C.E.A Bennet's Blog

April 18, 2016

The Solstice Saga #2 Equinozio di primavera #estratto #Eileen #Justin

«Cosa ci fai qui? Ho da fare» disse strascicando le parole, nel tentativo di simulare una noia che non provava affatto. Lo sguardo era acceso, sebbene non sembrasse stupito di trovarla sulla soglia di camera sua.
«Devo parlarti».
Eileen non avrebbe mostrato a Justin una briciola di esitazione. Era spaventata, ma determinata e, soprattutto, orgogliosa. Un brutto difetto che tutte e tre avevamo ereditato da James.
«E io non sono obbligato ad ascoltarti. Vattene, siamo in piena crisi. Nel caso non te ne fossi accorta, è successo un casino d’immensa portata e mio malgrado sono stato coinvolto. Non ho tempo per le sceneggiate» disse beffardo, ma non si mosse di un millimetro da dove si trovava.
Sebbene la sua voce suonasse ostile, gli occhi erano fissi su di lei. Brillavano, come quelli di un bambino davanti alla vetrina di una pasticceria. Un bambino affamato.
Sulle labbra di Eileen guizzò l’ombra di un sorriso.
«Che cosa facevi davanti a casa mia la settimana scorsa?» chiese, infischiandosene della fredda accoglienza. Lui sollevò un sopracciglio, perplesso.
«Per questo sei venuta fin qui? Adesso?» chiese con un’ombra di divertimento nella bella voce, bassa e profonda.
Non solo divertimento, anche soddisfazione. Aveva teso la trappola e il bell’uccellino dalle piume rosse era volato fino a lui. Tutto da solo.
«Hai sei anni? Non si risponde a una domanda con un’altra domanda. Che cosa facevi davanti a casa mia la settimana scorsa?» ripeté imperterrita.
«Cosa ci posso fare se la via in cui abito è la stessa in cui abiti tu? Passeggiavo».
«Nei due metri davanti al mio cancelletto?» domandò sarcastica, ma la voce le tremò per la prima volta da quando lui era apparso sulla soglia.
Doveva essere molto arrabbiata. Cominciava a rendersi conto di esserci cascata come una stupida, che farla venire lì, ferita e vulnerabile, era quello che voleva e c’era riuscito al primo tentativo.
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 18, 2016 09:23 Tags: solstice

April 5, 2016

Solstice - L'incantesimo d'Inverno #quotes

Dimenticarti? Tu per caso ti dimentichi di respirare?
1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 05, 2016 06:26 Tags: solstice

April 2, 2016

Solstice - L'incantesimo d'Inverno #quotes

Era come se ci fosse un elastico invisibile teso tra di noi e più tiravo per allontanarmi da lui, più il desiderio di stargli accanto tornava indietro aumentato di cento volte. Fino a quando qualcuno avrebbe tranciato di netto il filo e allora sarei schizzata via lontano. Chissà dove e in quanti pezzi.
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on April 02, 2016 05:59 Tags: solstice

March 31, 2016

Solstice - L'incantesimo d'Inverno #quotes

«Non farlo mai più. Non lasciarmi solo con me stesso senza di te. E' insopportabile» sussurrò.
Stava veramente dicendo a me una cosa del genere? Lui a me?
Lo guardai in faccia.
«Lo so».
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 31, 2016 07:03 Tags: solstice

March 18, 2016

Streghe. Solstice - L''incantesimo d'Inverno #SolsticeSaga

«In che senso?»
Eileen era sconvolta. Altrimenti non avrebbe fatto una domanda così scema. Non che io l’avessi presa meglio, ma ho sempre avuto il buon senso di ammutolire di fronte a certe rivelazioni.
Cosa c’era da aggiungere alle parole di mamma o da rimanerne sconvolti? Era ovvio. Soltanto che sentirlo dire così, con una definizione tanto netta e precisa, beh… Avrebbe fatto vacillare chiunque, non solo delle ragazzine.
L’unica che sembrava dimostrare un briciolo di sangue freddo era Constance. Stava seduta al suo posto con l’aria annoiata, i piedi penzoloni e l’espressione di chi ha già sentito quella parte della storia e aspetta che il narratore proceda con il resto del racconto. I gomiti sul tavolo, la testa sostenuta dalla mano, ci osservava da sotto in su, spostando lo sguardo da Eileen, a me, a mamma.
Evitava quello di Miranda. Lo avrei fatto anch’io al suo posto, ma per una volta non c’entravo nulla. Era tutta farina del suo sacco: il fatto di trovarsi lì, la famiglia Hataway al completo, sedute intorno al tavolo della cucina ad ascoltare le grandi rivelazioni.
«A questo punto Caterina è inevitabile. Non credo tu possa aspettare ancora». Parole della nonna, accompagnate da uno sguardo determinato che voleva dire, senza ombra di dubbio, che se mamma non avesse trovato il coraggio, l’avrebbe fatto lei. Così Kate ci aveva radunate in cucina e aveva aggiustato il tiro sulla vecchia definizione di bambine speciali.
«Streghe. Siamo streghe».
Eh già. Grandi rivelazioni.
1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 18, 2016 05:40 Tags: solstice

March 17, 2016

Solstice - L'incantesimo d'Inverno #quotes

La scossa fu violentissima e dolorosa. Un lampo blu scheggiò l’aria e fulminò la lampadina. Restammo al buio in silenzio per qualche secondo. Ero atterrita. Non potevamo nemmeno prenderci per mano.
«Perdonami, pensavo di non avere scelta. Ero arrabbiato, spaventato. Credevo non ci fossero altre soluzioni, che sapessero cosa fosse meglio per noi, che ce l’avrei fatta. Invece non sono stato abbastanza forte. Non posso, non riesco a stare lontano da te. Non voglio. Pensano che sia pericoloso, ma sono stato più vicino a combinare un casino in queste ultime settimane che non negli ultimi dieci anni passati con te».
1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 17, 2016 05:56 Tags: solstice

March 8, 2016

Solstice - L'incantesimo d'Inverno

«Miranda mi ha regalato una pietra che assorbe energia» dissi inspirando il più possibile il profumo dei suoi vestiti. «Ogni tanto avremo un po’ di tregua». La nonna si era raccomandata di non abusarne.
«Sembrerebbe funzionare» mormorò assorto, come se stesse valutando diverse possibilità. «Mettiamola alla prova». Non stava chiedendo il permesso. Stava avvisando che l’avrebbe fatto.
Mi fece sedere sul letto prendendomi per mano e sedette accanto a me. Non era da lui prendere l’iniziativa in modo così sfacciato. Non si trattava solo di mettersi alla prova, cedendo all’attrazione che ci spingeva l’uno verso l’altra, com’era successo lo stesso pomeriggio. Era stato doloroso per lui giocare con il fuoco ed era consapevole del pericolo che stavamo correndo.
In quel momento, invece, sembrava dimentico del fatto che portare all’estremo una situazione così difficile poteva costare caro. Io stessa non ero spaventata, sentivo solo l’urgenza, la mia e la sua, del contatto.
«Alec, non mi sembra una grande idea». Protestò debolmente la parte razionale di me. Troppo debolmente.
«Ah no?»
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 08, 2016 03:28 Tags: solstice

March 3, 2016

#Solstice - Equinozio di primavera #SamMiller #paranormalromance #bestfriend

«Se ti sei dimenticata di me Em, mi offenderò a morte».
Un paio di occhi grigi mi radiografarono ansiosi per una frazione di secondo, mentre le dita scorrevano tra i capelli. Un gesto automatico che avevo visto fare un milione di volte e che sapevo interpretare come un barometro degli umori, a seconda della frequenza e del modo in cui veniva ripetuto.
Sam.
Nel marasma caotico della mia memoria ritrovavo una parte di me stessa. La parte sana, raziocinante e con la testa sulle spalle.
L’immagine di una mano tesa, un braccio abbronzato che spunta dalla manica di una t-shirt di un verde inguardabile. Il sollievo che avevo provato afferrando quella mano riaffiorò e si confuse con quello che provavo, ricollocando al suo posto il ricordo del mio amico e di ciò che rappresentava.
Una mano tesa. Sempre.
Mi hai salvato tante volte. Io non sono senza di te.
1 like ·   •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on March 03, 2016 09:18 Tags: solstice

February 27, 2016

‪#‎Solstice‬ - L'incantesimo d'Inverno ‪#‎estratto‬ #‎paranormalromance‬ ‪#‎amorimpossibili‬

‪«Pensi che m’importi di essere felice da qualche parte se non sono con te? Che potrei esserlo senza di te?» domandai incredula.
«Avresti imparato ad esserlo. Mi avresti odiato e dimenticato. Questo era il piano e avrebbe funzionato se avessi sopportato il pensiero di vederti con un altro. Tu sei più forte di me. Sei andata a scuola tutti i giorni correndo il rischio di incontrarmi per i corridoi con una ragazza che non eri tu. Hai sorriso, camminato, fatto i compiti. Io non ho sopportato nemmeno il pensiero di una simile eventualità. Ho preferito trascinarti con me in questo casino per non doverti dividere con nessuno».Solstice: L'incantesimo d'Inverno
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on February 27, 2016 07:35 Tags: solstice

