Luca Brunoni's Blog
March 8, 2017
Quando sono i libri a trovare noi
Uno dei motivi peri i quali leggiamo è la certezza che, di tanto in tanto e con un pizzico di fortuna, ci troveremo tra le mani “quel” libro. Sapete di quale parlo: quello che sembra essere stato scritto apposta per noi, e che lascia un segno indelebile nella nostra memoria e nel nostro cuore. Di conseguenza forziamo il destino per fare in modo che questi incontri accadano il più spesso possibile. Armati di pazienza e perseveranza ci facciamo largo tra una selva di consigli, recensioni di critici letterari, recensioni di lettori, classifiche, liste, e chi più ne ha più ne metta.
Non di rado quello che sembra un colpo sicuro si rivela poi una grande delusione. Il fatto che recensioni e blurb (quelle lodi esagerate raccolte in un pugno di parole, e firmate da autori famosi) siano da prendere con le pinze è un segreto di pulcinella: le grandi case editrici pagano squadroni di publicist per creare buzz artificiali attorno alle loro proposte, e gli autori più piccoli le provano tutte per ritagliarsi uno spazio sotto i riflettori. Più affidabili sono i consigli di amici lettori che condividono i nostri stessi gusti: ogni tanto è proprio grazie a loro che nel setaccio affiora la tanto agognata pepita. E poi, ci sono quei casi rarissimi in cui è il libro a trovare noi.
L’altro giorno, durante una scampagnata tra le colline del giura svizzero, non ho resistito a fare una capatina nella libreria del capoluogo (mezza libreria e mezza cartoleria/stamperia, perché bisogna pur sbancare il lunario): l’idea era di curiosare tra i libri usati alla ricerca di tomi dedicati alla tumultuosa storia della regione. Sono rimasto a bocca asciutta e, deluso, mi sono diretto verso l’uscita. Poi però ho fatto inversione di rotta e mi sono messo a curiosare tra gli scaffali di narrativa. In fondo era ancora presto, e non andavo certo di fretta.
Una copertina mi ha subito catturato lo sguardo. Una tavola da surf appoggiata a un muro, e un titolo intrigante: “Nous Avons aimé”. Abbastanza per accendere la miccia della mia curiosità. Sole, mare, nostalgia, tristezza, l’estate che finisce… questi i pensieri che mi hanno spinto a prendere in mano il libro. Un’edizione tascabile, leggera, quasi eterea. La spina di copertina un poco rovinata. Data di uscita: 2013. Sarà esposto qui da tre anni, a prendere la polvere, ho pensato osservando i libri tutt’attorno, che sembravano aver subito la stessa sorte. Poi ho notato il nome della collana, che è abbastanza conosciuta nei paesi francofoni: Rivages/Noir.
La faccenda si faceva interessante: i noir ambientati nel mondo del surf si contano con il contagocce, e pensavo di averli già divorati tutti. Poteva essermene sfuggito uno? Ho preso il telefono dalla tasca e ho fatto le ricerche del caso. Ho scoperto che il libro non proviene dalla California o dall’Australia, come è legittimo aspettarsi quando ci sono in ballo cacciatori di onde. L’autore, Willy Uribe, è basco, così come i protagonisti della sua storia. Il libro è stato pubblicato nel 2011 col titolo “Los que hemos amado”, e quella in francese è l’unica traduzione esistente.
Guarda che casualità, mi son detto, sono stato nei Paesi Baschi - schiacciato in un camper con altre cinque persone e altrettante tavole da surf - giusto lo scorso ottobre. E dire che prima di partire avevo cercato dei libri attraenti ambientati nella regione: ma del romanzo di Willy, neanche l’ombra.
In preda all’eccitazione, ho cominciato a percorrere la trama sul retro di copertina: Sergio e Eder, due giovani surfisti baschi, sono legati da un’amicizia complicata. Eder vive nella bambagia e mostra una calma nei modi di fare che sfiora l’insolenza; Sergio, abbandonato da una madre irresponsabile, non ha un soldo. Per loro la vita si riassume a viaggiare, fumare, e aspettare l’onda che li farà decollare. Muniti delle loro tavole, si lanciano in un viaggio che li condurrà fino in Marocco.
Lì ho smesso di leggere: bastava così.
Già, perché precisamente un anno fa, attirato dalle onde, mi sono anche io avventurato in quel paese. Mi sono immaginato Sergio ed Eder con le loro tavole a Taghazout, alla spiaggia di Desert Point, e già non vedevo l’ora di seguirli nelle loro peripezie.
