«Questo romanzo mi ha tenuto incollato come non succedeva da un sacco di tempo, perché dentro c'è la Napoli di oggi in una narrazione che non si rassegna alle semplificazioni. » ZEROCALCARE
Chi cerca di dimenticare il passato è condannato a riviverlo in eterno, e non c’è luogo dove si possa rifugiare. È il destino di Vincenzo, che da dieci anni si è nascosto in una casetta sul porticciolo di Bacoli, a trenta chilometri da Napoli, lontano da qualunque luogo o persona potesse ricordargli chi è stato e cosa ha fatto. Ma incubi e allucinazioni non hanno smesso di tormentarlo; né l’amicizia di Antonio, un pescatore che se l’è preso a cuore come un figlio, basta a lenire il suo dolore. È pazzo, dicono di lui… e potrebbero pure avere ragione. Una mattina, mentre beve un caffè al bar, un uomo gli si avvicina. È un avvocato, spiega, e lo manda Giovanni Testa, amico di vecchia data, in carcere da anni, verso il quale Vincenzo ha un antico debito morale. Il figlio di Giovanni è morto qualche giorno prima, si è lanciato dal tetto di una chiesa. La moglie lo aveva lasciato, si mormora in giro, ultimamente stava male, era depresso. Ma il padre non crede al suicidio e chiede a Vincenzo di tornare in città, di indagare per conto suo. E così, dopo aver cercato per tanto tempo di scappare dalla verità, sarà costretto a rincorrerla e a sbatterci contro. Con un personaggio che porta un elemento di novità nel panorama del noir italiano, Giancarlo Piacci scava nell’anima di Napoli e delle sue esistenze sgualcite per raccontare non solo le contraddizioni invisibili ma soprattutto quelle che abbiamo sotto agli occhi e ci ostiniamo a ignorare.
Bello, veramente bello. Piacci è un libraio di Napoli che sicuramente leggendo tanti libri ha maturato uno stile ma soprattutto una voglia di leggere "una storia" che passasse dalla Marsiglia di Izzo, ai difetti dell'umanità di Longo alla casualità Simenoniana. Ha pochissimi difetti questo libro e ha tanti pregi, tra tutti quello di farti innamorare di personaggi come pochi altri libri (di questo genere, anche se questo è più un noir "sui generis") sono riusciti a fare. Sullo sfondo Napoli, la speculazione edilizia, la violenza sulle donne. Insomma, abbiamo un nuovo grande autore, speriamo di leggere altro presto.
I santi d’argento è un romanzo che apre molti spunti di riflessione: sulla complessità di bene e male, sulla difficoltà di esorcizzare i demoni interiori, o di perdonare a noi stessi i nostri sbagli. In questo periodo faccio un po’ fatica a concentrarmi sulla lettura, ma ho finito questo libro in pochi giorni, perché è davvero scorrevole e avvincente, ed è difficile staccarsene. È una storia in cui si mescola il genere noir — un’indagine su una morte sospetta — con la storia personale del protagonista, che è un percorso di redenzione. Vincenzo infatti vive da anni in un borgo marinaro a diversi chilometri da Napoli. Qui conduce una vita tranquilla, scandita dalle piccole abitudini quotidiane, come l’amicizia del vecchio e saggio pescatore Antonio o il progetto di sistemare una barca. Ma la tranquillità è solo apparente: i fantasmi del suo passato continuano a tormentarlo, e solo gli alcolici e le medicine riescono a tenerli un po’ a bada. Finché, come sembra inevitabile, il passato lo raggiunge anche lì, sotto diverse forme. Una di esse è un uomo che si presenta al bar per fargli una richiesta difficile per conto di un vecchio amico: tornare a Napoli e indagare sulla morte di Raffaele Testa, che Vincenzo non ha mai conosciuto, ma è figlio di Giovanni, un uomo verso il quale ha un debito impossibile da estinguere. La morte del giovane, caduto dalla finestra di una chiesa, sembra a tutti gli effetti un suicidio, tantopiù che molti tra i suoi conoscenti parlano di problemi depressivi, in seguito alla separazione dalla moglie Diana. Vincenzo torna così a casa di sua madre, in un vicolo povero di Napoli, con l’idea di starci qualche giorno e fare almeno un tentativo, per il debito che ha verso Giovanni, e poi poter chiudere la storia ammettendo di non essere in grado di svolgere il compito impossibile per il quale l’amico, in carcere da anni, ha scelto proprio lui. Fin da subito però si trova in mezzo a pericolosi intrighi di quartiere e strane reticenze, che sembrano suggerire che la verità su quella morte sia ben diversa. Ad aiutarlo nelle indagini c’è Stefano, detto Bart, amico di Raffaele, un soggetto poco raccomandabile, che può essere un prezioso alleato o un potenziale pericolo. Tutti questi personaggi si muovono sullo sfondo di una Napoli — altra grande protagonista del romanzo — che sembra essere divisa in due anime: quella chiassosa, moderna e di facciata, fatta di attrazioni turistiche e grandiosi progetti edilizi, e