"Piccolo Karma" è la cronaca in presa diretta delle faccende minute, riprese in brevi sequenze di minuti (da cui la definizione di "minutario"), della vita di Carlo Coccioli durante un mese trascorso nella casa di San Antonio in Texas nel 1987, quando lo scrittore decide di concedersi per la prima volta il respiro lieve e pindarico del frammento. Questa tranche de vie scorre, ora gioiosa, ora malinconica, attraverso le semplici cure quotidiane, tra giardini fioriti e cieli sereni, piante, cani, uccelli e formichine, amici e vicini cordiali; shopping, telenovelas e ogni altra manifestazione di una modernità sobriamente familiare. Approdato alla prospettiva buddista, Coccioli osserva il gioco del karma con attenzione pura e gentile, spesso divertita, ma il nuovo abito mentale non spegne in lui l'antica ossessione teologica che lo spinge a cercare la mano di Dio ovunque, fin nelle cose più improbabili.
Nato a Livorno nel 1920, laureatosi a Roma nel 1943, Carlo Coccioli si è specializzato in religioni orientali e in lingue e letterature camito-semitiche. Ha partecipato alla Resistenza ed è stato decorato con la medaglia d’argento al valore. Ha pubblicato il suo primo romanzo a Firenze, dove viveva, nel 1946. Nel 1949 si è trasferito a Parigi e nel 1953 a Città del Messico, dove è scomparso nel 2003. Autore di un’opera vasta e multiforme, composta in tre lingue e tradotta in tutto il mondo, può essere a buon titolo considerato uno dei maggiori scrittori italiani del ’900. Fra le altre sue opere ricordiamo almeno: Fabrizio Lupo, L’erede di Montezuma, Le corde dell’arpa, Documento 127, Uomini in fuga, Davide, Requiem per un cane, La casa di Tacubaya, Piccolo Karma, Budda e il suo glorioso mondo.
«L’idea di pubblicare un libro in cui in una pagina si legga ‘di argento’ e in un’altra pagina si legga ‘d’argento’ (triste esempio!) mi sgomenta. L’italiano con le sue licenze, con le sue disinvolture, è una lingua particolarmente impossibile. Io vorrei una lingua rigorosa, quasi perfetta, una lingua, perché non dirlo?, vicina all’assoluto. Ma scrivo la più relativa, la più infelice delle prose: approssimativa, tentennante. Vorrei una lingua matematica e che cosa ho?: questa miseria che scrivo!» In questo libro ho notato una curiosa oscillazione fra tensione verso l’assoluto, verso l’assoluta perfezione (espressa talvolta anche in forme un po’ ingenue e attraverso idiosincrasie, come nell’esempio riportato) e sguardo attento nei confronti delle minuzie della vita, che inevitabilmente violano le norme della grammatica e del buon gusto. I due atteggiamenti si contraddicono: astrazione e unità vs forma variegata della concretezza; serenità e distacco vs pietosa, fastidiosa fragilità umana (e animale); in qualche modo dialogano fra loro e si sorvegliano l’un l’altro, temperandosi a vicenda. Le riflessioni sul divino convivono con la fenomenologia delle telenovelas, la ricerca della trascendenza col piacere dello shopping… Il culmine, il punto di indifferenziazione si colloca verso la conclusione del volume, in occasione di un viaggio a Disneyworld, prima subìto poi apprezzato: «tutto si mescola e non è male che ciò succeda visto che Tutto è Uno. Lo affermano da quattro o cinquemila anni i pensatori dell’India, e da una trentina di anni lo ripete il teologo demiurgo Walt Disney». (Al di là del gusto per l‘accostamento provocatorio, questo giudizio rivela forse un rischio implicito nell’approccio di Coccioli: un livellamento verso l’alto delle esperienze, una sacralizzazione di ogni aspetto della realtà: non so quanto questo paghi da un punto di vista esistenziale, spirituale, artistico. Ma forse, davvero tout comprendre c’est tout pardonner.)
