Un principio rivoluzionario

Nel 1776 Thomas Jefferson, futuro terzo presidente degli Stati Uniti, stese la prima versione della Dichiarazione di indipendenza, la cui approvazione al Congresso di Filadelfia sancì il 4 luglio la nascita degli Stati Uniti d’America. Jefferson non partecipò invece direttamente all’elaborazione della Costituzione, che venne approvata dalla Convenzione di Filadelfia nel 1787: come racconta il film di James Ivory Jefferson in Paris (1995), trascorse infatti i cinque anni tra il1785 e il 1789 a Parigi, come diplomatico della nuova repubblica.


Pur dovendo guardare da lontano gli sviluppi della Rivoluzione Americana, Jefferson poté osservare da vicino lo scoppio della Rivoluzione Francese, e influenzare direttamente alcuni dei suoi protagonisti. Il marchese Gilbert de La Fayette, in particolare, che a sua volta aveva combattuto negli Stati Uniti come generale dell’esercito di George Washington, diventando il primo “eroe dei due mondi” della storia. Jefferson e La Fayette scrissero insieme la famosa Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, emanata dall’Assemblea Nazionale il 26 agosto 1789, che non a caso ricalcava la Dichiarazione di indipendenza americana.


Jefferson fece ritorno negli Stati Uniti il mese successivo, e nell’attesa della partenza scrisse il 6 settembre una lettera a James Madison, futuro quarto presidente, in cui meditava sul ruolo della nuova Costituzione statunitense, che era stata ratificata e adottata da pochi mesi. Guardando come al solito lontano, egli enunciò in quell’occasione quello che divenne poi noto come il principio di Jefferson: “la Terra viene data in usufrutto ai viventi, e i morti non hanno poteri o diritti su di essa”. E ne dedusse la conseguenza che “le costituzioni e le leggi dei predecessori si estinguono naturalmente insieme a coloro che le hanno emanate”: un concetto che venne poi recepito dalla Costituzione francese del 1791, secondo la quale “nessuna generazione ha il diritto di assoggettare alle proprie leggi le generazioni future”.


Se si accettano il principio e le sue conseguenze, sorge il problema di stabilire il tempo di durata delle costituzioni, scaduto il quale esse dovrebbero automaticamente decadere e venire riscritte dalle nuove generazioni, in una sorta di “rivoluzione permanente” che abbatta periodicamente ciò che le vecchie generazioni hanno costruito. Nella sua lettera Jefferson risolse il problema con un calcolo che anticipava i procedimenti di quella che diventerà in seguito la matematica attuariale, oggi comunemente usata per stipulare le assicurazioni sulla vita.


I dati su cui basò il suo calcolo li desunse da una delle prime tavole di mortalità, elaborata dal conte George-Louis Leclerc de Buffon, che classificava le età in cui erano morte circa 24.000 persone. Jefferson usò la tavola per stimare quella che oggi si chiama la vita mediana: cioè, l’età in cui una popolazione si dimezza, nel senso che metà degli abitanti muore prima di raggiungere quell’età, e l’altra metà dopo. Da non confondere con la vita media, che è invece la durata media di vita di una popolazione, ottenuta sommando le età di morte e dividendo per il numero dei morti. E nemmeno con la moda, che è l’età a cui muore il maggior numero di abitanti.


Istituendo un sistema di coordinate che ha come ascisse gli anni di età, e come ordinate il numero di persone che muoiono a una data età, la tavola di mortalità si riduce a una curva: la moda è il suo punto di massimo, la mediana è il punto in cui l’area viene divisa in due parti uguali, e la media è l’altezza di una curva costante che individua la stessa area. Jefferson calcolò la mediana della curva troncata sopra i 21 anni (la maggiore età di allora), che corrisponde al tempo in cui gli elettori si dimezzano, e scompare la maggioranza di quelli che hanno potuto partecipare alla ratifica della costituzione: poiché la mediana in Francia era sotto i 40 anni, egli suggerì dunque un periodo di decadenza della costituzione di 19 anni.


Ancora più semplice sarebbe stato considerare non la vita, ma l’età mediana della popolazione, che in Italia è oggi di 46 anni: dunque, metà della popolazione è nata dopo il 1972, è diventata maggiorenne dopo il 1990 e non ha potuto ratificare nessuna costituzione prima di quella data, mentre la nostra risale al 1948, due generazioni prima. Negli Stati Uniti invece, dove l’età mediana è di 38 anni, la ratifica della Costituzione non dovrebbe essere precedente al 1998, mentre risale al 1789: l’anno della lettera di Jefferson, il cui vitale principio è rimasto lettera morta per più di 200 anni.


(Rubrica Il matematico impertinente del mese di Febbraio per Le Scienze)

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Published on February 04, 2018 16:21
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