpire davvero nel segno, lasciando il lettore con la sensazione che le emozioni evocate rimangano in superficie. I personaggi, seppur siano ben delineati, sembrano talvolta distanti, e questo ostacola l’empatia del lettore verso le loro vicende. In definitiva, Delfini è un romanzo che si lascia leggere con piacere, ma senza lasciare un’impronta indelebile.
I romanzi della Yoshimoto sono dal mio punto di vista sempre velati da una soffusa malinconia, gli stati d'animo dei suoi protagonisti non sono mai estremamente definiti, è come se una leggera nebbia aleggiasse nella storia. In questo romanzo delicato però la "nebbia malinconica" , che io intravedo nelle opere della Yoshimoto, ha lasciato spazio ad una luce sempre più viva che ha portato la protagonista Kimiko ad una rinascita ed ad una nuova consapevolezza di sé. Diverse sono le tappe di questa rinascita, una storia d'amore incerto, il rifugio in un tempio e l'incontro con una donna speciale e poi il superamento delle proprie paure. Attraverso un percorso introspettivo la protagonista riuscira' a completare il suo viaggio e a rinascere proprio nel momento in cui una nuova vita si affaccia al mondo. Un romanzo delicato, metaforico ed onirico che mi ha lasciato un senso di pace e serenità.
Audiolibro scelto alla cieca che mi ha accompagnata per un paio di volte durante le pulizie di casa. Per me, una mezza tragedia.
È scritto in prima persona ma, a conti fatti, la protagonista resta distante. A volte butta lì riferimenti a cose anche molto gravi della propria vita senza mai spiegarle davvero, giusto come campanello a vuoto per l'attenzione del lettore.
Anche gli altri personaggi sono del tutto insipidi e non mi hanno lasciato nulla, se non un senso di fastidio per le cose "comode" alla trama ma estremamente poco plausibili che li accompagnano.
La vicenda è stata di una piattezza totale. L'ambientazione anche. Quando ho scelto il titolo speravo in qualche informazione riguardante il tempio sul mare e quindi il contesto culturale. Niente di tutto ciò.
La Yoshimoto io la trovo sempre molto delicata nel descrivere sensazioni e stati d'animo. Riesce a comunicarmi quello stato di sospensione, quel saper ascoltare i segnali che ci vengono da dentro, quell'interpretare la quotidianità come qualcosa di più alto e spirituale. E' decisamente affascinante tutto questo, tanto da fare in modo che a cadenze regolari io abbia bisogno di calarmi nelle sue atmosfere. Questo romanzo non l'ho trovato particolarmente riuscito. A tratti fa breccia, ma in altri si spegne in maniera scontata senza penetrare a fondo negli stati d'animo appena accennati. Comunque, tutto sommato una lettura lieve che ha segnato la fine del mio viaggio in barca. Finito nella baia di Arzachena ad una temperatura torrida che toglieva il fiato.
La scrittura lieve e fatalmente positivista della Yoshimoto incontra il miracolo della maternità. Al di là di tutti i possibili commenti dettati, come sempre, dal vissuto di ciascuno su questo angomento, spenderei invece qualche parola su come è stato dipinto il rapporto "a tre" di Kimiko, Gorō e Yukiko. Si viene infatti accompagnati, in modo naturale e indolore, in questa sorta di passaggio di consegna di un uomo tra due donne senza scadere in situazioni classiche di rancore, gelosia, possesso. Nel migliore dei mondi possibili i sentimenti si possono anche spiegare e, semplicemente, capire. Chapeau!
Mi aspettavo un po' di più da questo libro sinceramente. Non so perché, ma si presenta in modo davvero diverso. Si presenta, ai miei occhi, forse come un libro più "completo", un libro che racconta un po' di più. Invece no. Conosciamo solo la gravidanza della protagonista, le emozioni e sensazioni che le provoca, e anche qualcosa del padre. Però non so, sembra mancare di qualcosa, non so nemmeno dire cosa.
Ma solo io penso che la trama nella quarta di copertina sia un grande spoiler?
Comunque rispetto ad altri lavori di Banana che ho letto questo non è stato né tanto peggio né tanto meglio. Mi aspettavo delle ambientazioni malinconiche e mistiche. Il rapporto tra lei e Goro mi è piaciuto molto, la voce di due outsider in un Giappone ancora tradizionalista. Li ho trovato entrambi maturi e razionali. Molto pragmatici.
Primo libro della Yoshimoto e non siamo partite con il piede giusto mi sa. Racconto di una banalità assurda: resta incinta di un trombamico, due tre paranoie nel mezzo condite con un paio di delfini, poi ha partorito serena perché il trombamico era ancora lì, paranoia finale e stop. Due stelle e non una perché comunque la scrittura è fluida e lineare.
This entire review has been hidden because of spoilers.
Un po' di maschilismo interiorizzato (che in qualche modo è tipico della società giapponese) e qualche considerazione che mi ha lasciata perplessa. Famiglia, affetti e imposizione sociale sono alcuni dei temi trattati in Delfini, non tutti tipici di Yoshimoto. Non l'ho trovato tra i suoi lavori più interessanti.
Banana Yoshimoto o la si ama o la si odia, di solito. io non so se veramente la amo, la sua semplicità narrativa, very made in japan, a volte la trovo irritante e noiosa, ma alla fine chiudo tutti i suoi libri con un sorriso, come è successo con questo piccolo racconto di vita....
Libro tenero, dolce e a tratti pungente. Kimiko è come se raccontasse la sua storia tramite un diario, ricco di vita vissuta alla giornata che percepisce cambiamenti forti e unici nella loro complessità. La gravidanza combinerà prospettiva di vita e lei diventerà ancora più unica e dolce.
Dopo un terzo del libro ho abbandonato la lettura. Proprio non riuscivo a sopportare la protagonista, soprattutto per il modo in cui tratta le persone a lei vicine (definisce stupida (!) e viziata sua sorella solo perché la sua vita ha seguito un corso differente e magari più facile del suo).
Sono partita con molte speranze, mi piaceva l'idea del sognare delfini aspettando la nascita di una vita dal grembo della protagonista...ma mi sono ritrovata a sentir parlare di tassidermia.... Peccato.