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Buskashì. Viaggio dentro la guerra

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La buskashi è il gioco nazionale afghano: due squadre di cavalieri si contendono la carcassa di una capra decapitata. È violento, senza regole. L'unica cosa che conta è il possesso della carcassa, o almeno di quello che ne resta al termine della gara. È come il tragico gioco a cui partecipano i numerosi protagonisti del conflitto afghano. Una partita ancora in corso, solo che al posto della capra c'è il popolo dell'Afghanistan.Buskashi è la storia di un viaggio dentro la guerra, che inizia il 9 settembre 2001 con l'assassinio del leader Ahmad Shah Massud, due giorni prima dell'attentato di New York. Un viaggio "clandestino" per raggiungere l'Afghanistan nel momento in cui il paese viene abbandonato da tutte le organizzazioni internazionali e si chiudono i confini. L'arrivo nella valle del Panchir, l'attraversamento del fronte sotto i bombardamenti per raggiungere Kabul alla vigilia della disfatta dei Talebani, la conquista della capitale da parte dei mujaheddin dell'Alleanza del Nord, la Kabul "liberata": l'esperienza della guerra vista dagli unici testimoni occidentali della presa di Kabul.Un viaggio nella tragedia delle vittime, e insieme una riflessione sulla guerra, sulla politica internazionale, sull'informazione e sul mondo degli aiuti umanitari.

178 pages, Paperback

First published January 1, 2002

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Gino Strada

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Displaying 1 - 30 of 69 reviews
Profile Image for Costanza Pinna Berchet.
99 reviews8 followers
April 18, 2021
La guerra non è un gioco, come provocatoriamente fa pensare il titolo di questo romanzo, "buskashì", violento e tragico gioco tradizionale afghano.
La guerra vera non è contendersi una carcassa di capra, ma centinaia, migliaia di cadaveri umani, prigionieri politici, bambini mutilati dalle mine antiuomo.

Tutto questo Gino Strada lo racconta stupendamente (per quanto parlare di guerra, ovviamente, non lo sia), mostrando l'ingiustizia, l'asennatezza e, anche, il nostro ruolo omertoso e passivo di fronte a superpotenze occidentali che, la guerra, la governano come un burattino, muovendola con campagne pubblicitarie, omissione di notizie e la diffusione di immagini cruente dei propri nemici, per fomentare l'odio verso di loro e l'approvazione di noi, inerme opinione pubblica tristemente priva di spirito critico, per ciò che, invece, mai dovrebbe essere approvato.

Complimenti di cuore a Strada e ai tanti altri, le cui storie ripercorre nel romanzo, che ogni giorno, al di là di rischi e pericoli, lavorano per assicurare diritti che dovrebbero essere già garantiti (come, in fondo, sono in ogni dichiarazione internazionale).

Romanzo da leggere assolutamente, per cambiare prospettiva e rivedere priorità.
Profile Image for Pippicalzelunghe.
225 reviews70 followers
September 6, 2021
Un libro da leggere assolutamente per capire cosa è la guerra, soprattutto per chi la vive e la subisce. Con questo libro è possibile farsi un'idea di ciò che provoca ma anche di tutto quello che non fa notizia e che non arriva a noi ma purtroppo c'è.
Che cosa vuol dire guerra?
Quante volte, in questi anni, abbiamo sentito inneggiare alla guerra in tutte le sue varianti più indecenti? .... E viverla?
Come si sta a viverla? Che cosa si pensa, quando la si vive? Che cosa si prova, dentro la guerra? Quali miserie, quali angosce, come si trema durante la guerra?
Proviamo a guardare alla realtà di chi ne viene coinvolto, proviamo a passare il confine. Proviamoci. Non dico a sperimentare la guerra sulla nostra pelle - non sono così masochista -, ma almeno a cercare di capire la guerra.
Cominciamo ad ascoltarne le storie, che sono storie di uomini, le nostre storie. Credo che conoscerle sarebbe sufficiente, a quasi tutti noi, per cambiare idea sulla guerra.
Storie vere, non manipolate, la storia di Jamila e quella di Waseem che hanno perso tre figli e che sono rimasti l'una senza una gamba e l'altro senza gli occhi.
Proviamoci. Dopo, forse, potremo parlare di guerra a buon diritto, e quasi certamente ne parleremo in modo diverso.
Perché non si tratterà più di essere musulmani, ebrei o cristiani, né di essere di destra, di centro o di sinistra, per farsi un'opinione sulla guerra.
Basterà ricordare quelle storie, e mettere Anna al posto di Jamila, e Mario invece di Waseem. Ciascuno di noi ha il suo Mario e la sua Anna, comunque si chiamino.
Questo è il vero confine, quello più difficile da attraversare.
Fare propria, rispettare l'esperienza degli altri, quello che stanno provando, non ignorarla solo perché riguarda "altri" anziché noi stessi.
Perché se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.


