In una torrida giornata di luglio a Capo di Ponte Emilia, tranquillo paesino della bassa padana, il postino Ruini nell'imbucare una lettera scopre nella cassetta della posta una mano mozzata.
Paolo Roversi è nato il 29 marzo 1975 a Suzzara (Mantova). Scrittore, giornalista, sceneggiatore e podcaster, vive a Milano. Collabora con quotidiani e riviste ed è autore di soggetti per il cinema e per serie televisive, spettacoli teatrali e cortometraggi. Ha scritto undici romanzi e i suoi libri sono tradotti in Francia, Spagna, Germania, Polonia, Serbia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacchia e Stati Uniti. Ha vinto diversi premi letterari tra cui il Premio Selezione Bancarella 2015 col romanzo Solo il tempo di morire (Marsilio) È fondatore e direttore del NebbiaGialla Suzzara Noir Festival e del portale MilanoNera. Il suo sito è www.paoloroversi.me Twitter e Instagram: @paoloroversi
Arrivati alla terza avventura di Radeschi è ufficialmente amore. Un amore dettato soprattutto dalle coincidenze sempre più marcate (e francamente sorprendenti) con il protagonista delle storie di Roversi e il mio percorso di vita. Nei ringraziamenti viene scritto: "Agli amici della Bassa, una terra che per me ha sempre rappresentato uno stato mentale. Un modo di essere che mi porto dentro." Non c'è bisogno di aggiungere altro. Poche parole che incorniciano perfettamente tutto. Capo di Ponte Emilia non è un posto reale ma ricalca perfettamente un sacco di paesini della bassa Padana che conosco e che, negli anni prima di trasferirmi a Milano, ho vissuto e frequentato. Il treno che Radeschi prende per pendolare dal paesino a Milano è quel treno che per anni ho preso e tuttora frequento (per pendolare al contrario, ma questa è un'altra storia). Capo di Ponte potrebbe essere benissimo una delle ultime fermate prima di Mantova, una Marcaria o Castellucchio. Tutto suona così familiare e perfettamente immerso nel quotidiano. Un libro che ho sentito veramente vicino, come pochi altri.
Decisamente migliore rispetto al precedente anche se non ancora perfettamente a livello del primo libro della serie. Due diversi casi interessano Enrico Radeschi, il primo a Milano dove il cadavere di una ragazza viene ritrovato seppellito in un campo, un omicidio che seguirà affiancando ancora una volta il vicequestore Loris Sebastiani, e il secondo a Capo di Ponte Emilia, il suo tranquillo paese nella Bassa, dove in una cassetta delle lettere viene rinvenuta una mano mozzata e, successivamente, ucciso un anziano ricoverato in una casa di cura. Complessivamente un bel doppio giallo nostrano che rivisita anche la storia del nostro recente passato, con personaggi coerenti e adeguatamente caratterizzati, ben scritto, avvincente ma al tempo stesso anche con spunti ironici e brillanti che lo rendono estremamente godibile.
Doppia indagine per il giornalista e hacker Enrico Radeschi che per l’occasione si divide tra la periferia di Milano e la “bassa” padana. Tra delitti e vendette, amori non corrisposti e consigli culinari, curiosità e qualche digressione di troppo, tutti i nodi vengono al pettine
Bella la storia, bello il contrasto tra la Milano tentacolare e il paesino di campagna dove "non succede mai niente". Anche questo terzo romanzo della serie non delude.
very well written the two cases are interesting but I would have loved for them to be linked in some way. boskovic is a very nice addition: I hope he will come back in the following books and maybe interact more with Sebastiani.
plot: a girl and a Japanese sushi owner are killed in Milano by two people (a bar owner kills the Japanese for economic reasons and a man kills the girl for romantic reasons), but at the end they are both killed by poisoned desserts given to the bar owner by the sushi owner. In the meantime, Enrico is in his native town were men are killed and frozen hands are found. Albanian guys are accused of it but they only killed another Albanian for economic reasons. the others were killed because they were nazis.
