What do you think?
Rate this book


197 pages, Paperback
First published January 1, 2008
Consiglio a tutti la lettura dell'ultimo libro di Paul Veyne (uno dei più importanti storici dell'antichità "classica"), che si intitola Foucault. Il pensiero e l'uomo (Garzanti, 2010). Veyne fu allievo di Foucault all'Ecole Normale, ed è noto in Italia soprattutto per un libro molto citato da Wu Ming 2, I Greci hanno creduto ai loro miti? (1983, pubblicato dal Mulino nel 2005).
Questo libro - uno dei testi più chiari e rivelatori sul pensiero di Foucault - contiene capitoli in apparenza "digressivi", che invece sono quelli più attinenti al tema. In essi, Veyne mostra come si possa applicare il "metodo" (d'obbligo le virgolette) foucaultiano ad alcune questioni molto spinose.
Nel cap. 5 Veyne applica il pensiero e l'approccio scettico (in senso filosofico) di Foucault alla questione dell'universalità del cristianesimo e delle "radici cristiane" dell'Europa. Il discorso lo conosciamo tutti: "non possiamo non dirci cristiani"; senza l'irruzione del cristianesimo nella storia non avremmo i nostri valori di giustizia, equità, libertà, carità; l'Europa è cristiana, ha radici cristiane, questo va "ufficializzato" etc. Da qui la battaglia di qualche anno fa perché il riferimento a tali radici fosse messo nella cosiddetta (sedicente) "Costituzione Europea".
Il capitolo - che in realtà sintetizza anni e anni di studi - è un esempio rivelatore di quanto l'approccio foucaultiano possa essere utile: Veyne prende un tema solitamente esposto a colpi di Idealismo, Essere, Universali e Trascendenza, e riporta tutto in un quadro di materialismo, divenire, singolarità e - soprattutto - immanenze. Veyne riconosce la grandissima peculiarità del cristianesimo, ma spiega che essa non deriva principalmente da una peculiarità dell'Idea (che poi sarebbe rimasta costante nei secoli) bensì dall'interagire di dinamiche molto materiali e "dal basso".
Tutto questo si confà a una tipica impostazione di Foucault (ma anche di Deleuze) che secondo me è forse la più utile per contestare e demolire qualunque lettura reazionaria dei tempi antichi. Taglio con l'accetta:
per Foucault e Deleuze... le origini non spiegano. Mai. Le origini non sono mai "belle", né tantomeno chiare. Sono il momento della confusione, dell'imprecisione, della vaghezza. Sono la fase meno interessante. Ciò che oggi conosciamo di un fenomeno, di una tendenza, di un discorso, non può mai essere spiegato con il richiamo alla sua origine. I mutamenti più significativi di *qualunque cosa* avvengono ben dopo l'origine (che del resto è "prodotta" da noi retrospettivamente, con una localizzazione arbitraria). Sovente avvengono a metà percorso.
[Anche per questo continuo a pensare che quello di Foucault e Deleuze sia un pensiero dell'immanenza, totalmente immune da derive trascendenti o reazionarie, mentre altri filoni di teoria radicale - che pure possono essere utili e ispiranti - questo rischio lo corrono eccome. Per questo, come spiegavo nell'altro thread, leggo Badiou con interesse ma sospetto delle sue categorie, e ascolto Zizek cercando di separare il grano radicale dal loglio ontologico/hegeliano...]
Deriva anche da questo la violenta (non qui, ma in altri testi che ho trovato in rete) polemica di Veyne contro il concetto di "radici cristiane".
A ben vedere, anche se questo resta implicito, per Veyne nemmeno il cristianesimo stesso (nella sua manifestazione *storica* che abbiamo oggi sotto gli occhi) ha solo radici cristiane. Veyne sostiene che non è l'Europa ad avere valori cristiani ma il cristianesimo attuale ad avere valori "europei" (moderni, post-illuministici). Alcune idee del cristianesimo attuale sono recentissime e il cristianesimo le ha prese non dal Vangelo o dalla dottrina dei Padri, bensì dalla modernità di cui pure è stato grande oppositore.