Eccolo il mistero italiano. Il giornalista De Mauro e lo scrittore Pasolini avevano in mano le informazioni giuste per raccontare la verità sul volto oscuro del potere in Italia, con nomi e cognomi. Erano gli anni Settanta. Il primo stava preparando la sceneggiatura del film di Francesco Rosi sulla morte di Enrico Mattei, il presidente dell’Eni che osò sfidare le compagnie petrolifere internazionali. Il secondo stava scrivendo il romanzo Petrolio, una denuncia contro la destra economica e la strategia della tensione, di cui il poeta parlò anche in un famoso articolo sul “Corriere della Sera”. De Mauro e Pasolini furono entrambi ammazzati. Entrambi avrebbero denunciato una verità che nessuno voleva venisse a galla: e cioè che con l’uccisione di Mattei prende il via un’altra storia d’Italia, un intreccio perverso e di fatto eversivo che si trascina fino ai nostri giorni. Sullo sfondo si staglia il ruolo di Eugenio Cefis, ex partigiano legato a Fanfani, ritenuto dai servizi segreti il vero fondatore della P2. Il “sistema Cefis” (controllo dell’informazione, corruzione dei partiti, rapporti con i servizi segreti, primato del potere economico su quello politico) mette a nudo la continuità eversiva di una classe dirigente profondamente antidemocratica, così come aveva capito e cercato di raccontare Pasolini in Petrolio, romanzo politico che invece fu letto solo in chiave letteraria. Le carte dell’inchiesta del pm Vincenzo Calia, gli atti del processo De Mauro in corso a Palermo, nuove testimonianze (tra cui l’intervista inedita a Pino Pelosi, che per la prima volta fa i nomi dei suoi complici) e un’approfondita ricerca documentale hanno permesso agli autori di mettere insieme i tasselli di questo puzzle occulto che attraversa la storia italiana fino alla Seconda Repubblica. Rimane una domanda: dov’è finito l’Appunto 21 di Petrolio misteriosamente scomparso?
Lettura appassionante e scorrevole per quel che riguarda le parti sul delitto Mattei e il delitto De Mauro. Pur essendo archiviate o incomplete le inchieste in questi due casi, la ricostruzione - difatti il riassunto delle molteplici ricostruzioni - fila liscio. Lo stile è giornalistico e le modalità delle inchieste richiedono profusione di particolari e nomi propri che non si memorizzano tutti facilmente, ma la ricca documentazione e l’abbondanza di citazioni di fonti nelle note al testo, spesso citazioni verbali, permettono di ritrovarsi. Si dà credito senza esitazione al quadro pure inquietante che risale da questo racconto. Purtroppo al caso Pasolini il quadro cambia, come impostazione e modus operandi degli autori, ma questo è dovuto anche alla fonte principale, l’inchiesta archiviata di un magistrato di Pavia, che ha incluso il romanzo incompiuto Petrolio di Pasolini negli atti, insieme con una fonte utilizzata da Pasolini, fornendo anche la chiave di lettura. La passione letteraria di un magistrato non può che renderci felici, ma il risultato per questo libro non è convincente. Gli autori tirano in ballo un sacco di cose che sembrano lontane dai fatti principali dell’opera: il massacro al Circeo, la banda della Magliana e la strage di Brescia sembrano legate soltanto dalla persona del criminologo criminale Semerari al caso Pasolini, e per arrivare da lui a Cefis ce ne vuole ancora. Se lo scopo era trovare che Cefis o chi per lui era il mandante dell’uccisione di Pasolini, la ricerca di indizi e prove restituisce un pugno di mosche. E lo sanno pure gli stessi autori, che cercano di riparare moltiplicando lo sforzo retorico, a discapito della facilità e del piacere di lettura.
Il quadro generale degli anni 70 in Italia sembrerebbe complicato abbastanza per costruire anche altri legami, e qui siamo al solito problema quando si leggono queste inchieste: chi credere? Quando e fino a quando? Il personaggio di Pino Pelosi fornisce solo un esempio estremo di diverse verità svelate in variabile misura a seconda delle circostanze del momento. Sono però spesso così, questi testimoni, dal comune pentito al senatore al banchiere all’ avvocato faccendiere. Quando ci raccontano come sarebbe andata, hanno il loro ruolo (verrebbe da dire, il proprio culo) in mente, più i messaggi che magari pensano di inviare a qualche nemico e che avvolgono nel discorso destinato al pubblico dei comuni mortali. Sarebbe troppo bello che ci fossero più prove materiali in certi casi, invece di “testimonianze” incollate da congetture. Così, è troppo una storia che ci viene raccontata. Però almeno non è mai noiosa.