Come un bambino curioso la scienza va avanti, scopre cose che non sapevamo, provoca cose che non immaginavamo: ma come un bambino incosciente non si chiede mai se ciò che fa è bene o è male. Dove ci porterà questo andare?" Così Oriana Fallaci a Wernher von Braun, considerato uno dei capostipiti del programma spaziale americano. Sono gli anni Sessanta del secolo scorso e la grande scrittrice e giornalista, fin da bambina lettrice appassionata dei capolavori di Jules Verne ed estimatrice da adulta dell'opera di un maestro della fantascienza come Ray Bradbury, si avvicina all'avventura nello spazio affascinata dagli scenari che il futuro preannuncia. Per comprendere a fondo l'esplorazione dell'universo, lo sbarco del primo uomo sulla Luna, la vita nel cosmo, non esita a partire per gli Stati Uniti, inviata da "L'Europeo", e a trascorrere lunghi periodi nel centro della NASA a Houston e nella base di Cape Kennedy. "Quel giorno sulla Luna" racconta la sua esperienza: Oriana incontra gli astronauti, condivide la loro preparazione, segue i dettagli tecnici, discute con gli scienziati e i medici, espone i propri dubbi, sottolinea i rischi e rivela, anche con spirito critico, le difficoltà. Il materiale che raccoglie è sorprendente per ricchezza e completezza documentativa, per varietà di voci e punti di vista. Nel momento in cui il missile Saturno V si solleva, prevale l'emozione di poter vivere in diretta un avvenimento straordinario.
Oriana Fallaci was born in Florence, Italy. During World War II, she joined the resistance despite her youth, in the democratic armed group "Giustizia e Libertà". Her father Edoardo Fallaci, a cabinet maker in Florence, was a political activist struggling to put an end to the dictatorship of Italian fascist leader Benito Mussolini. It was during this period that Fallaci was first exposed to the atrocities of war.
Fallaci began her journalistic career in her teens, becoming a special correspondent for the Italian paper Il mattino dell'Italia centrale in 1946. Since 1967 she worked as a war correspondent, in Vietnam, for the Indo-Pakistani War, in the Middle East and in South America. For many years, Fallaci was a special correspondent for the political magazine L'Europeo and wrote for a number of leading newspapers and Epoca magazine. During the 1968 Tlatelolco massacre prior to the 1968 Summer Olympics, Fallaci was shot three times, dragged down stairs by her hair, and left for dead by Mexican forces. According to The New Yorker, her former support of the student activists "devolved into a dislike of Mexicans":
The demonstrations by immigrants in the United States these past few months "disgust" her, especially when protesters displayed the Mexican flag. "I don't love the Mexicans," Fallaci said, invoking her nasty treatment at the hands of Mexican police in 1968. "If you hold a gun and say, 'Choose who is worse between the Muslims and the Mexicans,' I have a moment of hesitation. Then I choose the Muslims, because they have broken my balls."
In the late 1970s, she had an affair with the subject of one of her interviews, Alexandros Panagoulis, who had been a solitary figure in the Greek resistance against the 1967 dictatorship, having been captured, heavily tortured and imprisoned for his (unsuccessful) assassination attempt against dictator and ex-Colonel Georgios Papadopoulos. Panagoulis died in 1976, under controversial circumstances, in a road accident. Fallaci maintained that Panagoulis was assassinated by remnants of the Greek military junta and her book Un Uomo (A Man) was inspired by the life of Panagoulis.
During her 1972 interview with Henry Kissinger, Kissinger agreed that the Vietnam War was a "useless war" and compared himself to "the cowboy who leads the wagon train by riding ahead alone on his horse".Kissinger later wrote that it was "the single most disastrous conversation I have ever had with any member of the press."
She has written several novels uncomfortably close to raw reality which have been bestsellers in Italy and widely translated. Fallaci, a fully emancipated and successful woman in the man's world of international political and battlefront journalism, has antagonized many feminists by her outright individualism, her championship of motherhood, and her idolization of heroic manhood. In journalism, her critics have felt that she has outraged the conventions of interviewing and reporting. As a novelist, she shatters the invisible diaphragm of literariness, and is accused of betraying, or simply failing literature.
