Imprinting
Mi sono sempre chiesto se uno il suo destino se lo porti dentro oppure se gli venga in qualche modo istillato. Se le passioni preesistano e siano attivate da congiunture esterne oppure se siano il frutto di un percorso imprevedibile di addizioni e casualità. Comunque sia, ho sempre attribuito con chiarezza il mio precoce interesse per il dietro le quinte (dei media soprattutto, ma non solo) e uno certo sguardo trasversale su media, umanità e comunità a Furio Colombo.
Nella nebbia indistinta delle età dello sviluppo sociale e culturale, da qualche parte tra il primo Goldrake e gli studi superiori, ricordo con insolita precisione l’interesse istintivo e vorace per le analisi di Colombo sulle dinamiche della comunicazione di massa e il fascino ostinato per l’eleganza, la chiarezza e la sobrietà delle sue sintesi.
Divulgatore raffinato e colto, Colombo prendeva gli strumenti della comunicazione che già veneravo e me ne faceva percepire la terza, la quarta e la quinta dimensione, la complessità dietro alle confezioni patinate, le incongruenze e le negoziazioni irrisolte di quel motore potentissimo e al tempo stesso fragilissimo della nostra vita condivisa. Ci fosse o meno qualcosa di tutto questo già dentro di me, e chi può dirlo, lui inconsapevolmente lo nutrì a steroidi.
Era l’era di massima influenza della carta, l’era del progressivo affollamento dell’etere, l’era delle commistioni emergenti e deflagranti tra media e potere e Colombo in quell’epoca godeva di collocazioni invidiabili e irripetibili: uomo di frontiera tra stampa e tv, uomo di sperimentazione tra media e accademia, uomo di azienda e di relazioni privilegiate tra Italia e Stati Uniti, uomo di cerniera tra le culture protagoniste del Dopoguerra. Un uomo privilegiato che abitava un’epoca straordinaria e che tuttavia sapeva condividere con generosità il suo sguardo.
Quella stessa posizione privilegiata gli permise di vedere arrivare per tempo lo tsunami di internet nella sua dimensione umana e culturale, prima che tecnologica, che fu infatti tra i primissimi a raccontare in Italia. In Colombo ammiravo, a differenza di tanti esperti settoriali, l’intuito per le connessioni, la capacità di riconoscere i fili rossi passando sul filo delle storie di persone e di comunità dalla tecnologia (Confucio nel computer) alla forma dei luoghi (La città profonda), dalle forme dell’esistenza post-industriale (La vita imperfetta) alle nuove tensioni della convivenza (Gli altri, che farne).
Vi fu poi molto altro nella vita di Furio Colombo, tra cui una svolta assai più civica, politica e passionale, di cui però non ho titolo sufficiente per dire. Meriterà tuttavia un giorno ricostruirne a pieno la dimensione pubblica e professionale, così intrecciata in ogni fase a momenti chiave della storia recente del nostro Paese.
Qui oggi vorrei testimoniare semplicemente l’ammirazione e la gratitudine per quel suo passaggio, travolgente e indelebile, nel mio immaginario adolescente e per la cortesia con cui un giorno se lo fece raccontare.
L'articolo Imprinting proviene da Sergio Maistrello.