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Come riconoscere un libro di narrativa di qualità da uno mediocre

Riconoscere la qualità di un libro di narrativa

Ciao a tutti! Eccoci oggi ad affrontare la principale di tutte le questioni moderne sull’editoria di narrativa in Italia e non solo, ciò che ormai neppure i lettori forti sanno più fare: riconoscere, al di là dei gusti personali, un libro di narrativa valido da uno mediocre.

Lo so, detta così sento già le vostre levate di scudi: “Figuriamoci! Ma con chi crede di parlare, questo qua? Leggo più di cento libri all’anno e non saprei distinguere le schifezze dalle opere valide? Ma fammi il piacere!”. Eccetera.

Purtroppo, invece, amici, per molti di noi lettori, anche forti, è proprio così. Ma è solo in parte un nostro limite.

La principale responsabilità della deriva degli ultimi decenni, fatta di mediocrità spacciate per capolavori e di orizzonti da bassoventre, ricade infatti su coloro che hanno ridotto un po’ alla volta il sacro tempio della letteratura, e della narrativa in particolare, a una sorta di mercato delle vacche, dove ormai non conta più la vera qualità del prodotto, ma solo che si venda e a qualsiasi costo. Ricade sui marketing delle case editrici.

A forza di strillare e promuovere ciò che per sua natura è più facilmente vendibile, hanno annichilito gli autori validi e innalzato i mediocri, livellando i gusti e le aspettative dei lettori verso il basso, al punto che oggi un lettore medio tende a far corrispondere ciò che lo soddisfa (e vedremo poi come lo soddisfa) con la qualità di un libro di narrativa, che è tutt’altra cosa.

Esiste invece un parametro unico e universale, sempre applicabile a un’opera di narrativa destinata alle persone adulte (non libri per bambini o ragazzi), sia essa un romanzo o una raccolta di racconti, per valutare, subito dopo averla letta, se si tratta di un’opera valida o di una mediocre.

Su questo punto intendiamoci bene. È ovvio che se un libro di narrativa è scritto male, o non racconta una storia, o non ha saputo interessarvi ed emozionarvi è un libro mediocre. E non avete bisogno di nessun speciale parametro per capirlo: è evidente da sé.

Il problema nasce invece per tutti quei libri scritti "bene" (cioè in modo professionale) e che hanno all’apparenza tutti i requisiti dei libri di narrativa di qualità: raccontano una storia e sono interessanti ed emozionanti.

In questi casi, subito dopo averne terminato la lettura, come facciamo a valutare se si tratta di opere valide o mediocri?

Il parametro per stabilirlo è questo:

UN’OPERA DI NARRATIVA MEDIOCRE PESCA SEMPRE A PIENE MANI DAL TORBIDO.

Al contrario, un’opera di narrativa valida, anche quando tratta del torbido, o di argomenti prossimi al torbido, parla sempre alla parte migliore di noi, vale a dire alla ragione e allo spirito, non alla pancia, e non affonda le mani nel torbido, perché non ha il torbido come suo fine ultimo.

Mi spiego meglio, così ci capiamo.

Che cos’è il “torbido”? È tutto quello che noi esseri umani ci portiamo dentro di peggiore, retaggio sia dell’evoluzione che delle pulsioni e deviazioni personali e sociali. È la parte oscura di noi, che abbiamo tutti, anche se in alcuni è molto limitata e in altri, invece, è addirittura patologica.

Perché un lettore compra e legge un libro di narrativa? A parte la curiosità su alcuni best seller o su particolari argomenti, la maggior parte dei lettori lo fa per “evadere”, per provare emozioni che nella vita di tutti i giorni non prova, non proverebbe mai, o prova in minima misura. Perché viviamo in un’epoca sempre più avara di emozioni.

E per scatenare le emozioni in un lettore è molto più facile pescare a piene mani dal torbido, che parlare alla sua parte più vigile, migliore e intelligente.

Per questo sono così tanti i brutti libri: perché ci sono editori e autori di pochi scrupoli, che per impressionare e vendere pescano di continuo a piene mani dal torbido.

E gli aspetti e i meccanismi del torbido sono i più vari. Qui di seguito riassumo i principali, per non annoiarvi troppo.

1) Buco della serratura: È il voyeurismo del pornografico, del morboso, del macabro, del violento. Lo conosciamo tutti. Per alcuni si limita a una fisiologica curiosità; per altri è una vera malattia.

2) Pornografia dei sentimenti: Situazioni, descrizioni e lessico svenevoli, retorici e strappalacrime per toccare le persone più sensibili con atmosfere struggenti, o attraverso vicende sentimentali o familiari esagerate, con sbandieramento dei sentimenti più intimi.

3) Caccia alle streghe: Sfruttare il naturale bisogno di sicurezza e giustizia delle persone per suscitare e legittimare sentimenti di risentimento, odio e vendetta contro “cattivi” e diversi.

4) Istinto di sopravvivenza: Impressionare il lettore ponendo i soggetti più deboli, come le donne e i bambini, in situazioni estreme di grave pericolo.

