Sandro Penna, a chi glielo chieda, risponde che non scrive più poesie: ne ha scritte tante, e ora basta. Chissà se è vero. Comunque, in quella piccola, deliziosa casbah che è la sua casa romana, dove tra tanti ritagli di giornali e carte spuntano disegni e piccoli oli di Mafai, c'era senz'altro un cassetto, o uno stipo, dove erano nascosti i foglietti di suoi meravigliosi versi che mai hanno visto la luce. Li ha tirati fuori ora, e dice che sono gli ultimi. Questa raccolta vuole essere, dunque, quella completa: un tutto Penna legato insieme, aureo corpus di un poeta quanto mai prezioso e raro. E oggi, che possiamo supporre di averli tutti sotto mano, questi magici versi, come penetrarli, cosa raccogliervi? I lettori di Penna cominciarono col sottolinearne la grazia e la dolcezza, il candore o il prodigio. Fecero i nomi dei lirici dell'Antologia Palatina, o di Matisse: ma provarono così di aver subìto impressionisticamente il fascino di una cantabilità ai limiti dell'esprimibile, o quello, chiarissimo, dell'infallibilità della parola. La cantabilità penniana è un fatto, come un fatto è la sua infallibilità. Ma sono fatti che funzionano da schermo. A superare questo schermo ci hanno provato, con risultati variamente felici, alcuni critici. Pier Paolo Pasolini è risalito, dall'eros indisciplinato di Penna, a definire un'espeienza autre, poetica e psicologica. Alfredo Giuliani ha parlato di «sdoppiamento»: Penna si guarda vivere «con gli occhi di una ». Cesare Garboli ha visto invece l'ispirazione del poeta muoversi «quasi sempre da un grado zero dì depressione»; «un patema variato su toni che vanno dalla rassegnazione a un gonfio dolore». Sono tre strade che devono portarci appunto oltre la patina conchiusa e dorata dietro cui Penna sembra avvolgersi. Una sua quartina si apre con parole singolari: «Qui brucio la mia vita». Ecco, per noi Penna è colui che ha affidato ai foglietti sparsi dei suoi versi l'ininterrotta vicenda di una tragedia. Al di là della ferita, al di là del delirio, è rimasta una traccia lieve e impalpabile di cenere: una cenere mobilissima che, forse mossa da un irresistibile magnete, va figurando caleidoscopicamente sagome di vita, ombre, o di attimi felici, di atti di orribile turbamento. Sembrano rimembranze di sogni: «La vita è ricordarsi di un risveglio / triste in un treno all'alba.». La tragedia sta nell'aver sperimentato l'impossìbilità della vita se non come l'eco di se stessa. E la poesia nasce nel momento in cui di questa tragedia se ne rappresenta l'aspetto più incisivo e segreto: lo stregante ritmo onirico. L'esistenza è tragica perché è ambigua, perché è una droga: ci illude e ci respinge, ci stimola ad assecondarla, — ed è stimolo ben feroce questo, che ci riconduce verso una mai frenata replica del dolore. Sandro Penna tutto questo ha cantato, nella imperscrutabile lontananza della poesia, in canzoni tra le più alte del Novecento, e il suo canto, limpido e chiaro, ci arriva come alla luce di un tiepido sole in un mattino d'inverno agli sgòccioli. (Enzo Siciliano)
Sandro Penna, nato a Perugia, non si muove di lì fino all'età di ventitré anni, salvo qualche estate al mare e qualche rara fuga, dopo í sedici anni, nella sua città-Mecca Roma, dove poi si stabilirà con la madre. Se pur manchino, nelle sue poesie, riferimenti storici e geografici, il lettore riconoscerà ugualmente i tre luoghi amorosi: Perugia !che è la madre), Roma (che è l'amante), il mare, Trieste, Milano (che sono altrettante avventure). Di famiglia borghese (il padre commerciante sfortunato; la madre un po' nobile, un po' plebea), non sente fino alla maturità le ristrettezze economiche che poi sí faranno abbastanza vive, più per una sua completa incapacità di adattamento sociale addirittura psicologico) che per reali disavventure. Oggi che il suo carattere sarebbe divenuto più limpido, per conservare una sua libertà (ormai obbligatoria) è ugualmente costretto a molte strane occupazioni. Ha pubblicato le sue prime poesie nel 1932, presentato da Umberto Saba, che da qualche anno le riceveva manoscritte senza conoscere il poeta di persona. Nel 1939 esce una sua prima raccolta (Poesie, Parenti, Firenze); successivamente la sua bibliografia si completa di altri due volumetti: Appunti (Meridiana, Milano, 1953). e Una strana gioia dí vivere Scheíwiller, Milano, 1956). Il presente volume raccoglie tutte le poesie di Sandro Penna: l'edizione Garzanti 1957, Croce e Delizia (Longanesi, 1958), più tutti gli inediti ritrovati.
Sandro Penna (June 12, 1906 – January 21, 1977) was an Italian poet.
Born in Perugia, Penna lived in Rome for most of his life. He never had a regular job, contributing to several newspapers and writing almost only poetry. His first poems were published in 1932, through the intervention of Umberto Saba. Openly gay, his works were largely marked by his melanchonic view of homosexuality as emargination. Penna's economic conditions were often poor, and in his late years a group of intellectuals signed a manifesto in the newspaper 'Paese Sera' to help him.
His affection for young boys was reflected by the constant presence of young boys in his verses, as well as in his taking a 14-year-old streetboy from Rome, Raffaele, to the home he shared with his mother in 1956 and living with him, on and off, for fourteen years.