This entire review has been hidden because of spoilers.
Anche questo un bel giallo, forse non all'altezza del primo della serie, che continuo a preferire, ma decisamente meglio del secondo... ho controllato ed avevo dato ad entrambi 4 stelle, come a questo, devo forse cambiare le valutazioni agli altri libri??? 🙄🤔 La lettura è sempre scorrevole e divertente, in questa storia il nostro simpatico giornalista si barcamena magnificamente in due scene del delitto, una a Milano e l'altra a Capo di Ponte Emilia, il suo paese natio, dove ci arriva addirittura col suo Giallone in ben due ore. 😲 Con questo libro Roversi ci lascia anche un piccolo ed interessante racconto su fatti avvenuti in quelle zone alla fine della seconda guerra mondiale.
Non è la tua prima volta a Bolzano, ci ambienteresti un libro?
Perché no? La città e molto bella si presta ad un bel noir. Ho già in mente un abbozzo di trama: un delitto, inspiegabilmente senza testimoni, compiuto proprio durante i mercatini di Natale. Sarebbe un bel rompicapo per gli investigatori...
La mano sinistra del diavolo sposta il luogo del delitto dalla città alla provincia come mai questa scelta?
Milano è la città che mi accolto e in cui vivo da sei anni, la Bassa è la terra in cui sono cresciuto. Con entrambi i luoghi ho un rapporto forte, d'amore e odio. Con la metropoli perché è spersonalizzante, con la Bassa perché ogni cosa laggiù diventa personale, anzi pubblica. Raccontarle insieme, nello stesso libro, è stato intrigante. Da un lato c'è il capoluogo lombardo che, secondo me, rappresenta la vera metropoli noir italiana, dall'altro la dimensione rurale, la provincia italiana.
In “Blue Tango”, il mio primo romanzo noir, ho descritto le zone di Porta Venezia, Città Studi, Lambrate. In questo nuovo romanzo racconto la vita estiva sui Navigli, in Brera, all'Idroscalo nelle notti ferragostane. In ogni modo racconto la "mia" Milano, che è al contempo uguale e completamente diversa, da quella descritta, ad esempio, da Colaprico o Biondillo. Ed è questo che rende letteraria una città: tanti scrittori la raccontano ma quando la leggi non è mai uguale.
Il passaggio all'ambientazione provinciale, in più, ha rappresentato per me una sorta di sfida personale: raccontare la mia terra attraverso il romanzo di genere per descrivere la faccia nascosta della tranquilla provincia padana. L’ho fatto con passione, anche se è sempre difficile parlare della Bassa perché si rischia di cadere nel cliché e si è costretti a confrontasi con mostri sacri come Guareschi o Zavattini. Io ci ho provato raccontandola attraverso i paesaggi, i profumi, il Po, ma soprattuto attraverso la gente che vi abita.
Quali libri e quali scrittori ti hanno influenzato maggiormente?
A parte Bukowski, che è il mio autore preferito, e a cui probabilmente devo il fatto di essermi messo in testa di diventare uno scrittore, leggo con piacere diversi autori di noir. Ne cito alcuni a me molto cari. Tra gli americani dico Ellroy e il suo capolavoro “American Tabloid”, poi Lansdale (tutta la serie con Hap e Leonard è da non perdere), Ed Bunker (“Confessioni di una canaglia”). In Francia, segnalo Jean-Claude Izzo e la sua splendida trilogia di Marsiglia; fra gli spagnoli, anzi i catalani, Manuel Vasquez Montalban: un magnifico scrittore, che considero un po' il mio modello letterario. Fra gli italiani un solo insuperato maestro: Giorgio Scerbanenco.
L'ultima volta eri venuto qui per parlare del libro su Bukowski, ora per la MSDD, ma nel mezzo hai scritto un altro libro....
