Agli inizi del secolo una giovanissima neozelandese, Katherine Mansfield, ancora un po’ sperduta in Inghilterra, e provvista solo di «quel tragico ottimismo che troppo spesso è l’unica ricchezza della gioventù» cominciò a scrivere storie comuni di donne (e di uomini) comuni – continuando febbrilmente sino alla morte, che l’avrebbe raggiunta, trentaquattrenne, nel 1923. Letti con l’occhio di oggi, i racconti della Mansfield ci appaiono come una di quelle grandi e inesauribili scoperte che in pochi anni mutarono la fisionomia della letteratura: come il primo Joyce, i romanzi di D.H. Lawrence, la scrittura della Woolf – tre scrittori con cui la Mansfield fu in rapporto, oscillando fra l’ammirazione e l’ostilità. Condivideva con loro la testarda volontà di porre un’esigenza assoluta alla letteratura, ma ancor più di loro la Mansfield era esposta alle correnti infide, alle maligne unghiate della vita, che continuava ad apparirle «sotto le spoglie di una cenciaiola da film americano». E forse proprio per questo la Mansfield ha saputo far parlare nei suoi racconti, più di ogni altro scrittore moderno, la precarietà: come spasimo, fitta, angoscia fulminea, e insieme come meraviglia, ingiustificata estasi, pura percezione. La psicologia qui non ha bisogno di essere dichiarata, ma è assorbita nell’immagine guizzante, nella pulsazione dell’attimo. E la felicità improvvisa, come l’infelicità sorda, sparse in ogni momento e in ogni vita, rare volte ci sono venute incontro con tale intensità, eppure sottovoce, come in queste pagine della Mansfield, «grande abbastanza da dire quello che tutti sentiamo e non diciamo». La presente edizione, divisa in due parti, è la prima completa dei racconti di Katherine Mansfield.
Kathleen Mansfield Murry (née Beauchamp) was a prominent New Zealand modernist writer of short fiction who wrote under the pen name of Katherine Mansfield.
Katherine Mansfield is widely considered one of the best short story writers of her period. A number of her works, including "Miss Brill", "Prelude", "The Garden Party", "The Doll's House", and later works such as "The Fly", are frequently collected in short story anthologies. Mansfield also proved ahead of her time in her adoration of Russian playwright and short story writer Anton Chekhov, and incorporated some of his themes and techniques into her writing.
Katherine Mansfield was part of a "new dawn" in English literature with T.S. Eliot, James Joyce and Virginia Woolf. She was associated with the brilliant group of writers who made the London of the period the centre of the literary world.
Nevertheless, Mansfield was a New Zealand writer - she could not have written as she did had she not gone to live in England and France, but she could not have done her best work if she had not had firm roots in her native land. She used her memories in her writing from the beginning, people, the places, even the colloquial speech of the country form the fabric of much of her best work.
Mansfield's stories were the first of significance in English to be written without a conventional plot. Supplanting the strictly structured plots of her predecessors in the genre (Edgar Allan Poe, Rudyard Kipling, H. G. Wells), Mansfield concentrated on one moment, a crisis or a turning point, rather than on a sequence of events. The plot is secondary to mood and characters. The stories are innovative in many other ways. They feature simple things - a doll's house or a charwoman. Her imagery, frequently from nature, flowers, wind and colours, set the scene with which readers can identify easily.
Themes too are universal: human isolation, the questioning of traditional roles of men and women in society, the conflict between love and disillusionment, idealism and reality, beauty and ugliness, joy and suffering, and the inevitability of these paradoxes. Oblique narration (influenced by Chekhov but certainly developed by Mansfield) includes the use of symbolism - the doll's house lamp, the fly, the pear tree - hinting at the hidden layers of meaning. Suggestion and implication replace direct detail.
Finito di leggere "Felicità", il primo dei due volumi.
Le donne di Katherine Mansfield mi fanno venire in mente quelle di Boldini: leggiadre e impalpabili racchiudono in sé un accenno di felicità, un soffio di vita.
I racconti di Katherine Mansfield sono meravigliosi; purtroppo molti sono incompiuti perché la tubercolosi se l’è portata via ad appena 34 anni e a noi resta il rimpianto per quello che avrebbe potuto ancora regalarci. Scapestrata, libera: «Ho sempre avuto una furia isterica di vivere, l’isteria è una grande ispiratrice. Detesto le ore grigie, amo i giorni che passano all’orizzonte come nubi di tempesta». Irrequieta, mai paga di se stessa, sfodera un acume straordinario e si mantiene lontana da stereotipi e banalità, anche se le sue storie sono storie di vita quotidiana, fotografie di momenti apparentemente insignificanti, ma da cui trapela l’intensa brama di vita, il desiderio di serenità (che si rivela effimera, ahimè!), il dolore (che arriva sempre inaspettato), e poi il bisogno di spazi aperti o la voglia di una passeggiata in giardino o di un caffè caldo… Dice lei stessa: «Ecco come aspiro a scrivere. Niente effetti di stile, niente virtuosismi. Solo la nuda verità, come soltanto un bugiardo sa dirla». Un talento sorprendente quello di Katherine Mansfield. Non mi stupisce affatto che Virginia Woolf fosse invidiosa di lei.
