Timodemo, ex schiavo di origine greca, racconta di quando accompagnò il suo padrone e Mecenate in terra etrusca per scoprire le origini di Roma, che Virgilio, per volere di Augusto, avrebbe dovuto immortalare in un grande poema. Giunti nella città sacra di Sacni, i due cives romani e il liberto riescono a essere ammessi nei sotterranei del tempio di Mantus. Attraverso un rito esoterico, in una sola notte rivivono circa mille anni di storia: lo sbarco nel Lazio degli scampati da Troia, gli eccidi, gli stupri e i tradimenti del sanguinario Enea e dei suoi uomini, la mescolanza etnica che diede vita alla civiltà etrusca, la nascita delle dodici città confederate e della tredicesima, Roma, mai riconosciuta dalle altre in quanto fondata da ladri, banditi e da tutti i peggiori scarti sociali. Le voci degli uomini del passato, famosi o anonimi, si accavallano in un flusso vorticoso, si presentano e si perdono. Le violenze disumane che raccontano, eseguite o subite da una generazione, vengono dimenticate da quelle successive. Le strategie politiche, gli odi personali, le perplessità morali dei singoli, come centrifugati dal tempo, entrano a far parte di un corpo unico; di un organismo vivente piú forte delle ferite che possono colpire singole cellule. Il mondo etrusco è ormai alla fine, spodestato dalle armi e dalla cultura della nuova potenza romana, ma le civiltà, come gli uomini, si accavallano le une alle altre morendo ogni volta senza morire mai. Tornati a Roma, Mecenate, Virgilio e Timodemo si disperderanno. Il primo andrà incontro al declino politico e verrà dimenticato da tutti. Il secondo scriverà l'Eneide ribaltando in senso edificante e moralistico tutte le storie che aveva rivissuto, ma poi, forse memore della tradizione etrusca di non lasciare tracce letterarie, di non costringere le storie (e la vita) in una forma, cercherà di distruggere la sua opera prima di morire. Timodemo, infine, riuscirà a ripetere in senso inverso il viaggio nel tempo, e arriverà alle soglie del Duemila con il suo carico di saggezza e di verità.
Born in 1941, he was a well known Italian novelist. Sebastiano Vassalli nasce a Genova nel 1941 da madre toscana e padre lombardo, ma vive a Novara sin da bambino. Dopo il liceo si iscrive alla facoltà di lettere dell’Università di Milano, dove si laurea con Cesare Musatti con una tesi su “La psicanalisi e l’arte contemporanea”. Dal 1965 al 1979 si dedica all’insegnamento in parallelo ad un’intensa attività artistico letteraria. Partecipa alle vicende della neoavanguardia con il “Gruppo ’63”, il cui intento è abbandonare il mondo critico-accademico per tentare nuove discipline (psicanalisi, strutturalismo, semiologia) e raccogliere l’eredità dell’avanguardia del primo Novecento. Appartengono a questo periodo alcune prose sperimentali (“Narcisso”, 1968; “Tempo di màssacro”, 1970) e la raccolta in versi e prosa “Il millennio che muore” (1972). Successivamente a queste sperimentazioni Vassalli si orienta verso una narrazione in cui si delineano storie, trame e personaggi: “L’arrivo della lozione” (1976), “Abitare il vento” (1980) e “Mareblù” (1982). L’anno della svolta è il 1983: Vassalli pubblica il provocatorio pamphlet "Arkadia", in cui scaglia frecce avvelenate contro i gruppi sperimentali cui aveva preso parte. È con “La notte della cometa” (1984) che ha inizio il nuovo corso di “letteratura pura”, esplicata nella narrazione della vita del poeta Dino Campana, uomo al di fuori delle norme. “L’alcova elettrica” (1986) è intervallato da “Sangue e suolo” (1985), nato da un’inchiesta propostagli da Giulio Bollati sul bilinguismo e sul calo numerico degli italiani in Alto Adige: da qui ha inizio l’interesse per certi aspetti connotativi degli italiani - in primo luogo la scarsa memoria - tema che caratterizza anche tutti i successivi