In realtà, ne ho scritti due... Il 2006 è stato per me un vero anno di grazia "letteraria". In febbraio è uscito "Blue tango – noir metropolitano" un giallo ambientato a Milano che ha riscosso molto successo tanto che, spinto da questa frenesia noir, qualche mese dopo ho pubblicato "La mano sinistra del diavolo" che devo dire sta andando molto bene in libreria.
Sempre recentemente, per uno strano meccanismo editoriale, è uscito anche un altro mio libro che s'intitola Il mio nome è Bukowski. Un romanzo breve, non di genere, dedicato al vecchio Buk ed edito dalla Fermento di Roma. Con questo libro ho concluso la mia personale trilogia bukowskiana. Dieci anni fa l'avevo cominciata con un Millelire di aforismi "Seppellitemi vicino all'ippodromo così che possa sentire l'ebbrezza della volta finale" (Stampa Alternativa), per poi continuare nel 2005 con la biografia non autorizzata, scritta con il fondamentale apporto di Fernanda Pivano, che ho presentato anche qui a Bolzano dal titolo "Scrivo racconti poi ci metto il sesso per vendere".
Sei passato da Stampa Alternativa a Mursia, due editori piuttosto diversi...
A Stampa Alternativa, editore con cui ho pubblicato due libri più un Millelire, sono molto affezionato: Marcello Baraghini ha creduto ed investito su di me e gli sono molto grato.
Mursia è una grande casa editrice, una di quelle storiche che conoscono tutti. La dimostrazione ne è il fatto che quando frequentavo il liceo molti dei miei libri erano editi proprio dal mio nuovo editore. Come potevo resistere alla tentazione? Battute a parte, passare da un editore all'altro per me ha rappresentato la continuazione di un percorso letterario dettato anche dal desiderio di mettersi in gioco, di provare strade nuove. Senza contare che Mursia riserva una particolare attenzione alla narrativa di genere (gialli, thriller) mentre Stampa Alternativa è più un editore orientato alla saggistica anche se ogni tanto pubblica romanzi.
Consigli per un giovane scrittore alle prime armi?
Non barare col lettore: scrivi per gli altri e non per te stesso.
Non lanciarti in voli pindarici per far vedere che sei bravo a costruire frasi di quattro righe senza punteggiatura. Fai le cose facili. E pensa che una bella trama sopravvive anche ad una cattiva scrittura. Un'ottima scrittura, invece, non riesce ad averla vinta su una mediocre idea di base.
Per scrivere il romanzo, poi, tutto quello che ti serve è aver letto (e continuare a farlo) molti libri. Se non leggi non puoi scrivere. Semplice no?
Non è la tua prima volta a Bolzano, ci ambienteresti un libro?
Perché no? La città e molto bella si presta ad un bel noir. Ho già in mente un abbozzo di trama: un delitto, inspiegabilmente senza testimoni, compiuto proprio durante i mercatini di Natale. Sarebbe un bel rompicapo per gli investigatori...
La mano sinistra del diavolo sposta il luogo del delitto dalla città alla provincia come mai questa scelta?
Milano è la città che mi accolto e in cui vivo da sei anni, la Bassa è la terra in cui sono cresciuto. Con entrambi i luoghi ho un rapporto forte, d'amore e odio. Con la metropoli perché è spersonalizzante, con la Bassa perché ogni cosa laggiù diventa personale, anzi pubblica. Raccontarle insieme, nello stesso libro, è stato intrigante. Da un lato c'è il capoluogo lombardo che, secondo me, rappresenta la vera metropoli noir italiana, dall'altro la dimensione rurale, la provincia italiana.
In “Blue Tango”, il mio primo romanzo noir, ho descritto le zone di Porta Venezia, Città Studi, Lambrate. In questo nuovo romanzo racconto la vita estiva sui Navigli, in Brera, all'Idroscalo nelle notti ferragostane. In ogni modo racconto la "mia" Milano, che è al contempo uguale e completamente diversa, da quella descritta, ad esempio, da Colaprico o Biondillo. Ed è questo che rende letteraria una città: tanti scrittori la raccontano ma quando la leggi non è mai uguale.
