Halloween Special - LoveBleeds (Project) - Prelude
Erano giorni, forse settimane, che sentiva in giro quell’odore. Ormai non sapeva più quale mese dell’anno fosse, quante ore fossero passate dal tramonto. Il tempo non aveva alcun significato per lui.
Vagava da solo per le strade di una città che aveva visto cambiare sotto i propri occhi in passato, ma che negli ultimi periodi era rimasta tristemente grigia e invariata. Non invecchiava, e non si rinnovava. Proprio come lui.
Un soprabito scuro pendeva dalle sue spalle, dal tessuto nero emergeva una mano di un insolito colorito pallido, ma troppo ferma e forte per essere quella di un malato, che stringeva un bastone da passeggio pregiato, intarsiato finemente e decorato sulla punta. Due grandi anelli splendevano tra le dita lunghe e nel buio avrebbero attirato sicuramente l’attenzione, in quel quartiere. Alcuni locandieri gli avevano ingenuamente consigliato di non ostentare troppa ricchezza in quelle zone piene di uomini disperati che gli avrebbero volentieri mozzato le mani per sfamare i propri figli.
I locandieri, però, non potevano sapere che quella era una notte di caccia. Non potevano conoscere il triste destino che sarebbe toccato a chiunque avesse incrociato lo sguardo di Keiran Kraus.
Quell’odore, ancora, lo trascinava in giro come un vagabondo in cerca di cibo e riparo, a tratti gli arrivava forte alle narici, quasi fosse alle sue spalle. Era da decenni che non percepiva niente di simile, e non avrebbe immaginato di ritrovarsi tra quelle strade. Eppure, era chiaramente vicino.
E ora era curioso di scoprire a chi appartenesse. Una prostituta sulla via del ritorno? Un’orfana che chiedeva l’elemosina ai passanti? Sapeva di donna. E di giovinezza.
Un urlo acuto attirò la sua attenzione. Era distante di pochi metri e, cosa ancora più interessante, proveniva dalla stessa direzione in cui quel profumo lo stava richiamando.
Corse velocemente. Il bastone falciava l’aria, il fruscio del soprabito si diffondeva. In una stradina buia, una carrozza era divelta da un lato, con una ruota a pezzi. Una giumenta nitriva disperata, intrappolata dalle briglie in uno spazio stretto, un cocchiere giaceva privo di sensi in un angolo, con il labbro sanguinante. Dei malviventi stavano aggredendo un uomo armati di spranghe di legno e coltelli arrugginiti. Contò le loro voci. Due. Tre. Quattro. La quinta apparteneva al povero malcapitato ed emetteva ormai solo rantoli.
Veniva dalla carrozza. Chiunque possedesse un odore tanto allettante si trovava in quella carrozza, ma non dava segni di vita. Forse era solo svenuta. Diamine, doveva essere svenuta, perché altrimenti sarebbe stato un tale spreco di prelibatezza…
Non c’era alcun altro modo per scoprirlo. Di solito agiva nell’ombra e in totale riservatezza, ma quella notte era già piena di eccezioni.
Distratte dai loro stessi schiamazzi, le canaglie non lo sentirono avvicinarsi. Giocavano crudelmente con la propria vittima, calciavano il suo corpo raggomitolato per terra, facendolo rotolare verso l’uno o l’altro. Il viso e gli abiti dell’uomo erano sporchi di fango e sangue.
Batté la punta metallica del bastone per terra, su un ciottolo particolarmente liscio, producendo un rumore per attirare la loro attenzione. E la ottenne subito.
I volti dei malviventi si illuminarono alla vista di un bottino ben più conveniente, uno dei quattro mostrò un sorriso sdentato verso i suoi anelli preziosi, e i suoi stivali lucidi, che valevano da soli più di quanto lo sfortunato ai loro piedi potesse procurargli.
Il più anziano del gruppo gli rivolse la parola dopo aver sputato a terra, usando uno dei toni più irrispettosi che avesse sentito.
«Chi ti manda?»
Mostrò un ghigno assassino sotto l’ombra del cappello che teneva raccolti i suoi capelli.
«Nessuno, Signori. Ero solo infastidito dai guaiti del povero cane che state pestando.»
