"I vecchi sono numeri. Numeri che ci fanno paura, come quell'uno su tre che riguarda la percentuale di anziani che abiteranno il nostro paese di qui ai prossimi anni. I vecchi non si vedono: nei piccoli paesi capita ancora di incontrarli al braccio di una badante dalle braccia larghe. Nelle città, qualora si avventurassero fuori di casa, vengono superati in corsa, con una scrollata di spalle e uno sbuffo di insofferenza. I vecchi non esistono: appaiono di rado in televisione, specie se di sesso femminile. O meglio, si vedono a volte quelle rare e preziose donne impossibili da ignorare, come Rita Levi Montalcini o Margherita Hack. Quanto alle altre, a volte si mimetizzano fra ospiti e comparse sotto i cinquantacinque anni (la soglia di apparizione televisiva per le donne) fingendo di esserne coetanee, o accettando di recitare l'antico ruolo della megera. I vecchi non vendono, non piacciono, non hanno appeal: su quotidiani e telegiornali appaiono soltanto quando sono vittime di una truffa o di un colpo di calore. O quando, se donne, osano innamorarsi di un uomo più giovane. Se concepiscono dopo i sessant'anni, sono la vergogna del loro sesso. Dura, comunque, poco: una copertina, un articolo nelle pagine interne la settimana successiva, un trafiletto, e tutto è dimenticato. I vecchi danno fastidio. È sempre stato così: ma adesso, e soprattutto nel nostro paese, avviene qualcosa di diverso. C'è una sola generazione. Quella dei cinquanta-sessantenni." (dall'introduzione)
oddioddiooooddddiiioooo. Non che una queste cose non le sappia per carità, ma leggerle così, nero su bianco e senza anestesia fa proprio male e purtroppo non valgono solo per l'Italia...
Con il suo consueto stile, documentato, attento ed emotivo, Loredana Lipperini descrive la marginalizzazione sociale e culturale che nella società d’oggi hanno i vecchi e la vecchiaia (e in ispecie le vecchie). E lo fa benissimo; in effetti questa è una lettura terribilmente disturbante, proprio perché tende a sbatterti in faccia quello che non vorresti vedere. Ma che cos’è che non vorresti vedere: il modo in cui vengono marginalizzati i vecchi, o la vecchiaia tout-court? Il problema, cara Loredana, non è il fatto che ce la si abbia con i vecchi (e le vecchie) come, in altre epoche, ce la si ebbe con gli ebrei o i negri. Il problema è che, per la stragrande maggioranza delle persone (tolta una piccola percentuale di depressi o psicopatici), la vita è bella, in quanto da vivi si possono fare tante bellissime cose: mangiare cose buone, fare sesso, conoscere gente, camminare in montagna, accarezzare gatti, prendere il sole, eccetera, eccetera, eccetera... (Come? Ah, sì: anche fare figli e vederli crescere). Nessuna di queste cose si può fare da morti, anzi da morti non si può fare più niente proprio perché si è morti, quindi non si esiste più. Tutti vorrebbero essere restare eternamente giovani e in buona salute, ma non si può, perché ad un certo punto, come dice una passacaglia del Seicento di Stefano Landi, “bisogna morire”. http://youtu.be/wpAxBZSXW28 Il problema degli anziani - e dell’insofferenza per gli anziani - nasce proprio da questo: dal fatto che loro ricordano a tutti, anche a sé medesimi, la propria mortalità. E’ per questo che si cerca di rimuovere anziani e vecchiaia dai nostri orizzonti esistenziali, di far finta che la giovinezza sia eterna; è per questo che chi può cerca di prolungare all’infinito la giovinezza, facendo sport in modo compulsivo, circondandosi di escort diciottenni o ricorrendo ad armeggi palliativi come la chirurgia estetica; è per rimuovere questa insana verità che persone deboli e immature arrivano a disprezzare ed offendere gli anziani (e questo libro è pieno di esempi). Tutto questo peraltro è una spiegazione, non una giustificazione. Il rispetto, certo, quello dovrebbe essere scontato, come per qualsiasi altro essere umano. Allora, tanto per cominciare, sforziamoci di non irridere gli anziani che, in spregio alla realtà e alla natura, fanno di tutto per continuare a sentirsi e comportarsi da giovani (certo, nemmeno Lui - almeno per questo). Ma il mito dell’anziano benevolo, vecchio e rispettabile in quanto fonte di saggezza, è un mito oggi e forse lo è sempre stato. L’anziano è la persona che sta per perdere il mondo, lo sa, è disturbato da questo e per questo disturba. Poi vengono i filosofi che ci spiegano che la vita ha valore perché c’è la morte. I religiosi che ci parlano di vita dopo la vita, Paradiso e Nirvana. Gli psicologi che ci dicono che bisogna saper accettare ed accettarsi, ed apprezzare le “nuove conquiste” che vengono dal tempo che passa. Tutto giustissimo, e magari per cinque minuti riesci anche a crederci, a darti delle ragioni. Ma passa in fretta, e poi torna la voglia di vivere e di distogliere lo sguardo da quello che non è vita o smetterà di esserlo. E allora? Allora niente. Non c’è soluzione. Bisogna giustamente essere tolleranti, e non disprezzare o umiliare gli anziani solo perché rappresentano un nostro futuro, o non-futuro, da cui vorremmo distogliere gli occhi. Ma è anche inutile fare finta che il tempo che passa e la morte che si avvicina non facciano paura. Il libro riserva comunque una sopresa finale piuttosto spiazzante. Un capitolo - non a firma di Lipperini, peraltro - dedicato alla musica heavy metal, che non si capisce bene cosa c’entri con il discorso (tempo fa, da qualche parte avevo letto che l’ascolto dell’heavy era più consigliato agli anziani che ai giovani; forse è per questo). Infine, per non spegnere tutte le luci della speranza vengono menzionate anziane signore che hanno trovato sul web un posto per incontrarsi e confrontarsi, e non solo su lavori a maglia e ricette di cucina, bensì anche sulla saga di Twilight di cui molte di loro sono fan sfegatate (e meno male che, pagine prima, la Lipperini l’aveva alquanto bistrattata). Per finire, un messaggio per l’autrice. Loredana, fai benissimo a dedicarti alla dialettica di genere e alle problematiche sociali. Ma quando un altro libro che parla di musica (...classica, non heavy metal)? Sei anche una bravissima musicologa, lo sai? E quello che saltava la staccionata dell’olio Cuore, comunque, non era Mike Buongiorno (lui era quello della grappa Bocchino in cima al Cervino) ma Nino Castelnuovo, credo.