Il passaggio all'ambientazione provinciale, in più, ha rappresentato per me una sorta di sfida personale: raccontare la mia terra attraverso il romanzo di genere per descrivere la faccia nascosta della tranquilla provincia padana. L’ho fatto con passione, anche se è sempre difficile parlare della Bassa perché si rischia di cadere nel cliché e si è costretti a confrontasi con mostri sacri come Guareschi o Zavattini. Io ci ho provato raccontandola attraverso i paesaggi, i profumi, il Po, ma soprattuto attraverso la gente che vi abita.
Quali libri e quali scrittori ti hanno influenzato maggiormente?
A parte Bukowski, che è il mio autore preferito, e a cui probabilmente devo il fatto di essermi messo in testa di diventare uno scrittore, leggo con piacere diversi autori di noir. Ne cito alcuni a me molto cari. Tra gli americani dico Ellroy e il suo capolavoro “American Tabloid”, poi Lansdale (tutta la serie con Hap e Leonard è da non perdere), Ed Bunker (“Confessioni di una canaglia”). In Francia, segnalo Jean-Claude Izzo e la sua splendida trilogia di Marsiglia; fra gli spagnoli, anzi i catalani, Manuel Vasquez Montalban: un magnifico scrittore, che considero un po' il mio modello letterario. Fra gli italiani un solo insuperato maestro: Giorgio Scerbanenco.
L'ultima volta eri venuto qui per parlare del libro su Bukowski, ora per la MSDD, ma nel mezzo hai scritto un altro libro....
In realtà, ne ho scritti due... Il 2006 è stato per me un vero anno di grazia "letteraria". In febbraio è uscito "Blue tango – noir metropolitano" un giallo ambientato a Milano che ha riscosso molto successo tanto che, spinto da questa frenesia noir, qualche mese dopo ho pubblicato "La mano sinistra del diavolo" che devo dire sta andando molto bene in libreria.
Sempre recentemente, per uno strano meccanismo editoriale, è uscito anche un altro mio libro che s'intitola Il mio nome è Bukowski. Un romanzo breve, non di genere, dedicato al vecchio Buk ed edito dalla Fermento di Roma. Con questo libro ho concluso la mia personale trilogia bukowskiana. Dieci anni fa l'avevo cominciata con un Millelire di aforismi "Seppellitemi vicino all'ippodromo così che possa sentire l'ebbrezza della volta finale" (Stampa Alternativa), per poi continuare nel 2005 con la biografia non autorizzata, scritta con il fondamentale apporto di Fernanda Pivano, che ho presentato anche qui a Bolzano dal titolo "Scrivo racconti poi ci metto il sesso per vendere".
Sei passato da Stampa Alternativa a Mursia, due editori piuttosto diversi...
A Stampa Alternativa, editore con cui ho pubblicato due libri più un Millelire, sono molto affezionato: Marcello Baraghini ha creduto ed investito su di me e gli sono molto grato.
Mursia è una grande casa editrice, una di quelle storiche che conoscono tutti. La dimostrazione ne è il fatto che quando frequentavo il liceo molti dei miei libri erano editi proprio dal mio nuovo editore. Come potevo resistere alla tentazione? Battute a parte, passare da un editore all'altro per me ha rappresentato la continuazione di un percorso letterario dettato anche dal desiderio di mettersi in gioco, di provare strade nuove. Senza contare che Mursia riserva una particolare attenzione alla narrativa di genere (gialli, thriller) mentre Stampa Alternativa è più un editore orientato alla saggistica anche se ogni tanto pubblica romanzi.
Consigli per un giovane scrittore alle prime armi?
Non barare col lettore: scrivi per gli altri e non per te stesso.
