Pamela Geroni's Blog

June 24, 2020

5 cose che non sopporto in un romanzo

Scorrendo la lista degli ultimi romanzi che non mi sono piaciuti ho notato alcuni fattori ricorrenti: da qui l’idea di questo post! Ecco dunque cinque cose che per me significano allarme rosso — ovvero rischio bocciatura

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Published on June 24, 2020 22:00

June 11, 2020

It Smells Like Teen Series! Le cinque serie tv che non puoi perdere

Hai un debole per le serie televisive con protagonisti adolescenti sebbene tu non lo sia più da un pezzo? Sei in buona compagnia! Ma cosa le rende così speciali? E quali dovresti assolutamente vedere? Chiacchieriamone!


La scuola, durante l‘adolescenza, diventa palcoscenico di drammi quotidiani. Ogni cosa sembra essere questione di vita o di morte, e l‘amore, beh, è sempre vero amore. Le serie tv americane enfatizzano questi aspetti, rappresentandoli in alcuni casi in modo letterale. Gli adulti, il più delle volte, danno il peggio di sé accentuando la distanza tra i due mondi: il loro compito sembra essere quello di non capire i protagonisti e ignorare la verità. Per esempio, che una studentessa in apparenza scapestrata è LA cacciatrice di vampiri, e di notte invece di riposarsi è costretta a fare la ronda nei cimiteri. Lo sai di chi sto parlando, vero?


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Quando ero una teenager, vedere il mio mondo rappresentato sul piccolo schermo in qualche modo mi faceva sentire speciale e compresa. Come ogni ragazzina avevo le mie battaglie da combattere, anche se non nascondevo paletti nell‘armadio e il mio liceo non si trovava proprio sopra la bocca dell‘inferno come la Sunnydale High. Ci mancava solo quello, comunque.


Le vicende non brillano per realismo, e non mi riferisco solo agli elementi soprannaturali. Una sedicenne può entrare in affari, aprire un locale e gestire un casinò (Veronica Lodge in Riverdale). Un ragazzo, invece, può  finire – ingiustamente – in un carcere minorile perché incastrato dal “suocero“ malavitoso e diventare il numero uno nel circolo di boxe clandestino – (Archie Andrews, sempre in Riverdale)Spesso e volentieri abbracciano il trash senza alcuna vergogna, anzi, in qualche modo ne fanno l‘asso nella manica. Io, qui lo dico e qui lo nego, mi diverto come una matta.


Il punto, però, è che anche quando le vicende non sono verosimili, ci si identifica. Cotte epiche, cuori spezzati, contrasti con i migliori amici, insegnanti che ambiscono all‘Oscar per best villain hai presente, no? Quando hai la loro stessa età (poco importa se gli attori che fanno la parte dei sedicenni ne hanno almeno una ventina e sono tutti super fighi

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Published on June 11, 2020 07:35

May 27, 2020

Quello che ho capito su creatività e procrastinazione

Se fai parte del team procrastinatori senza speranza, questo post fa al caso tuo. 

So di cosa parlo, fidati, e a lungo mi sono sentita sbagliata per questo. Ho sempre creduto che la soluzione fosse scoprire il giusto metodo di time-management, ma ero completamente fuori strada. Non smetterò mai di essere grata a Amie McNee, autrice e creative-coach che trovi su Instagram come @inspiredtowrite. Quello che ti sto per raccontare è frutto della mia esperienza e di ciò che ho compreso con l’aiuto dei suoi preziosi insegnamenti. For the Procrastinator, in particolare, è rivoluzionario.


Vuoi la soluzione? Ti accontento subito: bisogna cambiare prospettiva. Ti devi porre la domanda del secolo, ovvero perché stai procrastinando. Che si tratti di racconti lasciati a metà, del corso online di chitarra di cui hai seguito solo le prime lezioni, o dei quadri mai finiti abbandonati sotto un lenzuolo in garage, il problema, quasi sempre, sta proprio nel perché. Per trovarlo, però, si deve scavare. A volte è doloroso. La verità non è quasi mai nella risposta che tendiamo a dare all’amico, come “se solo avessi tempo“, hai presente?


Ecco una delle mie risposte.


Tendo a procrastinare perché ho paura di non essere all’altezza delle mie aspettative. Ti parlo da scrittrice: le storie, nella mia testa, sono perfette. Finché rimangono lì sono al sicuro. Anch’io mi sento al sicuro. Quando decido di scriverle, invece, devo mettere alla prova sia loro che me stessa. Tante volte in passato le ho lasciate in stand-by dicendomi che ero troppo stanca, che non era il momento giusto, che non mi sentivo ispirata…


TUTTE SCUSE. 


Il più delle volte, almeno. Facciamo il 95% delle volte. Sono sicura tu capisca cosa intendo: ho scoperto, infatti, che questa cosa accomuna quasi tutti i creativi. 


Regola numero 1: la smania di perfezione è nemica giurata della creatività

Se partiamo così, è probabile che fisseremo il computer (o la tela, o quel che è) senza riuscire a cavare un ragno dal buco. E la volta successiva, angosciati da quest’esperienza, ci diremo che non è giornata. Per smettere di procrastinare ci dobbiamo dare la libertà di fare schifo. Si, hai letto bene

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Published on May 27, 2020 23:00

May 13, 2020

Perché scegliere il self-publishing

Una piccola premessa

Non stai per leggere una guida al self-publishing. Il mio obiettivo principale è offrire una panoramica delle motivazioni che possono esserci alla base di questa scelta di pubblicazione, con la speranza di sfatare nel mentre qualche pregiudizio di cui spesso è ancora vittima, in particolar modo in Italia. È frutto della mia esperienza con Lolita in Love e di riflessioni maturate anche grazie alla lettura di alcuni dei numerosi testi che esistono sull’argomento, ma non pretende in alcun modo di essere esaustivo. È un post che scaturisce anche dal bisogno di rispondere a chi crede che si tratti di “stamparsi un libro da soli”.


È normale che la tradizione si ribelli al nuovo. Un tempo ormai lontano guardavo all’ebook reader come a uno scempio a cui non avrei mai ceduto. Oggi sono al terzo Kindle, che adoro, e comunque non ho smesso di acquistare cartacei. Una realtà non esclude per forza l’altra, e non dev’essere migliore o peggiore. Degna o indegna.


Quello che non capisco è la ragione per cui in altri ambiti essere freelance sia invece percepito come qualcosa di positivo. Il regista indipendente, il musicista che si autoproduce un album, tanto per citare due esempi, non vengono accolti con lo stesso snobismo che si riserva agli scrittori che, di fatto, compiono la stessa scelta. Anzi, queste due figure sono circondate da un alone romantico: sono cool, alternative, e tante altre cose belle.


