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192 pages, Paperback
First published January 1, 1977





«One night last September my brother phoned from San Elmo to report that Mama and Papa were again talking about divorce.
“So what else is new?”
“This time it’s for real,” Mario said.»
This is a wonderful novel, whose main character is Nick Molise, a retired construction worker, always fighting with his wife and his sons, incapable of accepting his old age and the limits it took with. The bottom line: the story could be summed up as "a trip with dad", Nick and Henry Molise, father and son, back together in an attempt to deliver on the last construction operation of the old builder. An unfortunate business, this one, for the 50-year-old writer Henry (John Fante in person if we read this novel with the autobiographical mode on). The last wish of the "old drunk bastard", as Henry often calls him talking to his mother or brothers, is a cockeyed feast of dust and sweat. All accompanied by the good Chianti wine of Angelo Musso.
The writing of Fante is the most beautiful thing a reader could ask for: direct and imaginative.
Vote: 9

«Una sera, lo scorso settembre, telefona mio fratello da San Elmo per informarmi che mamma e papà avevano tirato in ballo un’altra volta la faccenda del divorzio.
“Bè, che c’è di nuovo?”
“Stavolta fanno sul serio” disse Mario»
Romanzo stupendo, il cui protagonista è senza ombra di dubbio Nick Molise, muratore in pensione incapace di accettare la vecchiaia ed i limiti fisici che si porta dietro, in perenne contrasto con la moglie ed i suoi quattro figli. In soldoni, la storia si riassume in una sorta de "in viaggio con papà", Nick ed Henry Molise, padre e figlio, di nuovo insieme nel tentativo di portare a compimento l'ultima opera edilizia del vecchio muratore. Un compito disgraziato questo per Henry, scrittore oramai cinquantenne, John Fante in persona se leggiamo in chiave autobiografica. L'ultimo desiderio del "vecchio bastardo ubriacone", come lo definisce spesso il figlio parlando coi fratelli o la madre, è uno strampalato tripudio di sudore e polvere. Il tutto accompagnato sempre dal vino buono di Angelo Musso, s'intende.
La scrittura di Fante è quanto di più bello un lettore possa desiderare: diretta e immaginifica.
Voto: 9.
Henry Molise, a 50 year old, successful writer, returns to the family home to help with the latest drama; his aging parents want to divorce. Henry's tyrannical, brick laying father, Nick, though weak and alcoholic, can still strike fear into the hearts of his sons. His mother, though ill and devout to her Catholicism, still has the power to comfort and confuse her children. This is typical of Fante's novels, it's autobiographical, and brimming with love, death, violence and religion. Writing with great passion Fante powerfully hits home the damage family can wreck upon us all.This is one of those novels that strolled right into the realms of classic excellence without even planning to do so.

Capriccioso, rumoroso, profittatore della pazienza altrui, quasi sempre sbronzo, a San Elmo poteva starsene a briglia sciolta, e la sera la gente lo sentiva caracollare verso casa lungo le strade deserte, producendosi in pessime versioni di ’O sole mio. Nella tranquillità dei loro letti, i concittadini dicevano: «Ecco qua il vecchio Nick», e sorridevano, perché Nick era ormai parte delle loro vite.
Dicevano tutti così – questo è il punto – tranne i suoi figli […]
Ero anch’io un padre, ma non volevo quel ruolo. Volevo tornare indietro nel tempo, quand’ero piccolo e mio padre girava per casa, forte e rumoroso. Fanculo la paternità. Non ci ero tagliato. Ero nato per fare il figlio.
Poi accadde. Una sera, mentre la pioggia batteva sul tetto spiovente della cucina, un grande spirito scivolò per sempre nella mia vita. Reggevo il suo libro tra le mani e tremavo mentre mi parlava dell’uomo e del mondo, d’amore e di saggezza, di delitto e di castigo, e capii che non sarei mai più stato lo stesso. Il suo nome era Fëdor Michailovič Dostoevskij. Ne sapeva più lui di padri e figli di qualsiasi uomo al mondo, e così di fratelli e sorelle, di preti e mascalzoni, di colpa e di innocenza. Dostoevskij mi cambiò. L’idiota, I demoni, I fratelli Karamazov, Il giocatore. Mi rivoltò come un guanto. Capii che potevo respirare, potevo vedere orizzonti invisibili. L’odio per mio padre si sciolse. Amavo mio padre, povero disgraziato sofferente e perseguitato. Amavo anche mia madre, e tutta la mia famiglia. Era tempo di diventare uomo, di lasciare San Elmo e andarmene nel mondo. Volevo pensare e sentirmi come Dostoevskij. Volevo scrivere.
Avevo un mio talento per i pianti. Mi aveva procurato svariati riconoscimenti nel corso della vita, e anche qualche fastidio. Quando le tue debolezze sono la tua forza, che fai? piangi. Dal momento che il pianto semina sconcerto, la gente non sa come prenderla; sono lì che magari si aspettano un’esplosione di violenza e d’un tratto tutto svanisce in una pozza di lacrime. Piansi alla prima comunione. Le mie lacrime ebbero ragione di Harriet e così alla fine lei mi sposò. Senza lacrime non avrei mai potuto sedurre una donna; con le lacrime non mi andò mai buca. Era una cosa che devastava il cuore delle donne alle quali non andavo a genio e che, in seguito, avrebbero voluto uccidermi perché le avevo fatte soccombere. Piangevo persino mentre scrivevo cose melanconiche. E più invecchiavo, più piangevo.