Un libro di un'attualità incredibile, perchè la storia si ripete e continua a ripetersi!
Profile Image for Simona.
72 reviews97 followers
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August 27, 2018
Se vi dico "Gino Strada", probabilmente a tutti voi viene in mente una E rossa - oppure vi viene in mente il volto di un medico con i capelli grigi e le bombe sopra la testa. Strada, in realtà, ha anche scritto parecchi libri: due risalenti agli inizi degli anni Duemila, che parlano di guerra - uno più recente, che parla di Ebola - e un'infinità di prefazioni e saggi sul tema della medicina in zona di guerra.

Nella foto qua sopra ci sono i due libri che parlano dell'Afganistan, delle guerre dell'inizio del Terzo Millennio - guerre che hanno spesso visto Emergency in prima linea. Uno dei due è "Pappagalli Verdi", di cui ha recentemente parlato Altea, la penna di Bibliotium -  e l'altro è Buskashì.

Pappagalli Verdi - Gino Strada su bibliotium.wordpress.com


"Buskashì" è un gioco afgano, una sorta di rubabandiera fatto con la carcassa di una capra. Buskashì è un gioco violento, senza regole, in cui ciò che resta alla fine è una carcassa, chiunque vinca. Sempre che si possa dire che qualcuno vince, in un gioco del genere.

Buskashì è la metafora della guerra: non ci sono vincitori, ma solo sconfitti e morti. La storia di Buskashì, di questo libro, comincia con l'11 settembre, con l'annuncio di una guerra per ripicca.L'11 settembre ha indubbiamente cambiato le nostre vite: ricordo il caldo di quella giornata di settembre, ricordo le immagini del notiziario, ricordo il silenzio assordante in casa di mia nonna. Ricordo la paura che non aveva una definizione, ricordo le chiacchiere confuse, ricordo i proclami che dovevano sembrare rassicuranti, e invece suonavano solo come inquietanti. Ricordo l'inizio di un periodo di paura, di incertezza, di insicurezza - un periodo che in fondo non ha mai avuto una scadenza.

L'11 settembre ha indubbiamente cambiato le nostre vite: ricordo il caldo di quella giornata di settembre, ricordo le immagini del notiziario, ricordo il silenzio assordante in casa di mia nonna. Ricordo la paura che non aveva una definizione, ricordo le chiacchiere confuse, ricordo i proclami che dovevano sembrare rassicuranti, e invece suonavano solo come inquietanti. Ricordo l'inizio di un periodo di paura, di incertezza, di insicurezza - un periodo che in fondo non ha mai avuto una scadenza.

Eppure - tutti questi ricordi, tutti questi cambiamenti sono nulla in confronto a quello che è successo ai miei coetanei che, in quei giorni, vivevano nel posto sbagliato. Non sono nulla rispetto ai figli che hanno perso i genitori nelle Torri Gemelle, e non sono nulla in confronto ai bambini che si sono trovati a giocare in mezzo alle mine antiuomo a forma di giocattolo.

Buskashì parte da qui, dall'11 settembre - e da Gino Strada, che vuole andare a Kabul per riaprire un ospedale. Mentre tutti scappano lontano dal mirino delle bombe, Emergency cerca di muoversi in senso opposto, tra mille ostacoli burocratici e intoppi. Da un lato il desiderio di andare a aiutare dove c'è più bisogno, dall'altro lo sconforto nel vedersi ostacolati, un passo dopo l'altro.

E poi, una volta arrivati a destinazione, inizia la vita da ospedale - e i bambini, tanti, troppi, sempre troppo gravi, sempre troppo innocenti. I civili, coinvolti in un conflitto di cui non hanno colpe - le famiglie distrutte - e poi i prigionieri, trattati come esseri umani, per una volta.
Odio la guerra, che sia fatta dai russi o dagli americani, da Osama o da chiccessia.
Carlo, che dirige la rivista di Emergency, ha scritto, mi pare l'anno scorso, un articolo in cuci cita Trasimaco. Non lo avevo mai sentito nominare, come del resto la maggior parte degli italiani. Ma, per Carlo, Trasimaco è pane quotidiano.
Carlo cita Trasimaco, e spiega che la citazione viene in realtà da Platone. E lui, Platone, ad attribuire al sofista Trasimaco la seguente frase: "Il giusto altro non è che l'utile del più forte".
E' stata scritta venticinque secoli fa.
Se capisco bene, Trasimaco vuol dire che tutto quello che viene presentato come assoluto, il "giusto" - ma potrebbe essere anche la "verità", o la "libertà", o la "democrazia" - non è poi quella cosa certa, perfetta, immutabile, indiscutibile.
Trasimaco sostiene, al contrario, che il giusto e la giustizia sono solo l'applicazione della legge dettata dai vincitori di turno - è proprio vero, quando mai le leggi le hanno fatte gli sconfitti? - e che quelle leggi fatte "dal più forte" finiranno inevitabilmente per servire i suoi interessi.
Che cosa c'entra con la guerra? Molto.
Perchè è proprio il negare l'evidenza di Trasimaco - nascondendo a tutti i costi dietro sommi principi e parole roboanti il fatto che stiamo solo facendo il nostro interesse - che ci fa poi sentire portatori della verità, depositari dell'assoluto, paladini del bene, giudici supremi, baluardi della civiltà, gendarmi del mondo.
Se dimentichiamo Trasimaco, se lo censuriamo, allora ci sentiamo nel giusto, anzi nel Giusto. E anche le nostre azioni, almeno ai nostri occhi, troveranno giustificazione. Di più: saranno giuste.
In Afganistan molti esseri umani sono morti, perchè a molti è stato utile, e perchè molti si sono sentiti nel giusto.