L’autore self, invece, per tanti è uno sfigato. Qualcuno che non ha abbastanza talento da venire pubblicato dall’editoria tradizionale. Un dilettante come chi partecipa alla Corrida, da prendere bonariamente in giro, quando va bene, o da guardare con un cipiglio di superiorità quando si vuole sottolineare tutta la distanza che lo separa dai veri intellettuali.


Certo, ci sono pessimi libri autopubblicati. Ce ne sono di pessimi anche in libreria. Quindi, come la mettiamo? Provo a fare un po’ di chiarezza!


First things first: di cosa stiamo parlando

Il fenomeno del self-publishing non è cosa nuova, se ne parla da più di una decina di anni, e rappresenta l’alternativa alla cosiddetta editoria tradizionale. Poniamo caso tu sia uno scrittore che ha concluso il suo romanzo e ora desidera vederlo pubblicato. La prassi comune è iniziare a inviare il tuo manoscritto alle case editrici in linea con il tuo lavoro, e poi… aspettare una loro risposta. Risposta che potrebbe non arrivare mai (hai idea del numero di manoscritti che riceve in media ogni giorno una casa editrice?) o arrivare ed essere negativa. Guardiamo in faccia la realtà: la probabilità che il responso sia negativo è molta alta, soprattutto per un autore sconosciuto. Se sei tra i fortunati, invece, allora da quel momento la casa editrice si occuperà in toto del tuo romanzo. L’editing, la correzione di bozze, la realizzazione della copertina, ogni singolo passaggio sarà a suo carico e di sua competenza. Per quanto riguarda il compenso economico dipenderà dalle condizioni del contratto. A meno che il tuo romanzo non diventi un caso editoriale e magari pure un film, non aspettarti di diventare il principe di Bel-Air. In media un esordiente può ottenere circa tra il 5 – 10% del prezzo di copertina per ogni copia venduta. Non sono molti quelli che riescono a vivere solo di scrittura

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Published on May 13, 2020 22:00

April 20, 2020

La (mia) verità sul caso Harry Quebert di Joël Dicker

Una doverosa premessa

È la terza volta che inizio questo post e lo cancello. Mi chiedo se esista un modo giusto per parlarti di La verità sul caso Harry Quebert, un romanzo di Joël Dicker che è piaciuto a tutti quelli che me ne hanno parlato e che io, invece, ho trovato deludente. Non vorrei sembrare compiaciuta nell’essere la voce fuori dal coro, non è davvero di questo che si tratta. Lungi da me voler scrivere una recensione per il gusto di prendere in giro un libro solo perché non l’ho gradito. So che di solito sono quelle che divertono di più il pubblico, ma nella maggioranza dei casi le trovo un po’ offensive. Cercherò solo di essere sincera come lo sono quando ti racconto di una lettura che ho adorato, certa che tu capisca che in ogni caso si tratta solo di una mia opinione. Non è un giudizio nei confronti di chi invece l’ha amato, e se avevi intenzione di leggerlo spero tu non ti faccia condizionare da quanto sto per scrivere.


La trama

Marcus Goldberg è un giovane scrittore che dopo aver conosciuto un successo incredibile grazie al primo romanzo non riesce più a scrivere qualcosa di buono. Si rivolge così al suo vecchio mentore, Harry Quebert, che lo invita a trascorrere qualche giorno nella sua villa sul mare nel New Hampshire. Quando il cadavere di una ragazza scomparsa trent’anni prima viene ritrovato nel suo giardino ed Harry è accusato di omicidio, Marcus decide di aiutarlo scoprendo la verità su quel caso mai risolto. E ci scrive pure un libro, così, per unire l’utile al dilettevole.


Fino a quasi metà ho continuato a sperare in uno sviluppo che mi facesse dire okay, ora capisco quello di cui tutti parlano, questo libro è indimenticabile. O qualcosa del genere, insomma. Purtroppo quel momento non è mai arrivato, e sebbene abbia fatto le quattro di notte per terminarlo, è solo colpa della follia che mi prende di tanto in tanto: del tipo, col cavolo che ti metto giù, ora io e te la facciamo finita. Le sue quasi ottocento pagine si leggono in fretta, questo bisogna riconoscerlo, e Dicker sa condurre la narrazione con quella leggerezza che spinge a voltarle senza nemmeno rendersene conto. Le pecche, però, via via che la storia procede, diventano sempre più evidenti.


La storia d’amore tra Harry e Nola

Il problema per quanto mi riguarda non è il disagio per il fatto che Nola abbia quindici anni ed Harry, al tempo della loro relazione, trenta. Questo è un altro paio di maniche, e la letteratura è piena di amori sbagliati eccetera eccetera. Il problema principale, qui, è che la loro storia si basa sul nulla cosmico. Non si capisce perché si innamorino e su cosa si costruisca la loro relazione dato che i dialoghi tra i due sono vuoti, inconsistenti, fatti dei cliché più imbarazzanti. Non c’è un momento in cui abbia sentito cosa provano l’uno per l’altra, cosa li unisca. Essendo la loro storia il nucleo del romanzo, direi che questo è piuttosto grave.


Nola

Non posso nemmeno definirla un personaggio bidimensionale: lei è proprio l’emblema della piattezza. Anche la rivelazione sul suo passato è vana: non serve a nulla, né a conferirle spessore, né a gettare luce sugli eventi. Credo che l’autore abbia qualche problema con la caratterizzazione dei personaggi femminili dato che non ce n’è uno di riuscito. Di fatto, però, nemmeno quelli maschili se la passano meglio. Non so cosa aggiungere senza infierire. Sembrano tutte caricature, senza momenti in cui escono dalla pagina per diventare qualcosa si più. Su quest’aspetto tornerò tra un attimo. Piccola perla: una donna di sessantatré anni viene definita una vecchina.


I colpi di scena

Mano a mano che la storia procede, i colpi di scena vengono gettati a mo’ di coriandoli, e un po’ come quando qualcuno grida ogni cinque minuti al lupo! smettono presto di sortire alcun effetto. Quando finalmente (nel senso che non ne potevo proprio più e volevo solo dormire) si scopre il bandolo, questo era così imbarazzante che non sapevo se ridere sguaiatamente o imprecare. Voglio mantenere decorosa e spoiler free questa recensione, quindi mi cucio la bocca.


I dialoghi

Troppo spesso pietosi. I peggiori in assoluto sono quelli tra Marcus e sua madre, che è forse l’esempio più calzante di cosa intendessi quando parlavo di personaggi caricatura. Mi sento in dovere di riportarne uno.