Un'analisi profonda e ben articolata del ruolo che hanno gli anziani, e soprattutto le donne anziane ai giorni nostri. Se c'era un tempo in cui gli anziani erano rispettati, testimoni del passato e fondamenta delle nostre famiglie, molti vivevano con i figli sposati, erano punto di riferimento per i nipoti, oggi le cose sembrano cambiate e i "vecchi" sono un peso ingombrante e di difficile amministrazione. Fa molta tristezza leggere commenti sui social in cui si augura loro una veloce dipartita e la letteratura è comunque vasta sull'argomento "estinzione anziani". Il ruolo femminile purtroppo ne esce ancora più offeso e ridicolizzato poiché la donna dopo una certa età diventa non più "presentabile", la menopausa la rende donna ormai sul viale del tramonto e l'unico ruolo che le si addice è quello della nonna. La realtà è ben altro, siamo in presenza di donne ultracinquantenni culturalmente molto interessanti e l'esperienza insegna che una donna può dare tanto a qualsiasi età con o senza chirurgia, con o senza nipotini, con o senza un compagno al suo fianco. A tratti è ripetitivo, con riferimenti non sempre consoni all'argomento ma nel contesto un bel pugno allo stomaco, bello spunto di riflessione soprattutto per chi è ancora giovane e discrimina l'anziano.
Ho scoperto Loredana Lipperini con “Ancora dalla parte delle bambine” e in quest’altro saggio ho ritrovato molti dei caratteri che avevo apprezzato: la capacità di sondare il web con intelligenza e senza sensazionalismi, un uso della statistica attento e ragionato, riflessioni ben argomentate. Forse “Ancora dalla parte delle bambine” risultava più incisivo, ma l’autrice ha dimostrato ancora un’enorme capacità di trattare temi difficili senza scadere in eccessi di “pancia” ma senza un approccio prettamente accademico, ottenendo così un libro fruibile da chiunque abbia il desiderio di approfondire un tema di questo tipo anche senza una formazione specifica nelle scienze umane.
Inchiesta coraggiosa sul corrente tab�. L'anzianit� e ancor pi� la vecchiaia, anzi sviluppando e accentando l'estremo rilancio: la vecchiaia femminile. Negazione, rimozione, alterazione, reclusione. Definizione dello stato delle cose. Esempi dal mondo, citazioni e campionature variegate e commiste. Proposte. Tutto vero, e lo dimostra indirettamente il fatto obiettivo che nonostante le bordate poderose che spara e gli obiettivi cospicui cui mira, � un libro non molto citato - nonostante l'abbia scritto una giornalista non certo ignota - il che conforta la tesi del Tab�, talmente assoluto da preferire rinunciare alla replica pur di non riesaminare la questione. Mancano per� alcune verit�, altri fenomeni sono sotto la lente, altri in ombra, e non si capisce facilmente come si sia arrivati allo stato attuale. Forse perch� � la continuazione del precedente "ancora dalla parte delle bambine" che non ho letto. In ogni caso, anche per il metodo fresco, e stile vivo, continuamente riferentesi ad aspetti concreti, campionando molti pi� dati che non offrendo conclusioni sintetiche, quindi tutt'altro che paludato, (il contrario del sociologo tipico, per darvi un'idea) merita la lettura.
superata una certa età, se non si è ricchi e/o famosi e soprattutto se si è donne, si scompare. la donna vecchia non è, non la si vuole vedere. mille le prove portate dalla lipperini, numeri che un po' deprimono e un po' indignano. un intervento preso da un blog sintetizza così il "rigetto della vecchiaia": «[si rifiuta] di riconoscere nell'anziano insignificante come materiale riproduttivo e nell'anziana priva di attrazione e di capacità riproduttiva, fantasmi che camminano lungo i muri cui bisogna dare spazio e precedenza, il proprio destino umano. i vecchi che crescono numericamente fanno paura». e per le donne - si sottolinea - è peggio, sempre. interessante, istruttivo. ma una proposta, uno spiraglio, un suggerimento manca. peccato.