Anastasia’s
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Finito il libro n. 28 La cognizione del dolore di Gadda.Ha un po' i tratti dell'impresa letteraria! Infatti lo devo ancora digerire meglio. Inutile dire che lo stile è davvero più unico che raro: un po' "barocco" (contenta a tal proposito che l'avermi ricordato Manzoni aveva un fondamento molto solido, visto l'amore spassionato di Gadda per lui), un uso della lingua incredibile, con questo misto di ferocia sarcastica, chiaramente riferita all'Italia fascista dietro le vesti di un paese fittizio del Sud America, lirismo e al contempo una specie di andamento da arrovellamento di gulliver (!), che però è esatto nel cogliere tanto dell'animo umano e del vivere con gli altri. Forse proprio gli altri sono un punto focale del romanzo: la solitudine, l'isolamento, che accomuna una madre e un figlio seppur ognuno con un proprio abisso particolare.
Abc wrote: "Mi aggancio al libro di Nadia con Curare i bambini è la mia medicina per analogia infanzia/bambini."Mi aggancio con La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda. Stesso luogo di nascita dell'autore: Lombardia.
Virè wrote: "Mi aggancio.con Prendiluna di Stefano Benni per stesso anno di pubblicazione"Virè, gli agganci si possono fare solo d..."
E' il primo che dichiaro, vale come iscrizione...o non s..."
Aaaah scusa allora, non avevo notato! Sì sì, vale! Fino al 10 vale agganciarsi per la prima volta, certo!
Finito il libro n.7 Blue Nights di Joan Didion. Didion elabora parallelamente il ricordo di sua figlia Quintana, morta di malattia a soli trentanove anni, e così anche la sua vecchiaia. Le "notti blu" sono quelle luci passeggere in California prima che faccia buio, che sono un'analogia della perdita di qualcosa o di qualcuno per l'autrice. La perdita della figlia, la paura della stessa figlia di essere abbandonata, la perdita della Didion della padronanza del proprio corpo e delle proprie forze, e soprattutto il senso di fragilità che ne consegue. Didion esplora proprio questo senso di fragilità tra passato e presente, mentre parla dell'infanzia di Quintana, del mondo in cui l'ha inserita, dei suoi lati forse ignorati sul momento dalla madre e che pure dicevano molto di ciò che dovesse provare, forse, da piccola, in alcuni momenti, come anche dopo. Sicuramente la paura di Quintana, in quanto figlia adottiva, di essere abbandonata non ha fondamento: per questa madre non esiste la possibilità che accada e si sarebbe tenuta stretta la figlia contro la morte, se fosse stato possibile. Rimane invece con i cocci, con la propria memoria. Come sempre ci sono momenti in cui con pochi dettagli, per quanto particolareggiati, si aprono voragini che vanno lasciate un po' echeggiare.
Virè wrote: "Mi collego con Quanto blu per analogia: coloriMi aggancio.con Prendiluna di Stefano Benni per stesso anno di pubblicazione"
Virè, gli agganci si possono fare solo dall'11 in poi, quando inizia la seconda fase.
Mi aggancio con Blue Nights di Joan Didion. Stesso riconoscimento all'autrice: St Louis Literary Award.
MonicaEmme wrote: "Abc wrote: "Mi aggancio al libro di Nadia con Le ore sotterranee per analogia giorni/ore."Mi aggancio ad @Abc con I giorni che scompaiono per stessa nazionalità del..."
Mi aggancio a Monica con Rapporto di minoranza e altri racconti di Philip K. Dick. Stesso genere: fantascienza.
Finito il libro n. 34 Solanin di Inio Asano.Storia di "formazione", di crescita un po' rallentata, un po' rifiutata, avvenuta a metà, avvenuta inconsapevolmente o a dispetto di certe resistenze. La protagonista è una ragazza di Tokyo, intrappolata in un lavoro impiegatizio ripetitivo che detesta. Vive in un appartamento con il ragazzo, musicista poi datosi alle illustrazioni in un lavoro part-time per sbarcare il lunario. Un giorno la protagonista decide di lasciare il suo lavoro, aprendosi davanti il vuoto di una vita senza bussola, senza scopi né direzione. Il rifiuto è più profondo: è il rifiuto di lasciar perdere vaghi sogni di ribalta e di inserirsi nella logica di lavoro, di ordinarietà, di una sfilza di giornate di cui tanto verrà cancellato nell'irrilevante. Un senso di riscatto si trasmetterà anche al fidanzato, con vari eventi, tentativi che ne seguiranno.