5) Sindrome di Peter Pan: Speculare sul fanciullo che c’è in noi riducendo la realtà a fumetto, semplificandola nelle situazioni e nei personaggi, che diventano supereroi del bene e del male, ai quali tutto è possibile.

6) Fenomeni da baraccone: Variante del buco della serratura, che sfrutta morbosamente la diversità (ad esempio albinismo, autismo, ecc.), il mai visto e lo straordinario (abilità strabilianti e mostruosità varie).

7) Effetto sorpresa: Colpi di scena mirabolanti e ingiustificati nei gialli; spaventi gratuiti negli horror/thriller; e, più in generale, nascondere qualcosa al lettore per tirarlo fuori all’improvviso.

8) Giocare al gatto col topo: Sfruttare la naturale curiosità del lettore, tenendolo a lungo sulla corda con contenuti inutili, o incalzandolo con interminabili sequenze di situazioni e indizi, la più parte pretestuosi, che rimandano ad altri situazioni e indizi, in un gioco di continui rilanci, come al poker.

9) Cliché: Infarcire una o più storie di stereotipi, di situazioni molto simili e facilmente riconoscibili, per compiacere i lettori meno critici, più conformisti e seriali.

Tutto questo è il torbido, è pescare dal torbido. È sfruttare le debolezze dell’animo umano per indurre forti e facili emozioni, allo scopo principale di attirare l’attenzione e di vendere, senza altri contenuti. È la caratteristica dei libri mediocri.

La lettura della stragrande maggioranza di questi libri è simile a un giro di giostra al luna park. Provate emozioni immediate e intense perché vengono messi in gioco istinti e paure primordiali. Ma quando scendete dall’ottovolante, che cosa vi resta? Solo il ricordo dell’intensità di queste emozioni e la soddisfazione di esservi messi alla prova. Nient’altro. A parte il rischio di infondervi dentro una sorta di etica alla rovescia, dove l’aberrazione, siccome dà emozioni forti, risulta più interessante della normalità.

Al contrario, i libri più validi, quelli che valgono e restano nel tempo, parlano alla parte migliore di noi, quella meno viscerale e meno impulsiva, non sfruttano le nostre debolezze per emozionarci, e trattano dei migliori aspetti e delle migliori speranze delle persone, sia a livello individuale che nelle relazioni con gli altri, anche quando raccontano il male. E non per questo risultano meno interessanti ed emozionanti. Anzi!

Nei buoni libri, anche quando parlano del male, c’è sempre un limite di rispetto che l’autore sa porsi; sa portare il lettore sull’orlo del baratro del torbido, e glielo fa magari anche intravedere, ma non ce lo butta dentro. Perché non è il torbido la ragione d’essere di quei libri, ma ben altro, di molto più nobile, che l’autore sta esprimendo.

Prendiamo un romanzo come Cuore di tenebra di Conrad, per esempio. Chi può dire che non sia un capolavoro? Parla del male che c’è in noi e nel potere, e ha ispirato un film bello e terribile come Apocalipse Now di Coppola. (Vi ricordate Marlon Brando nel ruolo del colonnello Kurtz? “L’orrore… l’orrore!”). Entrambe le opere, pur mostrando la parte oscura degli uomini, sono valide, perché pescano poco o nulla dal torbido; non usano il torbido fine a se stesso, ma per dire qualcos’altro.

Allo stesso modo Il grande Gatsby di Fitzgerald. Anche qui, devo commentare? È il capolavoro di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. Non parla solo del bene, del sogno d’amore di un uomo, anzi: c’è dentro parecchio male. Ma il bene non è descritto in modo retorico o svenevole; e il male non in modo morboso e fine a se stesso. Perché Fitzgerald non pesca a piene mani dal torbido.

Prendiamo invece un libro come Uomini che odiano le donne di Larsson. Dopo quello che vi ho detto sul torbido, devo commentarlo? Sarà anche (e purtroppo non a caso) un best seller, ma è un libro mediocre, tra i peggiori degli ultimi anni. Riguardate la lista che vi ho fatto e vedrete che pesca a piene mani dal torbido, e c’è poco o nulla d’altro.

E badate bene: non è una questione di genere. Un libro ad esempio dello stesso genere è Il silenzio degli innocenti di Harris, a tutta prima davvero “borderline”, come si direbbe oggi, molto difficile da giudicare, perché è pieno di violenza. Ma a differenza del romanzo di Larsson è un ottimo libro, perché rappresenta mirabilmente la fascinazione del male sul bene (e viceversa), raccontando una sfida (quella tra Clarice e Lecter) che si rivolge prima di tutto alla parte vigile del lettore (la sua intelligenza).

Così come è un ottimo romanzo Io non ho paura di Ammaniti, che invece di usare i bambini per indurre al pietismo, come fanno altri autori, li sa mostrare più forti degli adulti, anche se sempre bersaglio della corruzione dell’innocenza da parte degli stessi adulti (Come Dio comanda, anche se l’altra opera è assai migliore).

