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La scoperta di Troia

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Meravigliosa e affascinante è la vita di Heinrich Schliemann, uomo d'affari e sognatore romantico, che lascia la sua attività commerciale e decide di tuffarsi nello studio del mondo antico per riportare alla luce la Troia di Omero. Una scoperta sensazionale che aprì orizzonti storici vastissimi: la leggenda omerica poggiava finalmente su supporti scientifici, seppure molto discussi. Dai primi anni di studio e di viaggi agli scavi risolutivi e ai ritrovamenti di tesori di enorme importanza e valore, Schliemann racconta in questo diario la sua avventura di primo archeologo moderno.

In appendice altre notizie sugli scavi successivi e la cronologia della vita di Schliemann.

248 pages, Paperback

First published January 1, 1875

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About the author

Heinrich Schliemann

251 books16 followers
Was a German businessman and amateur archaeologist, and an advocate of the historical reality of places mentioned in the works of Homer. Schliemann was an archaeological excavator of Troy, along with the Mycenaean sites Mycenae and Tiryns. His work lent weight to the idea that Homer's Iliad and Virgil's Aeneid reflect actual historical events.

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6 (3%)
Displaying 1 - 14 of 14 reviews
Profile Image for Ivan.
361 reviews54 followers
August 7, 2017
È un’antologia degli scritti di Heinrich Schliemann; un’autobiografia (una parte) con alcuni resoconti dei viaggi fatti nelle isole ioniche, Itaca in primis, ma soprattutto brani dei resoconti degli scavi fatti a Troia, Micene e Tirinto. Più che il resoconto degli scavi e delle scoperte archeologiche- anche quelle, sì, per carità – ciò che attira e sorprende ancora di quest’antologia è l’uomo, lo Schliemann che salta fuori dalle righe in tutta la sua genialità, con tutte le sue passioni e gli amori fortissimi nutriti per le opere omeriche, la sua fede cieca, letterale, nei testi. E perché no, per il suo fanatismo fideistico per la “verità” storica e geografica contenuta nell’Iliade nell’Odissea, al punto di considerarle quasi come “mappe dell’isola del tesoro”. E così Itaca viene girata in lungo e in largo sulla scorta dei versi omerici, declamati, letteralmente, anche a degli attoniti astanti itacesi. Ogni verso sembra per Schliemann trovar riscontro nell’aspra geografia dell’isola, nei suoi strapiombi sul mare, sulle baie e cale in cui avrebbero approdate le navi dei Proci, di Telemaco e di Ulisse. Tutto sembra coincidere per Schliemann, dal palazzo di Ulisse al podere del vecchio Laerte. E l’entusiasmo e l’emozione è così forte e travolgente che anche un povero lettore del 2017 dC rimane abbacinato e abbindolato dalla sua fede cieca. Chi fu Schliemann? Un ispirato, un archeologo intuitivo e fortunato, un avventuriero, un cacciatore di tesori, un devastatore di siti archeologici che operava con metodi che farebbero inorridire gli archeologi moderni? Certo fu una persona di genio, dotato in misura larghissima di memoria prodigiosa e capacità linguistiche fuori del comune. Non solo, ma anche un abile e tenace mercante che in pochi anni costruì una fortuna grandiosa. La qual fortuna insieme ad una tenacia titanica gli permise di intraprendere e autofinanziare campagne archeologiche in luoghi praticamente tagliati fuori dal consorzio civile, come era la Troade nella seconda metà del XIX secolo, con un’amministrazione ottomana rapace, diffidente, a volte veramente perfida. Ma fu soprattutto l’ispirazione e la fede cieca in Omero che gli permisero alla fine di coronare il suo sogno: trovare la città di Troia, le porte Scee, il Pergamo di Priamo… etc. Grande fu la sua delusione quando, a furia di scavare e rimuovere distruggendo per sempre le formazioni archeologiche più recenti, trovò alla fine Troia III, quella che per lui era la Troia di Priamo, Ettore, etc, una piccola rocca che avrebbe potuto armare poche centinaia di combattenti. In realtà la Troia di Priamo, la Troia VI e VII, era negli strati superiori, che in parte erano stati spazzati via proprio da Schliemann. Era, quella di Priamo, una città della federazione hittita, che visse il suo massimo splendore proprio nel tardo Bronzo, insomma al tempo della Guerra di Troia. Che molto probabilmente si chiamava Wilusa (Ilio meno la W), che ebbe come re tal Piyama-Radu (Priamo?) e Alaksandu (Paride Alessandro) e che secondo il re hittita Muwatalli II negli anni tra il 1275 e 1250 aC ebbe grandi rogne con dei “cagnaroli” chiamati Ahhiyawa…
Embè, tra Wilusa, Piyama-Radu e Alaksandu, come cavolo si fa a non appassionarsi ancora all’Iliade e all’Odissea?
595 reviews12 followers
January 4, 2022
Heinrich Schliemann is a fascinating figure. According to an autobiographical sketch included in this book, he mastered around a dozen languages starting in young adulthood by use of an unconventional study technique. At one point, he hired someone to listen to him speak Russian, even though the man couldn't understand a word he said. Schliemann claims that from childhood he had been fascinated with the stories of Homer. He had a lifelong dream to learn the language and see the land where it really happened. If this is true, why was Greek the tenth or so language that he studied? And after his retirement, why did he not immediately set out for Greece and Ottoman Turkey? I'm not the first reader to have some suspicion of the stories Schliemann tells about himself.

