No theme has been more central to international philosophical debates than that of from American communitarianism to Habermas's ethic of communication to the French deconstruction of community in the work of Derrida and Nancy. Nevertheless, in none of these cases has the concept been examined from the perspective of community's original etymological cum munus . In The Origin and Destiny of Community , Roberto Esposito does just that through an original counter-history of political philosophy that takes up not only readings of community by Hobbes, Rousseau, Kant, Heidegger and Bataille, but also by Hölderlin, Nietzsche, Canetti, Arendt, and Sartre. The result of his extraordinary conceptual and lexical analysis is a radical overturning of contemporary interpretations of community. Community isn't a property, nor is it a territory to be separated and defended against those who do not belong to it. Rather, it is a void, a debt, a gift to the other that also reminds us of our constitutive alterity with respect to ourselves.
Roberto Esposito was born in Naples where he graduated at University of Naples 'Federico II'. He is Vice Director of the Istituto Italiano di Scienze Umane, is Full Professor of Theoretical Philosophy and the coordinator of the doctoral programme in Philosophy. For five years he was the only Italian member of the International Council of Scholars of the Collège International de Philosophie in Paris. He was one of the founders of the European Political Lexicon Research Centre and the International Centre for a European Legal and Political Lexicon, which was established by a consortium made up of the Universities of Bologna, Florence, Padua, Salerno, Naples L'Orientale and Naples S. Orsola Benincasa. He is co-editor of Filosofia Politica published by il Mulino, the 'Per la Storia della Filosofia Politica' series for publishers Franco Angeli, the series 'Storia e teoria politica' for publishers Bibliopolis and the series 'Comunità e Libertà' for Laterza. He is editor of the 'Teoria e Oggetti' series published by Liguori and also acts as a philosophy consultant for publishers Einaudi.
Zor bir okuma oldu benim için. Hatta üniversite yıllarımdan kalma felsefe sözlüğüm olmasa okumaya devam edemezdim. Kolay okunmasını sağlayabilecek bir çeviri mümkün olabilir miydi, ondan da emin değilim. Kitapta baştan sona kavramsal yoğunluk çok fazla ve hatta bazı kavramların türetilmiş bir Türkçe karşılığı da yok galiba.
Kitabın ana eksenini Esposito’nun sunduğu munus ve immunitas kavramları oluşturuyor. Esposito’yu anlayabilmek için bu iki kavrama ve aralarındaki ilişkiye hâkim olmak gerek. Anlaşılmaları güç olduğu için zaman zaman geriye dönüp tekrar okumak zorunda kaldığım bölümler oldu.
Bu kitabı okuyacaksanız bir sözlük hayat kurtarır ve sabırlı olmak gerekir kanaatindeyim. Anlayamadığınız bölümler için de tasalanmayın; bence pek az kişi bu kitabı böyle zorlanmalar yaşamadan bitirebilir. :)
Communitas was not as good as I expected, but it is still a good read. You can borrow some great ideas from it, specially in order to enhance your comprehension about the current (no)community. On the other hand, I found the relationship he sees between Freud and Hobbes too pedantic... and kind of unrealistic!
Il testo è molto denso, adatto a un pubblico che ha ottime conoscenze di filosofia. Per quanto il linguaggio non diventi mai astruso, resta comunque ostico per tutti i non specialisti.
Communitas, deriva da cum + munus: cum indica "insieme", "con", mentre munus indica il debito, ciò che si deve dare. Quindi, la comunità è formata da un'insieme di persone accomunate da un debito. Alla luce di ciò, si può dire che la comunità nasce non da un possesso, ma da qualcosa che bisogna restituire. Partendo da questo assunto, Esposito attraversa il pensiero di cinque grandi filosofi della comunità, mostrando una vera e propria storia di tale concetto: Hobbes, Rousseau, Kant, Heidegger, Bataille.
Secondo Hobbes, gli uomini sono accomunati dalla possibilità di uccidersi l'un l'altro. Per tale motivo, la comunità nasce dalla paura: il singolo individuo rinuncia all'esercizio della violenza sul più debole affinché uno più forte non faccia la stessa cosa su di lui. Per tale motivo, la comunità si istituisce sulla base di un impedimento: la società è ciò che impedisce l'assassinio, cioè la negazione di una negazione. Il sovrano incarna colui che deve mantenere in atto questo divieto, anche attraverso l'uso della violenza: il sovrano, quindi, diventa espressione dell'intera comunità, dove ognuno rinuncia a essere soggetto delegando la propria azione politica al sovrano, che diventa il soggetto di tutti. Attraverso il sacrificio, quindi, si esercita questo potere di morte che serve, a sua volta, a impedire ulteriore violenza.
Rousseau, invece, sostiene che l'origine non è rappresentata da un sacrificio, perché questo sarebbe di già conseguenza della comunità. Lo stato originario, di natura, è caratterizzato da un'assenza di legami, un puro esistere che non prevede convenzioni e impedimenti di tipo comunitario. Ovviamente, questo stato non va concepito all'interno di un tempo storico, bensì all'interno di un tempo mitico: è uno stato irraggiungibile, perché mai esistito, eppure sempre presente nel suo ritirarsi, nel suo essere inafferrabile. La comunità, quindi, porta al suo interno degli elementi di corruzione che la pongono già in difetto rispetto al mitico stato originario. Anche il "contratto sociale" partecipa a questo tempo mitico: prefigura una comunità dove governanti e governati combaciano, cioè uno stato pensabile e non realizzabile. La comunità, infine, non è che qualcosa di necessario, ma sempre da farsi, che non riesce mai a raggiungere quel momento originario di pura essenza, senza impedimenti. Infine, il collante della comunità di Rousseau sembra essere la compassione: cioè, nel momento in cui sento la sofferenza altrui, capisco cosa non fare all'altro affinché non capiti lo stesso a me: paradossalmente, la comunità nasce da un moto individualistico, di pura paura della sofferenza per sé, compresa attraverso la presenza dell'altro.
Nel pensiero di Kant, l'uomo acquisisce la sua libertà in quel momento originario in cui compie il male, perché libero di entrare in contrasto con il creato di Dio, che è bene. Per tale motivo, l'origine, per Kant, è differente da quella pensata da Rousseau: non è un momento felice, anzi: è il momento in cui sopraggiunge il male. Per tale motivo, la comunità si rende necessaria attraverso la Legge, la quale non ha nessun soggetto anche se ogni uomo le è soggetto: nel senso, però, di colui che viene "assoggettato" e non di soggetto attivo e fondante, poiché la Legge precede il soggetto stesso. Nella Legge, il soggetto perde il suo amor proprio, perché deve limitare se stesso secondo quanto sancito dalla legge, guadagnandone in "rispetto di sé". In sostanza, tutti gli uomini devono alla legge una parte della propria soggettività, quindi tutti sono accomunati da questa negazione. Quindi, la comunità si riunisce intorno a uomini che non hanno niente-in-comune. La comunità, quindi, è impossibile: non può essere riempita, perché la mancanza del debito è necessaria affinché ci sia la Legge. Allora, la comunità è sia necessaria che impossibile e r-esiste nella sua tensione di debito e dover essere.
Heidegger, al contrario, critica il concetto di dover essere, affermando che l'uomo è ciò che deve. Quindi, è nell'essenza stessa il suo dovere, quindi l'uomo è già sempre nella comunità, è già sempre all'interno di quei dettami che lo pongono nel mondo e nella comunità. Per tale motivo, il problema della comunità non si pone: l'esserci è già da sempre essere-nel-mondo, quindi è già condizionato dalla comunità che lo trascende e ne condiziona l'essenza stessa. L'uomo, nell'esercizio della sua libertà, si allontana da questo stato in cui è sempre immerso, diventando così "improprio", cioè non conforme a questo stato originario. Da ciò la consapevolezza che la proprietà più propria dell'uomo è il suo essere sempre improprio, cioè già lontano dalla sua origine. L'origine, quindi, non è qualcosa che si trova alle spalle, ma qualcosa che si trova sempre di fianco e che non si può toccare. Siamo divisa da essa, c'è uno scarto che non ci fa combaciare con essa, rendendoci impropri. Per Heidegger, la comunità originaria è la Grecia Antica, ma sempre vista in un'ottica mitica e non storica. Ma è proprio l'impossibilità di un ritorno a quell'epoca che permette alla comunità di andare avanti, di proiettarsi verso il futuro, pur esistendo e derivando da quell'era originale.
Infine, c'è il pensiero di Bataille: qui la comunità è possibile solo nella consapevolezza che tutti siamo accomunati dall'impossibilità dell'esperienza della morte. Morendo, viene impedita ogni esperienza e vedendo la morte altrui non ho la possibilità di viverla perché, vivendo, già sto negando quell'esperienza di morte. Questo impossibilità dell'esperienza della morte ci pone nella finitudine, quindi nella consapevolezza che si è già finiti: per tale motivo, siamo già sempre sacrificati, a nulla e a nessuno, e per questo non più sacrificabili.
La comunità è ciò che manca, è quella cosa che non riesce ad essere perché ci accomuna sempre un'assenza o una negazione: è la sua assenza che ci pone sempre in tensione verso di essa e a costituirla, sempre, come problema, come qualcosa sempre da pensare e mai di de-finito.
Consisting of an "Introduction" and five chapters entitled, "Fear," "Guilt," "Law," "Ecstasy," and "Experience," Roberto Esposito's "Communitas: The Origin and Destiny of Community" is a amalgamation of five famous philosophers and their 'takes' on the concept of 'community' in their respective works. (The philosophers are Thomas Hobbes, Jean-Jacques Rousseau, Immanuel Kant, Martin Heidegger, and Georges Bataille.) Perhaps obscure to a newcomer, Mr. Espositio's explication of the thought of each of these profound thinkers are exemplars of clarity and succinctness. Indeed, these are some of the best 'outlines' of the ruminations of these thinkers that I have ever encountered, and I have read in this field, off and on, for many years. And the fineness of the analysis is trebled, or rather quadrupled, by the author's choice to focus on 'community' in his exegesis, for this idea is essential, in my humble opinion, to the philosophical projects of many tillers in this hermeneutical field. And this as it should be, for there is an aporia in Western thought, going all the way back to Rene Descartes, of extracting the individual from his background, and this 'aporia' has flawed Western thought (and civilization) to its core. It has also helped to destroy our planet and split Western individuals from their fellow sufferers, from their 'species-life,' which is so essential for mental health. It is this background that serves so well to ground Mr. Esposito's incursion into these thinkers projects and to further the aims of restoring the 'soul' to modern Western Man. As it stands, also, the philosphizing present in this fine book is top-rate: clear, understandable, technical-but-not-too-opaque. And upon completion of the tome, one is left feeling (and thinking) in a clear and logical manner concerning these thinkers and the world they describe (and we inhabit). A fine book this is!
Me está gustando mucho Esposito. Pensar conceptualmente a la comunidad no es una tarea sencilla y realmente creo que en este libro el autor logró dar un pantallazo sobre ello a partir de autores como Hobbes, Rousseau, Kant, Heidegger, Bataille y Sartre, para desenvocar en su propia concepción de lo que entiende por «comunidad».
What the hell is a community like in the 21st century anyway? No such thing as community anymore.
Just total isolation and ethereal pseudo-forms of communication that build virtual communities (more like societies based on spectacle)... this would have been integral to the communist revolution had Lenin read it in 1915... too bad this book was written a century too late, and in favor of the side that lost.
Plus, don't get me wrong, there are some breathtaking quotes in this.. but, starting a discussion of community by belaboring Hobbes for 30 pages is really taking the wrong approach in my opinion. Start with the a happy-positive message and then pull your shorts down and spray it on the reader's face after you make us want it first. Don't just get all over-eager and scare the audience away with this constant barrage of "Hobbesian-Fear"