« (…) Perché stai lì a occuparti di un vecchio professore invece di cercarti una ragazza? Hai trent’anni e non ti sei ancora sposato! Vuoi che tua madre muoia senza averti visto sposare una brava ragazza?»

«Hai cinquantadue anni, mamma. Abbiamo ancora un po’ di tempo.»

«Non stare a sottilizzare! Hai imparato a sottilizzare, eh? Saranno gli insegnamenti di quel maledetto Quebert. Perché non cerchi di tornare qui con una bella ragazza? Eh? Cos’è, adesso non rispondi più?»

«Ultimamente non ho avuto modo di conoscere nessuno che mi piacesse, mamma. Tra il libro, la tournée, il nuovo libro…»

«[…] Tesoro, ascolta, devo chiederti una cosa: sei innamorato di Harry? Fai cose omosessuali con lui?»

«Mamma! No! ma come ti viene in mente!»

Sentii che diceva a mio padre: “Ha detto di no. Quindi significa sì.” Poi mi chiese, sottovoce:

«Hai la malattia? La tua mammina ti vuole bene anche se sei malato.»

«Cosa? Quale malattia?»

«Quella degli uomini che sono allergici alle donne.» (p.219)


Preciso che OGNI dialogo tra i due è sulla falsa riga di questo. La madre non ha alcun peso nello svolgimento della storia, quindi presumo dovrebbero costituire degli stacchetti divertenti. Per carità, de gustibus, ma io li ho trovati irritanti e fasulli, come lo sono quei personaggi che rimangono sempre e solo delle macchiette. In effetti questo è a mio parere uno dei problemi principali del libro, ovvero dei personaggi costruiti in modo debole. Io sono dell’idea che siano loro le colonne di un romanzo, molto più della trama, e quando non sono capaci di reggerne il peso il risultato è un’opera non credibile, traballante. Un po’ come un film con dei pessimi attori.


In conclusione?

Per quanto mi riguarda, Il successo di La verità sul caso Harry Quebert è un grande punto di domanda. Dato che sono decisa a trovare qualcosa di positivo in questa esperienza, mi sento di aggiungere che:

* Ho avuto la conferma del fatto che non mi devo fare influenzare dalla media dei voti e delle recensioni di Goodreads. The Quick di Lauren Owen, di cui ho parlato qui, non ne usciva molto bene, e invece l’ho amato alla follia.

* Sarà anche un best-seller e via dicendo, ma per me è la dimostrazione che un romanzo pubblicato in modo tradizionale (da una casa editrice) non è in alcun modo garanzia di qualità.

* Ho tolto un altro romanzo dallo scaffale dei non letti.


Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi tu, quindi batti un colpo se l’hai letto

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Published on April 20, 2020 08:23

April 8, 2020

Aggiornamenti di lettura

Se sei d’accordo sorvoliamo sul fatto che è stata necessaria la quarantena affinché mi decidessi a tornare a scrivere sul blog e passiamo subito ad argomenti meno penosi, ovvero quello che ho letto nel mese di marzo. Invece di dedicare un post a ciascuna lettura, provo a inaugurare un format più snello che mi permetta di raccontarti le mie impressioni senza dilungarmi troppo! Per una chiacchierata più intima ti ricordo che c’è Teacup, la mia newsletter, a cui se non l’hai già fatto puoi iscriverti tramite il form nella colonna qui a sinistra oppure in calce al post.


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Locke & Key di Joe Hill e Gabriel Rodriguez vol. 1 – 4 (Magic Press)

Ho iniziato a leggere questi fumetti dopo aver divorato l’omonima serie tv (di cui ci sarà una seconda stagione, THANK GOD). Poche parole per raccontarti la trama, se non sai già di cosa stia parlando: dopo la drammatica morte del padre, la famiglia Locke si trasferisce nell’antica dimora paterna nella speranza che questo cambiamento aiuti tutti a voltare pagina e superare la tragedia che li ha sconvolti. Quello che nessuno di loro sa è quanto Keyhouse sia legata all’assassinio del padre… e quanti segreti nasconda. Metti un demone nel pozzo, delle chiavi magiche e la penna di Joe Hill (sì, proprio lui, il figlio di Stephen King): il risultato non può che essere WOW.


Il mio giudizio in questo momento è parziale dato che mi mancano gli ultimi tre volumi, ma dubito cambierà: sebbene sia dura battaglia, preferisco l’adattamento Netflix. Lo so, è una di quelle frasi che un lettore pronuncia assai di rado, quindi apprezza la mia onestà XD. Sebbene il fumetto abbia un tono horror più marcato e sia molto più complesso, sinora non ha scatenato in me la stessa empatia che ho provato durante la visione della serie. È probabile sia merito dell’incredibile bravura degli attori e di una colonna sonora pazzesca che non sono riuscita a togliermi dalla testa per giorni. In ogni caso mi sento di consigliarti entrambi. Magari opta per la serie tv, dove il tono è più fantasy che horror, se preferisci evitare i dettagli cruenti che nel fumetto non vengono risparmiati.


L’ultima seduta spiritica di Agatha Christie (Mondadori)

C’è poco da dire, la Christie in un modo o nell’altro è sempre la scelta giusta. Questa raccolta di racconti più o meno gotici mi ha appagata enormemente nonostante non li abbia trovati tutti allo stesso livello. Alcuni sono a dir poco geniali, altri un pochino confusi e hanno esiti non troppo brillanti, ma nell’insieme è una raccolta piacevolissima, un must per chi ama questa scrittrice o magari vuole iniziare a conoscerla partendo dalla sua vena più dark.


The Quick di Lauren Owen (Fazi)

Questa è stata LA LETTURA del mese. E pensare che attendeva paziente nella mia libreria dal 2016, e l’avevo addirittura abbandonata dopo un centinaio di pagine perché non era il suo momento *_*. Santi numi. Ora, se mi conosci bene sai che ho più che un debole per i vampiri (mi considero un po’ una vampirologa dato che sono stati oggetto della mia tesi) ma dopo l’ondata di Twilight e affini è molto difficile trovare romanzi che non siano becero romance. Nulla di tutto ciò! Siamo a Londra, piena epoca vittoriana: e se è vero che “chi si somiglia si piglia” dovrei aver catturato la tua attenzione. La quarta di copertina suggerisce che i protagonisti siano i due fratelli James e Charlotte, ma in realtà The Quick presenta molteplici narratori e punti di vista, e se di solito non amo quando la narrazione viene gestita in questo modo, qui il risultato è un romanzo impossibile da mettere giù. Molte volte mi sono chiesta se fosse ancora possibile scrivere di vampiri senza incorrere in qualcosa di trito, ebbene questo romanzo mi ha dato la risposta. Fa l’occhiolino ai grandi classici del genere tanto che riesco a immaginare una sua pubblicazione a puntate com’era d’uso all’epoca, ma non si propone di esserne una pallida copia. Deliziosamente gotico, brillante, indimenticabile.