Non è la classica storia di rivalsa o di chi ce la fa a realizzare il "sogno", tant'è che forse la protagonista è tracciata con realismo, pensando a tanti della sua generazione, i quali non hanno una vera e propria vocazione definita o una volontà certa riguardo al proprio futuro, ma di sicuro ne sentono la pressione, e sentono che tante soluzioni non sono adatte per loro, non c'è ispirazione, non c'è convinzione. Così si vaga in tanti non so e il tempo incalza. Direi che Solanin è proprio la storia di questo limbo che si dilata, del richiamo costante della vita adulta che si fa sentire, "strutturati" o meno che si sia (con volontà, idee, progetti), e di qualche emozione raccolta nel durante che, al di là di come andrà o non andrà, sembra riscattare tutto come una pietra preziosa nella memoria.
Abc wrote: "Mi aggancio con Erased Vol. 9, stesso anno di pubblicazione, 2017."Mi aggancio con Solanin di Inio Asano. Stesso genere: manga.
Finito il libro n. 27 Atti umani di Han Kang.Mi è piaciuto di meno di La vegetariana, dove la componente surreale e di straniamento assumeva una tinta molto particolare, fuori dal comune. Atti umani invece si presenta come un valido libro di narrazione di ciò che già è terribile e surreale proprio perché è accaduto davvero, ad opera delle stesse forze che dovrebbero difendere un paese e non attaccarlo così brutalmente. Infatti Han Kang, con un appassionato lavoro di documentazione, racconta attraverso vari punti di vista spalmati nel tempo, fino ad oggi, cosa fu il massacro di Gwangju del 1980. Han Kang si concentra molto sui corpi, sullo stato di decomposizione, putrefazione, sui cadaveri ammassati, sul concetto stesso di carne su carne, di essere ridotti a tale ammasso, di essere trattati come bestie. Qualcosa in effetti può ricordare La vegeteriana: di nuovo la fisicità della carne, qui in modo pur diverso, che si impone, insieme al sangue, ai colpi brutali, alle torture. Non è un libro di certo facile da leggere. L'autrice mantiene la propria volontà di non fermarsi al solo realismo e talvolta assume anche punti di vista più fantasmatici, spiritualizzati, nella volontà di parlare non solo di carne, ma anche di anima, di cosa c'è proprio al di là di corpi di destino, qui, così crudo e infausto. Sono anime che cercano, anche, che osservano ciò che accade come da una compresenza invisibile e si interrogano.
Virè wrote: "Mi aggancio con Il baco da seta di Robert Galbraith, stessa ambientazione (Londra)"Mi aggancio a Virè con Atti umani di Han Kang. Stesso anno di pubblicazione: 2014.
Finito il libro n. 23 (?) Fine di Fernanda Torres.Si tratta del primo libro di questa attrice brasiliana, approdata da cinema, teatro e telenovelas al romanzo. Dal punto di vista più prettamente stilistico non mi ha fatto impazzire: mi sembrava sempre che mancasse qualche cosa, qualche plus, guizzo particolare, nonostante si faccia leggere scorrevolmente e con interesse. Infatti la storia che intreccia la Torres non è male: forse si vede un po' l'ambiente da lei frequentato, in questo intreccio relazionale fitto, tra matrimoni di comodo, matrimoni d'amore, tradimenti di qua e di là, gente che si lascia e al contempo non si è mai lasciata, donne che finiscono ricoverate in psichiatria per le meschinità dei mariti (!), ecc. D'altronde al centro ci sono davvero le relazioni. Qualcosa di un po' beffardo, una falciatrice caustica passa su tutti i cinque amici protagonisti di "Fine". La fine è la morte, la vecchiaia, l'età della chiusa di tutto, l'età dei conti da fare, dei risultati di queste partite giocate o all'estremo o al ribasso - infatti tutti gli uomini protagonisti della vicenda ruotano intorno al momento ricorrente della morte e del loro funerale, dove chi vi partecipa darà un proprio punto di vista, perlopiù i "consorti", tra passato e presente. Ed è anche il momento in cui, per degli uomini che hanno vissuto decenni importanti di liberalizzazione sessuale a Copacabana, devono fare i conti con il proprio stesso corpo in decadenza, con la malattia, varie volte.