Fallaci has twice received the St. Vincent Prize for journalism, as well as the Bancarella Prize (1971) for Nothing, and So Be It; Viareggio Prize (1979), for Un uomo: Romanzo; and Prix Antibes, 1993, for Inshallah. She received a D.Litt. from Columbia College (Chicago). She has lectured at the University of Chicago, Yale University, Harvard University, and Columbia University. Fallaci’s writings have been translated into 21 languages including English, Spanish, French, Dutch, German, Greek, Swedish, Polish, Croatian and Slovenian.
Fallaci was a life-long heavy smoker. She died on September 15, 2006 in her native Florence from breast cancer.
Non può non appassionare questa lettura perché la Fallaci riesce a trasmettere tutte le emozioni che ha provato nei giorni della missione sulla luna. Curiosità, ammirazione, stupore, gioia trasudano dalle pagine di questo libro. Mentre si legge è impossibile non avere il desiderio di andare a rivedere il filmato dell'allunaggio e di quei primi passi così famosi su un terreno alieno. Nella prima parte l'autrice ci presenta i vari personaggi di questa avventura e si sofferma in particolare sui tre astronauti che hanno compiuto la missione. Tutti e tre vengono descritti come dei semi automi, molto razionali, poco propensi alla socializzazione e quasi privi di emozioni. D'altra parte per un'impresa del genere il sangue freddo è fondamentale per evitare ogni possibile errore di distrazione. Nella seconda parte la Fallaci ci parla di quei giorni del luglio 1969 trascorsi a Houston nell'attesa della partenza dell'Apollo 11 prima e poi dell'allunaggio e del compimento della missione. Ci vengono descritte anche tutte le misure precauzionali adottate per evitare un eventuale contagio da eventuali microrganismi portati inconsapevolmente dalla luna. Ovviamente si è trattato di una prevenzione che non poteva dare la certezza al 100% che non ci sarebbe stata alcuna contaminazione e infatti la giornalista ci parla delle lacune delle precauzioni adottate. D'altra parte una simile certezza è praticamente impossibile, per cui si è cercato di fare il possibile. Una cosa che mi ha molto colpita durante la lettura è stato l'utilizzo del termine "negri" a cui la Fallaci ricorre per parlarci delle loro manifestazioni di protesta verso questo progetto ritenuto inutilmente dispendioso. Con la sensibilità dei giorni nostri un simile vocabolo disturba parecchio, ma bisogna ricordare, anche se pare stranissimo, che nel '69 la segregazione razziale era finita da poco.
"Lo vedete? Non s'è ancora alzato, ecco, si alza, sale, guarda come sale, bello diritto, che lancio! Mai visto un lancio così! Perfetto! Lo senti il rumore? Qui c'è stato uno spostamento d'aria che ci ha quasi buttato per terra... Guarda come sale... come sale! Dio, ci vorrebbe Omero per descrivervi quello che vedo! Dio, a volte gli uomini sono così belli! Sentilo, il rombo! Sembra un bombardamento, ma non ammazza nessuno, mioddio! Oh, che cosa stupenda... si alza così lentamente, sai, lentamente... va sulla Luna... la Luna... Vorrei che oggi nessuno morisse." 🌖🌖🌖 "Quel giorno sulla Luna" è il racconto dell'esperienza di Oriana insieme agli astronauti, le interviste a loro, ai tecnici, la relazione fedele e allo stesso tempo potente di quel che accadde tra il 16 e il 23 luglio del 1969: i preparativi, le paure celate, la tensione. 🌖🌖🌖 Scientificamente accurato non ha nulla del report giornalistico classico: Oriana ci fa letteralmente vivere l'avventura lunare come se fossimo con lei, come se fossimo sull'Apollo 11, sul LM, sulla Luna, come se fossimo con Armstrong, Aldrin e Collins, come se fossimo Armstrong, Aldrin e Collins. 🌖🌖🌖 Piange l'Oriana mentre racconta la Luna e, lo confesso, con lei ho pianto anche io. 🌖🌖🌖
Da inviata de L'Europeo a Cape Canaveral, Oriana Fallaci racconta quel giorno sulla luna del 1969. La giornalista e scrittrice va oltre i confini del giornalismo classico per raccontare quel giorno e gli altri a seguire. Un viaggio in cui partecipa con interviste a scienziati e medici, presentando i tre che permisero l'impresa: Armstrong, Aldrin e Collins. Un viaggio in cui presenta i rischi, le difficoltà di una impresa di tale portata, senza tralasciare gli ingenti costi. Come un bambino che si entusiasma e scopre nuove cose anche il lettore vive le emozioni, la sorpresa, la meraviglia sentendosi parte, come non mai, di una impresa che ha segnato l'umanità intera. A Oriana Fallaci, come sempre, il merito di averla raccontata e vissuta, nel modo in cui solo lei sa fare.