Mrs Poe di Lynn Cullen (Neri Pozza)

Ora, è ovvio che qualunque lettura venuta dopo una così intensa non goda del migliore dei presupposti, ma non pensare che il mio giudizio sia più severo del dovuto per tale ragione. L’autrice di quest’ambizioso romanzo racconta il triangolo amoroso che ha coinvolto la suddetta signora Poe, il celebre Edgar e la poetessa Frances Osgood. Sul rapporto tra Edgar e Frances, in realtà, non si sa nulla di certo se non che tra i due c’è stato uno scambio di ardenti poesie, tra l’altro sotto gli occhi di tutti. Nonostante questo non avrei avuto nessun problema a dar per buona l’idea della Cullen, se non fosse che il romanzo cade fin da subito nelle spire di quel becero romance cui accenavo sopra. Meglio specificare che non ho nulla contro il romance, sebbene non mi capiti spesso di leggerlo. Il problema è che, se lo consideriamo da questo punto di vista, il risultato lascia molto a desiderare, tanto che per il modo con cui vengono descritti gli approcci tra i due mi è sembrato di leggere uno di quei romanzetti rosa da spiaggia. Un paio di assaggi (e non dei peggiori) per farti capire cosa intendo:


D’un tratto venne verso di me e il cuore cominciò a battermi così forte che di certo anche lui doveva sentirlo. La sua voce era impastata dal desiderio quando parlò. «Oh, donna!»


Aprendo gli occhi, l’indomani mattina, vidi Edgar presso la finestra con in mano carta e penna. Il suo nobile profilo si stagliava contro la luce morbida del mattino e il ricordo delle cose che avevamo fatto quella notte mi riempì subito di esultanza.


Oh, donna? Il ricordo delle cose che avevamo fatto quella notte mi riempì subito di esultanza? Vado ad asciugarmi le lacrime di sangue XD. Ti assicuro che non lo dico per pudicizia, anzi, ma perché queste scene richiedono una maestria che qui manca del tutto. Insomma, Mrs Poe è un’occasione persa. Al di là degli slanci ormonali l’amore tra i due non è reso in modo credibile, e nonostante gli accenni alle opere che stanno scrivendo la loro vocazione letteraria rimane sempre in ombra, come un sottofondo accessorio. Argh. Non commento nemmeno il “colpo di scena finale”, non solo per evitare spoiler, ma perché è a dir poco imbarazzante.


La campana di vetro di Sylvia Plath (Mondadori)

Onesto e doloroso, così intenso che ho dovuto leggerlo a spizzichi, inframmezzandolo ad altre letture. Non che non sapessi a cosa stavo andando incontro: è un romanzo molto biografico, e la consapevolezza che l’autrice si è suicidata un mese dopo la sua pubblicazione toglie quel barlume di speranza che lascia il finale. So di appartenere a una generazione privilegiata per nascere donna, eppure sento ancora sulla mia pelle la pressione di cui parlava Sylvia.


Un paio di considerazioni prima di concludere questo post che doveva essere snello e che invece, alla fine, tanto snello non è venuto.

Non so davvero come avrei superato il mese appena passato senza i libri di cui ti ho parlato (sì, anche quelli deludenti come Mrs Poe) e mai come in questo periodo sono grata di avere una vita interiore così ricca che mi consenta di essere felice con così poco. Ah, e finalmente i millemila libri accumulati hanno smesso di farmi sentire in colpa: tutto ha un senso, alla fine XD.


Raccontami come stai, se ti va, e se anche tu hai trovato rifugio tra le pagine!


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Published on April 08, 2020 09:21

Wrap up marzo 2020

Se sei d’accordo sorvoliamo sul fatto che è stata necessaria la quarantena affinché mi decidessi a tornare a scrivere sul blog e passiamo subito ad argomenti meno penosi, ovvero quello che ho letto nel mese di marzo. Invece di dedicare un post a ciascuna lettura, provo a inaugurare un format più snello che mi permetta di raccontarti le mie impressioni senza dilungarmi troppo! Per una chiacchierata più intima ti ricordo che c’è Teacup, la mia newsletter, a cui se non l’hai già fatto puoi iscriverti tramite il form nella colonna qui a sinistra oppure in calce al post.


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Locke & Key di Joe Hill e Gabriel Rodriguez vol. 1 – 4 (Magic Press)

Ho iniziato a leggere questi fumetti dopo aver divorato l’omonima serie tv (di cui ci sarà una seconda stagione, THANK GOD). Poche parole per raccontarti la trama, se non sai già di cosa stia parlando: dopo la drammatica morte del padre, la famiglia Locke si trasferisce nell’antica dimora paterna nella speranza che questo cambiamento aiuti tutti a voltare pagina e superare la tragedia che li ha sconvolti. Quello che nessuno di loro sa è quanto Keyhouse sia legata all’assassinio del padre… e quanti segreti nasconda. Metti un demone nel pozzo, delle chiavi magiche e la penna di Joe Hill (sì, proprio lui, il figlio di Stephen King): il risultato non può che essere WOW.


Il mio giudizio in questo momento è parziale dato che mi mancano gli ultimi tre volumi, ma dubito cambierà: sebbene sia dura battaglia, preferisco l’adattamento Netflix. Lo so, è una di quelle frasi che un lettore pronuncia assai di rado, quindi apprezza la mia onestà XD. Sebbene il fumetto abbia un tono horror più marcato e sia molto più complesso, sinora non ha scatenato in me la stessa empatia che ho provato durante la visione della serie. È probabile sia merito dell’incredibile bravura degli attori e di una colonna sonora pazzesca che non sono riuscita a togliermi dalla testa per giorni. In ogni caso mi sento di consigliarti entrambi. Magari opta per la serie tv, dove il tono è più fantasy che horror, se preferisci evitare i dettagli cruenti che nel fumetto non vengono risparmiati.