According to Pier Paolo Pasolini, Penna's poetry was made of "an extremely delicate material of city places, with asphalt and grass, whitewashed walls of poor houses, white marbles of the bridges, and everywhere the sea's breath, the murmur of the river in which the trembling night lights reflect".
His controversial erotic love poems can be found in English translation in This Strange Joy (Ohio State University Press, 1982) and Remember me, God of Love (Carcanet, 1993).
Fuggono i giorni lieti lieti di bella età. Non fuggono i divieti alla felicità.
Penna usa un linguaggio semplice per esprimere la complessità. La sua è una poesia che dalla pagina si inietta direttamente nelle vene di chi legge, inebriandolo. Il suo amore per i "fanciulli" incontra muri invalicabili, e nella società omofoba e negli stessi fanciulli. Eppure in lui rimane tanto amore da dare agli uomini, sebbene essi lo allontanino. La natura, viva e presente, è estremamente leopardiana: guarda e non vede, non si cura degli uomini coi loro affanni. Ciò nonostante, il poeta vi cerca rifugio. Penna è un poeta d'amore, non solo omosessuale. "Una strana gioia di vivere" lo pervade, nonostante il mondo avverso. E' amore, punto.
Mi nasconda la notte e il dolce vento. Da casa mia cacciato e a te venuto mio romantico amico fiume lento. Guardo il cielo e le nuvole e le luci degli uomini laggiù così lontani sempre da me. Ed io non so chi voglio amare ormai se non il mio dolore.
La luna si nasconde e poi riappare - lenta vicenda inutilmente mossa sovra il mio capo stanco di guardare.
Interno Dal portiere non c'era nessuno. C'era la luce sui poveri letti disfatti. E sopra un tavolaccio dormiva un ragazzaccio bellissimo. Uscì dalle sue braccia annuvolate, esitando, un gattino.
Amavo ogni cosa nel mondo. E non avevo che il mio bianco taccuino sotto il sole. *** Felice chi è diverso essendo egli diverso. Ma guai a chi è diverso essendo egli comune.
una raccolta delle poesie di Sandro Penna. una poesia relazionale, come è stato detto, in contrasto con l'ermentismo e l'influenza montaliana, relazionale nella difficoltà di relazionarsi al mondo.
molti sentimenti all'interno: dolore, dolcezza, gioia, malinconia. compaiono in questo caso sia la patria, sia la natura, sia il momento storico vissuto dell'imperialismo in cui si lavora per profitto e fini economici. orizzonte da cui si allontana, gustandosi spettacoli naturali ed essendo felice con poco.
Come è forte il rumore dell' alba! Fatto di cose più che di persone. La precede un fischio breve una voce che lieta sfida il giorno. Ma poi nella città tutto è sommerso. E la mia stella è quella stella scialba mia lenta morte senza disperazione.
vi è una leggerezza e una naturalità nelle sue liriche che stupisce e fa arrivare la poesia a chiunque. un linguaggio semplice ma lirico.
e poi da sottolineare il tema d'amore, molto forte, sentito, doloroso ma necessario. un poeta che non ha paura di confessare i suoi sentimenti verso i ragazzi, protagonisti di moltissimi versi.
Ecco, fanciullo, io ti ho portato a questo luogo selvaggio, a notte, per che fare? Non so. Non posso soffocare io questo amore della vita. E sotto è il mare. Lo varcherò. Conoscerò le genti più disparate. Vedrò quanto è bella la vita negli occhi di chi ha quindici anni fanciullo, come te.
Vivere vorrei
vivere vorrei addormentato entro il docle rumore della vita
Alla luna
A te che chiaro hai il volto il mio nascondo all' ombra di un grande albero che appena mi copre, appena copre il mio tumulto. Felicità o dolore, o forse solo l' ombra di un cane o di un fanciullo, ancora che restare non vogliono animali?
una raccolta delle poesie di Sandro Penna. una poesia relazionale, come è stato detto, in contrasto con l'ermentismo e l'influenza montaliana, relazionale nella difficoltà di relazionarsi al mondo.
molti sentimenti all'interno: dolore, dolcezza, gioia, malinconia. compaiono in questo caso sia la patria, sia la natura, sia il momento storico vissuto dell'imperialismo in cui si lavora per profitto e fini economici. orizzonte da cui si allontana, gustandosi spettacoli naturali ed essendo felice con poco.
Come è forte il rumore dell' alba! Fatto di cose più che di persone. La precede un fischio breve una voce che lieta sfida il giorno. Ma poi nella città tutto è sommerso. E la mia stella è quella stella scialba mia lenta morte senza disperazione.
vi è una leggerezza e una naturalità nelle sue liriche che stupisce e fa arrivare la poesia a chiunque. un linguaggio semplice ma lirico.
e poi da sottolineare il tema d'amore, molto forte, sentito, doloroso ma necessario. un poeta che non ha paura di confessare i suoi sentimenti verso i ragazzi, protagonisti di moltissimi versi.
Ecco, fanciullo, io ti ho portato a questo luogo selvaggio, a notte, per che fare? Non so. Non posso soffocare io questo amore della vita. E sotto è il mare. Lo varcherò. Conoscerò le genti più disparate. Vedrò quanto è bella la vita negli occhi di chi ha quindici anni fanciullo, come te.
Vivere vorrei
vivere vorrei addormentato entro il docle rumore della vita
Alla luna
A te che chiaro hai il volto il mio nascondo all' ombra di un grande albero che appena mi copre, appena copre il mio tumulto. Felicità o dolore, o forse solo l' ombra di un cane o di un fanciullo, ancora che restare non vogliono animali?