C'è dolore, c'è una sofferenza immensa in questo libro - e c'è dedizione, c'è passione, c'è la voglia di creare un mondo migliore. E c'è l'amore, l'amore di Teresa che, sapendo che Gino è arrivato sano e salvo a Kabul, dice soltanto: "Ricordati di prendere l'aspirina".

La mia speranza, leggendo questo libro, è che un giorno i nostri nipoti lo leggano e pensino che sia una favola, qualcosa che non appartiene più al mondo di domani.

https://escherichialibri.wordpress.co...
Profile Image for Francesca Moretti.
33 reviews2 followers
November 14, 2021
“L’educazione civica dovrebbe essere tra i fini primari della scuola: in fondo, leggere e scrivere correttamente, e far di conto, non sono cose più importanti che imparare ad essere cittadini informati, responsabili, rispettosi delle istituzioni, delle leggi e soprattutto dei diritti altrui. L’educazione alla pace, a esempio, dovrebbe diventare materia obbligatoria in ogni scuola. Particolarmente di questi tempi. Invece si studiano le guerre - perlopiù memorizzando nomi di battaglie famose- ma non si studia mai la pace. Viviamo in un “villaggio globale” sconvolto dalle guerre, un pianeta, quello degli uomini, dove tra l’altro qualcuno ha seminato cento milioni di mine antiuomo. Decine di conflitti, milioni di morti. Con tutto il corollario di vergogne, vero arsenale della guerra: fame e malattie, miseria e odio, esecuzioni sommarie, vendette, attentati, stupri, pulizie etniche, torture, violenze. Terrorismo.
E a scuola si studiano le battaglie, non la guerra. Né la pace”.

Immenso e indimenticabile Gino Strada. Da leggere per capire cos’è, davvero, la guerra.
Profile Image for Eleonora.
14 reviews
March 20, 2023
"Perché non si tratterà più di essere musulmani, ebrei, cristiani, ne di essere di destra, di centro o di sinistra, per farsi un'opinione sulla guerra.
Bastera ricordare quelle storie, e mettere Anna al posto di Jamila e Mario invece di Waseem.
Ciascuno di noi ha il suo Mario e la sua Anna, comunque si chiamino.
Questo è il vero confine, quello più difficile da attraversare. Fare propria, rispettare l'esperienza degli altri, quello che stanno provando, non ignorarle solo perché riguarda "altri" anziché noi stessi.
Perché se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti.
Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, tra i più vigliacchi."

E ancora: " il giusto altro non è che l'utile del più forte".
Profile Image for Alberto R.
18 reviews
January 5, 2011
Ennesima, utilissima, conferma dell'orrore della guerra.
Ogni pagina del libro, oltre a descrivere delle condizioni di vita che neppure possiamo immaginare, grida a chiunque le legga: "Apri gli occhi!", "Ragiona con la tua testa!", "Cerca di informarti!".
Profile Image for Luca Morandi.
504 reviews11 followers
December 13, 2016
In questo libro Gino Strada analizza e parla della guerra in Afghanistan scoppiata dopo l’11 settembre 2001.
“Gafur non sta più perdendo sangue. Ha già ricevuto abbondanti trasfusioni. Ma non migliora.
E’ il primo paziente che viene operato, dopo la riapertura dell’ospedale.
Una pinza emostatica, poi un’altra, tanti lacci da annodare, per legare decine di piccoli vasi sanguigni. Opero in silenzio, lo strumentista capisce ogni volta quel che mi serve.
Gafur. Un civile? Un talebano? Un terrorista? Un mujaheddin?
Soltanto un uomo.
Che probabilmente morirà oggi, 13 novembre, prima vittima nella Kabul “liberata”, una delle tante vittime di questa storia cominciata il 9 settembre 2001.” – storia cominciata per loro il 9 settembre con un agguato a un personaggio di cui parlerò.

Prima vittima del dopo- attentato, attentato che ha sconvolto tutti

“Eppure sono già in onda, specialisti nell'indignarsi, perfino nel piangere se conviene farlo, pronti a tutto fuorché a capire. Orgogliosi della guerra, nostalgici della prima linea, non li sfiora neppure il dubbio che la guerra sia la più grande vergogna della specie umana, una specie talmente poco sviluppata da non riuscire ancora a trovare, dopo millenni di storia, un modo per risolvere i propri problemi che non sia l'autodistruzione.
Una specie violenta, che benedice la violenza individuale e di stato, che pratica la violenza come deterrente psicologico, che gode del proprio essere violenta. Una specie capace di dare dignità di pensiero a bestialità quali "alla violenza si risponde con la violenza".

E così è stato: in Afghanistan ci sono stati tantissimi morti e, come al solito, più dell’80% erano civili che non c’entravano nulla con terroristi o guerre.

