Punto e a capo. Un blog. Uno stile di vita.
Sembra proprio che la vita sia costellata di piccoli traguardi e lotte, gioie e dolori continui, al raggiungimento dei quali c'è solo una cosa da fare: andare punto e a capo.Così, come forse la vostra, la mia vita non ha ancora trovato uno scopo ben preciso, ma nel frattempo ha raggiunto così tanti obiettivi che ogni tanto sembra d'obbligo intoppare in qualcosa o qualcuno e dover voltare pagina. Vi è mai capitato di chiedervi se state facendo la cosa giusta? Ecco questo può essere un punto di partenza. Un porto dal quale salpare, la spinta che aspettavate. Perché cambiare non è un errore. Avere la forza di voltare pagina e finalmente iniziare un nuovo capitolo della vostra vita non potrà altro che farvi bene.
Eccomi qui, dunque, a scrivere il mio primo post totalmente personale e a dare un nuovo volto al mio blog che ormai stava dormendo da parecchi mesi.
Vorrei presentarmi come fanno molti altri blogger, elencando interessi, lavoro, motivi che li hanno spinti ad aprire un blog. Ecco, io invece voglio tornare un po' indietro nel tempo, a un fatto che mi ha cambiata completamente, che mi ha stravolto la vita senza lasciarmi il tempo di capire. Ho avuto bisogno di anni per riprendermi e tornare ad essere quella che ero.
Trenta anni, sei mesi e un giorno. Per chi se lo stesse chiedendo non si tratta di una ricorrenza particolare o di un complicato calcolo astronomico. Più semplicemente si tratta solo della mia età. Ventiquattro anni e sette mesi sono invece gli anni che avevo quando me ne andai di casa.
Fu così che mi ritrovai davanti al portone di casa dei miei nonni, con ai piedi la mia valigia rossa e in mano le chiavi della macchina. E così, di punto in bianco, la mia vita era cambiata, si era letteralmente capovolta e per un momento quel portone mi sembrò gigantesco e invalicabile. Me ne ero andata di casa e sapevo che stavolta sarebbe stato per sempre. Sarei potuta tornare indietro. Ma sarebbe stato troppo semplice per loro e troppo complicato per me. Quello che desideravo, in fondo, era soltanto la libertà di poter scegliere. E così, in quell'afoso pomeriggio di inizio estate, come una normale ventiquattrenne in jeans e maglietta, entrai in casa dei miei nonni dando così inizio alla mia nuova vita.
La camera era posta ad ovest della casa coloniale e aveva la finestra rivolta a nord. Depositai la valigia sul letto e mi affaccia ascoltando il canto incessante delle cicale. Quella era proprio una bella estate, calda e torrida, dove però l'afa non è poi così opprimente. Nel cortile sottostante l'erba era cresciuta rigogliosa, mentre sul lato sinistro della strada si stagliano maestosi cipressi centenari. Da lì avrei potuto vedere chi arrivava.Decisi di disfare subito la valigia e iniziare a riporre le mie cose nell'armadio. Mia nonna entrò in camera chiedendomi se avessi bisogno di aiuto e lasciando sulla poltrona accanto al letto una pila di lenzuola pulite. Sapevo che in qualsiasi istante avrei potuto contare su di lei. Perché lei ci sarebbe stata, qualsiasi cosa fosse successa.Dalla valigia presi l'album delle foto dei miei disegni e iniziai a sfogliarlo. Sentivo la brezza del pomeriggio entrare dalla finestra aperta. Avrei dovuto mettere delle tendine alla finestra. Rovistai nell'armadio dove mia nonna teneva un sacco di cose vecchie e ormai in disuso e lì trovai tantissime stoffe colorate. Scelsi due tendine arancioni e una centrale bianca. Ecco: adesso avevo le tendine alla finestra. Ebbi l'impressione di essere la figlia di un ricco mercante sempre troppo impegnato nel suo lavoro all'estero per far ritorno a casa. Ma come tutte le impressioni svanì subito. Tornai a sedermi sul letto matrimoniale in ferro battuto di un color verdolino. Anche l'immenso armadio era dello stesso colore. Il comò invece aveva il ripiano in marmo e uno specchio graffiato e un po' rovinato dal tempo. Provai a ripulirlo dalle chiazze che sembravano ruggine agli angoli della superficie, ma non vennero via. Un po' come le ferite dell'anima, pensai, devi solo imparare a conviverci.
C'è aria di primavera. Vorrei restarmene fuori sdraiata nel fienile fino a tempo immemore.Sto bene. So che sto bene. Eppure è come se non lo sapessi e continuare a ripeterlo non rende la cosa più vera. È come se d'un tratto tutte le certezze del mondo crollassero all'improvviso e io mi trovassi lì in mezzo, improvvisamente, senza capire come ci sia arrivata.Mi convinco del fatto che sto intraprendendo un percorso di rinascita e crescita personale, cerco di imprimermi bene nella mente che ce la sto facendo, che in fondo è come un regalo che mi faccio, anche quando tutti i tentativi sembrano vani, sto vivendo.Quando penso alla vita penso a mio nonno. Le sue storie erano vecchie, proprio come lo era lui, profumavano di grano e paglia, di vino e di risate; erano rumorose perché c'erano bombe e fucili, c'erano aerei che volavano bassi e c'erano carrozze di treni che volavano sulle case e frantumavano i tetti; stranieri che urlavano una lingua cattiva. Era un uomo semplice, mio nonno, che ha visto la gente ammazzarsi, che ha raccolto amici ammazzati, che è fuggito: perché quella non era e non voleva che fosse la sua vita. Mio nonno mi ha raccontato tutto questo. Mi ha raccontato anche di quando mandava il carro trainato dalle bestie per coltivare i campi; di quando qualcuno si sentiva male e il dottore era lontanoe allora, sempre con lo stesso carro e sempre con le stesse bestie, andava a prendere il dottore, anche se pioveva ed era freddo. Mi ha raccontato della pioggia e del vento. Mi ha raccontato del giorno in cui sono nata. Mi ha raccontato tutto questo e tanto altro ancora. E adesso vorrei che fosse ancora qui a raccontarmi ancora di lui...
Published on May 14, 2019 03:27
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