„Immaginare la fame di chi ha fame, la sofferenza di chi soffre, il freddo di chi è nudo, la solitudine di chi è solo: a conti fatti Dio è questo e il resto vale ben poco.” . “[…] perché non avere compassione dei Fuentes, Cortázar, Vargas Llosa, García Márquez, inutile vanità del defunto boom letterario latinoamericano? Forse è buona letteratura, non so, ma io non le trovo ragione di esistenza: vi è assente la preoccupazione estrema, l’unica che conti, quella del mistero dell’essere.” . Queste due frasi si trovano alla stessa pagina di Piccolo Karma di Carlo Coccioli, e la mia condivisione per la prima è tanta quanta l’indignazione verso la seconda. Per tutta la lettura ho provato sensazioni in perfetta contraddizione: sottolineavo passaggi che trovavo illuminanti, profondi, interessanti spunti di riflessione sulla religione e sull’esistenza, per poi sottolineare frasi arroganti, superbe, incondivisibili, ai cui margini ho appuntato lauti “bah!”, “ma sei serio?” e “COSA STAI DICENDO?”. Avrei avuto bisogno di due diverse matite colorate, per spaccare a metà questo libro che non riesco a definire, che mi lascia così contrariata e interdetta. . Coccioli è un autore italiano dimenticato, scoperto in una puntata di Copertina, podcast di storielibere.fm. Leggo in un articolo che è stato un precursore dei suoi tempi, “un caso letterario in Francia, in Messico, per alcuni quasi uno spirito guida, un guru”. Tondelli parla di Piccolo Karma come di un capolavoro. Poi dici che uno si incuriosisce, vorrei vedere! Delusione palpabile. Forse quello che sto provando è semplice, sana antipatia: per la sua totale mancanza di umiltà, per il suo elogio al popolo statunitense, per la scarsa considerazione che ha di alcuni degli autori stimo di più (e qui, si sa, è come quando offendono mamma) Peccato. Cercherò di conservare solo ciò che nella mia testa ho sottolineato in blu, e farò cadere nell’oblio tutte le frasi arancioni (sì, colori complementari, Bene-Male, Yin-Yang, Bla-Bla, banalissimo riferimento al karma per chiudere il cerchio)
(Primo tempo) È incredibile quanto stia imparando da un libricino come “Piccolo karma” di Carlo Coccioli. Ne ho lette solo poche pagine, ma sono già d’accordo con Pier Vittorio Tondelli che lo considerava un capolavoro. Lo stesso Tondelli è l’unico dal quale abbia avuto qualche notizia di questo singolare scrittore. E tra le decine di libri pubblicati da Coccioli, “Piccolo karma” è l’unico che ho trovato in libreria. Le ragioni sono tante. Innanzitutto l’autore si è esiliato volontariamente dal nostro Paese e trascorre la maggior parte del suo tempo in Messico. In Italia, a causa delle sue idee (è uno dei pochi che ha il coraggio di affermare che il Cristianesimo è una religione fondata sul Male e sulla paura), è uno scrittore scomodo, e quindi snobbato. In America Latina invece è molto letto e stimato.
Conosce e scrive correntemente in tre lingue: spagnolo, italiano e francese. Ha una cultura sterminata: nel romanzo che sto leggendo, ad un certo punto, dichiara che intorno ai cinquant’anni poteva stimare di aver letto qualche decina di migliaia di libri! L’aspetto interessante è che questa erudizione è maturata in uno stile semplice e fluido. Se poi siete interessati al Buddhismo e alla dottrina del karma, questo è un libro che dovete assolutamente leggere. Sarà una scoperta anche per voi. È un diario minimo, fatto di cose piccole, apparentemente insignificanti, ma che in realtà trasmette più profondità di un trattato filosofico. Nella sofferenza, nella noia, nella frustrazione ci sono le chiavi per la nostra redenzione. In un taccuino di Luigi Pirandello, ritrovato di recente, c’era questa annotazione:
“Ricordarsi sempre del cielo, sopra il soffitto”.