This book is a translation of Schliemann's dispatches from the field in 1871-1873 while he was excavating at Hissarlik in Turkey, which he believed to be the site of ancient Troy. He tended to write one or two times a month when the weather or other conditions prevented him from digging on a certain day. Sometimes a later entry will revise or correct statements he had made in an earlier one, so we get to see the evolution of his understanding of the site and what it contained.

The book is most interesting as a portrait of Schliemann and his digs. I enjoyed learning details about the working conditions for his employees. He seems to have been a terrible boss who worked his men to the bone for minimal pay. He paid a bonus for any interesting item they might dig up, which led to some manufactured "antiquities." He claims that he caught all the fakes, but it does cast some doubt on the authenticity of his findings. The other big controversy is with his discovery of "Priam's Treasure," which included many stunning pieces of gold jewelry. He states that when he had an inkling of what his men were starting to find, he sent them all on a work break and dug all the items out himself with his wife's assistance. Again, it may be true, but it casts some doubt on the veracity of his account.

One final point that struck me while reading this book was the insight it gave me into Nazi ideology. Schliemann, to the best of my knowledge, would have had nothing to do with the later fascistic thugs, but the way he wrote about some of the mundane items he was digging up may have inadvertently inspired them. He dug up countless "whorls" whose function was unclear, but which were decorated with many symbols. Most prominent among these was the Swastika, which Schliemann explains (relying on some other contemporary scholars) as an Aryan symbol for fire. The way he writes about the symbology and its common connection with all later Aryan (we would say Indo-European) peoples makes it an attractive heritage to be able to claim. Sadly, it was exploited by the Nazis and permanently tainted by the association.

I have several of Schliemann's other books and will be interested to read his accounts of his later digs.
Profile Image for Devero.
5,009 reviews
October 19, 2014
Un buon libro, che mette in luce molto bene l'entusiasmo e le difficoltà dell'autore nella sua ricerca della storicità di Troia e della guerra che la portò all'annientamento, e insieme a lei tutto il mondo miceneo.
Alcune osservazioni ed eventi sono impagabili. Oltre un secolo e mezzo fa, durante la seconda campagna di scavi a Troia, Schliemann dovette affrontare uno sciopero per il divieto di fumare durante il lavoro.Infatti i lavoratori greci dell'area fumavano come turchi e lavoravano poco. Da qui il divieto e il successivo sciopero, poi rientrato quando Schliemann fece arrivare nuovi lavoratori, per lo più turchi, che lavoravano accettando il divieto.
Ci sono poi le interferenze dei militari, i burocrati corrotti, le cimici e le pulci, le osservazioni sul fatto che i medici mancavano e che venivano sostituiti dai preti con pessimi risultati, le dispute accademiche che lui, che accademico non era, faticava a comprendere.
Profile Image for Andrea.
26 reviews
December 24, 2023
The book, in general, is quite boring; however, it's fascinating how Schliemann managed to overcome a variety of obstacles during his campaigns, including labor strikes, bureaucratic challenges, difficult supervisors, adverse weather, and the constant threat of bandits.
This can be seen as a demonstration of excellent leadership and organizational skills. He successfully coordinated hundreds of people and orchestrated a massive logistical operation in a highly hazardous environment, apparently without injuries or casualties.
Despite his improvisation as an archaeologist and despite the major mistakes, his discoveries were brilliant, and he succeeded in sharing his passion and insights with the common people. Truly an admirable man.
This entire review has been hidden because of spoilers.
Profile Image for Erwin Scandolera.
11 reviews
October 7, 2025
Il diario di quello che si può definire il padre dell’archeologia moderna, semplice e interessante in ogni suo racconto, ancora più avvincente se si è stati nei luoghi dove Schliemann ha scavato.
225 reviews
July 14, 2023
Il destino o il caso o la giustizia poetica, a seconda di quel di cui abbisogniamo per consolarci, vogliono che a compiere le imprese più importanti nel progresso umano siano i personaggi più improbabili e per motivi altrettali. La cosa ci sorprende probabilmente soltanto perché, abituati da una degenerazione della cultura democratica a nominare come razionali e validi coloro che sono soltanto mediocri e additandoli ad esempi da seguire e imitare, si tende a demonizzare gli altri e a non prenderli troppo sul serio, provocandoli alla vendetta. Il genio è fondamentalmente narcisista come quasi chiunque di noi, con la differenza che detiene i mezzi per potersene giustificare e, soprattutto, una motivazione a metterli in azione.

