Il Fu Mattia Pascal Quotes

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Luigi Pirandello
“Mah! C'è chi comprende e chi non comprende caro signore. Sta molto peggio chi comprende, perchè alla fine si trova senza energie e senza volontà. Chi comprende, infatti, dice: . Benissimo! Ma a un certo punto ci si accorge che la vita è tutta una bestialità, e allora dica un pò cosa significa il non averne commesso nessuna: significa per lo meno non aver vissuto, caro signore.”
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

Luigi Pirandello
“Perché la vita, per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui beatamente è piena, ha l'inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l'arte crede suo dovere obbedire. Le assurdità della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perché sono vere. All'opposto di quelle dell'arte che, per parer vere, hanno bisogno d'esseri verosimili. E allora, verosimili, non sono più assurdità. Un caso della vita può essere assurdo; un'opera d'arte, se è opera d'arte, no. Ne segue che tacciare d'assurdità e d'inverosimiglianza, in nome della vita, un'opera d'arte è balordaggine. In nome dell'arte, sì; in nome della vita, no.”
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

Luigi Pirandello
“come se parimenti dalle proprie sofferenze vi fosse abilitato. E se gli altri non gli fanno il bene quasi per dovere, egli li accusa, e di tutto il male ch’egli fa quasi per diritto, facilmente si scusa.”
Luigi Pirandello, Il Fu Mattia Pascal: Narrativa Italiana 13

Luigi Pirandello
“Ma volendo parlare così astrattamente come codesti critici fanno, non è forse vero che mai l'uomo tanto appassionatamente ragiona o (sragiona, che è lo stesso), come quando soffre, perchè appunto delle sue sofferenze vuol veder la radice, e chi gli e le ha date, e se e quanto sia stato giusto il dargliele; mentre quando gode, si piglia il godimento e non ragiona, come se il godere fosse suo diritto?

Dovere delle bestie è il soffrire senza ragionare. Chi soffre e ragiona (appunto perchè soffre), per quei signori critici non è umano; perchè pare che, chi soffra, debba esser soltanto bestia, e che soltanto qundo sei bestia, sia per essi umano.

Ma di recente ho pur trovato un critico, a cui son molto grato. A proposito della mia disumana e, pare, inguaribile, "cerebralità" e paradossale inverosimiglianza delle mie favole e dei miei personaggi, egli ha domandato a quegli altri critici donde attingevano il criterio per giudicare siffattamente il mondo della mia arte. "Dalla cosidetta vita normale" ha domandato. "Ma cos'è questa se non un sistema di rapporti, che noi scegliamo nel caos degli eventi quotidiani e che arbitrariamente qualifichiamo normale?" Per concludere che "non si può giudicare il mondo di un artista con un criterio di giudizio attinto altrove che da questo mondo medesimo".”
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

Luigi Pirandello
“Ma se il valore e il senso universalmente umano di certe mie favole e di certi miei personaggi, nel contrasto, com'egli dice, tra realtà e illusione, tra volto individuale e immagine sociale di esso, consistesse innanzi tutto nel senso e nel valore da dare a quel primo contrasto, il quale, per una beffa costante della vita, ci si scopre sempre inconsistente, in quanto che, necessariamente purtroppo, ogni realtà d'oggi è destinata a scoprircisi illusione domani, ma illusione necessaria, se purtroppo fuori di essa non c'è per noi altra realtà? Se consistesse appunto in questo, che un uomo o una donna, messi da altri o da se stessi in una penosa situazione, socialmente anormale, assurda per quanto si voglia, vi durano, la sopportano, la rappresentano davanti agli altri, finchè non la vedono, sia pure per la loro cecità o incredibile buonafede; perchè appena la vedono come a uno specchio che sia posto loro davanti, non la sopportano più, ne provan tutto l'orrore e la infrangono o se non possono infrangerla, se ne senton morire? Se consistesse appunto in questo, che una situazione socialmente anormale, si accetta, anche vedendola a uno specchio, che in questo caso ci para davanti la nostra stessa illusione; e allora la si rappresenta, soffrendone tutto il martirio, finchè la rappresentazione di essa sia possibile dentro la maschera soffocante che da noi stessi ci siamo imposta o che da altri o da una crudele necessità ci sia stata imposta, cioè fintanto che sotto questa maschera un sentimento nostro, troppo vivo, non sia ferito così addentro, che la ribellione alla fine prorompa e quella maschera si stracci e si calpesti?

