"Per una volta, ladies and gentlemen, non allacciatevi le cinture. Don't fasten your seat belts. Si parte in treno, la Cenerentola dei trasporti. Si fa l'Italia in seconda classe, per linee dimenticate. Buttate dunque a mare duty free, gate, flight, hostess e check-in. Lasciate le salette business a parlamentari e commendatur. Questo è un viaggio hard, fatto di scambi, pulegge, turbocompressori e carbone. E noi lo faremo, anche a costo di farci sbattere da una squinternata vagona baldracca, un glorioso rudere che cigola e scoreggia sulla rete di ferro, in attesa di rottamazione. "In tasca, un'idea corsara. Percorrere 7480 chilometri, come la Transiberiana dagli Urali a Viadivostok. Una distanza leggendaria, un gomitolo lungo come l'Asia da srotolare dentro la Penisola. Non sappiamo ancora dove andremo e in quanto tempo consumeremo questo buono chilometrico che nessun biglietto può contenere. Sappiamo solo che il nostro è un conto alla rovescia che ci obbligherà a scendere al chilometro zero. Il treno, non l'aereo, ha fatto l'Italia. Un piccolo treno come questo che arranca tra praterie e fichi d'India. Siamo in ballo. Il viaggio comincia." (Paolo Rumiz). Con i disegni di Altan e una premessa del misterioso 740.
Paolo Rumiz è un giornalista e scrittore italiano. Inviato speciale del "Piccolo di Trieste" e in seguito editorialista di "la Repubblica", segue dal 1986 gli eventi dell'area balcanica e danubiana; durante la dissoluzione della Jugoslavia segue in prima linea il conflitto prima in Croazia e successivamente in Bosnia ed Erzegovina. Nel novembre 2001 è stato inviato ad Islamabad e successivamente a Kabul, per documentare l'attacco statunitense all'Afghanistan.
Un libro che scorre, come scorre il treno che percorre i binari meno noti della nostra terra. Un libro che dovrebbe essere letto e poi lasciato sul sedile di un treno... magari ad alta velocità. Ah, dimenticavo... c'è anche 740 che accompagna il nostro viaggio... ma non vi dico chi è!
Un inno, un inno a quella che una volta era la nostra grande ricchezza, la spina dorsale d'Italia, la ferrovia. Amo follemente i treni, gli incontri che permettono, la vita che si respira a bordo. Le parole di Rumiz sembrano un lento requiem per la nostra rete ferroviaria. Il tutto impreziosito dalle vignette di Altan e dalla voce misteriosa dell'ignoto 740. Il desiderio di attraversare la penisola in regionale si fa sempre più forte..
Quanti ricordi su quei binari, quante belle atmosfere splendidamente ricostruite. Non so quanti libri di Rumiz ho letto negli ultimi anni, ma davvero ogni volta è un piacere perdermi nei suoi viaggi, assaporare le descrizioni uniche e nostalgiche che ne fa, far rivivere epoche, rumori, sapori, squarci di un mondo, quello sui binari, che si sta man mano perdendo. A bordo di locomotive "seducenti e romantiche" di seconda classe, che non mancano assolutamente di charme e sono sicuramente più interessanti di quei treni velocissimi a "forma di supposta", Rumiz ci mostra le bellezze e le storture del Belpaese ("ecco, l'Italia è anche questo, ma che posso farci, this land is my land") collegato, a fatica, dalla vecchia vecchissima ferrovia italiana, adesso sempre più in mano a compagnie private, ma anche paragonandolo in più passaggi alla "mania dell'aereo", che grazie alle compagnie low cost è sempre più il mezzo per eccellenza per i piccoli/grandi spostamenti: "l'aereo è globale, totalitario, imperscrutabile. Sta in cielo, e il cielo è di nessuno. La rete di ferro, invece, è di tutti. E' il popolo, la nazione."
Elogio di Paolo Rumiz In realt� non ho il libro. Lo lessi a puntate su Repubblica che ogni estate pubblica qualcosa di Rumiz. Non scrivo per questo per�, solo per ricordarmi che non farei quasi mai i viaggi di Rumiz, come li fa Rumiz, incontrando chi va a cercarsi, dormendo o muovendosi come usa, non mi piace molto il treno, non mi piace quasi per nulla la bicicletta (l'ho venduta quindici anni fa) Tutte le volte che scrive per� vado avidissimamente a leggerlo, non solo, arrivo a ritagliare con le forbici gli articoli e li tengo da parte come se avessi sette anni e dovessi riempire un album. Non so il perch� e oramai non mi importa pi� di saperlo. Rischio il chissenefrega, va bene, e lo corro volentieri. Ah, chi � interessato, si cerchi pure quell'altro viaggio che si fece con una vetusta Topolino attraversando l'Italia qualche anno fa. E' una miniera, di aneddoti, vita, storia e umanit� varie. Ah, non � mio parente nemmeno alla lontana, non mi deve del danaro e non � il mio tipo, per� l'euro per chi lo pubblica e conseguentemente per la sua scodella di zuppa e una sigaretta, per conto mio ci sar� sempre.
e così rumiz ha appeso momentaneamente la bici al chiodo ed è partito alla scoperta dei treni italiani, quelli delle linee secondarie. quelli di cui ci si ricorda solo quando finiscono in mare o sotto una frana. l'idea è ottima, l'italia è bellissima e alcune delle linee di cui parla vorrei davvero andarle a vedere.
una stella in meno per l'enfasi poetica spesso eccessiva.
una stella in meno perché hanno (erano in due, dell'altro si scopre l'identità a metà libro) viaggiato quasi sempre in cabina con il macchinista, vedendo l'italia andargli incontro invece che scorrergli accanto, e perdendosi l'italia della gente, quella che sul treno ci viaggia. a parte pochi episodi, manca la vita del treno, le storie di chi ci viaggia sopra, gli incontri passanti, le amicizie formato singolo. un'occasione mancata. alla fine resta un paesaggio a tratti esaltato e a tratti dimenticato, e del treno resta lo scoramento dei capitreno, e la parte meccanica. bella, ma meccanica.
p.s. ora lo scopo della mia vita è scoprire come si risale al numero di telefono del capotreno partendo dal numero del treno.
Un grande libro che traccia una mappa sociale e antropologica di un'Italia comune, di una realtà quotidiana che si può vivere solo attraverso i treni in seconda classe, quindi tra la gente normale, i pendolari. Un libro che attraversa l'Italia geograficamente e antropologicamente.
Rumiz mi piace sempre molto. Questo libro è la raccolta di un viaggio in treno a tappe raccontato su Repubblica nel lontano 2002. Un viaggio in treno fine a se stesso, per riportare in auge questo mezzo di trasporto che già ai tempi era in agonia. Le vignette di Altan sono una perla, come sempre, e la narrazione del Rumiz è come sempre ironica ma certi passaggi, al giorno d'oggi, verrebbero un po' stigmatizzati per i termini utilizzati.
“Nessun popolo come gli italiani ha costruito tante ferrovie per gli altri, e nessun popolo ignora tanto le ferrovie proprie. Come si spiega? C'è qualcosa che non funziona in un popolo capace di dimenticare una simile, straordinaria epopea.”
Un viaggio in treno lungo l’Italia fatto da Rumiz e un accompagnatore famoso che viene svelato prima di metà libro perché riconosciuto da un viaggiatore. Trattandosi di Rumiz mi aspettavo di più quanto a scrittura.
Ho apprezzato il fatto di viaggiare per treni e stazioni ma ho trovato difficile trovare un filo logico nell'organizzazione dei loro viaggi. Inoltre, senza fotografie il testo rimane un po' oscuro.