Negli ultimi due mesi abbiamo visto speciali Tv, letto rievocazioni, seguito appassionatamente gli speciali Luna50 su SKY. Io e MoglieRiccia abbiamo anche seguito, con una certa emozione, la partenza di Luca Parmitano, perdendoci in quel razzo lanciato verso il cielo.
Ma niente mi ha commosso - proprio fino ad avere il groppo alla gola - come il racconto in diretta del lancio del Saturno nelle parole di Oriana Fallaci. Quelle sole due pagine (ma in realtà ogni riga del volume) valgono l’acquisto.
"Lo vedete? Il razzo non s'è ancora alzato, ecco, si alza, sale, guarda come sale, bello diritto, che lancio! Qui c'è stato uno spostamento d'aria che ci ha quasi buttato per terra... Guarda come sale... come sale! Dio, ci vorrebbe Omero per descrivervi quello che vedo! Dio, a volte gli uomini sono così belli! Sentilo, il rombo! Sembra un bombardamento, ma non ammazza nessuno, mioddio! Oh che cosa stupenda... si alza così lentamente, sai, lentamente... va sulla Luna... la Luna... Vorrei che oggi nessuno morisse."
Un libro che tutti i ragazzini dovrebbero leggere. Capirebbero davvero meglio quanto questo small step for a man, one a giant leap for mankind sia stato cruciale, proprio loro, la generazione degli iPad e iPhones. Un libro infatti, che la Fallaci stessa ha voluto scrivere per le scuole.
Ora che lo spettacolo paradossale è finito, il dramma concluso, e i confini della nostra intelligenza e della nostra responsabilità si sono allargati fino al Mare della Tranquillità, ci sentiamo come assuefatti all'idea di possedere la Luna [...] Ci si abitua a tutto, anche al miracolo d'essere usciti dalla nostra prigione di azzurro per approdare a quell'isola brutta: presto ce ne scorderemo... Non potevo che iniziare da questa riflessione della Fallaci: perché quanto l'ho scoperta vera leggendo le sue pagine! Per me, l'Apollo 11, il Saturno V, il LM, Armstrong, Aldrin e Collins erano soltanto nomi sui libri di storia, sgranate immagini di repertorio. Poi ho iniziato a sfogliare queste pagine, ho iniziato a pensare a quei momenti, a guardare davvero la Luna, e tutto è cambiato. Ho scoperto quanto eccezionali siano stati quei giorni e quanto irripetibili nella storia dell'uomo perché, diciamocelo, siamo nel 2020, l'umanità ha nel frattempo davvero fatto "balzi" da gigante eppure la Luna resta il punto più estremo raggiunto dai terrestri, l'impresa non ancora doppiata. Speriamo che questi giorni difficili di pandemia non si portino via anche il nostro desiderio di scoprire, esplorare e conoscere e che si possa tornare presto a guardare con curiosità il cielo e lo Spazio...
