Fuoco, colpa, delirio, agonia sono i primi quattro passi di un antico ballo immaginario che rappresenta metaforicamente la parabola discendente delle passioni, e quindi dell’esistenza, di Ruggero Gunale, protagonista della storia. Il suo ultimo passo sarà l’addio. Egli infatti cercherà, probabilmente in maniera illusoria, nella fuga dalla sua isola – microcosmo e prigione – la salvezza da una nausea esistenziale i cui fantasmi più terribili si concentrano invece proprio a bordo della nave che si allontana dal porto di Cagliari.
Sergio Atzeni (Capoterra, 14 October 1952 – Carloforte, 6 September 1995) was a Sardinian writer.
Born in Capoterra, southern Sardinia, he moved to Cagliari where, as a journalist, he worked for some of the most important Sardinian newspapers. He also became a member of the PCI (Italian Communist Party), but later left the party, being disullusioned with politics. In 1986, he left Sardinia and travelled across Europe, but in the last part of his life he settled in Turin where he wrote his most important novels, including Il figlio di Bakunìn (Bakunin's Son), Passavamo sulla terra leggeri and Il quinto passo è l'addio. In 1995, he died in Carloforte while swimming in the sea during a holiday back in Sardinia.
All of Atzeni's works are set in Sardinia and were written in Italian. He experimented different techniques and styles across his novels. Most notably, he used a very original language that fused elegant literary Italian and the "patter" used by the working-class in Cagliari and Sardinia, where many words and sayings are borrowed from the Sardinian language. In this way Atzeni reproduces the immediacy of the spoken language in his novels. In some of his novels (e.g. Il quinto passo è l'addio and Bellas mariposas) he also used techniques akin to the "magic realism" style of many Southern American authors, where fantastic elements appear in the realistic setting.
Sergio Atzeni is considered, with Giulio Angioni and Salvatore Mannuzzu, one of the initiators of the so-called "Sardinian Literary Spring", the Sardinian narrative of today in the European arena, which followed the work of individual prominent figures such as Grazia Deledda, Giuseppe Dessì, Gavino Ledda, Salvatore Satta. Some of his novels have been translated in French, but only one, Il figlio di Bakunìn (Bakunin's Son), has been translated in English.
"Noi, gli sbandati, i fuori dal mondo che rifiutavano sia la guerriglia urbana che il ritorno nei ranghi, i figli dei fiori, i poeti, i rimbambiti, i pazzi, gli spaventati dalla velocità della storia e della tecnica e dell'assoluta assenza di guidatore, e quelli come me, che non sapevano che fare di se stessi e cercavano motivi per vivere, rimasugli di una generazione che ha tentato di cambiare il mondo perché sapeva che fa schifo, ma non sapeva che lo schifo ha costruito in millenni strutture solidissime di resistenza, le ha costruite con piramidi di sacrificati, le ha costruite anche nelle nostre anime. Guardavamo a occhi aperti e spaventati un mondo che non ci apparteneva. Per noi era l'invito di Katmandu."
Non so dire su questa lettura, ha detto tutto l'autore. Certo è libro che narra di un viaggio per terre e per mari, come iniziazione e fine. E non dimentico chi è Atzeni, cosa avrebbe potuto scrivere ancora. Dopo il 'fuoco', 'la colpa', 'il delirio', 'l'agonia', il quinto passo è l'l'addio'....ma il sesto, necessario, è il ricordo, il settimo è l'oblio, l'ottavo è un nuovo inizio. Di vita. Povero Atzeni, forse ho letto il suo scritto in modo sbagliato, povera me che non ne leggerò altro.
Troppo complicato per me questo libro su cui avevo aspettative diverse avendo letto Il figlio di Bakunin oppure non era il momento per leggerlo. Sono sicura che abbia tante potenzialità, che dietro ci sia uno studio, una preparazione ed una profondità che ho percepito, ma non apprezzato come necessario. Ci sono pagine (sarebbe più corretto dir "storie") che catturano, altre in cui invece mi sono persa, sopratutto mi è sfuggita la trama o il senso della trama sotto il profilo temporale. Comunque un altro punto a sfavore del libro è che a me gli "eccessi" non piacciono, il male di vivere raccontato per eccessi disturba
è molto strano per me leggere un libro ambientato nella mia città, laddove posso riconoscere i luoghi come a me molto familiari e dove so di essere a casa...
Bello, l'ho letto tutto d'un fiato anche se a tratti è un po'lento. In molte parti ho ritrovato la mia addolescenza a Cagliari e la stessa voglia di partire ... e anche io sono partita, ma alla fine sono tornata ... perché Cagliari è una città che ti rapisce, vuoi fuggire, ma poi se sei lontano una forza irresistibile ti fa tornare
Il più bello di Sergio Atzeni. Qui c'è tutta la poetica di uno scrittore che ha vissuto le sue pagine fino in fondo. La storia, ambientata nella Cagliari degli anni '80, in realtà è la storia di tutti. Autore moderno e senza confini, non ci sono etichette che riescano a definirlo.
Forse non l'ho letto con la giusta costanza e concentrazione. L'ho trovato piacevole, ma non mi ha sconvolto, probabilmente per colpe mie. Lo riprenderò in futuro.
Come al solito, Atzeni �� incommentabile. Un libro assieme superficiale e profondo, da leggere non una ma pi�� volte per riuscire a capirlo fino a fondo. Scritto con il tono tipico della favola orale, sembra quasi sentire la voce suadente del cantore che con un leggero accento sardo racconta una storia inutile ma dalla profonda morale nascosta. Assolutamente da leggere.