L’ultima seduta spiritica di Agatha Christie (Mondadori)

C’è poco da dire, la Christie in un modo o nell’altro è sempre la scelta giusta. Questa raccolta di racconti più o meno gotici mi ha appagata enormemente nonostante non li abbia trovati tutti allo stesso livello. Alcuni sono a dir poco geniali, altri un pochino confusi e hanno esiti non troppo brillanti, ma nell’insieme è una raccolta piacevolissima, un must per chi ama questa scrittrice o magari vuole iniziare a conoscerla partendo dalla sua vena più dark.


The Quick di Lauren Owen (Fazi)

Questa è stata LA LETTURA del mese. E pensare che attendeva paziente nella mia libreria dal 2016, e l’avevo addirittura abbandonata dopo un centinaio di pagine perché non era il suo momento *_*. Santi numi. Ora, se mi conosci bene sai che ho più che un debole per i vampiri (mi considero un po’ una vampirologa dato che sono stati oggetto della mia tesi) ma dopo l’ondata di Twilight e affini è molto difficile trovare romanzi che non siano becero romance. Nulla di tutto ciò! Siamo a Londra, piena epoca vittoriana: e se è vero che “chi si somiglia si piglia” dovrei aver catturato la tua attenzione. La quarta di copertina suggerisce che i protagonisti siano i due fratelli James e Charlotte, ma in realtà The Quick presenta molteplici narratori e punti di vista, e se di solito non amo quando la narrazione viene gestita in questo modo, qui il risultato è un romanzo impossibile da mettere giù. Molte volte mi sono chiesta se fosse ancora possibile scrivere di vampiri senza incorrere in qualcosa di trito, ebbene questo romanzo mi ha dato la risposta. Fa l’occhiolino ai grandi classici del genere tanto che riesco a immaginare una sua pubblicazione a puntate com’era d’uso all’epoca, ma non si propone di esserne una pallida copia. Deliziosamente gotico, brillante, indimenticabile.


Mrs Poe di Lynn Cullen (Neri Pozza)

Ora, è ovvio che qualunque lettura venuta dopo una così intensa non goda del migliore dei presupposti, ma non pensare che il mio giudizio sia più severo del dovuto per tale ragione. L’autrice di quest’ambizioso romanzo racconta il triangolo amoroso che ha coinvolto la suddetta signora Poe, il celebre Edgar e la poetessa Frances Osgood. Sul rapporto tra Edgar e Frances, in realtà, non si sa nulla di certo se non che tra i due c’è stato uno scambio di ardenti poesie, tra l’altro sotto gli occhi di tutti. Nonostante questo non avrei avuto nessun problema a dar per buona l’idea della Cullen, se non fosse che il romanzo cade fin da subito nelle spire di quel becero romance cui accenavo sopra. Meglio specificare che non ho nulla contro il romance, sebbene non mi capiti spesso di leggerlo. Il problema è che, se lo consideriamo da questo punto di vista, il risultato lascia molto a desiderare, tanto che per il modo con cui vengono descritti gli approcci tra i due mi è sembrato di leggere uno di quei romanzetti rosa da spiaggia. Un paio di assaggi (e non dei peggiori) per farti capire cosa intendo:


D’un tratto venne verso di me e il cuore cominciò a battermi così forte che di certo anche lui doveva sentirlo. La sua voce era impastata dal desiderio quando parlò. «Oh, donna!»


Aprendo gli occhi, l’indomani mattina, vidi Edgar presso la finestra con in mano carta e penna. Il suo nobile profilo si stagliava contro la luce morbida del mattino e il ricordo delle cose che avevamo fatto quella notte mi riempì subito di esultanza.


Oh, donna? Il ricordo delle cose che avevamo fatto quella notte mi riempì subito di esultanza? Vado ad asciugarmi le lacrime di sangue XD. Ti assicuro che non lo dico per pudicizia, anzi, ma perché queste scene richiedono una maestria che qui manca del tutto. Insomma, Mrs Poe è un’occasione persa. Al di là degli slanci ormonali l’amore tra i due non è reso in modo credibile, e nonostante gli accenni alle opere che stanno scrivendo la loro vocazione letteraria rimane sempre in ombra, come un sottofondo accessorio. Argh. Non commento nemmeno il “colpo di scena finale”, non solo per evitare spoiler, ma perché è a dir poco imbarazzante.


La campana di vetro di Sylvia Plath (Mondadori)

Onesto e doloroso, così intenso che ho dovuto leggerlo a spizzichi, inframmezzandolo ad altre letture. Non che non sapessi a cosa stavo andando incontro: è un romanzo molto biografico, e la consapevolezza che l’autrice si è suicidata un mese dopo la sua pubblicazione toglie quel barlume di speranza che lascia il finale. So di appartenere a una generazione privilegiata per nascere donna, eppure sento ancora sulla mia pelle la pressione di cui parlava Sylvia.


Un paio di considerazioni prima di concludere questo post che doveva essere snello e che invece, alla fine, tanto snello non è venuto.

Non so davvero come avrei superato il mese appena passato senza i libri di cui ti ho parlato (sì, anche quelli deludenti come Mrs Poe) e mai come in questo periodo sono grata di avere una vita interiore così ricca che mi consenta di essere felice con così poco. Ah, e finalmente i millemila libri accumulati hanno smesso di farmi sentire in colpa: tutto ha un senso, alla fine XD.


Raccontami come stai, se ti va, e se anche tu hai trovato rifugio tra le pagine!


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Published on April 08, 2020 09:21

Letture di marzo 2020

Se sei d’accordo sorvoliamo sul fatto che è stata necessaria la quarantena affinché mi decidessi a tornare a scrivere sul blog e passiamo subito ad argomenti meno penosi, ovvero quello che ho letto nel mese di marzo. Invece di dedicare un post a ciascuna lettura, provo a inaugurare un format più snello che mi permetta di raccontarti le mie impressioni senza dilungarmi troppo! Per una chiacchierata più intima ti ricordo che c’è Teacup, la mia newsletter, a cui se non l’hai già fatto puoi iscriverti tramite il form nella colonna qui a sinistra oppure in calce al post.


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Locke & Key vol. 1 – 4 (Magic Press) di Joe Hill e Gabriel Rodriguez

Ho iniziato a leggere questi fumetti dopo aver divorato l’omonima serie tv (di cui ci sarà una seconda stagione, THANK GOD). Poche parole per raccontarti la trama, se non sai già di cosa stia parlando: dopo la drammatica morte del padre, la famiglia Locke si trasferisce nell’antica dimora paterna nella speranza che questo cambiamento aiuti tutti a voltare pagina e superare la tragedia che li ha sconvolti. Quello che nessuno di loro sa è quanto Keyhouse sia legata all’assassinio del padre… e quanti segreti nasconda. Metti un demone nel pozzo, delle chiavi magiche e la penna di Joe Hill (sì, proprio lui, il figlio di Stephen King): il risultato non può che essere WOW.