romanzi, a partire da “L’oro del mondo” (1987), in cui un omonimo alter ego ascolta i racconti dello zio Alvaro, un sopravvissuto all’eccidio di Cefalonia. È con “La chimera” (1990) – storia dell’esposta Antonia Spagnolini, arsa come strega a Novara tra i festeggiamenti l’11 settembre del 1610 - che Vassalli trova il gusto dell'intreccio e della costruzione dei personaggi. L’opera è un successo editoriale e di critica, vince vari premi letterari - tra cui il premio Strega - e viene tradotto in molte lingue. “Marco e Mattio” (1992) è ambientato a cavallo tra Sette e Ottocento. Sullo sfondo storico del passaggio rivoluzionario portato da Napoleone, il protagonista Mattio si automutila e si crocifigge, facendosi artefice di una nuova Passione. Seguono “Il Cigno” (1993); “3012” (1995) - un romanzo fantascientifico, estraneo agli scritti di questo periodo, forse composto proprio per contestare l’etichetta di “romanziere storico” attribuitagli dai critici – e “Cuore di pietra” (1997) - la storia di una grande casa in una città di pianura e di coloro che l’hanno abitata -. Nel 1998 Vassalli pubblica “Gli italiani sono gli altri” - una raccolta di articoli polemici scritti per varie testate giornalistiche - e il romanzo “La notte del lupo”, il cui protagonista è Yoshua (Gesù in ebraico), privato di tutti gli aspetti divini e soprannaturali. “Infinito numero” (1999), invece, tratta del forte contrasto tra la civiltà etrusca, che rifiuta la letteratura e la parola scritta, e quella della Roma augustea, che viceversa fa della scrittura un’ideologia assoluta. In “Archeologia del presente” (2001), poi, attraverso le vicende di una coppia di giovani, Vassalli ritrae una generazione che sognava di cambiare il mondo. “Dux” (2002) è la storia dell'ultima battaglia che Giacomo Casanova combatté nel mondo dei vivi, e rappresenta un nuovo capitolo sul carattere degli italiani: Casanova è un tipico italiano, socievole ma non sociale, adattabile e furbo. Con “Stella avvelenata” (2003) Vassalli torna alle sue grandi storie. Leonardo Sacco, un giovane
Vassalli ci offre uno sguardo su un momento delicato della storia di Roma, quando Augusto è ai vertici dello stato e vuole consolidare la sua posizione. Augusto intuisce l’importanza di un mito fondativo e commissiona a Virgilio un’opera che nobiliti le origini di Roma. Virgilio intraprende un viaggio nelle terre etrusche, già in avanzata decadenza, con l’amico Mecenate, di antica origine etrusca, che lo guida. Virgilio, senza sapere a cosa va incontro, sperimenta un’immersione totale nel passato di Roma, da Eneas in poi. Sprofonda vertiginosamente in un infinito numero di vite di cui rivive le emozioni, dallo sbarco di Enea sulle coste laziali in avanti: uomini, donne, Troiani, Sabini, i modi brutali con i quali i due popoli si fusero. Virgilio, anima pura tutta distici elegiaci, ne fu sconvolto e non volendo mentire, non voleva consegnare l’opera.
È un libro interessante sulla vita ai tempi di Roma e permette di immaginare qualcosa su com’era la vita della gente, mi ha colpito in particolare la brutalità dei tempi, il fare spettacolo della sofferenza di uomini e animali. I gladiatori avevano la fama dei calciatori di oggi, però duravano meno. Vassalli è attratto come me dalla storia delle genti che sovrapponendosi hanno restituito l’Italia dei giorni nostri: in Terre selvagge raccontava di un popolo germanico che minacciò seriamente Roma ai tempi di Mario e Silla e i cui superstiti si ritirarono sull’altopiano di Asiago; qui parla di Sabini, Etruschi, dei legionari ai quali vennero accordate delle terre in Italia, trasferendo così ceppi non autoctoni in una terra sulla quale caleranno Longobardi e approderanno Bizantini Arabi e Normanni, variegando in modo indelebile lingua, colori, architettura del nostro bel Paese.
