LE RANE – MO YAN

Voto: 8/10

Edito: Einaudi

Ci troviamo nella città di Gaomi, nella zona orientale della Cina, ma in fondo potremmo trovarci in una qualunque zona rurale della Cina della metà del secolo scorso, quando l’arrivo delle patate dolci ridonò vitalità e fertilità al paese, portando un vero e proprio boom demografico.
Tra i bambini nati in quel periodo c’è anche Wan Zu, detto Xiaopao, nome d’arte Girino, nipote della celebre ginecologa Wan Xin, nonché narratore della storia.
Divenuto da adulto drammaturgo, raccoglie le storie del suo paese e in particolar modo di sua zia in una serie di lettere e quindi in un’opera teatrale, per ricordare la vita di una donna fuori dal comune.

Nata nel 1937, cresciuta in un periodo in cui tutte le donne si affidavano alle mammane per dare alla luce i propri figli, Wan Xin decide di dedicare la propria vita alla ginecologia, prima visitando le donne e facendole partorire, aiutando il popolo cinese nella sua crescita (seguendo le direttive del presidente Mao) poi, un po’ per allontanarsi dall’ombra del suo fidanzato traditore che aveva abbandonato la Cina ed era fuggito in Giappone, un po’ per cieca fiducia nel Partito (e quindi nelle direttive del presidente Deng), utilizzando tutti i modi per far rispettare la “politica del figlio unico”, sterilizzando uomini e impiantando contraccettivi nelle donne, praticando aborti per contrastare la sovrappopolazione e aiutare la crescita economica della nazione.
Amata e odiata da tutti i contadini che sognavano di avere un figlio maschio per portare avanti il proprio nome, temuta e venerata, Girino mescola la propria storia a quella di sua zia, le proprie gioie e sofferenze a quelle della sua terra, dei suoi compaesani, di tutta la nazione, per dare vita ad un racconto a tratti fantastico e a tratti terribile, crudo e dolce, che ha il sapore del riso e l’odore dei campi, con il gracidio delle rane a fare da sfondo.

Il carattere cinese per bambino è 娃 (wá) mentre quello per rana è 蛙 (wā), i due si scrivono e si pronunciano in maniera simile, ed è proprio su questo che gioca Mo Yan per il titolo del suo romanzo.
Così come il gracidio delle rane ricorda la pronuncia del carattere cinese, e il primo vagito di un neonato risuona simile fra le campagne di Gaomi, seguiamo la storia di una donna “con le mani sporche di due tipi di sangue”, che ha fatto nascere 9883 bambini ed ha dato la caccia a donne incinta per farle abortire, in un vorticoso senso di obbedienza al partito che si mescola al senso di colpa di una nazione intera.

La storia gira intorno alla figura di Wan Xin, donna incredibile che ha lottato per tutta la sua vita cercando di fare del proprio meglio, di seguire le direttive del partito e con la ferma convinzione di aiutare il proprio paese, letteralmente “grondando sangue” e con il cuore pesante.
Un personaggio al tempo stesso umano e leggendario, dall’alta levatura morale, paragonato ad una dea della fertilità e ad una strega, che porta e toglie la vita.

La prima metà del romanzo, dalla nascita di Xiaopao e la gioventù di Wan Xin, si svolge in maniera più chiara e scorrevole, facciamo la conoscenza di una serie di personaggi eccentrici ma quanto mai realistici, e la cosa che più è riuscita a sorprendermi tra queste pagine è l’ironia che impregna dialoghi e descrizioni, donando un senso di leggerezza e tepore alla storia.

La campagna cinese è un luogo sì povero, ma che sta iniziando a riprendere vigore senza mai perdere la propria identità, nascono molti bambini e la vita scorre veloce, ci si prepara per l’avanzamento del paese e a contrastare il Giappone.

Nella seconda metà, invece, le cose si fanno più oscure, la “politica del figlio unico” si fa sentire con pugno di ferro sia su chi la subisce che su chi deve farla rispettare, e la storia diventa più densa, torbida, dolorosa.

In un romanzo che ha il sapore dell’epica popolare, e un tocco di realismo magico che è un po’ un punto catalizzatore per la storia di Wan Xin, ci immergiamo completamente nelle sue acque paludose e lasciamo che gli eventi ci sommergano senza riuscire a sfuggirgli.

Come quando camminiamo nel buio in un luogo che conosciamo a fondo, e senza bisogno di contare i passi raggiungiamo la meta con sicurezza, alla stessa maniera Mo Yan si muove fra le sue terre e i suoi personaggi, creando piccoli quadri dettagliati di personalità enormi e al tempo stesso comuni, di mentalità maschiliste e retrograde ed altre così moderne e progressiste e vibranti che sembrano sbucare direttamente dalle pagine, prendere vita di fronte ai nostri occhi, riempire il mondo intero.
Il suo stile è chiaro e intenso, denso, capace di creare immagini brillanti e oscure, di elevare e affossare, di criticare e commuovere, muovere.

Una storia di peccati ed espiazione, di colpe alle quali è impossibile sfuggire e pentimento bruciante.

Non sapevo cosa aspettarmi da questo libro, non avendo mai letto prima niente dell’autore, eppure è riuscito a sorprendermi nella maniera più totale e incredibile, rivelandosi un viaggio fortemente ironico e critico, istruttivo e umano, carico di storia e politica e cuore, di morte ma soprattutto di vita.

Wan Xin, Wan “il cuore”, resterà per sempre con me.

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Le rane

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Published on October 10, 2025 01:17
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