A cinquantanove anni, trentotto dei quali trascorsi in cella, Renato Vallanzasca rimane nei ricordi di questo paese, nell'immaginario delle vecchie e delle nuove generazioni, il volto del bandito, l'emblema di una vita criminale "al massimo", l'icona violenta di una città e di un'epoca: l'inquieta e brumosa Milano degli anni Settanta. Di lui tanto si è detto e si è scritto, i contorni della cronaca sono presto sfumati nella leggenda, ed è proprio questo uno dei motivi che hanno portato l'uomo a guardarsi allo specchio, a frugare nel secchio della memoria, a incontrare Carlo Bonini per raccontare una volta per tutte la propria versione dei fatti, "la vera storia di Renato Vallanzasca". L'ex boss della Comasina ha rapinato, ha ucciso. "Per pudore" nei confronti delle sue vittime, spiega, non ha mai chiesto perdono. "Per lealtà con se stesso" e con il suo personale codice d'onore, ha sempre rifiutato di vestire i panni del collaboratore di giustizia. E con lo stesso rigore e la stessa lucidità ricostruisce il suo passato, senza cadere in compiacimenti, facili ipocrisie o repentine e sospette conversioni. È una storia di sangue, quella di Renato Vallanzasca, una storia non priva di sorprese, stravaganze e inediti retroscena, una storia che affonda le sue radici in un'infanzia ribelle, in quella che appare come una precoce vocazione al crimine.
Senza entrare nel giudizio morale, le avventure e disavventure del Bel René sono talmente romantiche e rocambolesche che sembrano fatte apposta per diventare un film. Eppure alla pellicola diretta da Michele Placido ho preferito questo libro, narrato a due voci in maniera avvincente. Staccarsi da queste pagine è difficile, sembra di separarsi da un vecchio amico che davanti a un bicchiere di whisky ha appena finito di raccontarti la storia incredibile della sua vita.
Nonostante il personaggio sia stato quel che è stato (uno spietato criminale fatto e finito che non meriterebbe, come uomo, nemmeno un briciolo di pietà) il libro mi è piaciuto molto. Forse sarà il fatto che in questa autobiografia il bel René si racconta senza omettere nulla, in modo crudo, schietto, ironico, sincero a tal punto da far luce anche su alcuni episodi che nemmeno la magistratura era riuscita a chiarire in anni di processi e indagini. Un interessante reportage che consiglio a chi volesse approfondire il mondo della Mala milanese degli anni '70.
Sono un pò ambivalente rispetto a questo libro per due motivi principali: - il continuo passaggio tra i due "autori", solo differenziato dal corsivo mi ha reso la lettura a volte difficoltosa...sarò cretina io, ma a volte ho dovuto rileggere frasi perchè non avevo fatto caso al passaggio al corsivo e non capivo più di chi si stava parlando - sarà che non ero ancora nata in quel periodo, sarà qualcos'altro ma a me Vallanzasca mi irrita non poco, non riesco a comprenderne il fascino. Mi sembra solo un ragazzino (anche oggi) con tanti problemi che fa il gradasso e deve sempre sentirsi superiore a chiunque. Le due stelle le metto perchè comunque mi ha fatto scoprire un periodo dell'Italia e un lato della mia città di cui sapevo poco.
Perchè una persona che ha qualità sopra la media decide di utilizzare i suoi "talenti" per qualcosa di tanto terribile come il delinquere? Il libro non da' la risposta, si limita ad esporre dei fatti, accaduti nell'arco di una vita veloce e violenta, senza eccessivi giudizi; ed è interessante, parecchio, l'ho divorato in pochi giorni e lo consiglierei a chiunque.