Una stagione all'inferno. Dove l'inferno è l'io di chi racconta e insieme la scena, metropolitana, suburbana, in cui si muove, accompagnato dall'amico di sempre, Nutless e dall'amico alcolico e diabolico, Chinaski. Si procede muovendo dal centro verso l'esterno, dal chiuso di uno scantinato verso il quartiere e poi verso l'angoscia delle tangenziali, della piana "ipermercata", e verso un surreale interregno dove tutto può accadere. Oltre, vi è solo il viaggio, un viaggio lungo le strade defraudate di storia e di vita della "Balcanìa", verso i confini estremi di "Stanbùl", nelle taverne in cui la musica del rebetico riconferma vitalità e sconfitta. Epopea di perdenti, unica razza che ha potuto conoscere la grandezza e la bellezza.
…e con questa voce il primo impatto di immagini e ricami di parole. Cominciamo bene, sospiro tra me e me. Calma. Prendo un motivo e un colore e mi pongo in modalità ‘ascolto’. E bisogna farlo subito, saper leggere da subito Caposs, con l’enfasi giusta, urlando dentro pause-punti-virgole-sospensioni- ritmo…si danza dentro, con la sua voce interiore, questo lui vuole….e pausa e urlo e ancora. Ecco, sono appena alla Ouverture e già devo chiudere e già basta. Capisco subito quando mi toccherà lavorare e quanto, l’insieme. E già reagisco al titolo, d’istinto.....
************************ Non si muore tutte le mattine...
...e invece sì, si può. Io lo so. Insomma, ‘si sa’. E sono tante e diverse , tante quanti siamo. Memo per me: ho incocciato Caposs per cass (eheheh): tempo fa, in una delle mie innumerevoli e fantasmatiche ‘vite’, mi innamorai di un Poeta, ne fui riamata. Nella nostra testa e nel nostro cuore fummo insieme, per un breve tratto che è un sospiro ed eco di rime. Le poesie, nostre figlie, si moltiplicarono sino ad essere di tutti: noi no …e tra ereditati sassolini per la strada del ritorno a lui, al suo canto, ci fu un brano, questo:
Badate, non mi fu nemmeno dedicato e di ciò soffrii. Di ciò , virgola, soffrii. Cercai, ascoltai, riascoltai, ascoltai ancora e ancora e ancora, prima in spagnolo poi in italiano e qui, sulla mia lingua, incespicai e caddi: finalmente mi feci male. Lui avrebbe preferito anche questo:
E piansi, piansi e piansi ancora. E dissi addio e addio e addio ancora. Per sempre? E tornai piano dove fui felice, in me, su rupi a picco e mari tormentati fatti di ri-me. Non prima di essere stata percorsa e percossa dalla rabbia, dal dolore e dall’assenza, dal vuoto dei pensatori liberi che evitano di riempirlo del Nulla che fagocita e ti rende trasparente come medusa nel mare, come lacrime a nuoto, come bollicine saltellanti dopo ogni bracciata e una presa d’aria, come sei tu. Come Amore sterile. Come una lettura infinita. E non ho ancora finito, con lui, con IL poeta, né con questo libro, estenuante… Continua… ?
Mi pare un continuo parlare a se stesso, un rimuginìo interiore da folle sognatore. Si può chiudere la disperazione in un libro? Ce n’è in ogni capitolo una spruzzatina. Capitoli che, è vero, sono a se stanti, come scritti in epoche diverse in situazioni diverse, come fossero appunti di viaggio, uno di quelli cinici, realistici e scanzonati, con lo sguardo alla “sai che c’è? Me ne fotto, ma sono qui, ora e con te”. Intanto, si osserva ogni cosa, si pensa ogni cosa, si ‘buld-azzera’ l’individuo nel grigio della città e nel buio dei vicoli. Quello sguardo è nuovo, sai che lo è dall’insieme delle parole accostate tra loro, necessarie e ansiose di comunicare: le immagini stridono, certo, però nascono: questo E’. Ti affanni a inseguire tutti i personaggi citati…e poeti e musicisti ma anche quella prostituta, ma anche quella donna da amare ancora. Può, l’asfalto, fare da sottofondo, da guida e da compagno ? Sì. La strada canta, tra motel e luci e parcheggi. La strada attrae chi scrive e dona quell’attenzione maniacale da memoria fotografica per colonnine SOS, autobus,navi, auto e bar, scrivendo pagine cantate in un raduno di alpini o inventando mostri chiaviconi o cambiando il senso ai sensi, semplificandoli e radunandoli tutti in un unico cappello. Ho letto un po’ di recensioni anobiane: pare che questo sia un libro ostico, pare che vada letto a capitoli sparsi come devono essere i baci, un giorno sì e un anno no, meglio le canzoni si mormora. Forse poesia, forse cazzate, certo non letteratura ma penso che questo, tutto questo sia Vinicio : un viaggio, in viaggio fino alla fine del mondo dove perdersi E’ ritrovarsi meravigliandosi e nascondendosi. Vinicio nel paese dei…beh, a quanto ascolto vi è già arrivato: e continua.
C'ho provato ma non ce l'ho fatta a finirlo e mi sono fermato a metà. Troppo lento, prolisso, sconclusionato. Un'insieme di pensieri scollati tra di loro, messi in un secchio e gettati su dei fogli di carta senza alcun criterio. Anche le storie sono senza alcun nesso, poi magari verso la fine si raggiungerà un'idea finale, ma fino a qui la lettura è davvero pesante. Capossela, non puoi scrivere libri come fossero canzoni. Sono due mondi completamente diversi, quasi agli antipodi. Nel primo caso c'è la musica ad oscurare in parte il significato delle parole, ma in un libro tutto passa senza filtro e arriva diretto al lettore. Ma in questo libro si viaggia come se si viaggiasse in quattro, dentro una cinquecento, su strada di montagna.