Un cenno della testa, breve ed eloquente, bastò ad aizzare contro Keiran gli altri tre, che lasciarono in pace l’uomo nei suoi lamenti per avventarsi su di lui.
«Così, senza nemmeno presentarci?» sbottò ironico. Si liberò con una manata del soprabito che gli impediva i movimenti, il gilet damascato con le falde allungate fece prosperare ancor di più il sorriso sgradevole del vecchio.
E poi ci fu uno scatto seguito da un tonfo, la punta del bastone tagliò l’aria e scintillò in alto per poi affondare nella gola del primo che aveva osato avvicinarsi di un solo passo. Spinse con forza fino a sentire lo scricchiolio delle ossa rotte, ritirò il braccio e solo in quel momento dei fiotti scarlatti sgorgarono dal collo del bandito, mentre si accasciava sulle ginocchia con gli occhi strabuzzati nei suoi ultimi istanti di vita, tingendo di rosso il viottolo. L’odore crudo del sangue appestò l’aria, i volti delle carogne impallidirono improvvisamente, il sorriso del vecchio si tramutò in un’espressione di orrore.
Non erano dei veri criminali. Forse non avevano mai ucciso nessuno, forse si limitavano a picchiare e saccheggiare i passanti meglio vestiti. Gridarono sconvolti, pronti a lanciarsi in una fuga a rotta di collo, ma Keiran non poteva lasciare testimoni di quanto accaduto. Fece crollare il più veloce con un letale colpo di bastone sulla tempia, trafisse prima la spalla e poi lo stomaco di quello che, con le ginocchia tremanti di terrore, stava per prostrarsi e implorare pietà, lasciò per ultimo il vecchio sdentato, che con le sue gambe tozze si era allontanato di pochi passi appena, e correva chino.
Accortosi di essere inseguito, l’ultimo dei malviventi inciampò e cadde ansante sui palmi. Mormorò implorando una parola che Keiran gli impedì di pronunciare. Uno degli stivali che tanto a lungo aveva ammirato gli schiacciò la testa contro il terreno infangato, con una ferocia tale da spingere gli occhi fuori dalle orbite.
Quattro, quattro vittime, contò tornando con calma alla carrozza divelta. Chiunque vi si trovasse all’interno ancora taceva, e non era un buon segno. Non gli piaceva scomodarsi per nulla, e quattro morti avrebbero sicuramente destato allarme in breve tempo.
Intimorita dalla sua presenza, la giumenta sbuffò e smise di agitarsi.
Aprì lo sportello della carrozza e si sporse per guardare all’interno. In fondo, un fagottino di stoffa azzurra respirava piano, impercettibilmente. Una ciocca di capelli dorati ne usciva. Allungò la mano per poterne scoprire almeno il viso. Era da lì che veniva quel profumo inebriante.
Sentì gracchiare alle proprie spalle.
«My…a…»
Il fagottino reagì a quel mugolio sofferente con incredibile vitalità, rivelando una bambina bionda in piena salute, con un paio di vivacissimi occhi violetti che illuminarono l’abitacolo. Si alzò velocemente per catapultarsi fuori, incurante della figura di Keiran che le stava di fronte, aggrappandosi con le manine energiche ai bordi.
«Papà!» strillò, e sotto il suo sguardo impassibile, corse in direzione dell’uomo che ferito e martoriato cercava a stento di rimettersi in piedi. Le sue scarpette si tinsero nel sangue scuro, ma lei non si fermò, gettandosi tra le braccia livide e sporche del padre.
Una bambina. Piccola, piccolissima. Non poteva avere più di sei o sette anni. Era quella creaturina a possedere l’odore tanto allettante che da giorni lo ossessionava.
La osservò mentre piagnucolava aggrappata al genitore. Era minuta, debole. Non sarebbe sopravvissuta nemmeno a un solo assaggio delle sue zanne. Non aveva in corpo abbastanza sangue.
Il padre le stava sporcando i capelli con le mani infangate.
Lo fissò muovendo dei passi lenti verso di lui.
«Signore!» lo chiamò stringendo debolmente la bambina. «Signore, che Dio vi benedica!»
«Lasciate il vostro Dio lontano da queste strade.» gli rispose Keiran con voce bassa e profonda. «Non dovreste mettere in pericolo vostra figlia viaggiando a quest’ora.»