Il mio giudizio in questo momento è parziale dato che mi mancano gli ultimi tre volumi, ma dubito cambierà: sebbene sia dura battaglia, preferisco l’adattamento Netflix. Lo so, è una di quelle frasi che un lettore pronuncia assai di rado, quindi apprezza la mia onestà XD. Sebbene il fumetto abbia un tono horror più marcato e sia molto più complesso, sinora non ha scatenato in me la stessa empatia che ho provato durante la visione della serie. È probabile sia merito dell’incredibile bravura degli attori e di una colonna sonora pazzesca che non sono riuscita a togliermi dalla testa per giorni. In ogni caso mi sento di consigliarti entrambi. Magari opta per la serie tv, dove il tono è più fantasy che horror, se preferisci evitare i dettagli cruenti che nel fumetto non vengono risparmiati.


L’ultima seduta spiritica di Agatha Christie (Mondadori)

C’è poco da dire, la Christie in un modo o nell’altro è sempre la scelta giusta. Questa raccolta di racconti più o meno gotici mi ha appagata enormemente nonostante non li abbia trovati tutti allo stesso livello. Alcuni sono a dir poco geniali, altri un pochino confusi e hanno esiti non troppo brillanti, ma nell’insieme è una raccolta piacevolissima, un must per chi ama questa scrittrice o magari vuole iniziare a conoscerla partendo dalla sua vena più dark.


The Quick di Lauren Owen (Fazi)

Questa è stata LA LETTURA del mese. E pensare che attendeva paziente nella mia libreria dal 2016, e l’avevo addirittura abbandonata dopo un centinaio di pagine perché non era il suo momento *_*. Santi numi. Ora, se mi conosci bene sai che ho più che un debole per i vampiri (mi considero un po’ una vampirologa dato che sono stati oggetto della mia tesi) ma dopo l’ondata di Twilight e affini è molto difficile trovare romanzi che non siano becero romance. Nulla di tutto ciò! Siamo a Londra, piena epoca vittoriana: e se è vero che “chi si somiglia si piglia” dovrei aver catturato la tua attenzione. La quarta di copertina suggerisce che i protagonisti siano i due fratelli James e Charlotte, ma in realtà The Quick presenta molteplici narratori e punti di vista, e se di solito non amo quando la narrazione viene gestita in questo modo, qui il risultato è un romanzo impossibile da mettere giù. Molte volte mi sono chiesta se fosse ancora possibile scrivere di vampiri senza incorrere in qualcosa di trito, ebbene questo romanzo mi ha dato la risposta. Fa l’occhiolino ai grandi classici del genere tanto che riesco a immaginare una sua pubblicazione a puntate com’era d’uso all’epoca, ma non si propone di esserne una pallida copia. Deliziosamente gotico, brillante, indimenticabile.


Mrs Poe di Lynn Cullen (Neri Pozza)

Ora, è ovvio che qualunque lettura venuta dopo una così intensa non goda del migliore dei presupposti, ma non pensare che il mio giudizio sia più severo del dovuto per tale ragione. L’autrice di quest’ambizioso romanzo racconta il triangolo amoroso che ha coinvolto la suddetta signora Poe, il celebre Edgar e la poetessa Frances Osgood. Sul rapporto tra Edgar e Frances, in realtà, non si sa nulla di certo se non che tra i due c’è stato uno scambio di ardenti poesie, tra l’altro sotto gli occhi di tutti. Nonostante questo non avrei avuto nessun problema a dar per buona l’idea della Cullen, se non fosse che il romanzo cade fin da subito nelle spire di quel becero romance cui accenavo sopra. Meglio specificare che non ho nulla contro il romance, sebbene non mi capiti spesso di leggerlo. Il problema è che, se lo consideriamo da questo punto di vista, il risultato lascia molto a desiderare, tanto che per il modo con cui vengono descritti gli approcci tra i due mi è sembrato di leggere uno di quei romanzetti rosa da spiaggia. Un paio di assaggi (e non dei peggiori) per farti capire cosa intendo:


D’un tratto venne verso di me e il cuore cominciò a battermi così forte che di certo anche lui doveva sentirlo. La sua voce era impastata dal desiderio quando parlò. «Oh, donna!»


Aprendo gli occhi, l’indomani mattina, vidi Edgar presso la finestra con in mano carta e penna. Il suo nobile profilo si stagliava contro la luce morbida del mattino e il ricordo delle cose che avevamo fatto quella notte mi riempì subito di esultanza.


Oh, donna? Il ricordo delle cose che avevamo fatto quella notte mi riempì subito di esultanza? Vado ad asciugarmi le lacrime di sangue XD. Ti assicuro che non lo dico per pudicizia, anzi, ma perché queste scene richiedono una maestria che qui manca del tutto. Insomma, Mrs Poe è un’occasione persa. Al di là degli slanci ormonali l’amore tra i due non è reso in modo credibile, e nonostante gli accenni alle opere che stanno scrivendo la loro vocazione letteraria rimane sempre in ombra, come un sottofondo accessorio. Argh. Non commento nemmeno il “colpo di scena finale”, non solo per evitare spoiler, ma perché è a dir poco imbarazzante.


La campana di vetro di Sylvia Plath (Mondadori)

Onesto e doloroso, così intenso che ho dovuto leggerlo a spizzichi, inframmezzandolo ad altre letture. Non che non sapessi a cosa stavo andando incontro: è un romanzo molto biografico, e la consapevolezza che l’autrice si è suicidata un mese dopo la sua pubblicazione toglie quel barlume di speranza che lascia il finale. So di appartenere a una generazione privilegiata per nascere donna, eppure sento ancora sulla mia pelle la pressione di cui parlava Sylvia.


Un paio di considerazioni prima di concludere questo post che doveva essere snello e che invece, alla fine, tanto snello non è venuto.

Non so davvero come avrei superato il mese appena passato senza i libri di cui ti ho parlato (sì, anche quelli deludenti come Mrs Poe) e mai come in questo periodo sono grata di avere una vita interiore così ricca che mi consenta di essere felice con così poco. Ah, e finalmente i millemila libri accumulati hanno smesso di farmi sentire in colpa: tutto ha un senso, alla fine XD.


Raccontami come stai, se ti va, e se anche tu hai trovato rifugio tra le pagine!


