In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".
Oggi l'opera prescelta è “Elsa” di Angela Bubba.
Mi accade raramente di leggere per puro svago delle biografie. Non ci incappo che per "sbaglio", quasi mai per diletto, eppure, per una strana congiuntura favorevole ho dovuto (senza alcuna fatica né resistenza) ricredermi: tanto le narrazioni di storie e fatti di chiara finzione letteraria, quanto le storie di vite vissute, reali - in una parola "vere" - possono regalare un tempo magico. E così mi sono lasciata "convincere" dalla scrittura di Angela Bubba, autrice di una biografia dedicata alla figura della grande scrittrice, prima donna a vincere nel 1957 il Premio Strega con "L'isola di Arturo", nonché moglie di Alberto Moravia, Elsa Morante. Mi sono lasciata catturare da questo ritratto accurato e onesto che va dalla sua infanzia, trascorsa al Testaccio, alle esperienze, allo stretto e necessario connubio tra vita e letteratura. Elsa viene descritta come una bimba pallida, "una maschera slavata", a dispetto dell'etimo germanico del suo nome che la origina salda, resistente: l'elsa, infatti, è il termine che indica la traversa metallica posta alla base dell'impugnatura delle spade. Con una doppia funzione, l'una di protezione della mano e l'altra di fermo della lama dell'arma bianca contro il fodero...
Eppure Elsa, la futura grande intellettuale, nonostante le premesse poco incoraggianti, la salute non esattamente florida, il carattere particolare e la tempra non comune tra i suoi coetanei, pare, invece, sbalordire per forza e tenacia insospettabili e straordinarie. Con una penna assolutamente magistrale, l'autrice di queste pagine ricalca la vicenda umana della Morante attraverso le tappe principali della sua esistenza, ripercorrendone esperienze dolorose, incontri fortunati, il rapporto con i genitori, gli innamoramenti e le delusioni, i primi esordi letterari, il distacco voluto e necessario dalla famiglia. L'incontro con un nemmeno trentenne Alberto Moravia accade in modo naturale, grazie ad un comune amico pittore e da quel momento in poi ogni cosa assume forma e aspetto nuovi. Elsa considera con smarrimento quell'uomo che la incuriosisce come nessun altro fino ad allora, quel tale dai modi composti e sorriso largo, accogliente, "una creatura lunare", dallo "splendore opalino dei pesci". Abile e affabile interlocutore con l'ammirata passione per la letteratura russa e per Dostoevskij in special riguardo.
Sola, forte e sofferente, con il suo «senso disperato dell’epica», così la descrive Moravia, e con una scrittura che è sostanza viva e, al tempo stesso, impalpabile, come trapela in questo romanzo biografico che si delinea quasi mappa geografica di rapporti tra Elsa e la famiglia d’origine, il burrascoso legame con la madre Irma, i fratelli, il vero padre Fancesco e Augusto, colui che lei crede suo padre fino a un certo punto della vita, quando la madre le rivela la verità. E da lì in poi tutto cambia. Un momento topico a partire dal quale Elsa decide di indagare la verità, chiedendosi le ragioni del nascere e morire, sebbene «il sangue non si cambia. Accettalo». Così le ripete Alberto Moravia, che lamenta e forse non comprende fino in fondo la scelta rabbiosa di lei di non rivolgere più parola alla madre, o di non confidarsi mai appieno con il marito relegandolo spesso in qualche margine del vivere e del pensiero.
La rabbia della scrittrice si scaglia non solo contro la madre o il consorte, ma assume consistenza di demone sgradevole che la rende sgradita, brusca, in continua ricerca di riconoscimento, nella consapevolezza del suo tempo storico in bilico tra inettitudine e eroismo. Un tempo vissuto nei frequenti traslochi in case vissute come troppo piccole o troppo grandi, nella vorace e costante necessità di far posto tra le stanze prima ai libri che a se stessa. Ne emerge un ritratto, dunque, intenso e "teso", capace di mantenere il lettore vigile e attento, in una danza quasi ipnotica, in questa mappa di relazioni, viaggi, lotta per l'indipendenza e amori lunga un'intera (e fiera) esistenza.
Angela Bubba è nata nel 1989 a Catanzaro. Col suo primo romanzo, La casa (Elliot, 2009), è entrata nella rosa di dodici del Premio Strega. La sua prima opera saggistica, Elsa Morante madre e fanciullo (Carabba,2016), ha vinto il Premio Morante per la critica. Per Bompiani ha pubblicato MaliNati (2012), Via degli Angeli (con Giorgio Ghiotti, 2016) e Preghiera d’acciaio (2017). Suoi scritti sono apparsi su Nazione Indiana e Nuovi Argomenti. Vive a Roma, dove si occupa anche di ricerca nel campo dell’italianistica.
Oggi l'opera prescelta è “Elsa” di Angela Bubba.
Mi accade raramente di leggere per puro svago delle biografie. Non ci incappo che per "sbaglio", quasi mai per diletto, eppure, per una strana congiuntura favorevole ho dovuto (senza alcuna fatica né resistenza) ricredermi: tanto le narrazioni di storie e fatti di chiara finzione letteraria, quanto le storie di vite vissute, reali - in una parola "vere" - possono regalare un tempo magico. E così mi sono lasciata "convincere" dalla scrittura di Angela Bubba, autrice di una biografia dedicata alla figura della grande scrittrice, prima donna a vincere nel 1957 il Premio Strega con "L'isola di Arturo", nonché moglie di Alberto Moravia, Elsa Morante. Mi sono lasciata catturare da questo ritratto accurato e onesto che va dalla sua infanzia, trascorsa al Testaccio, alle esperienze, allo stretto e necessario connubio tra vita e letteratura. Elsa viene descritta come una bimba pallida, "una maschera slavata", a dispetto dell'etimo germanico del suo nome che la origina salda, resistente: l'elsa, infatti, è il termine che indica la traversa metallica posta alla base dell'impugnatura delle spade. Con una doppia funzione, l'una di protezione della mano e l'altra di fermo della lama dell'arma bianca contro il fodero...
Eppure Elsa, la futura grande intellettuale, nonostante le premesse poco incoraggianti, la salute non esattamente florida, il carattere particolare e la tempra non comune tra i suoi coetanei, pare, invece, sbalordire per forza e tenacia insospettabili e straordinarie. Con una penna assolutamente magistrale, l'autrice di queste pagine ricalca la vicenda umana della Morante attraverso le tappe principali della sua esistenza, ripercorrendone esperienze dolorose, incontri fortunati, il rapporto con i genitori, gli innamoramenti e le delusioni, i primi esordi letterari, il distacco voluto e necessario dalla famiglia. L'incontro con un nemmeno trentenne Alberto Moravia accade in modo naturale, grazie ad un comune amico pittore e da quel momento in poi ogni cosa assume forma e aspetto nuovi. Elsa considera con smarrimento quell'uomo che la incuriosisce come nessun altro fino ad allora, quel tale dai modi composti e sorriso largo, accogliente, "una creatura lunare", dallo "splendore opalino dei pesci". Abile e affabile interlocutore con l'ammirata passione per la letteratura russa e per Dostoevskij in special riguardo.
Sola, forte e sofferente, con il suo «senso disperato dell’epica», così la descrive Moravia, e con una scrittura che è sostanza viva e, al tempo stesso, impalpabile, come trapela in questo romanzo biografico che si delinea quasi mappa geografica di rapporti tra Elsa e la famiglia d’origine, il burrascoso legame con la madre Irma, i fratelli, il vero padre Fancesco e Augusto, colui che lei crede suo padre fino a un certo punto della vita, quando la madre le rivela la verità. E da lì in poi tutto cambia. Un momento topico a partire dal quale Elsa decide di indagare la verità, chiedendosi le ragioni del nascere e morire, sebbene «il sangue non si cambia. Accettalo». Così le ripete Alberto Moravia, che lamenta e forse non comprende fino in fondo la scelta rabbiosa di lei di non rivolgere più parola alla madre, o di non confidarsi mai appieno con il marito relegandolo spesso in qualche margine del vivere e del pensiero.
La rabbia della scrittrice si scaglia non solo contro la madre o il consorte, ma assume consistenza di demone sgradevole che la rende sgradita, brusca, in continua ricerca di riconoscimento, nella consapevolezza del suo tempo storico in bilico tra inettitudine e eroismo. Un tempo vissuto nei frequenti traslochi in case vissute come troppo piccole o troppo grandi, nella vorace e costante necessità di far posto tra le stanze prima ai libri che a se stessa. Ne emerge un ritratto, dunque, intenso e "teso", capace di mantenere il lettore vigile e attento, in una danza quasi ipnotica, in questa mappa di relazioni, viaggi, lotta per l'indipendenza e amori lunga un'intera (e fiera) esistenza.
Angela Bubba è nata nel 1989 a Catanzaro. Col suo primo romanzo, La casa (Elliot, 2009), è entrata nella rosa di dodici del Premio Strega. La sua prima opera saggistica, Elsa Morante madre e fanciullo (Carabba,2016), ha vinto il Premio Morante per la critica. Per Bompiani ha pubblicato MaliNati (2012), Via degli Angeli (con Giorgio Ghiotti, 2016) e Preghiera d’acciaio (2017). Suoi scritti sono apparsi su Nazione Indiana e Nuovi Argomenti. Vive a Roma, dove si occupa anche di ricerca nel campo dell’italianistica.
Recensione a cura di Rita Pagliara.