* (Secondo tempo) La dottrina del karma dice che la nostra vita attuale è il risultato delle azioni delle nostre vite precedenti. Nella stessa misura le azioni del nostro presente quotidiano influenzeranno le nostre incarnazioni future. Tutto questo è vagamente inquietante. Tuttavia anche se assomiglia al fatalismo è cosa ben diversa. Tutto quello che ci succede è il risultato della condotta di un passato, più o meno lontano. Quindi l’atteggiamento più sensato è quello dell’accettazione, soprattutto delle situazioni difficili, perché, come la sofferenza, sono il prezzo del karma negativo (che comincia sempre con la rabbia e con l’odio) che abbiamo accumulato precedentemente, quasi sicuramente in maniera inconsapevole. Se coltiveremo l’accettazione, arriveremo al non-attaccamento, che è il presupposto della tranquillità mentale. Solo allora l’impermanenza di ogni cosa (la caducità, l’evidenza che nulla dura per sempre) può essere compresa pienamente. Quella buddhista è una condotta di vita difficile, ma che porta molti frutti. Tuttavia fino a qualche tempo fa la mia comprensione delle sue dottrine era rimasta ingenua.
Nonostante mi sforzassi, la legge del karma lasciava dentro di me poco spazio alla speranza. E la speranza per un uomo, per ogni uomo, è qualcosa di importantissimo, di fondamentale. Significa essere sicuri dell’efficacia delle proprie azioni, sapere nel proprio cuore che prima o poi i nostri sforzi saranno ricompensati. La fiducia in se stessi non può esistere senza questo tipo di speranza. Ebbene, la lettura di alcune righe di Carlo Coccioli mi ha tolto un peso enorme: acquisendo molto merito, quindi accumulando karma positivo, facendo del bene a seÌ e agli altri, è possibile liberarsi, raggiungere l’illuminazione in questa stessa vita. Prima questo particolare non mi era chiaro. Credevo che fosse una prerogativa del Buddha. Invece ogni uomo può elevarsi incredibilmente nell’arco di una sola vita, può diventare tutt’uno col Buddha. Dipende dalle sue azioni, dai suoi sentimenti, dai suoi pensieri. È molto difficile, comunque non è una bella notizia?
L’altro dubbio che avevo riguardava la crocifissione del Cristo. La croce è un bellissimo simbolo: è l’incontro della linea verticale, che sta a rappresentare il cielo e Dio, e la linea orizzontale, che sta a rappresentare la terra e l’uomo. Ma il significato del sacrificio di Gesù Cristo crocifisso, nel profondo, mi era sempre sfuggito. In che senso Lui si è dato per noi, ci ha salvato? Ancora una volta Carlo Coccioli mi è venuto in aiuto. In Oriente i grandi uomini di spirito si dice che abbiano dei poteri che sono l’esatta derivazione del loro incredibile altruismo. Alcuni santoni o guru sono in grado di farsi carico delle sofferenze altrui, non solo a livello spirituale, ma anche fisico. Cioè se qualcuno ha la febbre alta o dolori alle ossa il santone può assumerli su di sè al posto del malato, che avrebbe in questo modo un emendamento dal suo karma. Naturalmente il santone deve essere forte nel corpo e nello spirito in maniera eccezionale. Ecco spiegato il senso del sacrificio di Cristo sulla croce: Egli ha assunto su di sè non solo i peccati, ma anche le sofferenze degli uomini. Forse senza quel gesto il mondo oggi sarebbe ancora di più brutale e corrotto. Il Male è indubbio che sia ancora presente intorno a noi, ma forse può essere spiegato col fatto che il Signore col suo gesto ha voluto soprattutto darci un esempio. Può darsi che non ci abbia liberati di tutto il male possibile, per darci la possibilità di farlo noi stessi, con le nostre azioni. Ma quanti oggi si sforzano di comprendere il significato del crocifisso? La gente che lo porta al collo, lo indossa come fosse un gioiello. Quello che succede nelle messe non è molto diverso. Le chiese mi piacciono soltanto quando sono vuote. La maggior parte della gente che le frequenta di domenica mi disturba. Non è in grado di capire cosa ci sia al di là della forma. Il sangue di Cristo è un bicchiere di vino, il corpo di Cristo un pezzo di ostia o di pane. Chi si professa cristiano non dovrebbe considerare l’Eucaristia una metafora, bensì un’identità. È un atteggiamento che condividono tutti i grandi uomini di spirito: ogni cosa che susciti compassione non è come Dio, è Dio stesso.