Anche il classico momento solenne di commiato che caratterizza il funerale qui è depraudato, è occasione di disagio, di chi si reca alla cerimonia malvolentieri, perché altrimenti non ci va nessuno. Altro che una collezione di orgogli affettivi raccolti in vita, è più una serie sgangherata di ciò che ne rimane, perlopiù macerie, e quasi sempre la situazione è tale perché questi cinque protagonisti maschili se la sono cercata. Ma l'atmosfera sardonica è anche il vedere effettivamente questi uomini rapportarsi con il mondo, con sé stessi, con le donne: da una parte chi vive nell'invidia degli altri, in modo apatico, chi invece si dà alla soddisfazione di sé e dell'ego senza riguardo verso i propri cari, uscendone nient'affatto meglio di chi ha vissuto in uno stato perlopiù di inerzia. In generale Torres espone una storia di "maschilità", con i desideri legati, le frustrazioni, le cecità (specialmente quando si parla di autoconsapevolezza, di percezione critica e sincera di sé stessi, nessuna di queste persone ha molta auto-coscienza), le mancanze, ma anche i sentimenti che hanno segnato e hanno "fissato" le loro vite, come punti di riferimento. C'è l'amore "pieno", di connessione acuta e possibilmente sempre sentita rincorso da Ciro con la sua Ruth, finendo per consumarsi e distruggersi per il bisogno di restare sempre assetato, sempre con i sensi sollecitati, sempre attivo, rifuggendo le noie del quotidiano; e c'è l'amore al contrario più classicamente "coniugale", meno appariscente, fatto di regolarità, di una domesticità rassicurante, che tuttavia, in questo giro di boa che l'autrice fa fare a tutti i suoi personaggi, finisce per portare, a sua volta, momenti di epifania altrettanto importanti di quelli vissuti in piena scoperta e avventura giovane, sensuale.
C'è anche l'amicizia maschile, anche se spesso contornata anch'essa da lati buii: indifferenza verso l'altro, mancanza di empatia, di aiuto nel momento del bisogno, ma anche momenti importanti di condivisione che costruiscono, nella rivalità con gli altri, lo stesso desiderio, il rapporto poi con le altre donne.
Insomma, tutti si va verso la fine, con quel che è successo o non è successo, le conquiste, i disastri, tante volte le vere e proprie brutture cancrenizzate. Torres permette al lettore, con tanti suggerimenti qua e là, di vedervi il tono di una commedia nera.
Nadia wrote: "Se il libro di Abc va bene, mi aggancio con Veronika decide di morire di Paulo Coelho, stesse iniziali."Mi aggancio a Nadia con Fine di Fernanda Torres. Stesso luogo di nascita dell'autrice: Brasile.
Ho finito il libro n. 5 Works di Vitaliano Trevisan.L'autore nel memoir ripercorre tutte le esperienze lavorative precedenti alla sua raggiunta indipendenza come scrittore, vera sua vocazione, nel mondo del lavoro nel Nord-Est italiano, più precisamente nella zona del vicentino.
Un'esperienza "variegata", costellata da lavori perlopiù temporanei, saltando da un settore all'altro - quasi sempre, salvo un momento lanciato e di spinta più carrieristica, nell'ambito operaio, ad un certo punto per scelta consapevole. Ne esce il punto forte di chi ha vissuto direttamente certi ambienti e li racconta con una sorta di sincerità, di vividezza d'impatto immediato, barcamenandosi così tra la consueta corruzione nel pubblico (e quell'ambiente democristiano, negli anni Ottanta, che l'autore proprio non può soffrire), e ancora responsabili "irresponsabili", condizioni di tutela dei lavoratori sul luogo di lavoro scarse, e tanto altro. Ne emerge un quadro non solo del Veneto fino ad oggi, ma anche un quadro italiano generale.