“Non sappiamo il nome del ragazzino che manca all’appello. Non ha potuto viaggiare con i compagni: è stato smembrato dal razzo esploso nella scuola di Sirobi.
gli altri, ventitré compagni feriti, sono tutti presenti, nell’ospedale di Emergency a Kabul.
Un razzo dentro una classe.
Come definire un fatto del genere: un tragico errore, un effetto collaterale? Resto convinto che per chi è dentro la classe, ha dieci anni e vuole studiare, ricevere un razzo in testa significhi restare vittima di un atto di terrorismo, chiunque ne sia l’artefice.”

E non si fermano qui le descrizioni delle morti insulse e inutili: Strada ci parla anche di un contadino che portava la figlia, partoriente, da un’ostetrica ma sulla via gli inglesi (ma potevano essere chiunque) hanno sparato, distrutto la macchina, ucciso il marito della figlia e arrestato il contadino, la moglie del contadino, la gestante e l’autista, un vicino di casa. Per cosa? Per un’azione che il giorno dopo sarà reclamata come: “Afghanistan: per la prima volta attaccata la forza multinazionale”. La madre da portatrice di vita è stata trasformata dall’informazione come una dispensatrice di morte, i vagiti non ancora emessi del figlio nascituro scambiati per le urla di guerra di terroristi. La madre si è salvata ed è riuscita a partorire un figlio sano ma che, a causa della guerra, non avrà mai un padre.

“Proviamoci. (a capire la guerra)
Cominciamo ad ascoltare le storie, che sono storie di uomini, le nostre storie. Credo che conoscerle sarebbe sufficiente, a quasi tutti noi, per cambiare idea sulla guerra.
Storie vere, non manipolate, la storia di Jamila e quella di Waseem che hanno perso tre figli e che sono rimasti l’una senza una gamba e l’altro senza gli occhi.
Proviamoci. Dopo, forse, potremo parlare di guerra a buon diritto.”

La guerra per finire la guerra, un’espressione strana e completamente senza senso. Una guerra non porrà mai fine a un’altra, al massimo porrà fine a tante, troppe vite e in ogni caso sarà sicuramente una guerra in più.
Guerra che porta oltre a morti e feriti anche moltissimi prigionieri:

“Per un medico, ma forse non solo, è frustrante, perfino umiliante fare domande simili.
Come sarebbe a dire possiamo portarlo in ospedale? In quale altro posto, se non in un ospedale, dovrebbe stare un essere umano quando ha una coscia fratturata e talmente infetta da avergli già procurato una setticemia?
Invece bisogna chiedere e sperare. Perché, in barba a ogni Carta dei diritti di questo o di quell’altro, viviamo in un mondo in cui bisogna chiedere il permesso a qualcuno per curare un ferito.”
–riferito ovviamente a un prigioniero ferito, che i carcerieri non volevano nemmeno far vedere ai medici di Emergency.

Il libro parla anche delle difficoltà incontrate da Emergency per riuscire a stabilire un ospedale a Kabul. Prima per un “ministro” della religione musulmana che, poiché Emergency aiutava tutti indiscriminatamente, non metteva in segregazione le donne e molto altro, aveva fatto chiudere l’ospedale.
Poi perché non si riusciva ad arrivare nel Panchir e a Kabul: tutti quelli che ne avevano facoltà lasciavano la zona lasciando gli abitanti a loro stessi.

Il libro non si concentra solo sulla guerra avvenuta ma anche su una delle principali figure afghane anti talebane: Ahmad Shah Massud appartenente al Fronte Unito e ha combattuto non solo contro i talebani ma anche contro i russi e la loro tentata invasione.

“Così ho cominciato a conoscere, e ad apprezzare, il Leone del Panchir, l'uomo che aveva sconfitto i sovietici, il leader che aveva combattuto per anni i fanatici di Hekmatyar, l'ultimo ostacolo a un Afganistan tutto talebano. Da allora c'è, nel nostro rapporto, stima e simpatia reciproca, una strana amicizia.
Mi piaceva starlo ad ascoltare, vedere come era cambiato Massud dopo vent'anni di guerra, come la pensava adesso sulla società, sul mondo, sui diritti umani. E sulla guerra.
"Sarebbe molto bello riuscire a fare qualcosa per le donne di qui. Ma per favore," mi aveva raccomandato un giorno, "non facciamo chiacchiere sui diritti delle donne: diamo loro lavoro e istruzione." Ero rimasto di sasso.
Massud che dice queste cose, che bisogna mettere in pratica, costruire i diritti umani, anziché chiosarli o declamarli? "Abbiamo assunto una quindicina di donne per la sartoria dell'ospedale, e si sono presentate già sei infermiere," era stata la replica di Kate. "E in ospedale è vietato portare il burqa," avevo aggiunto io.
Massud era scoppiato in una risata: "Bisior khub", molto bene.”

Penso che con quello che sta succedendo or ora nel mondo queste parole siano da tenere bene in mente.
Questa persona, purtroppo morta assassinata non si sa ancora da chi il 10 Settembre 2001, è uno di quelli che per molti sono “gli stranieri”, “i nemici”. Quello che vorrei dire a queste persone è questo: (vignetta di un fumetto dove un padre dice al figlio: tu non hai nemici)
Però non è solo un libro che vuole parlare del male, al suo interno sia tramite le azioni dei medici sia di alcuni personaggi di cui ovviamente non si saprà nulla l’umanità avanza. Non voglio chiamarlo bene, perché troppi vedono come “bene” queste guerre.