Ma torniamo a noi, il reportage di Oriana Fallaci è diviso in due parti: una prima dove la giornalista toscana si dilunga a descrivere gli antefatti e la missione in ogni sua parte, e una seconda che segue passo passo il racconto di quei giorni incredibili così come lei li ha vissuti. E non c'è retorica nelle parole della Fallaci, solo il suo piglio oggettivo, la sua ironia disincantata. Anche nel presentare la corsa allo Spazio prodotto non tanto o non solo, come non mancherà di sottolineare, dello studio e dell'approfondimento scientifico, quanto di precise mosse economiche e soprattutto politiche (ricordiamo che gli Stati Uniti tentavano di riscattare la propria immagine e distogliere l'attenzione dal carnaio che in quegli anni si svolgeva in Vietnam). Oriana presenta i protagonisti della missione Apollo, quegli astronauti che presto avrebbero punteggiato da veri eroi le copertine e le testate di mezzo mondo, eppure l'immagine che ne traiamo non è quella patinata che ci saremmo aspettati quanto il ritratto di tre tecnici: freddi, calcolatori, talvolta sin troppo antipatici nella loro arroganza (si salva il "bravo ragazzo" Collins, di gran lunga il mio preferito ^^). E poi ci sono i dettagli tecnici, le descrizioni degli strumenti (dal Saturno V al LM, dal MFQ al LRL), le interviste agli scienziati, e non mancano le perplessità, i dubbi, le falle del sistema esposte con lucidità e la paura per quel "germe lunare" che avrebbe potuto aprire scenari apocalittici (il terrore cioè che il Saturno V potesse portare sulla Terra, al termine della missione, un microrganismo lunare sconosciuto). Eppure nel libro non è il disincanto a prevalere, quanto l'emozione, lo stupore, il lato umano. Sì, perché Oriana Fallaci guardava con grande passione all'impresa "umana" della Luna, ne era affascinata, orgogliosa di poterla vivere in prima linea. E la sua emozione passa inevitabilmente nel lettore. Quel giorno sulla Luna mi ha davvero impressionata e travolta, l'ho vissuto in presa diretta, come se fossi lì accanto alla grande giornalista toscana. E se a farmi trasalire non è stata tanto la storica e retorica frase di Armstrong durante la passeggiata lunare, ammetto che quel The Eagle has landed qualche brivido me lo ha provocato attraverso gli occhi e le parole di Oriana. Così come è impossibile restare indifferenti nel momento in cui il Saturno V si stacca da Terra: (Alla televisione si vede un gran fumo bianco uscire dal razzo poi il fumo si scurisce e si allarga in corolla). «... Lo senti il rumore? Qui c'è stato uno spostamento d'aria che ci ha quasi buttato per terra... Guarda come sale... come sale! Dio, ci vorrebbe Omero per descrivervi quello che vedo! Dio, a volte gli uomini sono così belli! Sentilo, il rombo! Sembra un bombardamento, ma non ammazza nessuno, mioddio! Oh, che cosa stupenda... si alza così lentamente, sai, lentamente... va sulla Luna... la Luna... Vorrei che oggi nessuno morisse.»
Quelle immagini di repertorio, viste e riviste, hanno assunto per me tutto un altro significato. Ho scoperto che la prima edizione di Quel giorno sulla Luna risale al 1970. Un'edizione curata apposta per le scuole. Forse in questi giorni strani e difficili potrebbe essere una lettura interessante da fare proprio con i ragazzi, per affacciarsi alla finestra o al terrazzo e guardare la Luna con occhi diversi.
Il libro in se rivela ancora una volta una potente capacità di documentazione,fedele e al tempo stesso già elaborata criticamente. La Fallaci partecipa per quanto possibile in prima persona agli eventi che ci racconta, ne elabora un’interpretazione dichiarata, palese e rispettosa comunque dei fatti come accaduti. A questo si unisce la penna con la quale sa donare il frutto della sua ricerca, con rigore espositivo e con passione. L’ho mancata a suo tempo e non so perché, l’ho sentita come una intollerante reazionaria nella difesa dei valori dell’Occidente contro l’integralismo musulmano, dopo le torri gemelle, l’ho finalmente trovata grande in un Uomo. Di li è tutto un seguito di stupore! Un cappello pieno di ciliege, Niente e così sia, Quel giorno sulla Luna. Anche qui ritorna la sua incessante ricerca sull’uomo ed anche qui predomina il pensiero di Pascal, apparentemente insoddisfacente perché sembra non saper scegliere una conclusione che conduca il giudizio sull’uomo interamente nel bene o nel male.