Finalmente un libro sul quale impazzire, mettere in funzione il cervello, riflettere, cercare di capire, scoprire nuove cose, nuovi mondi sconosciuti. Immenso Vinicio ❤️
Questo libro mi aveva sconfitto parecchi anni fa, dopo poche decine di pagine avevo rinunciato. Questa volta sono arrivato in fondo, ma quanta fatica... La prosa di Capossela segue le immagini della sua mente, le tratteggia appena, qualche volta (poche in realta') si viene trasportati, spesso ci si perde. In alcuni momenti l'atmosfera riesce a materializzarsi, in altri forse sarebbe servito l'aiuto della musica, come se invece di leggere si dovesse ascoltare. Da meta' libro circa ho usato questo artificio, leggendo con in sottofondo le musiche di cui il libro e' pieno, ma che non riuscivo a cogliere. Alcuni capitoli sono diventati piu' comprensibili, altri persino gustosi, ma resta la sensazione di fatica, una volta arrivati alla fine.
Che ci sono dei pezzi di questo libro che meriterebbero di stare in un altro libro fatto solo di pezzi indimenticabili, che però chi lo comprerebbe un libro così, chi decide qual è un pezzo indimenticabile e quale invece una raccolta di frasi scontate come certe canzoni dello Stato Sociale che a me piacciono ma i miei amici dicono che sono il male, e quindi magari anche i pezzi che io di questo libro giudicherei meritevoli di un libro più importante loro li giudicherebbero la solita fuffa e i direbbero di andarmi a leggere quello scrittore là piuttosto, che lui sì che scrive bene. E poi perché uno dovrebbe tirar via dei pezzi da un libro per metterli in un altro? Sarebbe come dire che questo libro non vale la pena di essere letto salvo qualche pezzo qua e là, e questo farebbe del suo autore un artista incostante che alterna cose splendide a mattonazzi che non riesci a tirarteli via dalla schiena neanche a farti aiutare da un'orchestra mariachi. E in effetti è così, e mi spiace, perché a Capossela gli voglio un gran bene, ma certe robe non le riesco proprio a leggere, o ad ascoltare.
Si potrebbe dare da una stella a cinque stelle perché è un coacervo di tutto, come nell'ultima di copertina si dice di un romanzo su "l'ambizione, l'impresa, la resa, la grazia". E a più riprese l'avrei lanciato, uno stile speciale, ricercato, senza né capo, né coda. Un romanzo che parla anche di ciò che son stato, di ciò che non ho voluto essere, e che pur tuttavia lascia pagine intonse per quello che resta ancora. Ogni romanzo arriva a suo tempo, e chissà, l'avrò lasciato sullo scaffale per oltre dieci anni in attesa che giungesse il momento opportuno. Non si muore tutte le mattine, ma si muore un po' ogni mattina.
Amo il primo Capossela musicista, negli anni ha voluto esagerare per dimostrare di poter fare qualsiasi cosa senza perdere il proprio pubblico. Questo libro è illeggibile, un insieme di frasi, immagini, personaggi, che non hanno alcun senso. Questa volta Vinicio si è preso gioco di me... chissà come se la ride. I più diranno che sono io troppo banale per capire questo libro... mah
Premessa: si tratta di capitoli formati da pensieri sparsi, senza nesso logico fra di loro. Un po' come quando Vinicio parla a braccio durante i suoi concerti. Bisogna entrare nel mood giusto e leggerne un pezzo ogni tanto, senza pretese. Avere un superalcolico a portata di mano aiuta
Un viaggio interessante, descritto con una molteplicità sconsiderata di figure retoriche e analogie molto interessanti. Lo stile di scrittura varia completamente di capitolo in capitolo, il che lo rende a mio avviso un vero e proprio esperimento letterario. Mi è piaciuto molto all'inizio, la scrittura sembra quasi fatta per invogliare il lettore a vagare senza sosta tra le migliaia di figure che vengono fatte emergere dal subconscio. Questo aspetto, però, lo rende un po' un arma a doppio taglio, perché col passare dei capitoli la lettura diventa troppo dispersiva e macchinosa.
Ci ho messo 3 anni a finirlo e l'ho finito solo perchè quando un inizio un libro arrivo fino in fondo. Pomposo e pesante questo Libro scorer come le unghie sulla lavagna. Mi dispiace Vinicio ma la prosa non fa per te. Illeggibile. (ha anche vinto qualche premio, mi mangio un braccio se qualcuno della giuria l'ha letto)
Pesantino e spesso indigesto, alcuni capitoli sono molto belli e da fan di Capossela ho adorato ritrovare concetti e pezzi delle sue canzoni in prosa. Forse andava letto diversamente, a pagine sfuse come dice lui sulla premessa.
Un libro che sembra una collezione sconclusionata di appunti di viaggio in cui l'unica costante é il viaggio personale, l'essere in strada, costantemente, senza giudizi, senza morali, vivendo.
ho rinunciato. questa volta non sono arrivato nemmeno a pagina 100. sembra un blog ermetico e intimistico. ma un blog è gratis, e ce ne sono migliaia scritti meglio.