«Che Dio vi benedica!» ripeté l’uomo, ancora sconvolto. «Davvero non so come ringraziarvi, Signore.»
La bambina. La bambina. La bambina, gridò una voce nella sua mente.
«Permettetemi di offrirvi una ricompensa. Non ho nulla con me, adesso, ma… se vorrete seguirmi a casa mia… Non è lontana. Qualsiasi cosa vogliate, Signore, qualsiasi…» continuò a dire confusamente.
La bambina. Non pensava ad altro.
Non disse una parola. Liberò la giumenta e la condusse dal suo padrone. L’uomo riusciva a malapena a reggersi sulle proprie gambe.
«Il vostro cocchiere è vivo, rinverrà da un momento all’altro.» gli fece notare Keiran accennando al poveretto ancora svenuto.
«Lui se la caverà. Manderò qualcuno a prenderlo e a recuperare quel che resta della carrozza.» rispose il padre della piccola, trascinandosi a fatica verso l’animale. Si lasciò aiutare dall’altro a salire in sella, poi gli chiese con un gesto di passargli la figlioletta.
Keiran la prese tra le braccia. Pesava meno della sua giacca. Non era spaventata da lui, non era spaventata dal sangue per terra, nemmeno da tutto quello che era successo. Forse era insolitamente coraggiosa o insolitamente incosciente. Gliela consegnò con riluttanza.
«Vi scorto a casa.» propose.
«Grazie, Signore! Vi farò preparare un bagno caldo, e un letto per la notte.»
«Non sarà necessario.»
«Qual è il vostro nome? Voglio parlare di voi ai bambini. Questa sarà una bella storia da raccontare intorno al fuoco.»
«Kraus.»
«Alfred Blackwell» L’uomo gli tese la mano, che ondeggiò nell’aria all’andamento del cavallo. «Non siete della zona, vero, Signore?»
«No.»
La bambina lo fissava incuriosita, nascondendo il volto nel cappuccio azzurro, e lui ricambiava i suoi sguardi fugaci forse con eccessivo interesse.
«E poi dicono che gli stranieri sono senza cuore!» esclamò l’uomo. «Ci avete salvati entrambi, Signore. La mia famiglia intera vi è debitrice.»
«Devo confessare che non mi capita spesso di compiere buone azioni.»
Il tragitto andò avanti scandito dallo stupore dell’uomo e dalle sue esclamazioni e i suoi sospiri. La piccola, rimasta in silenzio e seduta tra le braccia del padre, non pronunciò alcuna parola e non emise alcun suono. Respirava piano, aveva gli occhi spalancati e nel buio quella luce violetta sembrava risplendere come un’ametista intagliata. Osservava Keiran con la curiosità tipica dei bambini, e nonostante avesse visto il suo bastone intriso di sangue, le macchie dello stesso colore che si erano posate sul suo gilet, non ne sembrava sconvolta.
«È stato incredibile, Signore!» continuò a dire il padre. «Loro avevano coltelli da macellaio e spranghe, mentre voi un solo bastone da passeggio! Ditemi, siete addestrato al combattimento?»
Non gli rispose.
«Oh, ma è ovvio. Siete forse un membro della gendarmeria? Una guardia?»
Silenzio, ancora silenzio. Il disagio e l’imbarazzo si dipinsero sul volto dell’uomo, affaticato dal trauma, che iniziava a gonfiarsi per le lesioni.
«Capisco il vostro riserbo, Signore. Forse non potete rivelarlo. Forse siete un mercenario. Non importa, non vi farò altre domande e non le farò a me stesso. Siete solo un benefattore, per me.»
L’odore del sangue della bambina era così forte. Lo sentiva pulsare dal suo piccolo collo bianco, gli mandava delle scosse lungo la mandibola, fino alle zanne, e la saliva aumentava. Solo un assaggio, avrebbe dato qualunque cosa per una sola goccia di quel nettare. La guardò ancora. Le ossa tenere si sarebbero infrante come ramoscelli sotto il suo morso.
«La zuppa della nostra cuoca è insuperabile! Vedrete che riuscirà a scaldarvi e a sciogliervi la lingua. Se vi tratterrete fino al pranzo di domani, non ve ne pentirete!»