La scrittura di Katherine Mansfield è incredibile; squisitamente classica ma di un’abilità unica, raramente ho incontrato uno scrittore così capace di scrivere, le sue frasi sono preziose, perfette, attraverso lei ho sentito di nuovo il piacere della lettura di quando ero bambina, quel magico lasciarsi trasportare dalle parole. I racconti, che spesso sembrano frammenti di romanzi, noti subito una volontà di andare oltre la superficialità per tentare di comunicare altro, catturando abilmente la vita interiore dei suoi protagoniste. Non sono storie con trame forti ma riescono a cogliere fini emozioni e sensazioni, in molte c’è un momento catartico in cui i protagonisti arrivano a delle rivelazioni, in cui il loro mondo cambia improvvisamente. Tra le due raccolte “garden party” è per me la più bella; i racconti sono più completi e costruiti meglio. Veramente una bellissima scoperta questa scrittrice spesso dimenticata
La crepa che polverizzerà La Mansfield è una straordinaria scrittrice: i suoi racconti fotografano l’istante in poche pagine oppure ricreano microcosmi familiari dando voce a tutti i membri della famiglia, dalla bimba di pochi anni alla nonna. Spesso racconta la pienezza dei sentimenti e l’apparire della crepa che polverizzerà, forse, quella felicità. I suoi personaggi provengono direttamente dalla vita quotidiana e sono accompagnati mentre organizzano una cena fra amici, oppure un ricevimento in giardino, con le loro minute attività e i pensieri a margine. E’ molto brava a raccontare caratteri sia femminili che maschili, per esempio mi sono piaciuti il marito che non sta nella pelle dal desiderio di riabbracciare la moglie di ritorno dall’Europa, il racconto del vecchio signore che si sente improvvisamente troppo stanco, spiacevolmente consapevole del fatto che le donne di famiglia, quando le accontenterà ritirandosi dal lavoro, non potranno mantenere il tenore di vita che lui ha consentito loro, perché suo figlio è irresistibilmente bello e altrettanto incapace. Mi sono piaciuti molto i racconti Preludio e Alla baia, nei quali è dato ampio spazio ai bambini coi loro pensieri e timori, alla ragazza che si guarda allo specchio e aspetta impaziente l’occasione per avere una vita tutta sua e alla giovane sposa e madre che tutta presa dai suoi problemi di salute trascura i figli e ama il marito ma ne teme le effusioni che la affaticano troppo.
La penna vivace della Mansfield l'ho centellinata tutta l'estate, portandomi il volume persino in aereo. Maestra nel raccontare vividamente i più dinamici punti di vista, nell'opera della Mansfield si ha sempre la sensazione che la vita passi attraverso gli oggetti e i luoghi del suo quotidiano. Volumotto prezioso.
Onestamente, dopo la prima lettura di ‘Felicità’ avevo pensato di accantonare il testo - stiamo parlando di due volumi per un totale di circa 900 pagine. Periodi sghembi, consequenzialità non immediate, difficoltà nel recuperare il senso da diverse frasi - per non dire quella derivante dall’intendere chi fosse il soggetto parlante e che cosa c’entrasse quella frase con quella precedente. Ah, il modernismo…! L’incedere mi ricordava spesso quella scena dove Buster Keaton, bendato, cammina su una trave da costruzione che viene sollevata verso l’alto da una gru. Continuando a camminare sospeso, senza vedere nulla, il caso vuole che appena messo il piede nel vuoto un’altra trave, sollevata da una seconda gru, gli si pari dinnanzi per impedirgli di cadere, e così via per quattro/cinque volte, fino ad arrivare ignaro al sicuro. Ecco, mi sono sentito diverse volte come Keaton: procedevo nei periodi come fossi stato bendato, inconsapevole della destinazione e ignorante del cammino, che oltretutto mutava direzione alla fine di ogni trave.
Però ho dato fiducia e con la lettura di ‘Garden-Party’, pur rimanendo a volte questa sensazione di smarrimento, mi sono divertito e deliziato dei racconti inanellati in questa seconda raccolta.
Una intelligenza rara e affilata; la capacità di cambiare registro, contesti, argomenti; l’attenzione per quegli attimi nei quali l’inspirazione diventa espirazione e il mondo si allarga. Attimi solidi e luminosi che cambiano il corso naturale delle cose, disseminati così in giornate e luoghi qualsiasi. Quindi fiato alle trombe e giudizio più che positivo!
La lettura del secondo libro, più avanti. Brava ma 450 pagine al momento bastano.