Il libro viene descritto come un resoconto dettagliato e documentato dell'esperienza della scrittrice, che non solo racconta gli eventi ma si confronta con scienziati e astronauti, ponendo domande importanti sulla natura e le implicazioni dell'esplorazione spaziale. Un punto centrale della recensione è la citazione del dialogo tra la Fallaci e Wernher von Braun, che mette in luce il conflitto morale e etico sollevato dalla scienza e dalla tecnologia, un tema che la Fallaci esplora con una certa preoccupazione. Questo dialogo evidenzia la sua capacità di riflettere criticamente sugli sviluppi scientifici, non limitandosi a un'osservazione passiva, ma interrogandosi sulle conseguenze a lungo termine. Tuttavia, non mi ha emozionato come pensassi all'inizio questo libri e potrebbe derivare da una percezione di squilibrio tra il grande entusiasmo della Fallaci per l'esplorazione spaziale e una certa mancanza di approfondimento delle questioni etiche sollevate, o forse da uno stile narrativo che non ha completamente soddisfatto le mie aspettative.
Un libro di letteratura ed avventura, che unisce il piacere della scoperta a quello della riscoperta. Non a caso Oriana nel volume cita spesso il libro di Jules Verne "Dalla terra alla luna" scritto un secolo prima dell'esplorazione fisica avvenuta nel Luglio del 1969. I confronti stupiscono perché la mente del francese è come se fosse andata avanti di un secolo prevedendo grosso modo il tempo di allunaggio e il luogo di partenza. Un parallelismo tra letteratura e vita reale che sorprende, ci spiega come la mente possa prevedere degli eventi futuri in maniera così precisa. In questo volume ci sono tutte le supposizioni su un eventuale presenza della vita, anche una minima traccia, un minimo frammento di roccia dà la possibilità di alimentare un sogno. Proprio ciò di cui sono fatti gli esseri umani e che rendono la vita degna di essere vissuta!
Reading this book just before visiting NASA's Space Center in Houston was a delight. Getting to know the technical details of the Apollo 11 Mission, the discussions and debates behind, the personalities of NASA experts and astronauts, the exchanges between Apollo 11 and the Houston (including the family updates) made me feel like I was there during the mission. The first part of the book is very technical, but with the Apollo 11 launch approaching, excitement takes over. Oriana Fallaci's critical eye combined with her in-depth reserach and close relations with the astronauts shed light and make reflect on several interesting aspects, for example in relation to Nixon's phone call. I would recommend this book to those interested in space - but also politics! - who want to hear a different perspective from the US one. EN title: 'That day on the moon'.
Libro reportage di un grande, inimmaginabile successo scientifico per la storia dell'umanità Quel giorno sulla luna è un'attenta analisi di tutti i fattori che hanno reso possibile l'impresa che ancora adesso continua ad esercitare un notevole fascino nell'immaginario collettivo.
Documento prezioso, esempio di ottimo giornalismo.
Un racconto senza filtri dei primi astronauti che andarono sulla Luna con l’Apollo 11, intervistati proprio prima, durante e dopo l’allunaggio nel ‘69. Questo libro ci racconta di uomini, prima che dei loro ruoli specifici nella missione e cerca di rendere giustizia ad uno degli avvenimenti più importanti che hanno segnato la storia del ‘900. E come disse Armstrong appena prima di poggiare il primo piede sulla superficie lunare: “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità”
Un libro a cui non si può dare meno di 5 stelle: lo stile di scrittura inconfondibile e la profondità di analisi e ricerca ed esposizione dei fatti. L'ho trovato a modo suo illuminante, però non lo consiglierei a chi vuole approcciarsi per la prima volta alla Fallaci. Certamente non è il suo miglior lavoro, ma da leggere assolutamente se siete fan dell'autrice.
Ho letto la versione distribuita dal Corriere in occasione del cinquantesimo anniversario dello sbarco: certo che almeno avrebbero potuto aggiornare le note biografiche sugli astronauti (per dire, Amstrong è morto nel 2012).
Mi colpisce sempre, meravigliosa scrittrice e giornalista. Il racconto di un avvenimento che cambiò il mondo per sempre, reso in tutte le sue sfaccettature: emozione, delusione, orgoglio, stupore e vergogna.