Nelle intenzioni del suo autore, l'Eneide doveva essere distrutta. Virgilio aveva indicato questa sua volontà prima di morire a Brindisi, ma Augusto non avrebbe mai accettato di veder svanire i sogni di gloria affidati al poema. Ma cosa si nasconde dietro al tormento dell'autore più amato dell'età augustea e alla genesi della sua opera? Con questo romanzo Vassalli ci propone una risposta molto interessante, descrivendoci il viaggio di Virgilio e del suo liberto Timodemo al seguito di Mecenate nella terra dei Rasna... http://athenaenoctua2013.blogspot.it/...
Libro da leggere tutto di un fiato, gran ritmo, storia affascinante, aiuta anche la struttura con brevi capitoli di due pagine. Il romanzo attinge alla storia e all'epica, ambientato ai tempi della Roma di Augusto. Tre sono i personaggi principali: Timodeo, Virgilio e Mecenate Il primo, l'io narrante della storia, è uno schiavo grammatico greco, comprato al mercato di Napoli dal poeta Virgilio, a cui dedica la sua vita anche quando quest'ultimo lo affranca rendendolo liberto. Il trio si mette in viaggio, insieme ad un'allegra brigata, nell'Etruria alla scoperta delle origini di Roma per la nuova opera del poeta. Durante il viaggio entrano in contatto con la misteriosa civiltà morente etrusca e assistono ai suoi ultimi giorni, venendo a conoscenza della sua storia. Al ritorno del viaggio, Virgilio decide di rivedere la storia di Roma, eliminandone le origini etrusche e utilizzando il mito di Enea. Questo al fine di rendere la storia e gli uomini migliori di quello che sono in realtà e per compiacere il divo Augusto, che intende utilizzare l'Eneide per celebrare la grandezza propria e di Roma. Alla fine il vero protagonista della storia è la scrittura, fuggita dagli etruschi e fonte di sofferenza per Virgilio. Gli Etruschi sono infatti un popolo misterioso, che ha lasciato pochissime tracce scritte, poiché consideravano la scrittura origine e causa della morte, comportamento incomprensibile per Timodeo nato e cresciuto in una civiltà già allora grafomane (figuriamoci oggi al tempo dei social...). Virgilio invece vive i suoi ultimi anni cercando di nascondere e distruggere la sua ultima opera, l'Eneide, e di fuggire alle richieste sempre più pressanti di Augusto. Il poeta da una parte si pente della contraffazione della realtà, avendo cancellato gli Etruschi dall'origine di Roma, dall'altra teme di non essere all'altezza dei suoi predecessori e del suo riferimento, Omero. Non riuscirà però a portare a termine la sua volontà, a causa della sua debolezza e viltà. Solo Timodeo sopravviverà a tali eventi, ultima memoria del viaggio nella terra dei Rasna (gli Etruschi), della fine della loro civiltà e della genesi dell'Iliade.