quella più nascosta, fatta di persone che sono cresciute nei suoi vicoli malfamati, e che ancora si aggrappano con le unghie alle loro vecchie case e a una città che solo loro comprendono fino in fondo. Vincenzo continua a sperare di tirarsene fuori in fretta, ma una volta che si è fatto coinvolgere diventa difficile uscirne, perché anche solo fare troppe domande nel posto sbagliato può attirargli dei nemici mortali. Inoltre ha la speranza che trovare una qualche verità possa aiutarlo a sentirsi meglio con se stesso, a rimettere un po’ d’ordine nella propria vita. Il problema è che la verità è spesso complicata, e assume diverse sfumature a seconda dei punti di vista. È un romanzo che mi è piaciuto fin da subito, per molti motivi. L’ambientazione è resa in modo vivido, realistico e coinvolgente, mai banale. Il protagonista è un anti-eroe tutt’altro che perfetto ed è descritto molto bene nel suo annaspare per cercare di fare la cosa giusta, nonostante le molte difficoltà personali, nella sua ricerca disperata di un salvagente che lo tenga a galla nella tempesta che è diventata la sua vita. La trama lascia filtrare le informazioni sul passato difficile di Vincenzo e sull’indagine in corso in modo graduale, mantenendo quindi sempre viva la curiosità e l’attenzione. Lo stile è semplice e molto immediato, ma non per questo rinuncia a riflessioni più profonde e letterarie, e sa rendere con poche parole ben scelte un intero luogo o un carattere. Al di là che si ami o no il genere specifico, è un romanzo dalla trama non scontata, ben scritto ed emozionante.
Una Napoli dal cuore nero e la faccia ripulita vi aspetta tra le pagine di questo noir.
Nella ricerca della verità sull'apparente suicidio di Raffaele Testa, il protagonista si muove tra i bassi e le strade napoletane lasciando trasparire un odio-amore fortissimo verso una città dalle mille facce che continua ad avvincere.
Lui, macchiato da un passato scioccante, tenta di fare chiarezza su questo mistero in apparenza a lui lontano che in realtà è legato ai suoi trascorsi.
Vincenzo ha un unico punto fermo: la sua casetta a Bacoli dove il mare lo riappacifica con la vita e gli permette di sopravvivere ai suoi errori passati. Personaggi caratteristici, complessi e con tanti lati oscuri gli ruotano intorno.
La figura femminile della madre, che rappresenta una delle caratteristiche donne partenopee (schiena d'acciaio e capacità di soffrire senza lacrime) mi ha particolarmente colpito, mentre ho fatto talvolta fatica a seguire i vaticini mentali del protagonista.
Un pezzo da non perdere per chi è appassionato di gialli e noir targati Bel Paese.
Vincenzo è un quarantenne che ha dovuto ricostruire se stesso lontano da casa. Un giorno, però, viene riportato a Napoli dalla notizia della morte di Raffaele Testa, figlio di Giovanni, una sua vecchia conoscenza e si improvvisa detective, su esplicita richiesta del padre che gli chiede, per il tramite di terzi, di scoprire cosa sia successo al figlio. L'indagine informale sulla morte del ragazzo lo porterà a conoscere una serie di personaggi ambigui e al contempo multisfaccettati e a chiudere, finalmente, i conti col passato.
Romanzo d'esordio di un autore che è anche libraio, e che mi ha molto appassionata, sia per il genere, sia per la capacità di scrittura e la caratterizzazione dei personaggi.
Molto vicino alla scrittura di Izzo Jean Claude, che lo scrittore stesso ha dichiarato di leggere e di apprezzare.
Quanto ha influito la copertina di Zerocalcare per la lettura di questo libro? Abbastanza. Non tanto per il disegno, quanto più perché so che Michele è una grande fan del genere noir e hard-boiled, quindi se decide di realizzare una copertina per l'opera prima di un autore e sotto il titolo c'è scritto "noir" io mi ci butto tipo tuffo di testa. Beh sapete che c'è? Che questo libro è veramente scritto benissimo, è molto ben congeniato e racconta una Napoli agrodolce nella sua ruvida realtà. Un protagonista decisamente azzeccato, che come caronte accompagna il lettore nella sua personale discesa negli inferi. Inferi che tutti noi conosciamo e che troppo spesso ignoriamo o facciamo finta di non vedere/conoscere/sapere. Un bel libro insomma, che da il via a una serie che seguirò con gusto a attenzione.
Di una lentezza esasperante, con colpi di scena che mi hanno ricordato la canzone di Vasco Rossi “E…”, quando evidentemente a lui non veniva la rima e allora “e l’odore che hai.. mi ricorda qualcosa, VA BEH.. non sono fedele mai, ora lo so”.
L’autore mette in luce quello che già sappiamo ma che volutamente decidiamo di ignorare: la malavita. Storia particolare con un ritmo incalzante. I dialoghi e le frasi in napoletano hanno reso il racconto caratteristico.