Un pazzo viaggio, come quello dei monti naviganti. Questa volta in ferrovia, con un autorevole compagno di avventure, la cui identità misteriosa sarà svelata solo strada facendo. Rumiz non finisce di affascinarmi e di stupirmi. I suoi libri vanno letti con una carta geografica a fianco, e un libro di storia a portata di mano. Ogni volta viene voglia di scoprire i posti che descrive, ma soprattutto di ritrovare “il viaggio” come esperienza, crescita, fascinazione. Ma questo libro è anche un atto politico, un disperato tentativo di dire basta allo spreco e alla distruzione. L’ecologia del treno come mezzo collettivo, il bene comune, il bene del Paese e della collettività contrapposto al bene privato, all’interesse del singolo, al privilegio. E’ sufficiente leggere il capitolo dello sconfinamento in Germania (o aver preso un treno una mattina in Germania) per capire le differenze tra due paesi, per capire perché la ricchezza di un paese non si identifica con la ricchezza privata dei suoi cittadini, ma è fatta di cultura, di idee, di senso di appartenenza.
Ho letto questo libro nella "location" ideale, e cio�� durante un viaggio in treno, naturalmente in seconda classe! Il libro �� il resoconto di un viaggio lungo tutta la penisola italiana e le isole, viaggio realmente fatto da Paolo Rumiz e da un misterioso assistente, del quale si scopre la vera identit�� solo a met�� del percorso. Io non vi dico chi �� ma vi lascio un indizio: �� figlio di un ferroviere e per questo appassionato di treni e ferrovie. Il viaggio �� lungo esattamente quanto la ferrovia Transiberiana, ma molto pi�� contorto, e fotografa lo stato attuale delle ferrovie italiane (pietoso) dopo la politica di tagli e dismissioni degli ultimi decenni. Si viaggia in seconda classe ma anche in Eurostar e su una locomotiva a carbone, �� un viaggio in cui la malinconia per la passata grandezza delle nostre ferrovie si mescola al gusto per l'avventura, e scene di degrado si alternano a splendidi paesaggi. Mi ha davvero appassionata.
Il tono è allegro e divertito, di perenne sfottò misto al compianto di un paese che non c'è più. Un giro d'Italia in treno, un viaggio sulle linee ferroviarie più belle, antiche del paese, di cui un gran numero sono ormai in rovina e dismissione, a causa della "dittatura della gomma", degli spostamenti aerei e dell'alta velocità, che ha isolato molte zone di questa nazione piena di montagne, in cui è stato difficilissimo costruire una rete ferroviaria, che pure avevamo, ed è stata un'impresa grandiosa, gloriosa. Ho sempre amato i viaggi in treno, lunghi e imprevedibili, con tutto il fardello che si portano appresso: scomodità e paesaggio che sfila dal finestrino, incontri e conversazioni inaspettate, ritardi, attese, soste impreviste. Questo è un libriccino piacevole che offre spunti di approfondimento e mette addosso una gran voglia di viaggiare.
Un'occasione mancata per Il nostro Paolo Rumiz, i suoi racconti di viaggio sono avvincenti. Belle anche le illustrazioni che ricordano molto le vicende di storie avvenute durante la traversata della transsiberiana. Ma poi ahimè passa ad un mero elenco di luoghi, posti, persone che sembrano solo tasselli obbligati manca il pathos tipico di quel mestiere che per tanti anni si è erso a simbolo dei viaggi italiani. Gli spostamenti da nord al sud che hanno segnato molte generale. Diciamo un viaggio in prima classe dove però sei nella cabina del frecciarossa dovè è proibito parlare... Simile!!!
Un viaggio in treno , lungo come la transiberiana, attraverso linee secondarie, piccole stazioni e grandi paesaggi. Il libro fa venir voglia di viaggiare in treno e riscoprire cosí l´Italia. Bellissimi anche i disegni di Altan.
ma sì, i treni lenti e illogici che stanno sparendo risucchiati dall'altra velocità, gli incontri, i paesaggi, la dedizione al lavoro di certi ferrovieri. però boh, ci ho messo troppo poco a leggerlo e non ci ho trovatol'emozione che cercavo.