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Seconda rilettura di un libro che, al tempo, mi era piaciuto.
Chissà che oggi non lo rilegga con occhi diversi. Scoprirò forse altri sentieri nel bosco della narrazione?

Non tutti i racconti sono imperdibili, a mio avviso, ma sicuramente ce ne sono alcuni che si distinguino per la costruzione e per l'effetto che suscitano.

Sono curiosissima di leggere questo libro, perché Barnes è un autore che non ha mai incrociato i miei percorsi di lettura. Per ora, la storia è incalzate ed è già riuscita a suscitarmi curiosità e voglia di saperne di più. Sono state messe sul piatto tante domande che attendono una risposta.

Un amore è quel libro che va letto prima di innamorarsi, nella speranza che le peripezie di Dorigo ci facciano da monito e la consapevolezza ci blocchi prima che sia troppo tardi.

Io ho delle aspettative altissime su questo libro. La prova già mi piace.

Impressioni sparse:
- lo scrittore semina bene: sembra preludere a un buon raccolto;
- personaggio non originale, ma con il potenziale per dire qualcosa di nuovo;
- il suo "auto-giustificarsi" attraverso le parole di uno dei personaggi per aver scelto uno dei topos della letteratura persiana;
- ci sono "epifanie" che il protagonista intuisce ma il lettore no, perché non si traducono in scrittura;
- basta metafore.

Ritmo incalzate;
Arguzia nei ragionamenti;
Riflessione sociale;
Introspezione psicologica (chi non ha mai avvertito lo stesso senso di inadeguatezza che Lenù prova nei confronti di Lila?).

Che bello quando lo scrittore è in grado di ricreare non un personaggio, non un gruppo, ma un'intera cittadinanza e dotarla di persononalità uniche e vivaci.

Una casualità inattesa di ha messo questo libro tra le mani.
E' forse giunto il momento di colmare questa lacuna e smettere di rispondere: "No, non ho mai letto l'amica geniale"?

In generale, sto apprezzando il libro, soprattutto per la capacità di creare aspettativa nel lettore, come se ci fossimo imbarcati in questo viaggio insieme a lui.
Allo stesso tempo, man mano che proseguo con la lettura trovo delle imprecisioni che mi lasciano di stucco per la facilità con la quale si sarebbero potute evitare. A pagina 242 scopro che, a detta di Terzani, l'Uzbekistan confina con la Cina.
Inaspettato.

"Credeva di essersi messo il cuore in pace. Invece per un attimo torna a provare l’antico dolore – a provarlo in modo addirittura più vicino, più immediato che mai. Quasi come se, per la prima volta, comprendesse esattamente cosa c’era in ballo: tutta la sua vita, tutto quanto."

Szalay è l'autore a cui mi rivolgo quando voglio leggere una scrittura che si rispetti. Non delude mai, né nei contenuti né nello stile.

Affascinante lo è, mi chiedo però se sia merito dell'autrice o del tema trattato. Purtroppo, propendo per la seconda. Per adesso, nonostante l'indubbio interesse di alcune sezioni, lo trovo abbastanza piatto e poco originale.

La tesi è interessante, l'esposizione stimolante. Mi chiedo però se, dopo aver letto un quarto delle pagine, il libro abbia altro da dirmi. Lettura comunque di valore.

Ogni riga è una stilettata.
Il protagonista assiste inerme al castello di carte della sua relazione che crolla, carta dopo carta. Ormai la folata di vento è arrivata: non può fare nulla per fermare l'inevitabile.
Lo stile asciutto e clinico controbilancia le emozioni evocate dalle scene a cui assistiamo. Leggerò sicuramente altro di Dan Franck, per capire se lo stesso stile lo si ritrova anche in altre sue opere.

Due sono le direttive che segue il romanzo: quella dell'udito, attraverso il punto di vista di lui, e quella della vista, attraverso il punto di vista di lei. Due visioni che traggono dalla parzialità la loro forza, perché da loro si snocciolano ragionamenti raffinati che conducono il lettore a riflettere sul linguaggio e sul pensiero.
Molto bello, finora, il capitolo sulla scoperta della prematura morte dell'amico.

Questo libro mi sta facendo venir voglia di riempire uno zaino e partire