Una novelette di Giovanni De Matteo - Premio Robot (2005), Premio Urania (2008)
Siamo in Medio Oriente, in un’immaginaria città della West Bank, la Cisgiordania occupata da Israele, che qui è anche il luogo di un’anomalia psicogeografica, un vortice temporale che porta epoche diverse a sovrapporsi sul cuore della Città Vecchia di Yass-Waddah.
Codice Arrowhead è un racconto sulla guerra, quando la guerra diventa una condizione mentale. Ed è un racconto sul cambiamento e sulle diverse velocità che le persone dimostrano nell’adattarsi al passo dei tempi. Deve molto a diversi grandi scrittori, di genere (Alan D. Altieri, Richard K. Morgan, Greg Egan) e non (William S. Burroughs, Jorge Luis Borges), senza la cui lezione non sarebbe mai stato scritto.
«L’unica cosa che aveva tenuto dalla vecchia guardia era stata la preferenza per la notte. I dintorni di Yass-Waddah erano sottoposti a uno stato di guerra ininterrotto ormai da più di mezzo secolo, tra occasionali promesse di pace che finivano irrimediabilmente tradite e successive recrudescenze del conflitto. Il coprifuoco assicurava agli stalker la copertura ideale, riducendo al minimo le possibilità di interazione con gli autoctoni delle ere passate e di quelle ancora a venire.
Ma tra gli abitanti ignari si nascondevano anche degli spettri. Ragazzi, per l’esattezza. Ragazzi selvaggi, come aveva iniziato a pensare Malin Kurylenko. Oppure mutanti, secondo la definizione usata sia dalla Madame, che dallo stesso Hofmannsthal.
Presso di loro aveva trovato riparo il comandante Hawksmore».
Tempo fa lessi da qualche parte che una possibile forma di intelligenza superiore si manifesterebbe inaspettata in luoghi insospettabili e potrebbe appartenere ad un piccolo roditore che vive in ambienti estremi.
Chissà che non siano quei bambini che vivono nei sotterranei di Bucarest ai quali istintivamente si vorrebbe fare da mamma?