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Published on April 08, 2020 09:21

November 23, 2019

Gloria di Venus Marion #segnalazioni

Dopo una lunga assenza — te ne spiegherò presto le (buone) ragioni, promesso —  spolvero il mio amato quanto (da me) bistrattato blog per segnalarti proprio nel giorno della sua uscita un romanzo che attendo di leggere da un bel po’: Gloria di Venus Marion. Lo faccio con particolare gaudio ed emozione perché:

♡ Ho conosciuto l’autrice grazie alle magie dell’internet e, cielo, questa ragazza ha un talento IMMENSO!

♡ Continua questo post e capirai…



⤜IL MEDIOEVO COME NON LO AVETE MAI LETTO⤞

Un matrimonio combinato…

Una contea in pericolo…

Un gioco di bugie…

Un richiamo di gloria.


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Scappare da Nottingham è stata una pessima idea, ma non ho avuto scelta. NellʼInghilterra di re Giovanni una ragazza non ce lʼha mai. Sorridi, annuisci, comportati bene, porta avanti il cucito, sposati, fai una giravolta, falla unʼaltra volta. No, grazie. Preferisco essere braccata nella foresta. E giuro sulla tomba di mia madre, mi stanno braccando, eccome.


Titolo: Gloria

Autore: Venus Marion

Genere: ehm

Data di pubblicazione: 24 novembre 2019

Pagine: 620

Ebook e cartaceo in vendita su Amazon

Prezzo ebook: € 3,99

Prezzo cartaceo:  € 15,90

Contatti social dell’autrice


Sinossi:

Nell’anno di Nostro Signore 1214, a seguito della morte della madre, Cybele si ritrova nella contea di Nottingham, sotto la custodia dell’unico parente in vita rimastole: il vice sceriffo suo zio Guy di Gisborne. Messa alle strette dalla prospettiva di un matrimonio combinato, pur di evitare il letto di uno sconosciuto stringe una deprecabile alleanza con i fuorilegge della foresta di Barnsdale, capitanati da Adam di Locksley, figlio del famigerato e ormai defunto Robin Hood. Nascondendosi dietro un muro di bugie, Cybele inizia a muoversi all’interno di due mondi, quello di facciata al cospetto dello sceriffo e dello zio, e quello reale dei fuorilegge e degli abitanti della contea. Ma con l’arrivo di Sir Goliath di Rochester, suo promesso sposo, tenere il piede in due staffe si rivela più complicato del previsto. E forse dietro un classico matrimonio combinato si nasconde più dell’intento di Gisborne di trovare l’uomo ideale per sua nipote…


Biografia autrice:


Venus Marion, classe 1991, vorrebbe essere nata altrove, in un’altra epoca e con un altro colore di capelli. Ha una foresta su una parete, una malsana passione per tutto ciò che è vagamente medievale, ed è votata alla figura folkloristica di Robin Hood dalla tenera età di tre anni e mezzo. Ad oggi, si domanda come mai la sua laurea in giurisprudenza non sia bastata a riportare la giustizia nel mondo, e soprattutto che fine abbiano fatto gli eroi in calzamaglia. In attesa di risposte, scrive storie in cui tutti indossano i pantaloni — damigelle comprese.


Stai saltellando anche tu? Perché io sì… e senza onta alcuna! Gloria racchiude l’intera trilogia in un unico volume, e se deciderai di acquistare il cartaceo l’ebook sarà gratuito, così potrai leggerlo in ogni dove e in ogni quando.


Ho tenuto il pezzo forte per ultimo: un altro estratto del romanzo!

Mi accascio sul pavimento, rantolando come un animale ferito.

Il tempo mi calpesta, ma non mi muovo, palmi aperti contro le fredde pietre del castello, peso sui gomiti, sul cuore, sull’anima.

Quando sento i cardini della porta cigolare possono essere passati attimi, come ore, o giorni, anni. Ho gli occhi talmente strizzati nel tentativo di fermare le lacrime che se anche alzassi la testa non vedrei nulla. Ma ho la percezione di qualcuno che si inginocchia di fronte a me. Mani che mi stringono piano, con cautela, come fossi fatta di vetro crepato, e il tocco sbagliato potesse disintegrarmi.

So che è Adam perché è Adam che raccoglie i miei pezzi ogni volta.

Mi aggrappo al suo collo, come se potessi cadere più in basso del pavimento. E fa così male che smettere di piangere equivarrebbe a smettere di respirare; così male, che se non fosse per le mani di Adam sulla schiena, tra i capelli, potrei sgretolarmi e diventare polvere. Sparire. Cessare d’esistere. Invece sono di nuovo viva quando lui è attraversato da un fremito.

Vuole vedere quando ti spezzi, quanto resisti, quanto puoi sopportare.

Niente di tutto questo è dentro il suo limite. Niente. E quando la voce gli esce con la consistenza di un respiro, so che stavolta ha vinto Goliath.

«Mi dispiace.»

So cosa succede dentro la sua testa, mentre lo dice. Si sta macchiando di nuovo le mani di un sangue che non ha versato (…) per espiare quel senso di colpa che non lo abbandona mai. Perché quello che fa non è mai abbastanza. Il modo in cui combatte, non è abbastanza; la prontezza con cui si rialza, la determinazione con cui resta in piedi, la posta in gioco che mette a rischio ogni momento della sua vita… Niente è abbastanza. Lui non è abbastanza.

Vorrei dirgli che non è vero. Che non è colpa sua. Che gli eventi precipitano. Che le vite si aggrovigliano come matasse impossibili da sbrogliare. Che siamo tutti borchie quando dovremmo essere appigli. Che non c’è un modo per vincere questa partita. Non c’è un modo per stare dalla parte giusta senza cadere in continuazione in quella sbagliata.

Ma non conosco parole per esprimere tutto questo. Non so nemmeno se esistono. Forse ci sono solo una serie concatenata di intuizioni che più prendono piede in me più riescono a logorarmi. Chissà quanto ancora perderemo su questa strada dissestata. Quanto ancora farà male.


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p.s. Prima di Natale — che bello quando non è un modo di dire XD — spedirò la nuova newsletter, quindi se non l’hai ancora fatto e vuoi sapere cos’ho combinato negli ultimi mesi, iscriviti nel box qui sotto.