“La sera ricevo una telefonata da Ketty.
“Gino ti ho inoltrato una e-mail. Non ti dico niente, leggila.” Ha la voce commossa, il che mi preoccupa. Ketty, responsabile della comunicazione di Emergency, è ricca di sensibilità anche se altrettanto brava nell’ostentare un perfetto controllo delle emozioni. …
L’e-mail che Marco mi scarica commuove anche noi:
“sabato è nata la mia seconda figlia. Dalle liste pubblicate sul sito di Emergency, ho scelto uno dei nomi che le attribuiremo. Si tratta di Fahima Gul Ahmad, 5 anni, deceduta il 28 ottobre a Kalai Khater. Mia figlia si chiamerà Lucia, Maria, Fahima. Spero che ci aiuti a conservare la memoria delle nostre bombe.
Grazie, ciao. Stefano A.”

Io sinceramente sono come Ketty, sono sensibile e molto emotivo, ma al contrario di lei non ho altrettanto autocontrollo.
Questo brano mi ha trasmesso così tanto che alla sua lettura pure io sono rimasto commosso. Spero che anche voi percepiate l’umanità dietro tutto questo.

Un libro, come avrete capito, difficile da leggere, non per la difficoltà della scrittura ma per la difficoltà intrinseca dei temi trattati.
Credo che almeno uno dei libri di Gino Strada sia da leggere come lettura obbligatoria per tutti al liceo, e qui chiedo anche a voi: che altri libri del genere conoscete escludendo i suoi?
Non dico leggerlo tutto, ma almeno qualche capitolo per capire la distruzione di cui è capace l’uomo e cosa si cela dietro a “5 morti”, “10 feriti” che passano in modo asettico sulle notizie in tv.

http://aratakblog.blogspot.it/2016/04...
Profile Image for Aurora.
77 reviews6 followers
March 25, 2022
"Ci sono momenti in cui ho la sensazione che l'umanità sia capace di perdere in pochi mesi quello che ha conquistato a fatica in duecento anni"
Profile Image for Stefano Lusoli.
111 reviews1 follower
November 11, 2021
Occhi tersi e rivolti al cielo, sognando un giorno di pace dalla violenza dilaniante del "buskashì".

"Orgogliosi della guerra, nostalgici della prima linea, non li sfiora neppure il dubbio che la guerra sia la più grande vergogna della specie umana, una specie talmente poco sviluppata da non riuscire ancora a trovare, dopo millenni di storia, un modo per risolvere i propri problemi che non sia l'autodistruzione. Una specie violenta, che benedice la violenza individuale e di stato, che pratica la violenza come deterrente psicologico, che gode del proprio essere violenta. Una specie in grado di dare dignità di pensiero a bestialità quali «alla violenza si risponde con la violenza». [...]
Le fanfare della guerra sono in azione, anzi tutta l'orchestra sta già suonando. Si andrà a una nuova guerra o a un nuovo capitolo di una guerra antica. Comunque si decida di chiamarla, una cosa è certa: moriranno molti altri esseri umani, e andranno ad ingrossare la moltitudine delle vittime civili delle guerre degli ultimi cinquant'anni."


"Usciamo dalla corsia, di fretta verso il pronto soccorso, l'aria è fresca e il cielo sereno. A Kabul sarà una giornata di sole, e il sole farà sciogliere gli incubi e sentire più distanti le raffiche di mitra."
Profile Image for Benedetta.
7 reviews
June 11, 2025
Un reportage meraviglioso e onesto di chi SUBISCE la guerra
Profile Image for Carolina Sbrana.
52 reviews1 follower
March 22, 2022
Letto dopo Pappagalli Verdi. È un racconto dei primi anni di guerra da un punto di osservazione unico.
Il termine buskashì indica lo sport nazionale afgano.
Una testimonianza vista dal punto di vista delle vittime e non dei carnefici. Ha lo stesso stile del primo libro: crudo, intenso, ma assolutamente da leggere.
Profile Image for Elvio Mac.
1,023 reviews22 followers
April 6, 2018
Gino Strada - Buskashì
Riassumo questo libro con una parte della lettera che Gino Strada ha scritto alla figlia:
Ho visto le vittime. Vere, reali, ho ancora negli occhi le loro facce di esseri umani sofferenti.
Non credere una parola, quando diranno che hanno "sconfitto il terrorismo". Sono bugie, enormi bugie che difenderanno con i denti per coprire i propri crimini e i propri interessi.Ma i morti e i feriti sono lì, se ne trovano i resti e la memoria, se si ha il coraggio di farlo.Abbiamo curato più di duemiladuecento persone, in questi mesi: l'ottantasette per cento erano civili.
7 Maggio 2012
Profile Image for Maria Gabriella.
314 reviews1 follower
August 27, 2021
It's been almost twenty years since Gino Strada wrote this book. He's left us just two weeks ago, suddenly, and he didn't get to see the clusterfuck that US and UK did of Afghanistan.
This book is like bitter medicine: it is painful to swallow, but it makes you better and takes away the noise in your head.
I am not sure if there's an English translation available, but if not, I hope it gets done. This book needs to be read by as many people as possible.
RIP Gino. Your legacy is alive and well.
Profile Image for Martinocorre.
334 reviews19 followers
December 17, 2021
La recensione che segue è stata scritta nel 2011, prima quindi della triste dipartita di Gino Strada.