La sete iniziava a farsi sentire. Forse avrebbe fatto meglio a lasciare i due sulla propria strada e cercare un’altra preda. La piccola non lo avrebbe saziato. L’uomo non era per niente appetibile. E la notte non sarebbe durata per sempre.
«Vi ho già detto che non sarà necessario.»
Sotto l’occhio destro dell’uomo, una macchia violacea si andava espandendo, e la palpebra già gonfia lo costringeva a tenerlo chiuso. Gli zoccoli della giumenta scandivano un ritmo regolare sui ciottoli, e un mendicante tese la mano nella loro direzione.
«Quei dannati mi hanno portato via tutto.» si lamentò l’uomo, guardando con pietà il margine della strada. «E se non fosse stato per voi, chissà quale destino sarebbe toccato alla mia piccola.» continuò accarezzando il cappuccio azzurro che copriva la bambina, sveglia nonostante l’ora tarda, e vispa come un furetto.
Keiran non si scompose, chinò il viso e affrettò il passo.
«È la vostra unica figlia?»
«La prima di tre figli, Signore. La seconda, Lizbeth, è poco più piccola di Mya. Ferdinand è nato l’anno scorso.»
Quindi, non era l’unica. Forse gli avrebbe ceduto la sua primogenita, in cambio della vita degli altri due. Era un ricatto perfido, lo sapeva. Era ripugnante. Ma la sete stava prendendo il sopravvento sulla ragione.
«Temevamo di perderla.» continuò a raccontare l’uomo. «La nostra Mya. Per questo l’ho portata da un dottore fuori città. Un uomo di fiducia. Eravamo sulla via del ritorno, quando ci avete trovati.»
«È malata?»
Glielo chiese, ma conosceva già la risposta. La bambina era sana, il suo odore ne era la conferma.
«Oh no, grazie a Dio. Mya è solo un po’ troppo curiosa, e si è messa a stuzzicare una serpe tra le siepi. Così, ha rimediato un bel morso.» spiegò pizzicando la guancia della figlia, «Ma l’intossicazione è passata.»
«Una bambina fortunata.» commentò spostando lo sguardo sul viso di Mya.
Forse fu il tono basso che usò nel dire quelle parole, ma quando si voltò a guardarla incontrò quei suoi occhi che lo fissavano attenti e fermi, con un’espressione quasi da adulta. Le labbra leggermente socchiuse, il battito di ciglia lento, le piccole mani incrociate sul grembo e quello sguardo che non si abbassò neppure quando Keiran cercò di trasmetterle un senso di superiorità e timore che il suo aspetto e la sua mole normalmente incutevano in chi gli stava di fronte.
Non era mai stato bravo nelle conversazioni. L’uomo continuò a raccontargli della propria famiglia, e la sua voce divenne come un fastidioso ronzio.
«Quanto manca ancora?» Gli chiese spazientito.
L’altro gli indicò la fine del sentiero che stavano percorrendo.
«Siamo quasi arrivati, Signore. Vedete quella staccionata? I miei cani staranno già abbaiando.»
Keiran osservò con cura l’abitazione. Di certo, non si trattava di una famiglia tanto povera da cedere una bambina per pochi spiccioli. Strinse le dita sul pomo del bastone. Forse gli sarebbe toccato sterminarli tutti, ma avrebbe dato troppo nell’occhio.
Vennero accolti da un servo affannato all’entrata. Socchiuse le palpebre per osservare meglio il padrone, indietreggiò inorridito, cercò di scorgere il volto di Keiran alzando la lanterna.
«Mio Signore, cosa è successo?»
«Siamo stati aggrediti lungo il viaggio. Fa’ portare delle coperte, e vino per il nostro ospite, presto.»
«Che ne è stato di Jonah?»
«Ha battuto la testa ed è svenuto. Non ho potuto portarlo con me.» L’uomo scese da cavallo, tenne la figlioletta per mano e consegnò le briglie della giumenta al servo, accennando a Keiran.
«Se non fosse stato per il Signor Kraus, qui presente, non avrei neppure modo di raccontarlo. Fai ravvivare il fuoco, e va’ a chiamare gli altri. Qualcuno dovrà recuperare il povero Jonah e i nostri bagagli, prima che ci pensino gli sciacalli.»
Published on October 31, 2015 07:08
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