Non lanciarti in voli pindarici per far vedere che sei bravo a costruire frasi di quattro righe senza punteggiatura. Fai le cose facili. E pensa che una bella trama sopravvive anche ad una cattiva scrittura. Un'ottima scrittura, invece, non riesce ad averla vinta su una mediocre idea di base.
Per scrivere il romanzo, poi, tutto quello che ti serve è aver letto (e continuare a farlo) molti libri. Se non leggi non puoi scrivere. Semplice no?
Roversi fa una piccolo inversione, abbandona le atmosfere metropolitane e vira in direzione della provincia. Qui, il Male non è meno minaccioso, ma meno afflitto da luoghi comuni e cliché di genere. Sullo sfondo di campagne nebbiose si muovono carabinieri pasticcioni, alle prese con qualcosa che non hanno mai affrontato prima. Sul profilo del paesaggio della Bassa il rosso del sangue sembra spiccare ancora di più, e Roversi, ci consegna un romanzo maturo e promettente.
Storie che si intrecciano tra Milano e la bassa, tra italiani, giapponesi, tedeschi e albanesi. Tra problemi moderni e dolori antichi, tra storie di simpatiche frequentazioni e animali che non ti aspetti. Sostanze stupefacenti e sostanze impensate (cadaverina & co). Un pizzico di storia per non dimenticare e per perdersi.
Così mi ha scritto Roversi in occasione del Festival Nebbia Gialla di Suzzara. Non avevo mai letto nulla di questo autore, ma devo dire che mi ha fatto piacere conoscere Radeschi, che non è il maresciallo austriaco, bensì un giornalista free-lance che vive a Milano, ma qui torna al suo paese d’origine, nella bassa mantovana, la terra di Peppone e Don Camillo, dove il Po separa la terra lombarda dall’Emilia. Il paesaggio è sempre lo stesso, piatto e noioso, grumi di case raccolte intorno a un campanile circondato da campagna a perdita d’occhio. Cosa potrà mai succedere in un luogo così tranquillo, dove ci sono le stalle, i pioppi, le golene piene di fango, i canali con le nutrie e i fiori di loto, le paludi e gli aironi, gli agriturismi e le corti in abbandono? Eppure anche qui può accadere al postino di recapitare una busta e trovare nella cassetta della posta una mano mozzata…L’indagine svolta dal nostro intraprendente giornalista, insieme all’amico Sebastiani della questura di Milano e al capo della stazione dei Carabinieri di Capo di Ponte, porta a scoprire un intreccio legato ad antiche vicende di guerra. Una piacevole lettura che mi spinge ad approfondire la conoscenza con questo intraprendente personaggio.
Non ho memoria dei libri precedenti di Roversi che ho letto. Questo, complice anche la garbata lettura di Fabrizio Martorelli, appassiona. Un giornalista freelance di cronaca nera, ritornato casualmente al paese natio della bassa, si trova implicato in un caso che affonda le radici nel passato e conteporaneamente fa la spola con Milano, convocato da un vice questore che un po' lo asseconda un po' lo "ricatta". Il libro affronta argomenti seri e contemporaneamente dà un quadro di costume della provincia e della campagna lombarda.
Non avevo ancora letto nulla di questo autore ed è stata una piacevole scoperta. Il giallo si svolge tra Milano e la provincia, la bassa padana dove vivono ancora dei personaggi molto caratteristici, genuini e divertenti. Mentre a Milano si indaga sull'omicidio di una giovane donna, nella provincia si indaga su macabri ritrovamenti di mani mozzate e omicidi di uomini anziani che sembrano collegati a quelle mani, non c'è il tempo di annoiarsi mai fino all'ultima pagina.
Storie di memoria nella bassa, conti mai veramente chiusi che ritornano a farci visita. Radeschi questa volta si alterna tra una Milano rovente e il suo paese natale dove avvengono una serie di efferati omicidi. Storie interessanti che si intrecciano e i cui nodi si sciolgono lentamente.