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L'inverno del nostro scontento
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Tesori nascosti > L'Inverno del Nostro Scontento

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Graziano Fusilli | 277 comments Mod
In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".

Oggi l’autore prescelto è John Steinbeck e l'opera "L’inverno del nostro scontento".

Ambientato a Long Island e ultimo romanzo di Steinbeck, "L'inverno del nostro scontento" fu pubblicato l'anno prima del conseguimento del premio Nobel (1962). Protagonista è Ethan Hawley, discendente di un'antica famiglia di balenieri, ridottosi a fare il commesso nel negozio che un tempo era di sua proprietà. Uomo onesto e responsabile, Hawley si sente in colpa verso la famiglia e, per ottenere tutto quello che la nuova società del benessere può consentire, ordisce una serie di imbrogli e tradimenti che gli frutta la ricchezza, ma lo portano a una desolante crisi di coscienza e a un passo dal togliersi la vita.

Una calda mattina di aprile, il Venerdì Santo ad essere precisi, Mary Hawley si sveglia e davanti a sé vede il marito che con i mignoli in bocca le fa le smorfie e da quel momento in poi ogni giorno inizia in quel modo buffo e divertito. Ethan Allen Hawley appartiene a una delle famiglie fondatrici della piccola città marittima in New England, impoveritasi a seguito di un disastro economico fino a perdere quasi tutto.

John Steinbeck (Pulizer nel 1940 per “Furore” e Nobel per la letteratura nel 1962) è uno scrittore complesso e profondo. È considerato, insieme a Fitzgerald, Miller, Eliot, parte della cosiddetta generazione perduta. Vive l’America della prima metà del Novecento e scrive di tutto quello che gli succede: l’immigrazione interna, l’emarginazione, le classi subalterne e la middle-class, la guerra.
Ne “L’inverno del nostro scontento” Steinbeck riesce in qualcosa che solo ai grandi riesce (uno fra tutti, Shakespeare): prende un tema e lo rende universale. Tant'è che il suo discorso sarà per sempre valido e per ogni epoca storica, per ogni situazione. In questo romanzo, Steinbeck ci parla della società consumistica e di quanto poco valore assuma l’etica di fronte al denaro. Il mito del successo, purtroppo, non appartiene solo all’America degli anni ’50. È ancora qui a rimandarci un’idea di noi stessi affatto lusinghiera: i nostri valori, le cose che riteniamo importanti, le cose che ci rendono presentabili al mondo sono niente se non abbiamo denaro sufficiente a renderle manifeste. E a che serve essere buoni e onesti se poi non abbiamo soldi abbastanza per soddisfare qualche capriccio? Ma soprattutto: tutti quanti sono disonesti, in fondo; tutti mentono, tutti approfittano delle situazioni, degli errori, delle informazioni, a proprio vantaggio. E allora perché non possiamo farlo anche noi?

Una prosa impeccabile di altissimo livello che trascina inesorabilmente alla riflessione sull'amore, l’amicizia, la famiglia, il lavoro e soprattutto sul valore della correttezza contrapposto al successo sociale. Una descrizione cruda, senza pietà né moralismi, del lavorìo interiore del protagonista che prende le misure sull'elasticità delle coscienze, compresa la propria; “per la maggior parte degli uomini il successo non è mai un male”, ci sono sempre giustificazioni morali alle azioni che si compiono o si omettono e anche se non ci crediamo fino in fondo, possiamo proteggerci con la mediocre rispettabilità sociale.

Un romanzo che parte in sordina ma che acquisisce sempre più forza, crudezza, verità, disvelando un tema caro a Steinbeck, l’eterna lotta tra il bene e il male e il ruolo che riesce a giocarvi l’uomo con la sua libertà di scelta. La seconda parte del romanzo è un susseguirsi di azioni che mostrano la metamorfosi di Ethan, il passaggio da uomo perbene a uomo di successo, ma siamo proprio certi che l’orizzonte delle attese altrui è sempre conciliabile con la nostra natura e con l’essenza di ciò che realmente nutre i pensieri dei nostri giorni e delle nostre notti?

John Ernest Steinbeck, Jr. (1902 – 1968) è stato uno scrittore statunitense tra i più noti del XX secolo, autore di numerosi romanzi, racconti e novelle. Fu per un breve periodo giornalista e cronista di guerra nella Seconda guerra mondiale. Nel 1962 gli fu conferito il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: "Per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l'umore sensibile e la percezione sociale acuta". Considerato uno dei principali esponenti della cosiddetta "Generazione perduta", ha ricevuto anche la Medaglia presidenziale della libertà dal Presidente Lyndon B. Johnson il 14 settembre 1964. Dopo aver frequentato la Stanford University senza mai laurearsi, comparve sulla scena letteraria con opere minori finché non raggiunse la notorietà con “Pian della Tortilla” (1935) a cui seguirono molti romanzi, racconti e saggi tra cui “Uomini e topi”, “La lunga vallata”, “Furore” (opera grazie a cui Steinbeck ricevette il Premio Pulitzer, considerata il massimo capolavoro dell'autore), “La luna è tramontata”, “La valle dell'Eden”, “Quel fantastico giovedì” ed infine “Viaggio con Charley”. Steinbeck morì all’età di 66 anni, in seguito a una crisi respiratoria acutizzata dall'asma, il 20 dicembre del 1968 nella sua casa di New York.


A cura di Valentina Pascetta


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