Mezzi, motivazione e narcisismo non mancano a Heinrich Schliemann, passato alla storia per una delle scoperte archeologiche più clamorose di sempre, quella di Troia (1871–74), eclissando per fama il connazionale Johann Joachim Winckelmann (1717–68) e rievocando i fasti del rinvenimento di Pompei (1748). Di lui diremmo che ha vissuto una vita romanzesca, se non fosse che molti romanzi non sono così interessanti: nato in una cittadina nel Meclemburgo-Pomerania (Germania), quinto dei nove figli di un pastore protestante, interrompe gli studi per mancanza di soldi, per alcuni anni rimane senza impiego stabile, si imbarca per il Sudamerica ma naufraga nei Paesi Bassi, pian piano si fa strada nel mondo degli affari, negli USA elargisce prestiti agli avventurieri in cerca dell’oro, in Russia rimedia un matrimonio conveniente e si arricchisce con i rifornimenti all’esercito in occasione della guerra in Crimea (1853–56). Lui stesso, come personalità, sembra uscito dalla penna di un romanziere: opportunista e geniale, impara una quantità impressionante di lingue grazie a un metodo da lui stesso congegnato; quando, nel 1868, lascia gli affari per scoprire Troia, lo fa per adempiere a un sogno espresso, pare, da bambino; è tanto appassionato di letteratura greca, non solo da chiamare i suoi figli, avuti in seconde nozze, Agamennone e Andromaca, ma pure da scegliersi domestici di nome Edipo o Giocasta.

Il libro che abbiamo tra le mani, ‘La scoperta di Troia‘, è una autobiografia involontaria, in quanto allestita da altri mettendo insieme vari brani da altre opere, ma si legge a sua volta come un romanzo avvincente come pochi. Nella prospettiva degli specialisti o anche solo dei cultori di archeologia, è in primo luogo la storia di una follia: esagerando un atteggiamento comunque diffuso nell’epoca della cosiddetta archeologia pionieristica o romantica – vedansi le imprese in Medio Oriente sulla rotta della Bibbia -, Schliemann si reca in Anatolia (Turchia) e sul sito di Hissarlik, cercando la mitica Ilio sulla base degli indizi disseminati qua e là da Omero. Infatti egli non mette in dubbio che il sommo poeta greco dica la verità e legge la ‘Iliade‘ come come un testo sostanzialmente storico, in ogni caso una elaborazione di fatti reali. Poiché, in effetti, su quel sito si trova qualcosa, egli si vede confermato nell’impressione; nel 1873 riporta alla luce una gran quantità di gioielli e riconosce questi come il mitico tesoro di Priamo – oggi suddiviso tra l’Ermitage di San Pietroburgo e il Museo Puskin di Mosca. La sua scarsa competenza in stratigrafia fa sì ch’egli scavi la città fino agli strati più antichi e distrugga quelli relativi all’epoca si presume che la mitica guerra abbia avuto luogo (XIII-XII secolo a.C.). In generale non dà mai la sensazione di distinguere i fatti dalle sue interpretazioni e talvolta dà quella di piegare i primi alle seconde. Innumerevoli sono le critiche rivoltegli già al suo tempo.