Che trasporto, che giornalista, che italiano vivace.. bellissimo, partecipato, ricco di informazioni curiose; la persona della scrittrice entra nella narrazione e nelle interviste senza nascondersi, ma senza offuscare l'oggetto di cui tratta. Bellissimo
Oriana Fallaci si dimostra ancora una volta una giornalista come pochissime ce ne sono state. Nella descrizione dettagliata che compie dello sbarco, sembra di essere lì con lei, di conoscere di persona gli astronauti e di vedere quelle conferenze. Un gran bel libro per chi vuole saperne di più su questa pagina di storia.
3 stelline e mezzo Reportage interessante, accurato e scorrevole sull'allunaggio che contiene informazioni sui programmi della Nasa di allora e che ci mostra i protagonisti (non solo i tre astronauti) nelle loro caratteristiche più umane, scevre da ogni mitizzazione. Vengono accuratamente descritti i vari aspetti dell'impresa sulla Luna (dai costi ai precedenti progetti Apollo alla possibilità di una contaminazione sulla Terra). La scrittura della Fallaci è sempre intrigante e molto ironica, piacevolissima da leggere e che trasmette l'emozione dell'impresa di cui è stata testimone.
4,5 stelle oriana fallaci in questo libro offre una panoramica chiara di cosa accadde in quei giorni di luglio 1969. e lo fa in un modo ammaliante, ma essendo sempre precisa e esplicativa. racconta il carattere di armstrong, aldrin e collins, ci fa vedere quello che hanno visto loro, ci spiega il pericolo di contaminazione dalla e sulla luna, ma lo fa non dimenticandosi mai dei vietnamiti che muoiono in guerra, e di tutta la gente che armstrong e aldrin hanno bombardato dai loro aerei, notando come sono brave le altre persone a fare finta di nulla. si commuove quando parte il razzo, dichiarandola la più grande avventura dell’umanità, sbagliando i numeri del conto alla rovescia. parla di jules verne e di omero. fantastica come sempre oriana sei mia madre
Premessa: Io non sono una persona che s’interessa di spazio, non ho mai passato notti insonni a chiedermi perchè mai un pianeta avesse determinati gas, come si svolga l’addestramento degli astronauti, cosa accade durante il viaggio, eccetera. Per me è sempre stata irrilevante la controversia Usa/Russia, la loro lotta tecnologica, insomma, non ho mai provato interesse per ciò che gli appassionati dello spazio ritengono di fondamentale importanza. Poi ho cambiato idea e mi sono entusiasmata anch’io, perchè questo libro non è fatto solo di dati tecnici, statistiche e quant’altro. La Fallaci scava, porta sempre in superficie tutto ciò che deve senza risparmiare nulla, senza tralasciare nemmeno le briciole e ti porta ad infervorarti di cose che prima per te non avevano alcun senso. Il saper scrivere a parer mio è proprio questo: saper invogliare tramite le parole qualcuno, a leggere qualcosa, che se fosse stato scritto da altri avrebbe perfettamente ignorato. Ma ora, senza perdermi troppo in ciance nell’elogiare una scrittrice straordinaria, rientrerò nei binari per parlare del libro. Scrivere una recensione non è mai semplice, si vorrebbe sempre esser certi di non tralasciare nulla, ma io credo nella spontaneità. Credo che tracciare su carta ciò che è rimasto maggiormente dentro, abbia quasi più senso del tutto. Allora vi dico che io non son rimasta attratta dagli artificiosi, appariscenti discorsoni tecnici su “Il razzo Saturno è così, il LM è cosà”, ma dal “dilemma dell’umanità”: fare l’astronauta rende gli uomini simili alle macchine?! Si può portare un briciolo di anima anche lassù o è necessario perdere l’uomo che si è, diventando macchine perfette una volta saliti su una navicella?! Oriana fa presente questa “robotizzazione dell’astronauta”, presentando i tre dell’impresa, Armostrong, Aldrin e Collins, come uomini puramente tecnici (soprattutto Armstrong, il primo che metterà piede sulla luna), privi di poesia, di alti ideali, di fervore e arte. In questo senso presenta Armstrong come il peggiore: