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La sfida dell'Alfabeto
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L'AbBeCeDrilli 2020
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Ciao!
Allora, la lista va bene tranne Choderlos de Laclos, Pierre-Ambroise-François che è catalogato sotto la C. :)
PS. Appena puoi aggiungi nel titolo del topic l'anno di sfida. Grazie. :)
Allora, la lista va bene tranne Choderlos de Laclos, Pierre-Ambroise-François che è catalogato sotto la C. :)
PS. Appena puoi aggiungi nel titolo del topic l'anno di sfida. Grazie. :)
Bell'alfabeto! Un sacco di autori che ho amato.
"1984" uno dei miei libri preferiti e "La profezia dell'armadillo" un gioiellino.
Buone letture! :)
"1984" uno dei miei libri preferiti e "La profezia dell'armadillo" un gioiellino.
Buone letture! :)
Aggiunto subito l'anno, adesso vado a cercare un sostituto per la L... e dire che avevo pure controllato in OPAC Laclos ma mi dev'essere sfuggito! Grazie :)
Drilli wrote: "Aggiunto subito l'anno, adesso vado a cercare un sostituto per la L... e dire che avevo pure controllato in OPAC Laclos ma mi dev'essere sfuggito! Grazie :)"
Figurati. :)
Mi sa che quel libro lo leggeremo in tanti quest'anno... chissà perché ;P
Figurati. :)
Mi sa che quel libro lo leggeremo in tanti quest'anno... chissà perché ;P
Drilli wrote: "Sostituisco al volo Laclos con Lovecraft, Kadath. Aggiorno il post iniziale!"
Perfetto. :)
Perfetto. :)
"1984" uno dei miei libri preferiti e "La profezia dell'armadillo" un gioiellino.Buone letture! :)"
1984 avevo voglia di rileggerlo da tantissimo tempo e siccome le scelte alternative per la O erano poche ho colto subito la palla al balzo :)
Un volume di Zerocalcare è il mio regalo sicuro per tutte le volte in cui non mi viene in mente nulla di originale per il mio ragazzo... ho pensato che dopo avergliene regalati tanti fosse giunto il momento di leggerne qualcuno anche io :D La Profezia dell'Armadillo oltretutto è anche autografato e con disegnetto personalizzato *-*
Per Le relazioni pericolose.... già, chissà perché xD E chissà perché tutti questi autori francesi poi! xD
Ma che bello il tuo alfabeto! Te lo invidio molto... Le cose che ho letto mi sono piaciute tanto e quelle che non ho letto le vorrei leggere 😁
Grazie :D Infatti non vedo l'ora di lanciarmi nel mio alfabeto, ci sono libri che aspettano da tanto, altri aggiunti all'ultimo minuto sull'onda dell'entusiasmo, altri che sono desiderio di approfondire autori di cui ho letto altro e che mi è piaciuto tantissimo...! Al momento devo dire che mi preoccupa solo Notre-Dame de Paris... perché il mio ultimo incontro con Hugo mi tenne impegnata per mesi... ma c'è da dire che non era il periodo giusto quindi confido che questa volta sarà diverso!
A leggere quest'alfabeto mi son commosso, tanti miei libri preferiti: da Fight Club a La profezia dell'armadillo, da Player One ai racconti di Dick, da La Fondazione di Asimov a Kadath, 1984, Queneau, Ibsen, Goethe... complimenti!!Buone letture, spero ti piacciano :-D
Drilli wrote: "Al momento devo dire che mi preoccupa solo Notre-Dame de Paris... perché il mio ultimo incontro con Hugo mi tenne impegnata per mesi..."Anche a me con I Miserabili successe così, mi presi anche una pausa a un certo punto... Però poi è diventato uno dei miei libri preferiti, quindi... 😀
Buone letture! 😊
Ricambio la visita, @Drilli e, appena arrivata nel tuo spazio, mi sono resa conto che non avevo fra i miei "to-read" il Ciclo delle Fondazioni di Asimov, autore che leggo da poco e che adoro immensamente. Ovviamente ho rimediato subito!Buone letture!
Primo aggiornamento per il mio alfabeto con la lettera C di Ernest Cline, col suo Player one.Da videogiocatrice e nerdaccia quale sono, Player One è stata per me una lettura veramente piacevole e coinvolgente. E' un libro, del resto, pensato e scritto proprio per i giocatori e gli amanti della cultura pop e geek; è prettamente indirizzato a chi ha vissuto gli anni '80, che si troverà senz'altro a proprio agio nel mare di citazioni di ogni tipo (videoludiche, musicali, cinematografiche e non solo), ma dal momento che è quasi inevitabile che un nerd si imbatta quantomeno nei grandi classici degli anni '80, il libro è godibilissimo anche per chi è stato adolescente nei decenni successivi e non colga la totalità delle citazioni. Credo che la condizione fondamentale per immergersi davvero in quest'avventura, sia più la comprensione e la condivisione del linguaggio e dei meccanismi dei videogiochi e in particolare dei MMORPG.
A parte questo, la scrittura è semplice ma scorrevole, gli eventi si susseguono con un buon ritmo, i temi trattati sono tutti pienamente nelle mie corde, ma soprattutto le mie esperienze personali, presenti e passate, mi hanno portato a un'immedesimazione completa con il protagonista - il senso di competizione, l'ansia di miglioramento, il non poter resistere alla curiosità di scoprire cosa accadrà dopo, l'ansia di terminare il gioco... ma anche la solitudine di adolescente un po' fuori dal mondo, la felicità di aver trovato finalmente delle amicizie, anche se "virtuali", le ansie che derivano dal non poter sapere se chi c'è dall'altra parte è completamente onesto con te, il desiderio di incontrarsi dal vivo e l'ansia di poter avere brutte sorprese, o solo di non riuscire a parlare e capirsi allo stesso modo, la certezza che sia Amicizia vera, anche se non ci si è mai guardati negli occhi... Tutte sensazioni che hanno fatto parte del mio passato e del mio presente, e che mi hanno portato a un'empatia totale con Wade.
Non dò al libro la quinta stella perché, volendomi porre da un punto di vista più oggettivo, il romanzo in sé non è nulla di eccezionale: i personaggi sono piuttosto stereotipati; i problemi e le difficoltà che si presentano nel corso della trama vengono risolti, nella quasi totalità dei casi, fin troppo in fretta e con troppa facilità; la quantità di infodump è decisamente eccessiva; le citazioni della cultura pop degli anni '80, per quanto le premesse sembravano voler costruire l'intera trama su di esse, sono quasi del tutto superflue ai fini della trama, nel senso che nella maggior parte dei casi conoscere o non conoscere il film o il videogioco citato non aggiunge granché, se non la soddisfazione personale di sapere di cosa si stia parlando e potere immaginare gli eventi con maggior chiarezza; c'è poi una strana incongruenza nei destinatari dell'opera: è senza dubbio un romanzo per ragazzi, per il tipo di personaggi presenti, il modo relativamente superficiale in cui sono trattati molti temi e il modo in cui si sviluppa la trama... eppure strizza l'occhio a chi è stato ragazzino negli anni '80, molto più che all'adolescente odierno.
Insomma, volendo mantenersi distaccati le stelle dovrebbero essere pure 3, ma non posso non tenere conto della mia esperienza di lettura e del modo in cui questo libro ha saputo tenermi incollata alle pagine e a farmi vivere in prima persona l'avventura della Caccia all'Easter Egg di Halliday.
Punteggio: 1 LL + 2 (P) + 2 (NC) = 5
Seconda lettura dell'alfabeto, ahimé deludente.Per la lettera L ho letto Kadath di H.P. Lovecraft.
Lovecraft ha una fantasia sconfinata, davanti alla quale non posso che rimanere ogni volta ammirata.
Ma...
Alla terza lettura lovecraftiana posso ufficialmente dire di avere un problema col modo in cui porta avanti la narrazione.
"La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath" ha in quelle 100 pagine materiale per un'intera saga di proporzioni epiche, con un intero mondo pieno di popoli e creature uniche, ognuno con le sue usanze, e paesaggi diversissimi. E però... sono solo 100 pagine, all'interno delle quali vengono raccontati almeno due mesi di viaggio in questo mondo incredibile. Il tutto senza neanche l'ombra di un dialogo, e con pochissime descrizioni puntuali. Questo significa che, spesso, in massimo dieci righe vanno via giorni o settimane di viaggio - nel caso migliore abbiamo qualche pagina per una giornata - e che ogni popolo o luogo ci è descritto in maniera sì evocativa, ma fastidiosamente vaga. Ho perso il conto degli "indicibile", "grottesco", "aberrante" e compagnia bella, che vorrebbero suscitare timore ma che nel mio caso hanno sollevato solo irritazione, perché città che dovrebbero essere diversissime ci vengono raccontate sempre con gli stessi aggettivi e le stesse parole.
Show, don't tell, porca paletta!
E invece no, Lovecraft racconta e basta, riassume i dialoghi sbrigativamente e dall'esterno, descrive sommariamente luoghi e popoli, condensa settimane in poche righe, e tutto è o meraviglioso o aberrante, senza vie di mezzo. Ma non rinuncia a formule quasi rituali che si ripetono identiche ogni volta che viene nominato questo o quell'altro dio e questa o quell'altra città, e usa una varietà di aggettivi e termini tutto sommato limitata (anche se spero vivamente che quantomeno quest'ultimo aspetto sia da imputarsi alla traduzione). In certi passaggi ho avuto addirittura la sensazione di trovarmi davanti un dilettante, o uno di quegli adolescenti che "è intelligente ma non si applica"...
E quindi anche in questo caso, com'era stato per Le montagne della Follia (seppure, per quest'ultimo, l'uso assillante di "indicibile" e "inimmaginabile" e compagnia bella trovavano un senso nella cornice del racconto, perché il tutto era narrato da un uomo che per nessun motivo al mondo avrebbe voluto ricordare le esperienze vissute...) mi sale la rabbia, perché cavoli, avrei voluto sapere molto, molto di più di quelle città e di quei popoli e quegli dèi, avrei voluto un libro di 1000 pagine, altro che 100! Avrei voluto dialoghi che dessero concretezza ai personaggi, descrizioni puntuali che mi permettessero di avere davanti agli occhi un'immagine netta di questi luoghi favolosi, o anche solo una narrazione in prima persona che mi desse la possibilità di immedesimarmi almeno nel protagonista... e invece no, fumo e vaghezza, battaglie epiche descritte in poche pagine, giorni di navigazione che vanno via in due righe, intere foreste attraversate con una sola parola.
Non posso farci niente, questo tipo di narrazione non fa per me :( Per mandare giù 100 pagine ci ho messo giorni, perché non riuscivo proprio a farmi coinvolgere...
Penso che comunque leggerò altro di Lovecraft, perché quel che riesce a inventarsi continua ad affascinarmi moltissimo, ma probabilmente mi limiterò solo a racconti brevi o comunque a trame che si svolgono in pochi giorni (l'unica lettura che ho apprezzato, infatti, è "Il richiamo di Chtuhlu" che - se non ricordo male - racconta giusto un paio di giorni: in quei casi l'equilibrio tra ritmo narrativo e arco temporale rientra ancora nelle mie corde).
Punteggio: 1LL + 2 NC = 3
Terzo aggiornamento, con la lettera Z di Zerocalcare!La Profezia dell'Armadillo mi è piaciuto proprio tanto. Prima d'ora di Zerocalcare avevo letto solo tavole sparse, e non ce n'è mai stata una che non mi sia piaciuta, quindi ho deciso di iniziare a leggere anche tutte le raccolte e le graphic novel.
De La Profezia dell'Armadillo è bello come le varie storie sembrino apparentemente scollegate ma formino poi man mano un unico quadro. Quelle più strettamente legate alla "Storia più grande" raccontata sono sicuramente quelle che mi sono piaciute di più (menzioni speciali per "Il sacro giuro", "Amici immaginari" e "Pavlov"), ma sono quelle presenti e quotidiane ad avermi strappato le più grasse risate (prima tra tutte "Pattini", seguita a ruota da "Vittime e carnefici", che è un'accuratissima descrizione del mio personale rapporto con le vespe).
Ciò che più mi è piaciuto, comunque, è che non c'è solo riso: già dal primissimo episodio si capisce che la "storia generale" avrà degli elementi tristi, ma non è solo questo; ho apprezzato moltissimo che l'umorismo che si fa non è mai "cattivo", ma soprattutto che il personaggio che ne viene fuori è immensamente umano, comune, vicino... ne ho decine di conoscenti che lo rispecchiano esattamente, e in molti degli episodi mi ci rivedo anche io stessa (si veda il "Vittime e Carnefici" di prima, ma anche "Ctrl+Zeta"), per cui, per tutto il tempo, ho avuto la netta sensazione di leggere il fumetto di un amico, e di essere io stessa l'Armadillo :)
4 stelle piene pienissime; la quinta manca solo perché, per mio gusto personale, preferisco le storie uniche e continue. Senza dubbio continuerò a leggere Zerocalcare, e intanto consiglio "La Profezia dell'Armadillo" a tutti
Punteggio: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Aggiungo anche la lettera V di Verne, Jules, con Ventimila leghe sotto i mari. Partivo con aspettative molto alte su questo romanzo, che in parte sono state deluse. Mi aspettavo un'avventura grandiosa, quindi sostanzialmente una storia ricca d'azione... ma non è propriamente così.
Mi è piaciuto molto l'inizio, fino ai primi capitoli a bordo del Nautilus, così come mi sono piaciuti gli ultimi, in cui finalmente qualcosa accade, ma nel mezzo... la trama langue: il libro è quasi un susseguirsi di racconti brevi, non tutti ugualmente appassionanti e scarsamente legati tra loro se non per il fatto di susseguirsi giorno dopo giorno e avere gli stessi protagonisti. La cosa, già di per sé, non mi entusiasma, ma se poi ci aggiungiamo che questi racconti brevi sono continuamente inframmezzati da pagine e pagine di elenchi di pesci, con ogni nome accompagnato da classificazione e descrizione sommaria... l'entusiasmo cola a picco. Che poi, le descrizioni di pesci ci stanno anche, visti gli interessi e la professione del protagonista, e avrebbero anche potuto rendere la lettura più interessante, perché del resto la scienza è sempre protagonista di ogni opera di Verne... però così è un po' troppo: se mi avesse parlato qua e là di qualche pesce in particolare, con una descrizione non solamente scientifica e qualche aneddoto sarebbe stato anche interessante (e infatti i pochi casi in cui ciò accade nel libro hanno ottenuto la mia completa attenzione), ma così, nome dopo nome, classe dopo classe, con indicazioni tecniche sulla presenza o meno di determinate ossa... la noia. Al punto che difficilmente sono riuscita a leggere più di due capitoli di fila senza dovermi fermare a fare altro prima di riprendere.
Ed è un vero peccato, perché le pagine del romanzo in cui qualcosa accade, o nelle quali si svolgono i dialoghi tra i vari personaggi (personaggi decisamente stereotipati, purtroppo, ma che comunque un segno lo lasciano), mi sono piaciute. Lo stile di Verne mi piace, e il senso di meraviglia che riesce a instillare fa sì che alcune scene è quasi come se le avessi vissute in prima persona. Per non parlare dell'interesse che ha suscitato in me il constatare come Verne abbia in molti casi anticipato usi futuri di tecnologie e scoperte a quei tempi appena accennati, con descrizioni che sono di fatto fantascienza pura, ma che nei decenni successivi diventeranno invece realtà.
Il problema è che, in totale, queste pagine davvero interessanti costituiscono la metà scarsa del libro, e non sono neppure continue tra loro, il che ha reso la mia lettura un continuo saliscendi di interesse - noia mortale - interesse - noia mortale - interesse - noia mortale... :(
Quindi 3 stelle, perché salvo solo la metà del libro.
Punteggio: 1LL + 2NC + 1 E = 4 punti
Quinto aggiornamento, con Il resto di niente di Enzo Striano per la lettera S. «Donna Lionò, compatite il mio pensiero. Pulcinella è 'no povero ddio. Un uomo di niente, un pezzente, un vigliacco. Uno che pensa solo a salvarsi la pelle nelle disgrazie che lo zeffonnano. Perciò è arraggioso, fetente, mariuolo, arrepassatore. Non è un eroe. Voi lo vedete che ca se mette 'ncoppa a 'na cascia alluccanno?»
Il vecchio si leva in piedi. Senza volerlo assume l'aria del palcoscenico, fa la voce nasale di Pulcinella.
«Citatine! È nata la Ripubbreca... La Repubroca... La prubeca... Mannaggia lo cascione, comme canchero se dice 'sta fetente de parola?»
[...] «E poi,» sospira Cammarano, tornando a sedere «Pulcinella non è un tipo allegro. Sa le cose nascoste. Ca la Repubblica adda ferni', come finisce tutto, ca ll'uommene se credono de fa' chesto, de fa' chello, de cagna' lo munno, ma non è vero niente. Le cose cambiano faccia, non sostanza: vanno sempre comme hanno da ì. Comme vo' lo Padrone. Lo munno non po' gira' a la mano smerza. Lo sole sponta tutte li mmatine e po' scenne la notte, la vita è 'na jurnata che passa: viene la morte e nisciuno la po' ferma'. Perché è de mano de lo Padrone: di Dio. Pulcinella queste cose le ha sapute sempre, come volete che si metta a fare il giacobino? Lo po' pure fa', ma solo per far ridere, per soldi. Isso non ce crede».
Le due protagoniste de Il Resto di Niente sono Eleonora Pimentel de Fonseca e Napoli. Di entrambe viene fatto un ritratto preciso, nel bene e nel male. Di entrambe emergono le comuni forze (la generosità, la resilienza) e debolezze (l'abbandonarsi a un destino che nessuna delle due è convinta di poter cambiare, il lasciare che siano gli altri a decidere per te le cose più importanti). Entrambe sono umane, molto umane, e partecipano e assistono a una Repubblica effimera e un po' sgangherata, napoletana anche in questo.
Il Resto di Niente è la storia di un fallimento, il fallimento di un progetto che però non si può non guardare ammirati, perché in una città che da sempre (e tuttora, ahimé) vive nella convinzione che "Accussì adda ì", il semplice fatto che ci sia stato un gruppo di persone che ha negato questo principio e ha dato la vita perché le cose cambiassero in meglio... è meraviglioso. Non c'era verso di farla funzionare, e se quella Repubblica fu proclamata in fondo è stato più per l'incastro di coincidenze favorevoli che per altro, però c'è stata. Così come anche oggi ci sono tanti napoletani che impiegano tutte le loro energie perché ciò che non funziona arrivi finalmente a funzionare, e chissà che un giorno non si riesca a scardinare il pessimismo cosmico di un popolo pur così gioviale.
Ma sto divagando.
È che questo romanzo mi ha riportata a casa, mi ha fatto rivedere piazze, castelli, palazzi, teatri e vicoli che dal '700 ad oggi non sono cambiati poi così tanto, mi ha immerso in un'atmosfera che in buona parte è ancora viva e presente. Striano ha saputo far emergere tutti i colori, i suoni, i sapori e gli odori di Napoli, nel bene e nel male, e l'ha fatto per giunta attraverso gli occhi di una donna che Napoli la ama, che in Napoli ha trovato un posto cui appartenere e per il quale morire. Non c'è da stupirsi che un'emigrante come me ne sia stata completamente risucchiata.
Il romanzo in sé me l'aspettavo diverso. Pensavo che si sarebbe concentrato molto di più sugli avvenimenti della Repubblica Napoletana, che invece arriva solo verso la fine e sulla quale tanto viene omesso o riassunto in breve. Non mi ha convinto questo andamento così episodico, questo saltare giorni, mesi, anni, concentrarsi talvolta su fatterelli poco importanti e volare un po' in fretta su momenti fondamentali. Però non posso proprio dire che non mi sia piaciuto. Anche lo stile, ostinatamente privo di congiunzioni e pieno di omissioni, nelle prime pagine non mi convinceva affatto ma poi è riuscito a prendermi. E ho apprezzato molto la scelta di un uso realistico della lingua, che passa dall'italiano al napoletano al francese al portoghese (e altre ancora) in base a momenti e personaggi. Una ricchezza linguistica che esemplifica la ricchezza culturale di Napoli e le mille influenze che lei e i suoi abitanti hanno subito e accolto nel corso dei secoli. Certo, l'assenza di traduzioni e note può rendere la lettura davvero complessa, non solo per i non napoletani ma anche semplicemente per chi non mastica il francese, lingua nella quale si svolgono dialoghi importanti per la trama e la Storia. Personalmente sono riuscita a cavarmela, ma non mi va mai a genio quando un libro viene scritto ed editato in modo da non essere accessibile a tutti.
Insomma, la quinta stella manca perché avrei preferito una trama e uno stile più fluidi, e auspicato traduzioni e note almeno per i passaggi più importanti, ma resta un libro che mi è piaciuto molto e che consiglio (tranne forse che ai napoletani permalosi).
Punteggio: 1LL + NC = 3 punti
Sesto aggiornamento con la lettera G di Goethe: ho letto I dolori del giovane Werther.Il libro lo promuovo, ma con riserva.
Mi è piaciuta la prima parte, in cui Werther è ancora pieno di vita e le sue lettere e riflessioni - mai noiose e sempre ben scritte, sia che si tratti di monologhi che di dialoghi - spaziano ancora su argomenti piuttosto vari. Ma nella seconda metà, quando i "dolori" prendono il sopravvento, il tono si fa lamentoso e le lettere molto ripetitive... la noia e la pesantezza hanno preso il sopravvento.
Ho comunque trovato diverse pagine da cui trarre molti spunti di riflessione, e questo è un pregio che riconosco sempre con piacere a ogni romanzo.
Punteggio: 1LL + 2NC + 1E = 4 punti
Bell'alfabeto, Drilli!Ho letto quelli di Asimov, Cline, Ende, Funke, Orwell e Verne. Ho faticato parecchio con Ventimila leghe sotto i mari pure io e mi ritrovo nel tuo commento. Un elenco di pesci infinito e mi domando come mai sia il suo romanzo più amato quando ho trovato davvero più avvincente Il giro del mondo in ottanta giorni!!!
Comunque buon alfabeto, aspetto il tuo commento su Alba di Inchiostro. Cornelia Funke è una scrittrice che seguo fedelmente!
Grazie Debora :D Il Giro del mondo in ottanta giorni prima o poi lo leggerò di certo (così come in realtà penso che proverò anche altri libri di Verne, nonostante la delusione di Ventimila leghe sotto i mari)... magari sarà la V del prossimo anno :D Intanto aggiorno mettendo a segno la lettera B di Beach, Sylvia con Shakespeare and Company.
Sylvia Beach racconta la storia di Shakespeare and Company (quella vera, non l'attuale!), che fu molto più di una semplice libreria: biblioteca, casa editrice, piccolo museo di autografi ed edizioni rare, ma soprattutto punto d'incontro fondamentale per l'internazionalissima vita culturale parigina degli anni '20 e una sorta di ponte tra la Francia e gli Stati Uniti. In questa "raccolta di ricordi" ci sono amicizia, coraggio, amore per la cultura, critica letteraria e musicale, inframmezzati a una serie infinita di aneddoti che ci svelano i lati quotidiani e poco noti di grandi nomi quali James Joyce, Ernest Hemingway, Ezra Pound, André Gide, Francis Scott Fitzgerald e tanti altri, che per Sylvia Beach erano amici e compagni d'avventura.
I capitoli migliori sono senza dubbio quelli dedicati a Joyce ed Hemingway, alla quale l'autrice fu legata da profondissima amicizia e nei cui confronti trabocca d'affetto, ma soprattutto quelli dedicati alle disavventure legate alla pubblicazione dell'Ulysses, scelta coraggiosissima della Beach e senza la quale chissà se e quando un testo così importante avrebbe mai visto la luce, ma che rischiò seriamente di mandarla in bancarotta.
“Fin dal primo giorno avevo capito che, nel lavorare con o per James Joyce, il piacere era mio, ed era un piacere infinito, e i profitti suoi.”
Il resto del libro è troppo episodico per i miei gusti, e non è riuscita a coinvolgermi fino in fondo: troppi i nomi, i libri, le riviste e i personaggi che appaiono e scompaiono nel giro di poche pagine, nonostante furono quasi tutti membri importanti della "ghenga". Molti di questi episodi lasciano comunque il segno, pur nella loro brevità, ma nel mio caso la cosa mi ha più innervosita che altro, perché avrei voluto saperne di più, molto di più...!
Resta comunque una lettura gradevolissima, grazie anche allo stile semplice e scorrevole della Beach, e che consiglio senza ombra di dubbio a tutti gli amanti della letteratura di quel periodo (e soprattutto agli amanti di Joyce, vero protagonista della storia!).
Punteggio: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Metto a punti anche la lettera P di Palahniuk, con il suo Fight Club :) Che cos'è peggio, l'inferno o niente?
Disturbante. Delirante. Dissacrante. Splendidamente scritto.
Una parte di me vorrebbe averlo letto prima di aver visto il film, per potermici approcciare senza saperne nulla e vedere quand'è che avrei capito. Un'altra parte è invece molto contenta di averlo letto conoscendone già il colpo di scena, perché così ho potuto apprezzare i dettagli, scovare gli indizi e restare ammirata.
Sotto tutti i punti di vista, Fight Club è un romanzo in cui non bisogna fermarsi alle apparenze, e mi è piaciuto soprattutto per questo, oltre che per il mondo in cui stile e trama si sposano alla perfezione, come in quelle pagine in cui si svolgono paralleli due discorsi diversi.
Se puoi svegliarti in un luogo diverso.
Se puoi svegliarti in un fuso diverso.
Perché non ti puoi svegliare diverso tu stesso?
PUNTEGGIO: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Aggiungo al bottino anche la lettera M di Malerba, Luigi, con Itaca per sempre.Come posso gioire per il suo ritorno se Ulisse si ostina a mostrarsi sotto le vesti di un vecchio mendicante e non posso né accarezzare la sua barba incolta e il suo volto bruciato dal sole e dalla salsedine, né tanto meno abbracciarlo come desidero? [...] Perché Ulisse non viene in mio aiuto? Perché si nasconde alla sua sposa?
E va bene, starò anch'io al gioco delle finzioni e vediamo chi saprà condurlo con maggiore profitto.
In fondo in fondo, anche io ho sempre pensato che non fosse credibile che Penelope non avesse riconosciuto Ulisse, per cui ho molto gradito questa rilettura di Malerba (di sua moglie, in realtà, come scopriamo nella postfazione!), in cui Penelope si prende la sua vendetta per l'assenza di fiducia che il marito le mostra, ostinandosi a fingere di non riconoscerlo anche dopo che lui sceglierà di rivelarsi.
Del resto, Penelope non è solo una mogliettina fedele, ma anche e soprattutto una donna intelligente e furba, che con le sue astuzie era già riuscita a tenere a bada i Proci per lunghissimi anni. Nulla di cui stupirsi, dunque, se riesce a tenere testa a Ulisse stesso.
Mi sono difeso dall'acqua e dal fuoco, dal ferro e dagli altri metalli, dalle pietre, dalla terra, dalle malattie, dai quadrupedi e dai mostri con un occhio solo, dagli uccelli, dalle Sirene e all'invidia degli dèi, ma non so come difendermi da Penelope.
La riscrittura di Malerba mi è piaciuta perché è plausibile e perché mai, neppure per un istante, "tradisce" il mito e i suoi personaggi. Ho inoltre apprezzato moltissimo il doppio punto di vista, con Ulisse e Penelope che si alternano continuamente nel raccontare e commentare gli eventi ognuno secondo i propri sentimenti. E sono proprio i sentimenti, qui, al centro di tutto. Sentimenti traditi, contraddittori, confusi, assediati dal dubbio e dall'offesa, dalla gelosia e dal desiderio di rivalsa. Almeno, finché lo spettro di una nuova separazione non fa infine crollare entrambe le maschere.
Non assegno la quinta stella perché, a mio avviso, lo stile così asciutto e razionale si sposa poco con un romanzo in cui il sentimento ha così tanto spazio. Avevo costantemente l'impressione di star leggendo un compito molto ben scritto, ma pur sempre un compito a casa. Il che ha inevitabilmente raffreddato il mio entusiasmo. Ne soffrono soprattutto i dialoghi, che suonano ahimè molto artefatti.
PUNTEGGIO: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
E finalmente torno ad aggiornare anche il mio alfabeto! Con la lettera N di Natsume Soseki, del quale ho letto Io sono un gatto.Se solo non fosse stato così lungo e lento, avrei probabilmente assegnato 5 stelle a questo libro. Perché il modo arguto e irriverente con cui il protagonista, gatto senza nome, osserva e critica il genere umano e le sue abitudini è davvero interessante e spassoso, così come la leggerezza con la quale vengono affrontati temi di ogni tipo, che porta a riflettere senza annoiare, anzi restando sempre col sorriso sulle labbra. L'espediente di osservare il mondo attraverso gli occhi di un gatto, libero di andare dove vuole, offre a Soseki la possibilità di mostrarci molteplici aspetti della società giapponese, in un momento particolare e delicato quale fu la fine dell'epoca Meiji, così segnata dal contrasto tra le novità occidentali e le tradizioni giapponesi, soprattutto per quanto riguarda i costumi. E gli consente anche di farlo senza troppi peli sulla lingua, data la natura peculiare non solo del narratore, ma anche del carattere non certo facile del suo padrone.
I momenti in cui l'autore si dedica alla descrizione delle "cose da gatto", poi, come la caccia ai topi, l'arrampicarsi sugli alberi, il subire i motteggi dei corvi e altro ancora, li ho trovati deliziosi ed esilaranti (soprattutto dal momento che è più di un mese che abbiamo un merlo in giardino che - palesemente - si diverte a sbeffeggiare la mia gatta...).
Tuttavia, data la quasi totale assenza di trama, la struttura episodica, il continuo alternarsi di dialoghi e riflessioni (talvolta ripetitivi), il pochissimo spazio lasciato a qualsivoglia azione... il romanzo non si può certo definire coinvolgente o appassionante. La sua lunghezza, quindi, non gioca a suo favore. Andrebbe forse letto per come era nato: un po' alla volta, per episodi, lasciando passare del tempo tra l'uno e l'altro (il romanzo fu infatti inizialmente pubblicato a puntate su una rivista). In questo modo sarebbe forse più facile apprezzarne gli aspetti comico-satirici e gli spunti di riflessione, senza però lasciarsi appesantire dalla ripetitività e dall'assenza di sviluppi.
PUNTEGGIO: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Arriva anche la lettera T di Tey, Josephine!Ho letto La figlia del tempo e mi è piaciuto davvero tanto :)
Un giallo diverso dal solito, con l'investigatore costretto a letto che per passare il tempo si diletta in ricerche storiche, indagando sul presunto assassinio, da parte di Riccardo III, dei suoi nipotini. E questa fusione tra giallo e ricerca accademica mi ha davvero conquistata. Perché della ricerca accademica ci sono tutte le fasi: individuato il problema che si vuole analizzare, si parte dal manuale generico, per poi cercare e leggere monografie specifiche, per poi passare alla storiografia più o meno contemporanea e alle fonti storiche di primissima mano; la nascita della tesi, il dubbio di essere nel torto, trovare un testo che ti riporta a un altro testo che, a sua volta, ti riporta a un altro testo e che alla fine ti conduce sulla strada giusta che conferma la tua idea, la delusione cocente nello scovare quel dettaglio che sembra scombinare completamente i piani, il ragionamento e la rilettura delle prime fonti alla base di quel che si è scoperto poi eccetera eccetera eccetera. Grazie a questo libricino si riescono a vivere tutte le emozioni della ricerca accademica, ma senza la "noia" di dover scavare personalmente tra musei e biblioteche e leggere migliaia di pagine: ne bastano appena 180 per sentirsi dei piccoli storici :D
Libro consigliato a tutti gli appassionati di storia, e soprattutto a chi, almeno una volta nella vita, ha scritto anche solo una tesina partendo da fonti storiche, perché potrà rivivere emozioni che certamente ricorderà bene, ma senza l'ansia del rispettare i tempi per la consegna ;)
PUNTEGGIO: 1 LL + 2NC = 3 PUNTI
Metto la spunta anche sulla lettera H di Hugo, Victor.La lettura di Notre-Dame de Paris mi ha lasciato emozioni contrastanti. Alcuni capitoli mi hanno trascinata lì, a Parigi, nel mezzo dell'azione, e non riuscivo a staccare gli occhi dalla pagina. Altri capitoli mi hanno annoiata a morte, per quanto interessanti - parlo delle ahimé tipiche digressioni di Hugo, che credo qualunque editor moderno troncherebbe di netto. Altri ancora hanno interrotto bruscamente la mia sospensione d'incredulità di fronte all'improbabilità di certi casi e situazioni, che per quanto ben scritti e coinvolgenti a me sono risultati comunque troppo. In alcuni ho empatizzato enormemente con i protagonisti, in altri non riuscivo minimamente a interessarmi a quel che accadeva loro. Sono state 600 pagine di continui saliscendi, emozionali e intellettivi, per cui il mio voto si ferma a metà.
Nel complesso il libro mi è piaciuto, e ne riconosco tutti i meriti e gli aspetti positivi. E' indubbiamente una bella storia (anche se, riassumendo la trama, non è che succeda poi molto) con dei bei personaggi (che però, tranne un paio di casi, sono piuttosto monolitici) che si lascia leggere con piacere nonostante le digressioni, ma che in troppe occasioni mi ha portato a pensare che "avrebbe potuto essere ancora più bella, se solo...". Forse suonerò sacrilega, ma è uno di quei casi in cui non mi dispiacerebbe una "riscrittura moderna", e - cosa che forse mi farà sembrare ancora più sacrilega - non è la prima volta che penso questo leggendo Hugo. Non è che si potrebbe far rinascere Victor Hugo nel XXI secolo e fargli riscrivere le sue storie con i "canoni" di oggi? :P
PUNTEGGIO: 1 LL + 2 NC + 1 P + 1 E = 5 PUNTI
E anche la lettera I l'abbiamo messa in saccoccia :) Casa di Bambola è la storia di un'epifania, di una donna che di fronte a una disillusione si rende conto di tante cose e di colpo si trova a guardare al suo passato, al suo futuro e soprattutto a se stessa con occhi nuovi. Il mutamento che ciò genera in lei appare forse un po' repentino, ma a rileggere alcune frasi dell'inizio dopo averlo concluso si nota come i germi di questo cambiamento siano già presenti, seppure in potenza, aspetto che mi è particolarmente piaciuto. Ma soprattutto mi ha colpita la modernità di questo mutamento e delle "rivelazioni' che si spalancano agli occhi di Nora, tenendo in considerazione quando è stato scritto il testo: cosa significhi essere donna e la sua non necessaria coincidenza con l'essere moglie e madre, la superficialità e l'ipocrisia che caratterizzano a volte i rapporti tra uomo e donna, la critica al marito "padre-padrone", l'importanza di essere se stessi e di fare ciò che si ritiene giusto al di là di cosa potranno pensare gli altri di te, e altro ancora... Davvero tanto, per così poche pagine :)
La quinta stellina manca forse solo perché sono poco avvezza ai testi teatrali e non riesco ad apprezzarne tutti gli aspetti come meriterebbero.
PUNTEGGIO: 1 LL + 2 NC + 1 E = 4 PUNTI
E' iniziato l'ultimo trimestre dell'anno e inizio a temere che non completerò il mio alfabeto... non senza fare qualche cambio, almeno! Intanto aggiorno con la lettera F di Funke, Cornelia, di cui ho letto Alba d'inchiostro.Bello, bello, bello.
Troppo spesso le saghe tendono ad essere deludenti nel finale, ma non è questo il caso. L'ultimo capitolo della trilogia del Mondo d'Inchiostro è dei tre il più ricco di azione e continui rivolgimenti di trama. Di capitolo in capitolo sembra che le cose debbano andare in un modo... e invece! E l'aspetto meta-letterario della saga - che è sicuramente l'elemento che più mi è piaciuto in tutti e tre i romanzi - viene scandagliato a fondo, nelle sue pontenzialità ma soprattutto nei suoi limiti. E' bello come tra un'avventura e un colpo di scena si offrano spunti di riflessione sul mestiere di scrittore e sulla narrativa in generale. E' davvero l'autore a decidere come andranno le cose, o personaggi e trama a un certo punto cominciano a prendere autonomamente la propria strada? Interrogativo che in questo libro è quantomai pertinente :D
Non tutti i plot-twist mi hanno convinto allo stesso modo, alcuni mutamenti nei personaggi e nei rapporti tra i personaggi mi sono sembrati un po' troppo repentini; rispetto ai due capitoli precedenti Alba d'Inchiostro ha un ritmo molto più accelerato, che lascia meno spazio degli altri due all'introspezione dei personaggi, cosa che mi è dispiaciuta e che quindi mantiene come mio preferito Veleno d'Inchiostro, ma resta una lettura che mi ha coinvolto e convinto, e mi sento di consigliare la saga tutta :)
Mi dispiace che non abbiano mai proseguito con la realizzazione dei film tratti dalla saga, perché a mio avviso il secondo e il terzo romanzo avrebbero avuto una resa a schermo ancora più efficace e d'impatto rispetto al primo. Chissà che in futuro non cambino idea... io intanto leggerò sicuramente altro della Funke :)
PUNTI: 1LL + 2NC + 2P = 5 PUNTI
Aggiungo un'altra letterina :) Ho (ri)letto 1984 di George Orwell.
Sinceramente, non ci provo neanche a scrivere un commento su 1984, perché se ne potrebbe parlare per ore e ore e ci sarebbe sempre dell'altro da aggiungere.
Mi limito a dire che se a 15 anni mi aveva disturbata, a 31 mi ha devastata, ma che comunque, dopo questa rilettura, confermo la mia idea che si tratti di un capolavoro che tutti dovrebbero leggere, proprio per il turbamento che suscita. Il valore e l'importanza di questo testo vanno decisamente oltre ogni commento.
PUNTI: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Porto a casa anche la Q, che grazie a Queneau non sarà mai una lettera difficile per me... almeno finché non completo la bibliografia :P Ho letto Gli ultimi giorni, e come ogni volta che leggo Queneau, rimpiango di non conoscere il francese e di non poterlo apprezzare in lingua originale. In questo caso, poi, rimpiango anche di non saperne abbastanza della Francia e dei francesi in particolare, perché ho più volte avuto la netta sensazione che ci fossero riferimenti che non sono riuscita a cogliere. C'è sicuramente dell'autobiografico in questa descrizione della vita nel Quartiere Latino di Parigi negli anni '30, soprattutto per quanto riguarda gli studenti universitari; universitari che sono comunque perfettamente descritti e coerenti anche con gli studenti d'oggi.
Il libro resta infatti godibilissimo anche senza possedere quelle conoscenze che gli darebbero un qualcosa in più; il genio di Queneau emerge forse meno che in altri romanzi, ma il concatenamento di trame, i dialoghi brillanti e freschi, i tanti personaggi tutti così peculiari (primo tra tutti l'indimenticabile cameriere Alfred, che con le sue riflessioni guida il lettore all'interpretazione del testo) sono comunque, anche qui, più che notevoli.
PUNTI: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Con fatica metto la spunta anche alla U!L'amata perduta di Johannes Urzidil.
Quanti milioni di esiliati, scacciati e profughi c'erano stati nei millenni della storia umana? E la caratteristica principale della loro tragedia non era forse il permanente legame con la comunità dalla quale erano stati o si erano strappati?
Questa comunità era come un'amata perduta. Dolore, rabbia, gelosia, melanconia, disperazione, ansia di lottare, sete di dimostrare la propria insostituibilità, perfino un bisogno di vendetta che giunge all'annientamento si susseguono nel rapporto con l'amata perduta, con la quale, nell'esilio, si convive in maniera più intima, più appassionata e più incessante che mai. E il sentimento più profondo di tutti è la nostalgia, la divorante nostalgia del ritrovamento e della riconquista.
Su questo libro avevo grandi aspettative, e come spesso accade in questi casi, purtroppo, non ho trovato in esso tutto quel che mi sarei aspettata. Dal momento che l'amata perduta del titolo è la patria dell'autore, mi aspettavo molta più Praga in queste pagine, molta più nostalgia e molto più amore per i luoghi. E' un elemento che compare, senza dubbio, ma Praga e i praghesi restano un po' troppo sullo sfondo, rispetto a quanto mi aspettavo. Uzirdil racconta sì episodi della propria vita e tutti questi episodi, tranne l'ultimo, sono ambientati in Repubblica Ceca, ma se avessi letto il libro senza conoscere il significato del titolo avrei detto che il filo conduttore dei racconti è semplicemente la vita dell'autore, e non la sua Patria.
Tolto questo, i singoli racconti sono indubbiamente belli e interessanti, offrono ciascuno uno spunto di riflessione su un aspetto o un momento della vita differenti: c'è l'infanzia, c'è la scuola, c'è il rapporto coi genitori, ci sono l'educazione e i sensi di colpa, ci sono le prime cotte, le amicizie, le vacanze, i primi momenti di autonomia, e poi arrivano la storia, la politica, la comunità, l'esilio, la guerra. La scrittura di Uzirdil e fine e delicata, ricchissima di belle immagini e brevi ma profonde riflessioni.
Purtroppo però nessuno di essi è riuscito a catturarmi fino in fondo, e infatti la lettura è stata lenta e spezzata, non sono mai riuscita a restare "dentro il libro" per più di 20 pagine di fila.
Lascio quindi il voto nel mezzo, ma sbilanciato verso l'alto per rendere omaggio al bellissimo stile dell'autore.
PUNTI: 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Ho letto anche la lettera R come Rushdie, Salman, autore che mi piace un sacco e che per giunta ha anche le mie stesse iniziali!I versi satanici non è un'opera di facile lettura: la trama è poco lineare, la scrittura allusiva rende talvolta i passaggi poco chiari, e tutto il libro è infarcito di riferimenti culturali, religiosi, letterari, politici di vario genere. Lo stile di Rushdie è denso e ricco, ogni periodo manifesta un'incredibile padronanza della parola scritta e di molteplici linguaggi e slang, il che richiede a volte di leggere le frasi più volte e aiutarsi con brevi ricerche. Resta però una lettura che, a mio avviso, vale assolutamente la pena fare, sia per ciò che contiene che per ciò che rappresenta. Salman Rushdie è uno scrittore colto e laico che ha realizzato, dimostrando una grandissima conoscenza dei temi e dei materiali trattati, una satira di quelle belle, di quelle che ti fanno sorridere e riflettere, che ti divertono e ti amareggiano, e che con leggerezza ti insegnano qualcosa di nuovo e ti portano a guardare alcune cose da un punto di vista diverso. È una satira irriverente, sì, e molto diretta nel linguaggio e nei modi, ma nulla giustifica la condanna a morte cui Rushdie è stato condannato, né l'aggressione dei traduttori italiano e norvegese o l'uccisione del traduttore giapponese. Se non che l'argomento principale de I versi satanici è un argomento che il mondo - o almeno una buona fetta di esso - non è ancora pronto ad accettare come oggetto di satira, ovvero la religione in generale e quella islamica in particolare. Per certi aspetti il mondo, purtroppo, non è cambiato molto dal 1988 ad oggi, come dimostrano altri casi di cronaca analoghi in tempi più recenti, e come mostra anche l'altro grande argomento trattato da Rushdie: l'immigrazione e il razzismo che ne consegue. Quanto tristemente si somigliano certi comportamenti della polizia descritti ne I versi satanici e quelli riportati quasi ogni giorno nelle cronache giornalistiche di quasi ogni parte del mondo? Il mondo cambia e si evolve in fretta, ma alcune ingiustizie sembrano voler ostinatamente permanere identiche a se stesse nei decenni e nei secoli.
Ma torniamo al libro: un caleidoscopico susseguirsi di eventi e personaggi costantemente al limite tra il realismo e il surrealismo, con episodi più che concreti si alternano a miracoli, magie e casi fortuiti al limite del credibile. E quasi in ogni punto della trama non si è mai certi se prendere in parola l'autore o se spiegare tutte le stranezze con il sogno o la malattia mentale o cos'altro. Di certo, ciascun episodio della trama e di ciascuna sottotrama, così come ciascun personaggio che incontriamo, rappresenta o è parte di un'allegoria, un simbolo, una metafora. Veicola un significato o mostra, seppur in modo fantasioso e a volte grottesco, un aspetto della realtà in cui viviamo.
Ad esempio, come in ognuno di noi coesistano quasi indefinitamente il bene e il male: nessun personaggio è completamente buono o completamente cattivo, neanche l'angelo e il demone in cui i due protagonisti si ritrovano trasformati, neanche santi e profeti. Ma anche le singole azioni non sono mai del tutto buone o del tutto cattive, perché a seconda delle prospettive dalle quali le si guarda possono assumere significati e valori completamente diversi. E nessun personaggio resta sempre coerente con se stesso, perché anche nella vita reale ogni esperienza vissuta ci trasforma, ci rende oggetto di continue "reincarnazioni", come quelle reali e simboliche che si verificano così spesso nel corso della trama. L'identità è un altro tema fondamentale del romanzo: quella razziale o comunitaria così come quella individuale, esemplificata così bene da Saladin, uno dei due protagonisti, e dal suo rapporto conflittuale con le sue due patrie e dunque culture, quella indiana e quella britannica.
Ci sono poi, come detto, i due macrotemi della religione e del razzismo. Della religione (non solo quella islamica) si mettono in dubbio il valore della tradizione e le figure dei profeti - aspetto esemplificato in primo luogo dall'episodio dei versetti satanici da cui il libro prende il titolo; ci si interroga sulla convenienza di alcuni precetti rituali e della stessa fede; si mostrano l'incoerenza e il paradosso che tanto spesso si celano dietro a usi e costumi, personaggi, decisioni. Quello del razzismo è un tema che viene invece affrontato in stretto collegamento con l'Impero Britannico e il post-colonialismo, nonché nel contesto specifico della Londra tatcheriana, ma che mette comunque in risalto come il razzismo sia "una brutta storia", ovunque e comunque.
E poi ci sono tanti altri temi, più piccoli e a cui si dedica meno spazio, ma non meno importanti, come il rapporto genitore-figlio, il rapporto di coppia, il bieco sfruttamento che vive in tanta parte del mondo dello spettacolo e altro ancora.
Il tutto scritto e trattato con genialità, laicismo e tantissima cultura.
Se la quinta stellina manca è solo perché non amo particolarmente i libri con una trama così poco coesa e piena di sottotrame di importanza ed estensione variabile. Alcuni degli episodi narrati si aprono e chiudono in se stessi e non forniscono un grande apporto all'opera generale, così come alcuni personaggi potrebbero essere tranquillamente eliminati senza che il romanzo ne risenta. Ma è una questione di gusto personale, perché, come detto, in realtà ciascuno di questi episodi o personaggi è un simbolo, un'allegoria, una metafora, e comunica comunque qualcosa, fosse anche solo un aspetto leggermente diverso di un tema già trattato.
Resta comunque che I figli della mezzanotte mi era piaciuto di più, ecco.
Ma di certo non mi fermerò a soli due titoli della bibliografia di Rushdie. Anzi, penso proprio che col tempo la leggerò per intero.
PUNTI: 1LL + 1P + 2NC = 4 PUNTI
Aggiorno il mio alfabeto con l'ultima lettura utile (terminata il 29 dicembre, ma prima non sono riuscita a passare di qui a scriverne un commento) e faccio 2 cambi per riempire le 2 lettere che mi sono rimaste fuori.Ho letto Momo di Michael Ende per la lettera E.
Una bellissima favola che leggerei e regalerei ad ogni bambino, ma anche ai più grandi. Una favola sull'importanza delle relazioni umane e del tempo speso con e per gli altri, e al tempo stesso critica a quella parte della società moderna che considera il tempo esclusivamente come una risorsa da spendere con efficienza per essere il più produttivi e competitivi possibile, a discapito, per l'appunto, delle nostre relazioni.
Leggete Momo, e poi non potrete più dire "non ho abbastanza tempo". Perché, per dirla con parole un po' più antiche, tempus tantum nostrum est.
Un libro che credo rileggerò, perché mi ha dato l'idea di essere uno di quei testi che, pur nella sua scorrevolezza e apparente (solo apparente!) semplicità, può offrire nuove riflessioni e nuove considerazioni a ogni lettura.
PUNTI: 1LL + 2 NC = 3 PUNTI
CAMBIO LA LETTERA A, sostituendola con Anderson, Sherwood, Winesburg, Ohio, letto ad aprile.
Ho scoperto questa raccolta grazie a una piccola serie di fortunate coincidenze, e devo dire che sono davvero felice di questa scoperta.
Sono stata catturata sin dal primo racconto, Il libro delle caricature, che è anche una sorta di dichiarazione d'intenti, di anticipazione di ciò che si troverà più avanti tra le pagine. Dichiarazione che poi, decisamente, non viene smentita.
Ho apprezzato moltissimo il modo in cui Anderson riesca a farci entrare nella mente dei suoi personaggi anche solo con poche, semplici frasi. Lo stile pulitissimo con cui è scritto rende inoltre la lettura molto scorrevole, e il fatto che tutti i racconti si svolgano nella stessa cittadina e nello stesso periodo, e che molti personaggi ritornino, anche solo come comparse, negli altri racconti, quasi trasforma la raccolta in una sorta di romanzo corale. Per me, che faccio sempre un po' fatica con i racconti, è un grosso pregio e mi ha fatto apprezzare ancora di più il tutto, facendo sentire anche me parte di Winesburg.
PUNTI: 1LL = 1 PUNTO
CAMBIO ANCHE LA LETTERA D, sostituendola con Doyle, Conan Arthur, Uno studio in rosso, letto in Settembre.
C'è poco da fare, senza Sherlock Holmes i gialli di Doyle non sarebbero la stessa cosa. E' lui, il personaggio, a tenere in piedi tutto e a rendere tutto così interessante, molto più del crimine o dell'indagine in sé. Ma va bene così, perché questo personaggio così geniale e così fuori dagli schemi mi piace tanto così com'è, e soprattutto mi piacciono tanto i dialoghi e i rapporti che intrattiene con gli altri personaggi.
In ogni caso Uno studio in rosso mi è piaciuto di più de Il segno dei quattro. Innanzitutto, perché qui viene presentato per la prima volta Sherlock e assistiamo all'incontro tra lui e Watson. Ma poi anche per la trama in sè: nonostante anche qui si scopra il colpevole appena a metà libro e buona parte del mistero è già sciolto, la seconda metà in questo caso è riuscita comunque a coinvolgermi. Il brusco cambio di personaggi e luoghi della seconda metà è stato spiazzante, ma lo spaesamento è durato appena poche pagine, poi sono stata pienamente catturata dal flashback che ci racconta come e perché si è arrivati al delitto.
PUNTI: 1 LL + 1 E = 2 PUNTI
E così riesco a concludere :)
Sperando ci sia una nuova edizione con cui rifarmi (e tentare l'alfabeto completo!)
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B) Beach, Sylvia - Shakespeare and Company, 282 pp., 1959 --- 1 LL + 2 NC = 3 punti
C) Cline, Ernest - Ready Player One, 632 pp., 2011 --- 1 LL + 2 P + 2 NC = 5 punti
D) Dick, Philip, Tutti i racconti 1955-1963 (volume 3), pp. 586, 2012 -- CAMBIO CON Doyle, Conan Arthur, Uno studio in rosso, 171 pp., 1887 --- 1 LL + 1 E = 2 punti
E) Ende, Michael - Momo: L'arcana storia dei ladri di tempo e della bambina che restituì agli uomini il tempo trafugato, 247 pp., 1973 --- 1 LL + 2 NC = 3 punti
F) Funke, Cornelia - Alba d'inchiostro, 616 pp., 2007 -- 1 LL + 2 NC + 2 P = 5 punti
G) Goethe, Johann Wolfgang: von - I dolori del giovane Werther, 183 pp., 1771 --- 1LL + 2NC + 1E = 4 punti
H) Hugo, Victor - Notre-Dame de Paris, 595 pp., 1831 --- 1 LL + 2 NC + 1 E + 1 P = 5 punti
I) Ibsen, Henrik - Casa di bambola, 179 pp., 1879 --- 1 LL + 2 NC + 1 E = 4 punti
L) Lovecraft, Howard Philip - Kadath , 95 pp., 1943 --- 1 LL + 2 NC = 3 punti
M) Malerba, Luigi - Itaca per sempre, 196 pp., 1997 --- 1 LL + 2 NC = 3 punti
N) Natsume, Soseki - Io sono un gatto, 480 pp., 1907 --- 1LL + 2NC = 3 punti
O) Orwell, George - 1984, pp. 328 pp., 1949 --- 1LL + 2NC = 3 punti
P) Palahniuk, Chuck - Fight Club, 224 pp., 1996 --- 1LL + 2NC = 3 PUNTI
Q) Queneau, Raymond - Gli ultimi giorni, 223 pp., 1936 --- 1 LL + 2 NC = 3 PUNTI
R) Rushdie, Salman - I versi satanici, 576 pp., 1988 --- 1LL + 2NC + 1P = 4 PUNTI
S) Striano, Enzo - Il resto di niente, 371 pp., 1987 --- 1LL + 2NC = 3 PUNTI
T) Tey, Josephine - La figlia del tempo, 288 pp., 1951 --- 1LL + 2NC = 3 PUNTI
U) Urzidil, Johannes - L'amata perduta, 267 pp., 1956 --- 1LL + 2NC = 3 PUNTI
V) Verne, Jules - Ventimila leghe sotto i mari, 347 pp., 1869 --- 1 LL + 2 NC + 1 E = 4 PUNTI
Z) Zerocalcare - La profezia dell'armadillo, 143 pp., 2011 --- 1 LL + 2 NC = 3 PUNTI
TOTALE: 70 punti
Cui aggiungo i 100 punti per la conclusione dell'alfabeto, per un totale complessivo di 170 PUNTI
PROMEMORIA PUNTI
-1 punto per ogni libro letto (LL)
al quale vanno aggiunti:
-1 pt. per i libri di almeno 500 pag e 1 pt. ogni 100 pagine eccedenti le 500 (P)
-1 pt. per i libri pubblicati prima del 1900 (E)
-1 pt. per i libri abbandonati in precedenza (A)
-1 pt. per i saggi (S)
-1 pt. per i libri letti in lingua straniera (LS)
-2 pt. se il libro letto corrisponde alla scelta iniziale fatta con la lista preliminare obbligatoria (NC)
Terminato l'alfabeto saranno inoltre conteggiati ulteriori:
-100 pt.
ai quali si sommano:
-50 pt. se si segue nella lettura, dall'inizio alla fine, l'ordine alfabetico A-Z
-15 pt. se si è scelta la modalità alfabeto completo (26 libri)