Cinque stelle, ho dato cinque stelle perchè Gino Strada oltre a parlare alza il culo dalla sedia, va' e agisce, e scrive pure bene!
A volte considero le sue idee purtroppo utopistiche, temo di dover dare in parte ragione a Von Clausewitz quando dice che "la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi", però la Guerra è la merda più terribile creata dal genere umano e la puoi infiocchettare quanto vuoi ma la puzza non è mai di violette.
Gino Strada molto "semplicemente" fa un resoconto preciso della sua presenza in Afganistan a cavallo dell'intervento americano del 2001, un medico che si occupa di uomini, donne, bambini, sventrati, mutilati, uccisi, sofferenti; fa quello che può come chirurgo e come scrittore ci ricorda che cosa vuol dire essere sotto un bombardamento, come ci si sente dall'altra parte della canna di un fucile, ci mostra il dolore di un genitore che perde il figlio. Il bello è che non ha assolutamente bisogno di usare una scrittura "di parte" o "ideologizzata", si limita a esporre nuda e cruda una sequenza di fatti accaduti nell'arco di poche settimane. Il messaggio, insomma è: pensiamoci una buona volta al significato dell' "andare in guerra", ma che bestie siamo? Ma ci sveglieremo mai dal sogno indotto in cui ci hanno fatto sprofondare da sempre?
E per finire ripeto, complimenti anche al Gino Strada scrittore, la prosa è asciutta, "hemingwayana" e il vecchio "True Gen" avrebbe approvato.
Profile Image for Benedetta.
57 reviews
March 22, 2021
Divorato in meno di ventiquattro ore! Scorrevole,ma soprattutto moralmente significativo. Un viaggio attraverso ciò che è stato l’attento dell’11 settembre 2001 dalla prospettiva di un altro mondo: quello delle vittime di guerra. Gino Strada cerca di sensibilizzare il lettore e lo trasporta con sé nel duro viaggio intrapreso costellato da difficoltà ed intromissioni politiche. La guerra non è giusta. Il concetto base su cui si fonda il libro è il seguente: NO ALLA GUERRA. Lo consiglio vivamente,merita di essere letto.
Profile Image for Isabel.
92 reviews17 followers
July 9, 2023
Another book against the war. But this time it's from the perspective of Emergency's founder, an Italian no-profit organization. It's sad but real, not too cruel but not too sweet either.
It is about what is truly a terrorist action against an entire population (and it's not what you think it is).
Profile Image for Greta.
58 reviews
December 23, 2021
“Non credere una parola, ogni volta che cercheranno di spiegare come sarà bella la guerra futura, tecnologica, selettiva, umanitaria.
Sarà solo un altro carico di morte e miserie umane”
Profile Image for Liuda.
53 reviews3 followers
November 8, 2021
Un libro fantastico, un racconto di avventura più che di una tragedia, anche se la tragedia dell’umanità e tutto intorno nel libro.

Vivace, energetico, un misto di Viktor Frankl e Tiziano Terzani; un genio che in più di salvare gente sa raccogliere momenti, pensieri, descrizioni di persone a mantenere un’anima felice.

“Non li sfiora neppure il dubbio che la guerra sia la più grande vergogna della special umana. Una specie talmente poco sviluppata da non riuscire ancora a trovare
un modo per risolvere i propri problemi che non sia l’autodistruzione”

E comunque lui che fa più per questa specie umana dei tanti altri.

“E il confine, c’è l’abbiamo fatta. Ci guardiamo felici, senza dire una parola. E il confine tra il Pakistan e l’Afghanistan. “

Profile Image for Roberta Spada.
1 review
December 15, 2022
Racconto di viaggio e descrizione della realtà della guerra che non scade né nella banalizzazione né nella drammatizzazione. Un libro che, non ironicamente, definirei chirurgico, ma non asettico. Ho apprezzato e condiviso le considerazioni sul tema di un autore e un uomo con un vissuto letteralmente eccezionale, ma, allo stesso tempo, non le ho trovate illuminanti o grande fonte di riflessioni successive.
Profile Image for Dalì.
86 reviews
February 8, 2019
Recensione completa: https://conilibriinparadiso.wordpress...