Siamo nell'antica Roma al tempo di Virgilio e Mecenate e sono proprio loro due dei protagonisti di questo romanzo insieme allo schiavo di Virgilio,Timodemo, liberato per la sua estrema fame di conoscenza e sapienza. Come in ogni altro romanzo di Vassalli la sua estrema cultura storica emerge subito, fin dalle primissime pagine, una scrittura che però riesce sempre, per quanto dotta, a non risultare mai pesante e pedante,anzi, Vassalli é in grado di smorzare questi momenti con aneddoti e gag che non risultano mai fuori contesto ma che anzi arricchiscono la storia. Tutto scorre con estrema facilità e riusciamo a venire a conoscenza di fatti storici più o meno conosciuti che in qualche modo ci arricchiscono, tutto sembrerebbe perfetto ma c'è stata secondo me una grande mancanza proprio a livello di trama, il libro si presenta, come lo stesso sottotitolo e quarta di copertina ci suggeriscono, come un vero e proprio viaggio dei tre personaggi all'interno della cultura etrusca che già stava scomparendo, una società estremamente avanzata per l'epoca ma che non ha mai lasciato dietro di sé tracce di alcun tipo, fra cui nessuna traccia scritta, la domanda di partenza alla quale il libro voleva rispondere era infatti come potesse una società così tecnologicamente avanzata come quella degli etruschi esser stata spazzata via così facilmente, senza alcun rimasuglio dalla cultura romana;le premesse erano perfette ma, a mio avviso, il libro non ha fatto poi ciò che aveva promesso, nel momento in cui finalmente i tre riescono a venire a contatto con gli etruschi abbiamo già superato la metà del libro, tutti gli avvenimenti e le informazioni davvero importanti vengono dette velocemente, alla rinfusa e senza un filo logico, finendo così per non raggiungere la promessa fatta.
Forse non il miglior libro di Vassalli, ma comunque una spanna sopra a tanta letteratura. La storia, narrata prevalentemente da Timodemo in prima persona, si focalizza sul viaggio intrapreso dal protagonista insieme a Mecenate e Virgilio nell’Etruria più profonda, alla ricerca di un popolo che stava ormai scomparendo. La cultura e la scrittura ponderata di Vassalli tratteggiano dei Rasni a tinte scure, dagli dei inflessibili e crudeli, e consegnano un’immagine degli etruschi e dei romani più vicina alla realtà storica di quella che possiamo incontrare in molti manuali. Sì, è vero, non c’è una risposta al perché non esista una tradizione scritta di questa civiltà, ma lascia la voglia di andare a rispondere a questa domanda da soli, approfondendo e conoscendo altrove, soprattutto nei luoghi stessi, chi erano e che cosa ci hanno lasciato gli etruschi.
Sono un po' delusa da questo libro perché, essendo un viaggio misterico, ci si aspetterebbe di essere iniziati a grandi e alte verità; invece oltre agli spunti di riflessione dati nelle ultimissime pagine, non mi ha lasciato molto.
Sorprendente romanzo storico che ha per protagonista il greco Timodemo, acquistato come schiavo da Virgilio perché gli facesse da segretario e diventato testimone degli studi, delle amicizie, dei viaggi e degli incontri del poeta ma anche testimone della storia, della politica, dei meccanismi complessi ed eterni che regolano i rapporti di potere e la costruzione del consenso attraverso la propaganda.
Gli omissis della storia ufficiale, il popolo misterioso degli Etruschi e i loro dèi inflessibili e spietati e a fare da filo conduttore anche la scrittura: da rifiutare come fecero i Rasni perché spegne la vita nella parola o da ricercare con perseveranza per consegnare il breve spazio della vita all'immortalità?
Il desiderio di leggere e di sapere è per Timodemo risposta alla solitudine, al vuoto esistenziale e alle logiche di sottomissione della coscienza e della volontà che hanno superato i secoli e sono vivi più che mai nell'era dei social media, dell'intelligenza artificiale, delle democrature, delle spinte autoritarie e populiste insieme che sviliscono la cultura perché è rimasta davvero l'unica cosa capace di metterle in crisi.
Timodemo con la cultura conquista la sua libertà nell'intimo della coscienza, prima ancora che un atto legale la sancisca sul piano giuridico e formale. Non resta che sperare che sia vero ancora oggi e che sempre più persone riscoprano il valore della libertà e il piacere della lettura.