February 21, 2016

#Solstice - Equinozio di primavera #quotes #paranromalromance #amorimpossibili

Alec lasciò cadere la borsa e la giacca per terra e si buttò sul divano di pelle. Appariva rilassato e padrone della situazione. Del resto non poteva essere altrimenti, visto che giocava in casa.
Lo imitai togliendomi il parka blu, dopo aver litigato con la cerniera che non ne voleva sapere di scorrere fino in fondo. Liberatami del giaccone, lasciai cadere la borsa sul tappeto candido ai piedi del divano.
«Vuoi una tazza di caffè?» chiese stiracchiandosi.
Sebbene la proposta fosse allettante, era meglio non aggiungere caffeina al mio nervosismo. Declinai l’offerta e sedetti sulla piccola poltrona dallo schienale basso accanto al divano. Mi avvolse prendendo le mie forme, come se mi fossi seduta lì centinaia di volte.
«Di cosa mi volevi parlare?» chiesi per rompere il ghiaccio.
«Che ne diresti, per prima cosa, di provare a rilassarti?» replicò con un sorrisetto, allungando le gambe sul tappeto. «È difficile affrontare certi argomenti con te che ti dimeni come un pesciolino nella rete».
Un pesciolino nella rete.
Il pesciolino arrossì, nonostante la prevedibilità dell’osservazione. Era ovvio che avrebbe percepito il mio nervosismo, sebbene fosse bravo a non lasciarsi influenzare dal mio umore. In qualche modo riusciva a scindere quello che sentiva da ciò che mi sentiva provare. Doveva esserci una grande chiarezza in lui, e padronanza della situazione, se sentire le impressioni e gli stati d’animo di un’altra persona non lo faceva confondere sui propri. Forse l’empatia funzionava in un modo che non ero in grado di comprendere ed era più istintiva di quanto pensassi.
«È colpa mia? Ti metto a disagio in qualche modo?» chiese desideroso di rendersi utile e di dissipare i miei timori e la mia confusione.
Mi osservava, traboccante comprensione, aperto all'ascolto. Lo guardai di rimando, stupendomi ancora una volta di quanto fossero belli i suoi occhi e la bocca. Era un peccato vederla curvarsi in una leggera smorfia di dispiacere. Un angolo del mio cervello registrò il desiderio di raddrizzare quella smorfia con la punta delle dita. Sarebbe bastato così poco per correggere l’imprecisione, un gesto da nulla…
No.
«No!» sussultai, sottraendomi da quella stupida fantasia e tornando alla realtà. Se avessi potuto farlo senza sembrare pazza mi sarei schiaffeggiata. «Cioè sì, ma non si tratta di qualcosa che fai» mi affrettai ad aggiungere, prima che potesse suonare offensivo. «Vorrei solo ricordare, sapere di conoscerti e non solo averne la sensazione. Quella notte, la notte dell'incidente... Cos’è successo davvero? Perché non siamo andati con gli altri a Big Pound? Perché eravamo soli alla casa sulla spiaggia? Perché perché perché. Ho solo domande e nessuna risposta. È frustrante». La voce mi tremò e affondai i denti nel labbro, trattenendolo fino a lasciarvi impressi i solchi. Mi sentivo così impotente.
«Forse esiste il modo per trovare qualche risposta».
Mi sarebbe piaciuto credergli e non sembrava difficile. Parlando si era avvicinato alla poltrona, scivolando verso il bracciolo del divano vicino a me. Inclinò la testa e corrugò la fronte indeciso. Senza chiedere il permesso formale di toccarmi, sfiorò il mento con la punta delle dita e la leggera scossa che si propagò costrinse i denti a lasciare il labbro che tenevano in ostaggio.
«Scusami, ma cominciava a essere fastidioso» si giustificò distratto. La sua mano ricadde sul bracciolo del divano, ma non si allontanò.
«Cosa?» domandai assente. Gli occhi gli brillavano e mi distraevano troppo. Erano pagliuzze dorate, quelle?
«Lo fai spesso? Una volta o l’altra ti farai del male» commentò, ignorando la domanda. Si sollevò, rimettendo un po’ di sana distanza tra di noi. Inspirai per far arrivare ossigeno al cervello. «Le nostre amnesie sono collegate» esordì lentamente. Percepiva la mia distrazione e quella consapevolezza m’irritò.
Mi sentivo vulnerabile davanti a lui. Anzi, peggio. Mi sentivo come se non avessi avuto addosso i vestiti.

Cap. 12, Un pesciolino nella rete
 •  0 comments  •  flag
Share on Twitter
Published on February 21, 2016 05:28 Tags: solstice