Perché non sanguinino gli occhi, occorre quindi affrontare la lettura di queste memorie con occhi diversi. Senza subbio Schliemann avrebbe potuto avere una carriera letteraria. Il suo racconto, ricco di aneddoti gustosi e descrizioni suggestive, avvince e appassiona, restituendo gli entusiasmi, le tensioni e in generale l’atmosfera di un’epoca in cui imprese come queste erano davvero avventurose. Alcuni episodi hanno del fiabesco, come quando l’autore afferma di aver trovato il succitato tesoro da solo con la moglie, avendo prima allontanato gli operai, o quando ricorda di aver riscoperto la passione per i poemi omerici sentendone recitare dei versi, per caso, da un uomo ubriaco. Naturaliter non ci si dovrà attendere di leggere in questo libro un resoconto realistico, rimanendo chiaro un intento autocelebrativo.

Rimane un libro da leggere per la sua piacevolezza e come rassegna degli errori più comuni, non solo nella ricerca, bensì nell’esperienza del quotidiano di chiunque di noi. Si dice che sul calar della vita, dopo aver stupito il mondo riportando alla luce la presunta maschera di Agamennone a Micene (1874–76), Schliemann intenda trovare addirittura Atlantide; magari avrebbe scoperto l’America, chissà.

“Sarebbe per me la massima soddisfazione e il premio più bello che la mia ambizione possa desiderare, se si riconoscesse da parte di tutti che ho attivamente collaborato a raggiungere questo grande scopo della mia vita”
Profile Image for Carlotta Santini.
22 reviews1 follower
August 12, 2017
Interessante resoconto della vita e delle ricerche di un uomo determinato e appassionato. Talvolta ampolloso e teatrale nella descrizione dei propri meriti. Sicuramente una mente all'avanguardia per il tempo in cui è vissuto e "dal multiforme ingegno" come uno dei suoi eroi a caso. Consigliato agli amanti del genere, per i quali comunque può risultare un po' antiquato.
59 reviews1 follower
August 27, 2023
Interessante a tratti, pieno di annotazioni minuziose su temperatura, costi di gestione e cose così, cose tecniche. Ma è comunque il diario di una scoperta eccezionale
Profile Image for Massimo Penazzi.
304 reviews2 followers
February 7, 2023
Si tratta di una raccolta di diari, lettere e altri scritti di vario genere dello stesso Schliemann. Appassionante e scorrevole.
Profile Image for Julien.
1 review
September 30, 2012
Despite a few introducing chapters where the author explains how his early life was totally devoted to scholarship and what were his motivations in his searching for Troy, the rest of this book is nothing but his diary written during his excavations in the trojan plain. The result is a very long list of chapters, covering very often the same findings : detailed descriptions of digging trenches (with measurements), endless list of ceramics descriptions. Unfortunately the last chapter telling of the discovery of "Priam's treasure" (and how his wife helped to steal it from turk authorities) doesn't really get more exciting than the previous ones. But surely we should not expect more from a technical diary... However Schliemann's book sometimes reveals interesting aspects of his personality, in particular how he managed to keep himself convinced of its discoveries even when lacking serious findings and how he clinged to the Iliad (written by so-called Homer) as a bible, amazingly using unsignificant excerpts from it as an evidence to his discoveries. Certainly a good testimony of archaeology at its infancy ...
2 reviews
March 11, 2016
Un bellissimo racconto di un grande appassionato. È stato molto interessante capire come un archeologo pianifica i suoi scavi e come lavora, molto bene nelle descrizioni del territorio circostante e di tutti i problemi burocratici ( e non solo ) che ha dovuto affrontare. Un pò lento per tutti i dati che l'autore mette a disposizione del lettore ma va data riconoscenza di tutto ciò che ha riportato in vita.
Profile Image for Massimo Monteverdi.
704 reviews19 followers
September 11, 2016
La testimonianza di un'eterna ossessione può anche non avere alcun rilievo letterario. Conta solo la febbrile ansia di trovare ciò che l'archeologo ante litteram vuole trovare: le rovine di Ilio esattamente dove e come Omero le ha descritte. E più scava più sente il peso della Storia su di sé e, dunque, non si accontenta e prosegue sinché c'è forza, risorse, vita. Un raro caso di sogno realizzato.
135 reviews
October 10, 2012
Difficult to tell what is fact and what is fiction but interesting for a history of archaeology and also for the insights into Schliemann's actual dig and his own "spin" on issues.
Displaying 1 - 14 of 14 reviews

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