* (Terzo tempo) Ho appena finito di leggere “Piccolo karma” di Carlo Coccioli. Questo è il primo libro che leggo di Coccioli, o sarebbe più corretto dire il primo libro che mi è riuscito di trovare. Infatti, della trentina di volumi scritti dall’autore, in Italia circolano soltanto tre o quattro titoli. Si tratta di uno scrittore singolare, con idee apparentemente provocatorie e impopolari, che non risparmia, schifato della volgarità del Belpaese, nemmeno la chiesa cattolica. È per questo che vive in un esilio volontario a Città del Messico ed è snobbato e dimenticato nel nostro. Ma è un grande maestro della penna, erudito, trilingue, che scrive libri soltanto apparentemente semplici, ma che in realtà nascondono una grande saggezza e una profondissima meditazione sulle cose della vita, specie quelle piccole. Nelle intenzioni questo libricino, che l’autore chiama minutario perché scandito in minuti, doveva essere privo di pretese, volutamente superficiale, una semplice registrazione dello scorrere delle ore nella sua casa a San Antonio in Texas. Invece, nonostante gran parte dei suoi preziosi libri di riferimento si trovi a Città del Messico, la sua cultura ha la meglio e si insinua persino nelle pieghe del quotidiano. E le note si riempiono di citazioni e rimandi ad altri libri, anche scritti da lui. In quella casa, periodicamente invasa dai bachi del vicino albero di gelso che cresce in giardino, con la compagnia di Fiorino, un vecchio cane da guardia, e di un giovane inserviente messicano, guarda le telenovelas latinoamericane in televisione, pensa a Oliver, il suo primo cane, morto in un incidente stradale, e ai libri che ha scritto e che ha lasciato in sospeso. Tra un’attività e l’altra la quotidianità è rotta delle telefonate degli amici sparsi per il mondo e dalle occasionali visite ai centri commerciali. Il collante di tutte le piccole cose che descrive è il Male di vivere, onnipresente, che però si traduce nell’espressione della legge del karma. La vita è sofferenza, però deve essere accettata in quanto karma. È l’espiazione di un debito contratto nel passato o in una vita precedente. Accettare il proprio karma non significa lasciarsi andare, bensì comprendere sino in fondo le ragioni del proprio cammino e dei propri errori. Solo in questo modo, il qui e ora, la consapevolezza, diventa un’esperienza mistica. Il diario si chiude con il resoconto di un viaggio al Disney World di Orlando, che diventa la metafora dell’attraversamento di piani di realtà differenti. “Piccolo karma” è un libro sorprendente per come riesce a dimostrare che l’evoluzione spirituale è possibile anche in una cultura pop come la nostra e in un mondo globalizzato. Un libro che sembra amaro e pessimista ma che invece è pieno di speranza e ottimista. Il lamento del male e della noia è in realtà un inno alla meraviglia e alla compassione.
* (Quarto tempo) A qualche giorno dalla fine del libro di Coccioli, cominciano a tornarmi i conti sul karma. Il Male esiste, quindi bisogna accettarlo. Perché? Perché è un debito da pagare. Ma è anche una fonte d’insegnamento. Il Signore ci ha lasciato la sofferenza perché potessimo imparare dalla sofferenza, ci ha lasciato il Male perché potessimo trarre il Bene dal Male. È davvero possibile trarre il Bene dal Male? Sì, e questo processo si chiama crescita, consapevolezza, Dharma. È per questo che la metà nera del Tao ha un puntino bianco.
* (Ps: All’epoca in cui scrissi queste note Carlo Coccioli era ancora vivo. Adesso è qualche anno che se n’è andato. È successo d’estate. I quotidiani e i giornali hanno dato un piccolo spazio alla notizia. E la gente quasi non se n’è accorta. Non era un attore di Hollywood e non ha avuto una morte spettacolare come quella di Lady D. Era un grande scrittore che, come Salinger, aveva scelto con grande dignità una vita semplice e ritirata. L’unica cosa che conta sono i libri che ha scritto e che la gente dovrebbe leggere).
pag. 09: “Hoy es martes, por lo que sería prudente que no empezara nada, y menos un diario íntimo.”
pag. 32: “But when my glass shows me myself indeed, / beated and chopp'd with tann'd antiquity, / mine own self-love quite contrary I read; / self so self-loving where iniquity. / It is thee, myself, that myself I praise, / painting my age with beauty of the days. - Pero vamos: ¿yo anciano? Yo tengo veintiocho años.”
pag. 33: “Descubro que algunos aspectos de lo mexicano son algo así como un Japón un poco “venido a menos": y aludo no a las cualidades del corazón y de la sensibilidad, sino a la consecuencia de una lejanía del origen: fenómenos de periferia.”
pag. 88: “Aprecio la palabra fairness con su rica gama de significados: imparcialidad, justicia, y también belleza, y hasta blancura.”
pag. 102: “He rezado por mis muertos queridos, todos ellos a tal grado ligados a mi vida que ésta ya no ha sido la misma desde que se han ido.”
pag. 161: “El aburrimiento nos defiende contra la rapidez del tiempo; en tal medida nos prolonga” quite the contrary dear
pag. 165: “Hay que tener el valor de amar mucho estas cosas aun con la certeza de que las dejaremos pronto.”
💫 1/5 - sisisi, you're obsessed with Borges ya te vimos. wanted to dnf this sooooo bad!! dos cosas aprendi: 1 no one gets over a passing pet (te quiero mucho oliver y el que estes en la contraportada del libro casi me hace llorar) y 2 Coccioli and I could neveRRRR engage in a conversation (basta de meter tus incertidumbres religiosas cada cinco segundos)
questo è il primo libro di coccioli che leggo, l'avevo scoperto grazie a "un weekend postmoderno" di tondelli, che ne tesseva gli elogi.e, a giudicare da questo diario minimo, ne aveva tutte le ragioni: l'autore riflette sulla sua vita e sul senso della vita, sul suo buddismo e sul senso del sacro, sull'america (vista con occhi autentici, senza esaltarla ma senza neanche dar critiche a priori, anzi esaltandone gli aspetti meno evidenti) e il messico, la sua narrativa e la narrativa in genere, e poi descrive con candore e intelligenza al tempo stesso aspetti di "cultura bassa" (le telenovelas -guardava "dancing days"!! e "topazio"!!! chi è cresciuto negli anni '80 SA e ricorda bene...- e il wrestling e, verso la fine, disneyland) che probabilmente avrebbero fatto inorridire altri "intellettuali" ma che lui sa rendere degni di interesse. avercene, di scrittori così: e il fatto che nulla di suo sia reperibile sugli scaffali è uno scandalo
E' il primo libro che leggo di Coccioli e sento che non era quello giusto da cui partire. Il Minutario è una sorta di diario che Coccioli scrive durante un soggiorno in Texas, arricchito vivamente da riflessioni teologiche ed esistenziali. La quotidianità di uno scrittore arrivato che cerca di trovare una definizione di "karma", fra osservazioni originali e citazioni "a memoria" come spesso egli scrive. Il pregio maggiore è quello di portare una riflessione aperta al lettore con uno stile encomiabile e sensibile. La pecca principale è la mancanza di un filo narrativo da seguire, facile trappola in cui cade l'autore che scrive un diario. Questa struttura ha reso la lettura interessante solo a tratti, senza mai portare ad un coinvolgimento vero e necessario.
Diversamente da libri come "Una cosa divertente che non farò mai più" di DFW che invece segue personaggi e situazioni in modo più partecipe.