Trevisan in generale è una figura a margine: "melanconica", come si definisce lui, vista anche come una figura pallida e fantasma dalla famiglia, che forse avrebbe voluto per lui un percorso più sicuro e solido, e un po' strana dai suoi colleghi, riservata, un po' in disparte, talvolta appartata in sé con un libro in pausa pranzo, in generale anche soltanto dall'aspetto fisico come differente e non perfettamente assimilabile al gruppo, come se apparisse più uno straniero che non un vicentino. Lui stesso percepisce sottotraccia ciò che dovrebbe essere in dati punti della sua vita, o che dovrebbe fare, e ciò che fa effettivamente. La vita di Trevisan in generale segue una linea a zig-zag, un'accatastarsi di lavori che fanno da tappo, tante dispersioni e disordini, saltando qui e lì, "sfangandola" e trovando ciò che garantisce, perlopiù, di portar a casa di che vivere, non una costruzione attiva. Lo stesso rapporto dell'autore con il lavoro è abbastanza pessimista, tanto che in alcune pagine guarda con sconcerto chi vi costruisce sopra fini di autorealizzazione obliando i motivi più elementari per cui è condotto. Non c'è però affettazione ideologica, semmai, al contrario, lo smascheramento di tante di queste affettazioni negli altri, semmai c'è sincerità anche verso sé stessi, esponendo anche le proprie debolezze, la precarietà che non è soltanto in un sistema esterno, ma è anche al centro della sua persona, salvo la stella polare della necessità di scrivere.
Di sicuro essere approdato alla scrittura, inseguita fin da piccolo, è un approdo azzeccato - nonostante a sua volta non sia un ambiente in cui possa inserirsi con tutte le scarpe, sempre un po' fuori, un po' insofferente a vari meccanismi (e, nonostante il cambio, ancora l'eterno "non ci sono soldi"), cioè qualche stoccata a certe leziosità e cecità piccolo-borghesi, come anche alcuni egocentrismi nel mondo della cultura italiana. Bello tutto il comparto di riferimenti letterari: la passione per Bernhard (sarebbe curioso vederla in altri suoi libri, come eredità di stile), per Beckett e altri autori.
Abc wrote: "Mi aggancio a Nadia con Gli uomini con il triangolo rosa, criterio analogia, colore nel titolo"Mi aggancio ad Abc con La via dello zen di Alan W. Watts. Stesso genere: non-fiction.
Finito il libro n. 26 Gilead di Marilynne Robinson.Davvero bellissimo. Sicuramente l'autrice ha scelto uno dei modi migliori per poter parlare di fede, di spirito cristiano, senza perdere un carattere di interesse universale per i lettori, vincolandoli al dover essere credenti o meno per poter trovare interessante la lettura.
La forma è "particolare": l'autrice immagina che il suo protagonista, un predicatore, John Ames, ormai di una certa età, si metta a scrivere tutto ciò che non potrà, forse, mai dire al figlio prima di morire. Sarà un modo per lui di scoprirsi come essere umano, nei suoi dubbi, nelle sue "profondità", nelle sue debolezze, anche, ma sempre animate da uno spirito onesto. Da ciò diventa come un diario, uno spazio di riflessione di Ames dove viene filtrata anche la realtà attuale che sta vivendo, giorno dopo giorno. Gilead è il nome di una cittadina nell'Iowa, una cittadina un po' abbandonata, dimessa rispetto alle possibilità di più grandi centri urbani, dove varie sciagure, anche, si sono abbattute sugli abitanti, tra le difficoltà legate alla Grande depressione, siccità, e altro, e l'hanno resa un posto un po' ruvido, forse, dove non sembra sempre che vada la pena continuare a vivere. La realtà è una realtà molto piccola e provinciale, e per chi forse ha un tipo di mentalità curiosa, aperta, che vuole sondare di più e indagare di più, i suoi confini possono essere angusti. In realtà l'umano è ovunque, anche nelle sue realtà più piccole, e tutto il libro è pervaso da una speranza molto bella e combattuta, sofferta, dove non c'è una positività solare, ma una sorta di luce faticata, sorretta dalla fede, dal non farsi irrigidire ma ancora tentare di comprendere ciò che, per un predicatore, Dio vuole da lui, in rapporto a quotidiani confronti con il dolore, con umani che possono rappresentare un peccato mortale recidivo, con destini un po' sgangherati, e in cui tuttavia si nasconde anche un mistero imperscrutabile com'è sempre una vicenda umana, irrimediabilmente privata, su cui nessun altro potrà giudicare con sicurezza. Il libro è lirico nel cogliere la bellezza del mondo, da piccoli quadri naturali immortalati nel flusso delle giornate, come anche di piccoli momenti relazionali, come fotografie di una bellezza semplice eppure ricchissima. C'è tanto rispetto, quasi gratitudine verso i vari fenomeni del mondo.