Il primo libro di Gino Strada, "Pappagalli verdi", è un ricordo onnipresente nella mia testa: è stata la bomboniera del battesimo di mio fratello e per questo in casa ne abbiamo sempre avuto almeno quattro o cinque copie. Quando finalmente mi decisi a leggerlo, ero circa in secondo superiore e credo che non lo dimenticherò mai. Un libricino tanto piccolo quanto grande è stato l'impatto. Vorrei parlarne, ma credo che dovrei scrivere una recensione a parte. 
A dicembre ho trovato per caso Buskashì tra le pile di un negozio di libri usati e l'ho preso immediatamente. Mi ha portata un po' indietro negli anni, a quando mentre leggevo le parole di Gino Strada mi chiedevo come facessero le persone intorno a me a vivere tranquillamente, chissà se lo sapevano che cosa succedeva ovunque nel mondo. Ricordo qualche discussione scocciata con chi mi diceva di non poter leggere certe cose perché troppo facilmente impressionabile. Ammetto che le riflessioni eroiche hanno fatto presto a perdersi nell'indifferenza della quotidianità, ma mi piace pensare che in qualche modo qualcosa sia rimasto. Perché in generale amo fare mio qualcosa di buono da ogni libro che mi colpisce davvero, e perché in questo caso non sto parlando di un qualsiasi bel romanzo. Mi piacerebbe poter pensare che abbia anche in piccolissima parte influenzato la scelta dei miei studi. Se una cosa è certa, è che il medico che vorrei essere in futuro somiglia molto a Gino Strada.
E se c'è un augurio che posso farmi è quello di correre incontro a chi soffre con almeno un millesimo della forza e della passione che lo ha condotto in Afghanistan dopo l'attentato dell'11 Settembre. Se "Pappagalli Verdi" era più incentrato sull'assurdità della guerra e della crudeltà umana, messa in luce attraverso racconti strazianti di corpi dilaniati e della sofferenza umana in tutte le sue forme, Buskashì mette invece al centro il desolante destino di un paese devastato dalle continue guerre sulla cui testa pende l'ennesima spada di Damocle.
All'indomani dell'11 Settembre, quando dalle torri stanno ancora estraendo corpi, i potenti del mondo sono impegnati a puntare il dito e a condannare l'Afghanistan, o meglio gli Afghani, bambini, donne, famiglie intere che probabilmente non verranno mai a conoscenza di ciò che è accaduto. In questa tensione che fa presagire il peggio, Gino Strada e lo staff di Emergency cominciano il viaggio verso Kabul, dove il loro ospedale è chiuso da mesi per questioni burocratiche e deve essere riaperto. Inizia così il racconto di fronti sbarrati, linee di fuoco, associazioni umanitarie che abbandonano l'Afghanistan e tornano a casa, al sicuro, accordi con ministri (più e meno riconosciuti come tali). Fino ad arrivare all'ospedale, ai bambini, alle scuole esplose, a Kabul e al suono delle esplosioni ogni volta più vicine.
Ho sicuramente scoperto tante cose bellissime sull'attività di Emergency e ho riflettuto su tante implicazioni meno immediate del lavoro che svolgono. In primis tutto l'aspetto burocratico, nella situazione delicata di un paese in costante guerra civile; ma anche cosa possa significare coordinare il lavoro di uno staff in un contesto del genere, formando personale del posto, per i ruoli dal più piccolo al più grande. Poi l'attenzione per i prigionieri di guerra, la necessità di imporre delle condizioni e delle trattative, guadagnandosi il rispetto di qualunque forza politica e religiosa, per poter lavorare in estrema sicurezza.
La voce di Gino Strada è appassionata, a volte con rabbia a volte con un entusiasmo disarmante: ricalca la meraviglia di conoscere personaggi improbabili, la forza che può trasmettere il sostegno di un amico o l'amore di una moglie, l'ammirazione verso uomini forti che lottano per il proprio popolo. S'incupisce sulla frustrazione per non poter svolgere a pieno quello che ritiene giusto e si carica di orgoglio per i piccoli e grandi traguardi. Contemporaneamente la sua voce è estremamente lucida, demolisce i controsensi della società, della politica, dell'indifferenza, della crudeltà insensata.
È davvero un libro che dal profondo del mio cuore mi sento di consigliare a chiunque.

