Casola Valsenio, Romagna. In viale Neri ci sono le case popolari. Ci abitano il Mago Mammola, con le gambette arrossate e piene di lividi; e Mone, che non vuole che lo guardi quando scende le scale. E Noemi la matta, che le porta da mangiare la panda dell'assistenza sociale. Ci abita soprattutto Bastiano Casaccia, detto Bla. Di babbo si sa poco o nulla, mamma è una tigre che nasconde un agnello, nonna e la gatta giocano a fare i soprammobili. Una peste, Bastiano: un dolce pirata, un po' ingenuo ma pieno di grinta, e leale. Sfreccia per il paese con la sua bicicletta - la Turboberta - come se cavalcasse una pallottola. E stupirà tutti, ne è convinto, costruendo un favoloso sommergibile, alla faccia di Mirko Contoli, piagnone e riccastro rivale in amore. Ma nel mondo grandioso di Bastiano si nasconde un'insidia. Qualcosa annidato dentro di lui. Un ostacolo oscuro, un nemico assoluto che occorre affrontare.
Ci hanno provato già in altri a coinvolgermi, da Paddy Clarke a Joe Speedboat, ma devo ammettere di essere piuttosto impermeabile alle gesta e alle fantastiche avventure di quei ragazzini che credevano che, come cantava Bennato, la chitarra era una spada e chi non ci credeva era un pirata; o, di più ancora, credevano di essere proprio loro, i pirati! - che non a tutti è concesso di essere Gianburrasca o Huckberry Finn e trascinarci nelle loro iperboliche avventure. E quindi sì, la scrittura è pirotecnica e spumeggiante, e il Bastiano Casaccia - detto Bla - romagnolo di Casola Valsenia, paesino della provincia di Ravenna che si abbarbica su uno sperone roccioso - che sfreccia a bordo della Turboberta, una bicicletta più simile a un destriero che a una due ruote, è un misto di candore e turbolenza, disagio e creatività incontenibile, ma sarà che io ormai sono (forse) vaccinata, o (forse) davvero troppo agée per credere ancora ai pirati e lasciarmi trascinare alla ricerca di tesori sommersi o all'assalto di velieri, che ho finito per annoiarmi parecchio.
Ma poi, le ultime trenta pagine, tutto cambia, e la storia, che finalmente trova un suo fuoco, che non sia solo quello delle peripezie di Bla per le strade di Casola e dell'incontro con gli strampalati personaggi che popolano le case popolari di Viale Neri e il resto del paese, aggiunge una stella. E anche la possibilità (sostenuta anche dal fatto che Cristiano Cavina, incontrato a Più Libri Più Liberi è davvero un gran bel personaggio, e che la sorella - la mia, non quella di Cavina! - ne è da sempre una grande lettrice e sostenitrice) di leggere altro di suo.
(Cristiano Cavina pizzaiolo, ma l'ormai mitica pizzeria dello zio purtroppo ha cessato l'attività)
«Non c'era niente che non andava in me. Tutto funzionava alla grande. Riflessi da giaguaro, portamento da pirata e cervello da rapinatore.»
Un po’ l’Ammaniti di “Ti prendo e ti porto via”, un po’ il Pezzoli di “Quattro soli a motore” ma anche un po’ di Baldini, di Benni, perfino di Lansale in un’ipotetica (e un po’ stralunata) versione nostrana. Insomma, nel mio primo incontro con Cristiano Cavina ci ho trovato dentro un po’ di tutto. Il protagonista, Bastiano, detto Bla, vive nel quartiere di case popolari di un paesino dell’entroterra romagnolo e scorrazza libero e vispo con la sua affezionata bici Turboberta; il padre non c’è, la madre è una figura sciatta, giovane, sola e perennemente stanca, i nonni sono comparse colorate che commentano le sue innumerevoli marachelle. Il suo mondo è fatto di guai, di sogni (come quello di costruire un sommergibile, insieme ad alcuni amici) ma anche di domande alle quali fatica a trovare risposta. Sullo sfondo si muovono i tanti personaggi, amici, compagni di scuola, insegnanti, vicini di casa e chi più ne ha più ne metta, per lo più designati sempre con un soprannome, quasi fossero, come i nonni, comparse caricaturali di un comico cartoon. Però, come dice la trama indicata in copertina, in Bastiano si annida un’insidia che non tarda a manifestarsi, dando una scossa al suo mondo fanciullesco e birichino. Mah, sono perplessa sul giudizio da dare a questo romanzo. Perché lo trovo un esordio genuino, fresco, diretto e in diversi punti, come i passaggi in cui Bastiano pone insistentemente domande alla madre e poi si gode il suo affetto, l’ ho trovato di una sensibilità disarmante; in altri però, complice anche l’elevato numero di personaggi, mi sono un po’ persa, e sono arrivata verso la fine, quando Bastiano combina ciò che combina, simpaticamente frastornata. Forse sarebbe stato un bene variare ogni tanto il punto di vista della narrazione, perennemente focalizzato su Bastiano, il solo ad esprimere pensieri e punti di vista e descrizioni su fatti e personaggi, forse sarebbe stato un bene diminuire il numero degli altri personaggi e dedicare più pagine allo sviluppo delle tante tematiche lievemente sollevate (il romanzo, in questo, non è affatto banale), forse la storia di formazione di un giovane ragazzino nell’entroterra nostrano mi ha ricordato tanti altri libri letti. Però Cavina mi sembra una penna capace e avrei curiosità di leggere altro di lui. Sono in difficoltà. Ma, considerando che questo è un esordio, arrotondiamo le tre stelline e mezzo in quattro e in futuro si vedrà!
Per quanto Cavina continui a piacermi come scrittore, è proprio bravo, questa volta mi ha convinto di meno. La storia è interessante e scritta benissimo, tuttavia talvolta è esageratamente contorta e caotica e lo stile rischia di creare ancora più confusione. Un peccato, ma Cavina rimane un ottimo scrittore.
non è male, è difficile non parteggiare per questo giamburrasca di provincia, però arrivato alla fine non mi ha lasciato quasi nulla.boh, è come se gli mancasse qualcosa, certi personaggi (su tutti lo zio, ma pure il mago mammola e saura) spuntano a caso e altrettanto casualmente se ne vanno, certe situazioni lasciano la voglia di saperne come vanno a finire. non è un brutto libro, ma mi sembra irrisolto.
Mi è piaciuta la partenza, poi la noia ha avuto il sopravvento (mea culpa: le storie di ragazzini non mi pigliano mai) fino all'ultima svolta della storia che mi è piaciuta di più.
***"Il futuro mi fece una sfilata davanti agli occhi, ammiccando sopra una scia di raso rosso. Mi passai la lingua sulle labbra, cercandone il sapore. Una delizia."***
L'esordio di Cristiano Cavina è acerbo, magari anche un pochino sconclusionato, ma rivela al contempo uno scrittore sincero, genuino, dalla scrittura semplice e artigianale al servizio di una narrazione aneddotica figlia, come il suo autore, di una terra ricca di storie e di grandi raccontatori; poco importa se alcuni sono finiti sulla carta stampata o se altri sono rimasti confinati tra le mura di un bar di provincia. I secondi si servono, per fortuna, di coloro che invece sanno anche ascoltare: e Cavina, il pizzaiolo "quando c'è" di Casola Valsenio, è senz'altro uno di essi.