Ci sono anche generazioni a confronto, c'è appunto la consapevolezza che l'incontro tra due esseri umani è sempre approssimativo, appartenendo ognuno a un mondo con mappe private, dove ognuno ha un senso personale dell'accettabile e del non accettabile, proprie leggi intraducibili, nonostante, dall'esterno, si possa acconsentire apparentemente sulle stesse norme, le stesse parole. In questa distanza tra gli esseri umani si riflette proprio il mistero di ogni uomo, dai più virtuosi ai meno virtuosi.
La capacità stilistica di Robinson di illuminare anfratti umani è magnetica, ne fa vedere luci e ombre, rende l'affettività del particolare essere umano Ames, senza perdere mai autenticità o un senso di onnicomprensività, di non edulcoramento, di confronto attivo con ciò che può sembrare il male, nella sua realtà spesso umana. Ho segnato molti passaggi che risuonavano in me particolarmente. Leggerò con entusiasmo il resto della trilogia.
Nadia wrote: "Mi aggancio al libro di Anastasia con Le regole del tè e degli amori imperfetti di Mara Roberti, stessa parola."Mi aggancio con Gilead di Marilynne Robinson. Stesse iniziali: MR.
Finito il libro n. 24 Lo Zen e la cerimonia del tè di Kakuzo Okakura.Bel saggettino di una figura intellettuale importante dei primi anni del Novecento. Kakuzo Okakura prende come centro esemplificativo il té, per mostrare come sia simbolo di una "filosofia" e pratica zen che sono al cuore dell'antichità orientale, contrapposta alla modernità, con l'industrializzazione e i tanti colletti bianchi, e il vestirsi da impiegati all'occidentale - tutte cose che racconta molto bene anche il romanziere Natsume Soseki - dove l'occidentalizzazione sta facendo, secondo Okakura, "uno scempio" di tanti elementi importanti giapponesi. Una parte è divisa nella storia del té, dall'antica Cina fino ad arrivare all'importazione giapponese. Si mostrano i procedimenti del té bollito, del té sbattuto e poi infine del più attuale té infuso. Il té non è mai in sé stesso, ma è una fonte di connessione profonda e di armonia immanente con le cose, e così si raccontano alcune pratiche zen dall'arte alla ritualità. Il rituale della cerimonia del té infatti è stato preso dai monaci buddisti e trasferito poi in occasioni più "laiche", "mondane" della vita quotidiana e si nota nel culto delle piccole cose - elemento che contraddistingue la cultura giapponese, sin dagli elementi più pop nel consumo di prodotti culturali - e dell'umiltà, passando per il valore del vuoto nell'arte e nell'allestimento della stanza da té. L'occhio, dal quadro alla stanza che abita, deve poter avere spazio per colmare ciò che di soltanto accennato c'è, con il proprio sentore. In questo Okakura si lamenta dell'architettura e arredamento occidentale, spesso barocca, estremamente carica di elementi, sfarzosa, descrivendo molte stanze dell'élite occidentale come stanze museali, cataloghi di oggetto - ammassi di cose, troppe cose. Devo dire che una parte di me ha apprezzato molto questo concetto, il bisogno di spazi distesi. E apprezzo molto il culto del vuoto, di cui avevo già letto in Barthes.
Okakura passa a parlare del modo in cui ci si debba approciare ai fiori, una parte importante sia per i cultori dei fiori "specializzati" che per chi allestisce la stanza da té e la cerimonia, parlando di nuovo del fatto che gli occidentali non rispettano la natura, recidendo il fiore senza foglie e lasciando come un gambo e una testa morte. In questo viene spiegato il senso e il valore, anche a livello estetico, dato ai fiori con veduta più ampia, parlando in generale dell'importanza della bellezza e dell'approccio accurato, delicato verso di essa. In generale è evidente un culto estetico che diventa una regola di vita, per uniformarsi ad un senso più alto di tante barbarie e restituire alla stessa quotidianità grazia e pace, equilibrio, armonia.
Non mancano considerazioni generali sul modo in cui i giapponesi stessi, nella modernità, guardano all'antico solo come imitazione o "must have" da catalogo, passando qualche critica ad altre scuole che la postfazione chiarisce, come chiarisce in generale il contesto storico di Okakura e il tipo di figura che era.