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Published on November 23, 2019 23:00

September 2, 2019

Pat di Silver Bush di Lucy Maud Montgomery

Accarezzando la copertina di Pat di Silver Bush, un attimo fa, prima di mettermi a scrivere questo articolo, pensavo a quanto mi conforterebbe sapere di essere la protagonista di un romanzo di Lucy Maud Montgomery. Ogni autore ama in qualche modo le creature che escono dalla sua penna, ma ho la sensazione che nel caso di Maud il suo sia un amore materno, rassicurante. Sa che non può risparmiare loro il dolore, perché è inevitabile, ma dà alle sue eroine la forza necessaria per superare gli ostacoli, anche quando sono così ardui che temono di spezzarsi. Parte di questa forza, credo, sta anche nel potere immaginifico di cui le dota. L’immaginazione non come via di fuga, ma come strumento di resilienza. Temo di aver corso troppo, però, quindi faccio un passo indietro per raccontarti qualcosa di più prima di lanciarmi nelle mie verbosissime considerazioni, come farebbe una brava blogger.



Pat di Silver Bush (1933) è il secondo volume della collana Plumfield della casa editrice Jo March, collana dedicata ai classici della letteratura per ragazzi. Come Il Castello Blu e Jane di Lantern Hill, anche in questo caso a deliziarci è la pregiata traduzione di Elisabetta Parri, che dimostra una volta in più non solo il suo talento, ma anche la sua profonda conoscenza dell’autrice. L’etichetta per ragazzi, naturalmente, non deve far temere non sia adatto ai lettori cresciutelli (anzi). Per quanto mi riguarda non mi ha mai ostacolata dal tuffarmi in una storia il fatto che i protagonisti siano molto giovani (e non solo perché sono in netto disaccordo con quanto asserisce la mia carta d’identità). A mio avviso poi, in questo caso ancora più che in Jane, l’autrice fa l’occhiolino proprio a noi che ricordiamo bene non solo come ci sentissimo da bambini ma anche il dolore che necessariamente la crescita comporta. Questo è infatti il primo volume di una duologia di formazione e già qui, pagina dopo pagina, vediamo la piccola Patricia Gardiner crescere fino a raggiungere le soglie dell’età adulta.


Ancora una volta Maud ci porta sull’Isola del Principe Edoardo. Avendo sempre letto i suoi romanzi all’inizio dell’estate per me si tratta ormai di una tradizione, e anche quest’anno ho potuto godere di una vacanza in quest’incantevole angolino di mondo. Se sinora l’autrice mi ha viziata, con Silver Bush supera se stessa: la fattoria in cui cresce Pat è la quintessenza di ciò che è (o dovrebbe essere) una casa. Il senso di famiglia, di radici, di amore incondizionato, di focolare. Di identità e di appartenenza. Come per le altre piccole eroine, già nel titolo ci viene svelato molto di Pat: in quel “di” c’è la cosa più importante che ci serve sapere di lei. Pat appartiene a Silver Bush e guai, guai a chi gliela tocca. Quando sarà più grande, non esiterà a scaricare un fidanzato per averla denigrata.


«Sei troppo bella, Pat, per essere ancora sprecata in una squallida e cupa fattoria come Silver Bush» le disse.

In Pat si accese un piccolo impeto di follia. La sua stessa anima si infiammò.

«Non parlarmi più, Lester Conway» disse, ogni parola che cadeva come una tintinnante goccia di acqua gelata su una pietra fredda. (p.302)


Ho riso come una matta. Quello sciocco non aveva proprio capito niente di lei! Judy Plum, ovviamente, lo sapeva che non era adatto alla sua Patsy. Judy è molto più che la semplice governante di Silver Bush: è la sua anima pulsante, fonte inesauribile di racconti, storie bizzarre e magiche e dotata di una lingua che, come si suol dire, taglia e cuce. Ama tutti i Gardiner, ma è Pat ad avere il posto più speciale nel suo cuore. Per lei è una seconda madre e ancora più di questo: una guida nell’accettare e superare la perdita implicita nella crescita. Il tratto caratterizzante di Pat è infatti il suo opporsi a tutto ciò che in qualche modo mina l’equilibrio della sua vita a Silver Bush, e già all’inizio del romanzo la vediamo scontrarsi con la realtà che, per quanto lo desideri con tutta se stessa, non può cristallizzare il suo piccolo mondo perfetto. Via via imparerà che il divenire è inesorabile, ma che non è necessariamente negativo. E quando, invece, le lascerà delle ferite inevitabili, Judy ci sarà sempre.


Pat è un romanzo denso, da gustare piano per godere della sua bellezza sia introspettiva che sensoriale. Chiunque abbia avuto la fortuna da bambino di crescere all’aria aperta, a contatto con la natura, può comprendere ciò a cui mi riferisco, e leggerlo farà affiorare ricordi e sensazioni meravigliose. Più di ogni altra cosa, quel senso di selvaggia ed estatica libertà che crescendo si deve in qualche modo abbandonare, ma non per questo scordare.


Infine trovarono un punto di rara bellezza; una profonda e immota piscina boschiva, dalla quale sgorgava il ruscello, alimentato da un rigagnolo lustro come un diamante, che scorreva sulle pietre di una collinetta. Tutt’intorno crescevano abeti rossi ricoperti di licheni e aceri fruscianti, che sovrastavano delle “cunette attorniate da più alte montagne”; e appena più su, si estendeva un declivio scosso dal vento, con pochi arbusti ricoperti di muschio sparsi qua e là, e un uccellino azzurro appollaiato a fare da sentinella su un palo. Tutto era così adorabile da farti stare male. Perché, si chiese Pat, le cose belle spesso ti facevano soffrire? (p.111)


Sarò diretta con te, se decidi di leggerlo tieni a portata di mano dei Kleenex. Fidati. Montgomery non sarebbe la scrittrice che è se non fosse onesta nel rappresentare come l’infanzia non sia un territorio mitologico fatto solo di felicità cristallina. La storia è pervasa da quella malinconia di fondo legata alla consapevolezza che nulla dura per sempre. E poi, quando decide di dare delle stilettate, l’autrice da brava demiurga sa dove andare a colpire (mannaggia T_T).


Credo sia evidente quanto abbia amato questo romanzo. Quello che non ho ancora detto, invece, è come mi sia riconosciuta nella sua piccola protagonista e nella sua riluttanza a lasciarsi andare ai cambiamenti legati al trascorrere del tempo e alla fatalità della vita. Non che oggi sia migliorata così tanto, intendiamoci. La bambina recalcitrante che è in me è ancora viva e vegeta, ha solo imparato a fare i conti con la realtà. La Letteratura aiuta anche a lenire almeno un po’ la paura e a ricordarci che non siamo soli in tutto questo. A ricordarci che siamo a bordo dello stesso folle e affascinante carrozzone, vicini e per questo, forse, un po’ meno spaventati.


Se lo leggi (ti prego, leggilo!) fammi sapere cosa ne pensi. Ti aspetto qui sotto, come al solito. Un abbraccio!


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Published on September 02, 2019 23:00