Scorgo, appena nascosta da una tenda, un’eterea figura in tunica. Non ne conosco il nome ma ne comprendo il linguaggio. Odo le sue storie di popoli misteriosi e di guerrieri accaniti, di uomini e di donne che vivono e uccidono in nome della Fama. Odo la sua voce che mi racconta l’importanza della scrittura, dei libri e delle conseguenze irreparabili di una rinuncia ad essa. Ascolto, rapito, storie lontane centinaia di secoli ma incredibilmente vicine al Terzo Millennio. Infine mi convince in maniera definitiva che il tempo degli uomini si è ridotto ad essere una rincorsa tra presente e futuro sempre più affannosa e sempre più folle, dimenticando il passato e tutte le storie e tutti gli uomini che lo hanno popolato. La misteriosa figura saluta e se ne va. Mi sveglio. Noto sopra il mio comodino, felicemente adagiato, “Un infinito numero” il bellissimo romanzo di Sebastiano Vassalli.
“Gli Etruschi sono l'unico popolo che non ha lasciato scritto nulla di sé. Sono riusciti ad esistere, quei matti, e anzi a prosperare e a essere felici per quasi mille anni, senza sentire il bisogno di renderci partecipi dei loro pensieri e senza mettersi in posa per noi, in quella foto di gruppo che è la storia!”. Ecco un buon motivo per lasciarci condurre da un Vassalli al solito impeccabile in un percorso affascinante tra miti e realtà storiche. Singolare.
Mah....mi aspettavo qualcosa di un po' diverso...troppo mistico/fantastico per i miei gusti. L'inizio è stato piacevole ma poi la descrizione del viaggio nella terra degli Etruschi è piuttosto noioso. Uso eccessivo e a mio parere ingiustificato delle parentesi...a volte è tra parentesi un intero capitolo e ho trovato la cosa molto fastidiosa. È servito comunque a imparare un paio di cose nuove sui personaggi realmente esistiti. Mi ha rovinato invece un po' il bel ricordo che avevo dell'Eneide.
Libro curioso che ho letto tempo fa. Mi ha incuriosito molto la prospettiva più cruda, rispetto a quella classica, con cui è stata presentata la storia di Enea. Interessante la ricerca del protagonista e anche i particolari storici che caratterizzavano l’epoca. Mi ha incuriosito molto la storia di Virgilio.
Libro devo dire molto leggero che si legge facilmente una bella storia, linguaggio semplice. Virgilio ha un ruolo marginale nella storia diciamo che fa da sfondo nel contesto storico al massimo diventa più partecipe verso la fine. Romanzo assolutamente consigliato:
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Una storia bellissima, scritta bene e che ci spinge a ragionare su tante cose, in primis sul valore della scrittura e su come la storia, oggetto scritto anch’essa, sia spesso plasmata in base a chi la scrive e a chi se ne serve
Qual è lo scopo della poesia? Mostrare all'uomo ciò che è, oppure darne un'immagine migliore da cui trarre ispirazione? In una delle loro discussioni, Virgilio e il suo segretario Timodemo si interrogano su questo tema, centrale nel romanzo di Vassalli. Virgilio è dell'opinione che la poesia debba mostrarci la parte migliore dei nostri sentimenti, così come scultura e pittura mostrano l'armonia dei corpi. Del resto: "per guardarci come siamo fatti davvero, bastano gli specchi!"
Tenendo presente questa considerazione, Vassalli si immagina un avventuroso viaggio nel paese dei Rasna, gli Entruschi, condotto da Timodemo e Virgilio insieme a Mecenate, con l'obiettivo di ottenere informazioni sulle origini del popolo romano, strettamente intrecciate con quelle degli Etruschi. Durante la lunga attesa di un colloquio con il sacerdote di Velthune, dio della vita e delle sue trasformazioni, i tre protagonisti vengono coinvolti in un misterioso rito notturno che li trasporta (in sogno o per davvero?) attraverso mille anni di storia. Vengono così a sapere che Eneas, mitico antenato e fondatore, fuggito da Troia in fiamme, è in realtà un barbaro violatore di patti, che, una volta giunto nel Lazio, non ha esitato a sterminare a tradimento uomini e bambini maschi, per occupare il territorio e prendere tutte le donne come schiave e concubine. Da queste unioni si sarebbe originata la stirpe etrusca, fondatrice delle celebri e fiorenti Dodici Città. A queste se ne sarebbe aggiunta in seguito una tredicesima, Roma, guidata da un fratricida e popolata da briganti.