"Allora, di colpo" dice il critico "un fiotto d'umanità invade questi personaggi, le marionette divengono improvvisamente creature di carne e di sangue, e parole che bruciano l'anima e straziano il cuore escono dalle loro labbra."

E sfido! Hanno scoperto il loro nudo individuale sotto quella maschera, che li rendeva marionette di se stessi, o in mano agli altri; che li faceva in prima apparir duri, legnosi, angolosi, senza finitezza e senza delicatezza, complicati e strapiombanti, come ogni cosa combinata e messa sù non liberamente ma per necessità, in una situazione anormale, inverosimile, paradossale, tale insomma che essi alla fine non han potuto più sopportarla e l'hanno rotta.

L'arruffio, se c'è, dunque è voluto; il macchinismo, se c'è, dunque è voluto; ma non da me: bensì dalla favola stessa, dagli stessi personaggi; e si scopre subito, difatti: spesso è concentrato apposta e messo sotto gli occhi nell'atto stesso di concentrarlo e di combinarlo: è la maschera per una rappresentazione; il giuoco delle parti; quello che vorremmo e dovremmo essere; quello che agli altri pare che siamo; mentre quel che siamo, non lo sappiamo, fino a un certo punto, neanche noi stessi; la goffa, incerta metafora di noi; la costruzione, spesso arzigogolata, che facciamo di noi, o che gli altri fanno di noi: dunque, davvero un macchinismo, si, in cui ciascuno volutamente, ripeto, è la marionetta di se stesso; e poi, alla fine, il calcio che manda all'aria tutta la baracca.

Credo che non mi resti che di congratularmi con la mia fantasia se, con tutti i suoi scrupoli, ha fatto apparir come difetti reali, quelli ch'eran voluti da lei: difetti di quella fittizia costruzione che i personaggi stessi ham messo su di sè e della loro vita, o che altri ha messo sù per loro: i difetti insomma della maschera finchè non si scopre nuda.”
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal

Luigi Pirandello
“Ho letto testé in un libro che i pensieri e i desiderii nostri s’incorporano in un essenza plastica, nel mondo invisibile che ne circonda, e tosto vi si modellano in forma di essere viventi, la cui apparenza corrisponde all’intima loro natura. E questi esseri, non appena formati, non sono più sotto il dominio di chi li ha generati, ma godono d’una lor propria vita, la cui durata dipende dall’intensità del pensiero o del desiderio generatore. Per fortuna, i pensieri della maggior parte egli uomini son così vaghi e indeterminati, che gli esseri che ne risultano han labilissima vita e momentanea: bolle di sapone. Ma un pensiero che spesso si riproduca o un desiderio vivo e costante formano un essere che può vivere anche parecchi giorni. E poiché naturalmente i nostri pensieri e i nostri desiderii spessissimo son per noi stessi, avviene che attorno a noi dimorino tanti di questi esseri, che tendono a provocar di continuo la ripetizione dell’idea, del desiderio ch’essi rappresentano, per attinger forza e accrescimento di vita. Chi dunque insista e batta costantemente su un desiderio, viene a crearsi come un camerata invisibile, legato a lui dal proprio pensiero, quasi un cagnolino incatenato, senz’obbligo di museruola ed esente da tasca. Questo camerata, però, potrà anche essere un canaccio che morde, un vile mastino; e allora son guai! Ma dipende da noi.”
Luigi Pirandello, Il fu Mattia Pascal