Tenevo il libro stretto come se qualcuno nel negozio (non c’era un’anima viva) potesse venire a strapparmelo di mano e correre alla cassa, alla faccia mia. Rimaneva solo un inghippo: nel limite del possibile preferisco evitare le traduzioni, se posso leggere l’originale. Ho preso di nuovo il telefono e ho trovato l’edizione spagnola in vendita su internet. Il mio pollice flirtava con il pulsante “comanda”, ma sapevo che per mettere le mani sul libro ci sarebbero volute settimane. Al diavolo i sani principi; era sabato mattina e il tempo stava cambiando: i nuvoloni neri che si addensavano all’orizzonte promettevano di far da padrone per tutto il resto del week-end. La scusa perfetta per una sessione prolungata di lettura. Mi sono proiettato alla cassa e ho pagato con il sorriso stampato in volto.
Ho letto il romanzo in tre sedute, e in questo momento mi fa l’occhiolino dallo scaffale dove si è meritato un posto d’onore. Poteva essere deludente, mal scritto, e perché no? Le mille coincidenze che mi hanno portato a scoprirlo non erano certo una garanzia di qualità. Invece è un libro fantastico. Perché quando la magia si mette all’opera, fa le cose per bene. Ogni tanto sono i libri a trovare noi, e per chi ama leggere, non c’è nulla di più bello.
www.lucabrunoni.com
Non di rado quello che sembra un colpo sicuro si rivela poi una grande delusione. Il fatto che recensioni e blurb (quelle lodi esagerate raccolte in un pugno di parole, e firmate da autori famosi) siano da prendere con le pinze è un segreto di pulcinella: le grandi case editrici pagano squadroni di publicist per creare buzz artificiali attorno alle loro proposte, e gli autori più piccoli le provano tutte per ritagliarsi uno spazio sotto i riflettori. Più affidabili sono i consigli di amici lettori che condividono i nostri stessi gusti: ogni tanto è proprio grazie a loro che nel setaccio affiora la tanto agognata pepita. E poi, ci sono quei casi rarissimi in cui è il libro a trovare noi.
L’altro giorno, durante una scampagnata tra le colline del giura svizzero, non ho resistito a fare una capatina nella libreria del capoluogo (mezza libreria e mezza cartoleria/stamperia, perché bisogna pur sbancare il lunario): l’idea era di curiosare tra i libri usati alla ricerca di tomi dedicati alla tumultuosa storia della regione. Sono rimasto a bocca asciutta e, deluso, mi sono diretto verso l’uscita. Poi però ho fatto inversione di rotta e mi sono messo a curiosare tra gli scaffali di narrativa. In fondo era ancora presto, e non andavo certo di fretta.
Una copertina mi ha subito catturato lo sguardo. Una tavola da surf appoggiata a un muro, e un titolo intrigante: “Nous Avons aimé”. Abbastanza per accendere la miccia della mia curiosità. Sole, mare, nostalgia, tristezza, l’estate che finisce… questi i pensieri che mi hanno spinto a prendere in mano il libro. Un’edizione tascabile, leggera, quasi eterea. La spina di copertina un poco rovinata. Data di uscita: 2013. Sarà esposto qui da tre anni, a prendere la polvere, ho pensato osservando i libri tutt’attorno, che sembravano aver subito la stessa sorte. Poi ho notato il nome della collana, che è abbastanza conosciuta nei paesi francofoni: Rivages/Noir.
La faccenda si faceva interessante: i noir ambientati nel mondo del surf si contano con il contagocce, e pensavo di averli già divorati tutti. Poteva essermene sfuggito uno? Ho preso il telefono dalla tasca e ho fatto le ricerche del caso. Ho scoperto che il libro non proviene dalla California o dall’Australia, come è legittimo aspettarsi quando ci sono in ballo cacciatori di onde. L’autore, Willy Uribe, è basco, così come i protagonisti della sua storia. Il libro è stato pubblicato nel 2011 col titolo “Los que hemos amado”, e quella in francese è l’unica traduzione esistente.
Guarda che casualità, mi son detto, sono stato nei Paesi Baschi - schiacciato in un camper con altre cinque persone e altrettante tavole da surf - giusto lo scorso ottobre. E dire che prima di partire avevo cercato dei libri attraenti ambientati nella regione: ma del romanzo di Willy, neanche l’ombra.