Come si può comprendere, però, questa verità non può trovare posto nell'Eneide, poema destinato a celebrare nei secoli la grandezza di Roma e del suo impero: in che modo, allora, il poeta risolverà tale spinosa questione?
Vassalli con questo romanzo prova a dare la sua risposta, servendosi della poesia che modifica la realtà per cercare un'altra verità possibile, nascosta tra le pieghe della storia ufficiale.
3 stelle e mezzo. "Un infinito numero" è la storia del viaggio di Mecenate, Virgilio e del liberto Timodemo in Etruria ai tempi di Augusto, alla ricerca di indizi sulle vere origini di Roma. Il viaggio, intrapreso inizialmente con un livello di motivazione e aspettative differenti, si rivelerà una vera prova di iniziazione che cambierà per sempre i tre protagonisti e muterà la loro Fortuna.
Tema del libro - o perlomeno quello principale - è indubbiamente la ciclicità umana ma con una piega esoterica e trascendente. Quante volte la storia - e gli esseri umani - si trasformano ma assomigliandosi sempre, intimamente? Che cosa sappiamo realmente del passato e di noi stessi? Quante volte siamo stati quaggiù? Il libro, così come "La Chimera" ha qualcosa di enigmatico - Vassalli fa un chiaro uso di simboli nel corso della storia, in primis la Gorgone -, ma se l'esecuzione nella Chimera ha capo e coda inequivocabili, in "Un infinito numero" il finale non soddisfa: ogni personaggio incontra la propria inevitabile fine terrena, ma in una storia con tematiche come questa ciò non riesce pienamente a soddisfare il lettore.
"Mi domando cosa sia la memoria di un uomo, e non so rispondermi. Quella fama di cui Virgilio, nell'Eneide, celebrò lo smisurato potere, è anche la più inaffidabile e la più iniqua delle dee, più della stessa Fortuna; e gli uomini che godono dei suoi favori sono come gli insetti che volano di notte intorno a una lanterna, inebriandosi della sua luce. Si sentono splendidi, e in quel momento effettivamente lo sono; ma il loro trionfo dura pochissimo, e non lascia tracce. Che memoria può avere la notte dei suoi insetti? E che memoria può avere, il tempo, degli uomini che lo fanno esistere, senza la scrittura?"
During my recent trip to Etruria (aka Toscana) I had the good luck of picking up this wonderful booklet at a bookstore.
How appropriate!
It narrates an intriguing voyage of Virgil and Maecenas in the Land of the Rasna, ie the Etruscans, just at the time when Augustus comes to power in Rome. The journey, full of encounters, culminates with the meeting with the next-to-last High Priest of the Rasna, and the shoking lesson which he will impart on Virgil:
Writing does not make immortal. On the contrary, it introduces Death in the world....
Romanzo colto e profondo, che sotto la parvenza di un racconto storico, intreccia simbolismi, rimandi e molteplici significati.
Una metafora nostalgica, delicata e arguta, riguardante l’uomo di ogni tempo e il male che spesso arreca agli altri uomini e a quanto lo circonda, poi sulla storia, insieme a riflessioni sul tempo, sul senso e il valore della parola, del narrare che tramanda il passato in maniera incompleta e talvolta inattendibile.
"Chi non ha nome, e non può scrivere il suo nome, non muore in eterno."
An interesting, thought-provoking novel focused on the weight of history, the purpose of writing, and the nature of men. The book has a slow start but the story picks up beautifully once the protagonist begins his journey to discover the true origins of Rome with Virgil and Maecenas. Surreal, metaphoric and melancholic.