Recensione completa: https://conilibriinparadiso.wordpress...
20 reviews
February 26, 2021
It's a great pity that this book has not been translated in English. It's a very moving and -in places- shocking true story about an Italian NGO setting up hospitals in Afganistan in the middle of war. The doctors and nurses work under terrible pressure trying to save lives of civilians and also injured combatants regardless of which side of hostilities they represent. Gino Strada writes about suffering, hypocritical attitudes of big international organisations, war and terrorism. He asks many painful questions. He is also angry and with a very good reason to be so.
This book will stay with me for a long time & it also got me interested in finding out more about the current situation in Afganistan.
16 reviews
January 17, 2025
Gino Strada mi manchi e l’unico modo per sentire la tua bellezza è rimasto quello di leggerti, ed è sempre bellissimo.
Profile Image for Stefano Chiarato.
2 reviews
March 16, 2021
Tutti abbiamo avuto modo di vedere alla televisione, comodamente dal divano di casa, le immagini dei bombardamenti in Afganistan e in Iraq.
Questo libro di Gino Strada ci porta dentro la guerra, sotto una pioggia di bombe.
E c’è tutta la tensione del caso. C’è tutta la determinazione a tornare in Afganistan, all’ospedale di Emergency a Kabul, dopo i fatti dell’11 settembre, quando le frontiere sono già chiuse e da quel paese tutti scappano. Tornare in Afganistan ad ogni costo, anche da clandestino se necessario. C’è tutto il senso del dovere, di dedizione alla professione di medico, o forse di rispondere ad un istinto umanitario: curare persone ferite, indipendentemente che si tratti di Afgani o di Arabi, Di Talebani o di Mujaheddin. C’è tutta la sofferenza, il dolore e il sangue di chi ha perso i propri cari. C’è tutta la rabbia per non avere potuto salvare un bimbo, arrivato sul tavolo operatorio dell’ospedale, perché gli mancano dei “pezzi” che una bomba o una mina ha sparso chissà dove. Dietro c’è tutta la politica di governi faccendieri.
Gino Strada, oltre che cavarsela bene col bisturi, dimostra di cavarsela altrettanto bene con la penna.
Questo è un libro che si legge come si legge un libro di avventure, solo che è drammaticamente reale. Vero. E’ scritto in maniera semplice e diretta; diretta alla mente perché fa riflettere su che cosa è una guerra, diretta al cuore perché viene da un cuore pieno di umanità e di umanità c’è bisogno.
Il libro si chiude con la dichiarazione universale dei diritti umani. Articoli che dovrebbero essere impressi in maniera indelebile nella mente di ogni uomo.
22 reviews
September 8, 2024
Gino Strada è stato sicuramente un grande uomo, chiunque fa qualcosa di concreto per le persone che soffrono hanno la mia stima e condivido a pieno quando scrive, riferito alla moglie :"sarò sempre contro la guerra, perché non sarei capace di vivere pensando a te in mezzo all'orrore". Premetto che Strada non lo conoscevo se non di nome e se non come il fondatore di Emergency, quindi le sue opinioni non le conoscevo. Su questo vorrei fare una critica, perché c'è un tono complottista in tutto il libro, troppa avversione per l'Occidente in sé. Io sono d'accordo pienamente con lui quando parla di scandalo a sentire parlare di guerra umanitaria degli USA, ma non sento altrettanto scandalo per quanto riguarda tutte le altre parti in gioco. Non ho sentito condannare troppo il fondamentalismo islamico e nemmeno di Russia si parla molto, e in quegli anni stava perpetrando crimini di guerra in Cecenia. Gli USA sono i mostri, certo, ma la questione non riguarda solo loro, gli avvoltoi che cercano il momento di fare guerra per i propri interessi e giustificarla con altre narrazioni sono ovunque. In poche parole cerco di dire che il libro poteva limitarsi a parlare dell'esperienza in sé a Kabul e magari fare un piccolo resoconto di come si era arrivati a quel punto in maniera più imparziale. Gino Strada mi piace più come filantropo e medico.
Profile Image for Davide Ravasio.
8 reviews
September 6, 2021
Più che mai attuale dopo la disfatta di Kabul, tornata nelle mani dei talebani.
Il racconto di Gino Strada è una storia di guerra e sangue, maledettamente triste, ma vissuta con i propri occhi e toccata con le proprie mani. Nel 2001, quando tutti se le davano a gambe levate e scappavano da Kabul, Gino ed i colleghi di Emergency si dirigevano nel loro ospedale rischiando la propria vita, passando attraverso le montagne impervie del Pakistan, con un solo scopo: salvare vite umane. Sembra incredibile, ma esistono persone monumentali che hanno come ragione di vita, quella di salvare e curare quella degli altri. La cosa ancora più incredibile è che i risultati di Gino ed Emergency sono lampanti e cristallini, ma sembra che i media italiani si siano accorti di lui solo dopo la sua morte. Spero che questo libro venga letto da più persone possibili, in modo da dimostrare ancora una volta quando sia stupida, crudele e vigliacca la guerra. Si, vigliacca, perché in guerra non vince il migliore e non perde il peggiore, perdono tutti. E perdono soprattutto le migliaia di persone civili uccise con mine antiuomo, raffiche di kalashnikov e razzi automatici. Ciao Gino e grazie per il tuo immenso contributo che hai dato a tutti noi.
Profile Image for Bruno Assaz.
87 reviews4 followers
May 20, 2024
Ho letto “Buskashì” - e questa è stata una coincidenza - nella settimana di commemorazione del trentesimo anniversario di Emergency, l’organizzazione fondata nel 1994 da Gino Strada. Leggendolo mi sono convinto dell’importanza di diventarne un sostenitore, e lo sono diventato - nuovamente per coincidenza - precisamente nel giorno dell’anniversario dell’ONG. Gino Strada e Teresa Sarti purtroppo non ci sono più, ma hanno lasciato a tutti noi la missione di dare continuità al loro importantissimo lavoro. “Buskashì” è prova irrefutabile di quanto sono maledette tutte le guerre, di quanto portano solo sofferenza e morte di innocenti, di quanto non costruiscono un futuro di pace, solo distruzione e dolore. Nella penultima pagina del libro - l’ultima coincidenza per oggi - mi hanno chiamato da Emergency per ringraziare per il mio sostegno, ma non ne ero d’accordo: a ringraziare sono io.
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