Il problema è quando invece si racconta strumentalmente il male in modo morboso solo per emozionare facilmente, o si usano stucchevolmente il bene e tutti gli altri meccanismi del torbido che ho indicato, dicendo poco o nulla di più: allora il risultato sono libri mediocri come ad esempio Angeli e Demoni e 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire, oltre alle varie saghe che tra porno, polizieschi vari e vampiri infestano da anni l’editoria, ma anche il cinema e la televisione. Senza dimenticare i libri di autori italiani pseudo-adolescenziali e pseudo-sentimentali, che in questi anni hanno tenuto banco con best seller basati quasi unicamente sulla Sindrome di Peter Pan, destinati ad adulti che si rifiutano di crescere. Sindrome a cui non sono immuni neppure i libri della serie di Montalbano del compianto Camilleri, che sapeva fare molto meglio di così.

Qualcuno, a questo punto, potrebbe obiettarmi che il parametro che ho indicato non è oggettivo ma soggettivo, perché influenzato dalla sensibilità personale del lettore. Amici, non è il parametro a essere influenzato: è il lettore! Perché se il torbido in un libro c’è, e a piene mani, qualcuno ce lo ha messo, e apposta. Dopo ci sono lettori più o meno sensibili al torbido, ma il torbido non è lì per caso. E ben difficilmente troverete in apertura di questi libri una nota dell’autore o dell’editore che vi avvisi, perlomeno, che si tratta di libri sconsigliati alle persone più sensibili: perché il torbido è lì proprio per colpire queste persone.

Concludendo, il parametro è questo. Quando avete appena finito di leggere un libro di narrativa, ma anche mentre lo state leggendo, fatevi questa domanda: “Quest’opera pesca a piene mani dal torbido? Non fa che sfruttare le mie reazioni viscerali, le mie umane debolezze, per emozionarmi?”.

Se pesca a piene mani dal torbido, anche se è scritta bene, anche se vi ha interessato ed emozionato, anche se vi è piaciuta, avete letto un’opera mediocre, confezionata ad arte principalmente per impressionare e vendere facilmente.

Personalmente, da editore di Nuova Narrativa Italiana, io i libri e gli autori che pescano a piene mano dal torbido non li pubblico proprio. E da lettore forte, quando malauguratamente m’imbatto in un libro di questo tipo, e purtroppo ormai sono la maggior parte, mi segno il nome dell’autore e dell’editore e non gli compro più niente. Perché scrivono e pubblicano non per dire qualcosa, ma principalmente per vendere, ed è matematico che la volta successiva mi fregheranno ancora allo stesso modo.

Ma non si tratta purtroppo solo di questo. I brutti libri, oltre a contribuire direttamente a una cultura degenere, sottraggono spazio, tempo e investimenti a libri ben più meritevoli, che non vengono né ricercati, né pubblicati, né promossi, e sono sempre meno scritti. I brutti libri invadono le librerie in centinaia di migliaia di copie, e dall'alto delle classifiche di vendita dettano le mode del momento, al punto che anche chi non vorrebbe leggerli è costretto a farlo, per non essere tagliato fuori dal sentire comune.

Se invece il libro che avete letto non pesca a piene mani dal torbido, ma ha saputo raccontarvi una storia, emozionarvi e interessarvi parlando soprattutto alla vostra ragione e alla vostra anima, allora avete letto un buon libro, e nei casi più fortunati (ma sono davvero rarissimi) un capolavoro.

Dopodiché, intendiamoci: ciascuno fa quello che crede. E se uno vuole continuare a leggere senza capire la qualità di ciò che sta davvero leggendo e cosa c’è dietro o non gliene frega niente, è assolutamente legittimato a farlo. C’è gente che nel torbido ci sguazza, perfino! Con grande gioia e profitto degli autori e degli editori di pochi scrupoli.

Bene. Per oggi mi fermo qui. Mi auguro che nonostante la lunghezza dell’intervento abbiate avuto la pazienza di leggermi fino in fondo, perché è davvero molto importante ritornare tutti a riconoscere le opere di narrativa di vera qualità, nonostante le sirene del mercato.

La prossima settimana, lunedì 21 ottobre, per metterla in positivo, parlerò dei ruoli del triangolo virtuoso lettori-autori-editori, e in particolare di cosa ciascuno dovrebbe idealmente fare, per se stesso e per gli altri, per migliorare questo nostro mondo della narrativa.

Grazie per avermi letto e a presto. Un abbraccio e un saluto a tutti!

Mauro Anelli.

Pillola del giorno, dedicata a chi si lamenta sempre dei brutti libri, ma non fa mai niente per evitarli:

“In questi anni ti sei solo pianto addosso prendendotela con gli altri. Rimboccati le maniche e datti da fare! La tua vita è nelle tue mani; tu ne sei l’unico responsabile e la stai sciupando”.
(Vincenzo Datteo, La Rapina del Secolo, Nuova Narrativa Italiana)

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Mauro Anelli

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