In preda all’eccitazione, ho cominciato a percorrere la trama sul retro di copertina: Sergio e Eder, due giovani surfisti baschi, sono legati da un’amicizia complicata. Eder vive nella bambagia e mostra una calma nei modi di fare che sfiora l’insolenza; Sergio, abbandonato da una madre irresponsabile, non ha un soldo. Per loro la vita si riassume a viaggiare, fumare, e aspettare l’onda che li farà decollare. Muniti delle loro tavole, si lanciano in un viaggio che li condurrà fino in Marocco.
Lì ho smesso di leggere: bastava così.
Già, perché precisamente un anno fa, attirato dalle onde, mi sono anche io avventurato in quel paese. Mi sono immaginato Sergio ed Eder con le loro tavole a Taghazout, alla spiaggia di Desert Point, e già non vedevo l’ora di seguirli nelle loro peripezie.
Tenevo il libro stretto come se qualcuno nel negozio (non c’era un’anima viva) potesse venire a strapparmelo di mano e correre alla cassa, alla faccia mia. Rimaneva solo un inghippo: nel limite del possibile preferisco evitare le traduzioni, se posso leggere l’originale. Ho preso di nuovo il telefono e ho trovato l’edizione spagnola in vendita su internet. Il mio pollice flirtava con il pulsante “comanda”, ma sapevo che per mettere le mani sul libro ci sarebbero volute settimane. Al diavolo i sani principi; era sabato mattina e il tempo stava cambiando: i nuvoloni neri che si addensavano all’orizzonte promettevano di far da padrone per tutto il resto del week-end. La scusa perfetta per una sessione prolungata di lettura. Mi sono proiettato alla cassa e ho pagato con il sorriso stampato in volto.
Ho letto il romanzo in tre sedute, e in questo momento mi fa l’occhiolino dallo scaffale dove si è meritato un posto d’onore. Poteva essere deludente, mal scritto, e perché no? Le mille coincidenze che mi hanno portato a scoprirlo non erano certo una garanzia di qualità. Invece è un libro fantastico. Perché quando la magia si mette all’opera, fa le cose per bene. Ogni tanto sono i libri a trovare noi, e per chi ama leggere, non c’è nulla di più bello.
www.lucabrunoni.com
Published on March 08, 2017 02:54
March 2, 2017
La musica del caso (The music of chance), Paul Auster (1990)
Jim Nashe è un’uomo disilluso che ha trovato un palliativo per le sue sofferenze nella spensieratezza dell’open road americano, che percorre in lungo e in largo a bordo di una Saab di seconda mano.
Proprio quando, a corto di soldi, vede all’orizzonte il capolinea del suo viaggio, Nashe raccoglie un’autostoppista ferito e malconcio di nome Jack Pozzi.
Pozzi è un giocatore d’azzardo incallito, talmente incallito che nemmeno le botte prese di recente gli hanno fatto imparare la lezione. È pure un buon parleur, e riesce a convincere Nashe a investire i suoi ultimi averi in un piano a suo dire infallibile: ripulire come si deve una coppia di nababbi della Pennsylvania che si diletta con il poker, ma che non arriva alle caviglie di un vecchio volpone come Pozzi.
Il progetto, purtroppo, fallisce miseramente: i nababbi si rivelano più scaltri del previsto, e Nashe e Pozzi si ritrovano sul groppone un debito impossibile da risarcire. Sono costretti a stringere uno strano patto: estinguere il debito giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, costruendo un muro nella proprietà dei due nababbi.
Auster, con uno stile impeccabile e un ritmo narrativo che rasenta la perfezione, ci trascina in un mondo bizzarro e in parte surreale, dove ogni azione, anche la più piccola, ha le sue conseguenze, e dove gli errori costano caro.
La musica del caso è una delle opere migliori di Auster, un romanzo breve ma impossibile da dimenticare. Un buon punto di partenza per chi vuole scoprire questo autore e una tappa obbligata per chi ha già apprezzato altri suoi lavori.
PS: Da segnalare anche il film, uscito nel 1993 e diretto da Phil Haas: un piccolo capolavoro che è stato ingiustamente trascurato dalla critica.
Luca Brunoni, autore di Il cielo di domani
www.lucabrunoni.com
Published on March 02, 2017 22:49
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Tags:
recensioni


