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"QUANDO DAL CIELO CADEVANO LE STELLE" - NUOVA RECENSIONE!
E' firmata Aquila Reale la nuova recensione del mio romanzo, uscita sul blog "Penna d'oro"!
LINK ALLA RECENSIONE;
http://pennadoro.blogspot.it/2014/03/...
VOTO: 4 stelline e mezzo.
RECENSIONE:
Lia è una ragazzina ebrea, ha 13 anni ed è costretta a vivere in una buia cantina per sfuggire ai fascisti. La famiglia Urovitz è composta da papà Daniele, da mamma Giuditta, da nonna Myriam, da Lia e dai suoi fratelli Chalom e Tommaso. Sono Ebrei, devono nascondersi, devono diventare invisibili agli occhi dei loro persecutori. Così, una buia cantina diventa il loro nascondiglio. Sono aiutati dai coniugi Parisi e da altri amici di buona volontà. Nel rifugio le giornate trascorrono lente e si vive nella continua paura di esser scoperti. L’angoscia di ciò che potrebbe accadere rende tutti nervosi, demotivati tranne Myriam e Lia. La nonna mi è subito piaciuta perché mostra la saggezza tipica delle persone che hanno fatto tesoro della loro esistenza. Dispensa consigli, cerca di mitigare le situazioni in cui si creano contrasti tra i ragazzi e i loro genitori, spera nella fine della guerra per tornare finalmente a vivere in pace. Lia cerca di dare una parvenza di normalità alle sue giornate: studia, aiuta la mamma nei lavori domestici e nella preparazione dei miseri pranzi e delle, ancor più misere, cene. Ma, questa ragazzina ama la vita, guarda con occhi sognanti quella botola che la divide e la protegge dalla dura realtà e sogna. Sogna il futuro, vorrebbe diventare un medico per aiutare le persone e viaggiare, anela a esser parte attiva di quella stessa società che oggi la disprezza e la considera “un pericolo da eliminare”. La situazione precipita quando i rastrellamenti si fanno più serrati. Lia e i suoi cari iniziano un pellegrinaggio che li porterà in vari nascondigli e saranno costretti a ritornare alla loro abitazione proprio all’alba del 16 ottobre 1943 quando la comunità ebraica, del ghetto di Roma, viene rastrellata dalla Gestapo. Gli Urovitz saranno deportati ad Auschwitz. In tutto saranno 1023 ebrei italiani a finire nei campi di concentramento. Tornarono in 17.
Nel campo di concentramento di Auschwitz inizia la lenta agonia di tutti i deportati privati di ogni cosa e costretti a subire violenze alla persona e alla dignità. Ho letto queste pagine provando un vivo dolore, non è facile ripercorrere le torture subite dai prigionieri nei campi di sterminio. Non è facile accompagnare con lo sguardo da lettore i bambini, gli anziani, le donne, tutti coloro che erano inabili al lavoro, attraverso i bui e stretti corridoi che conducevano “alle docce”. Non vi descrivo gli orrori ma vi vorrei parlare della “fiducia”, “della speranza” che Lia continua a provare in cuor suo. Naturalmente mi direte: “Speranza nei lager tedeschi?” Si, cari amici, Speranza. Ed è proprio questo il messaggio che si evince tra le righe del romanzo che veste i panni di una vera e propria ricostruzione storica. Tra queste pagine si ha un intreccio perfetto tra la parte storica reale e il personaggio di Lia, emblema di tutti coloro che subirono la deportazione. Con un linguaggio forte, a volte necessariamente crudele, Sofia Domino ripercorre il dramma dei prigionieri. Esperienze sconvolgenti vengono narrate per ricordare come nei lager si perdeva la dignità di essere uomini, la capacità di pensare, la memoria di sé. La parola “annientamento” assume un duplice significato: nel lager non solo si annienta l’uomo fisicamente, ma, prima che muoia, si annientano tutte le sue caratteristiche umane.
Lia affronterà la prigionia alternando momenti di rabbia e ribellione, con momenti di disarmante ingenuità senza mai perdere la speranza. I puri di cuore non conoscono confini, i puri di cuore non moriranno mai fino a quando si avrà memoria del loro sacrificio. Riflettiamo, cari lettori, riflettiamo quando ci lamentiamo nelle nostre case, con gli amici, in piena libertà. Quando non siamo mai contenti di nulla.
Leggendo “Quando dal cielo cadevano le stelle” ho ammirato il lavoro di ricerca e di studio condotto per realizzare questo libro. La scrittrice si è posta di fronte alla Storia e con fedele e scientifica ricostruzione del passato, ci ha narrato la vita, le emozioni, le ingiustizie, i pensieri di coloro che hanno subito la violenza disumana e la sopraffazione infinita dei lager. Ho ammirato molto l’impegno di Rebecca e Sofia Domino che con i loro romanzi sull’Olocausto hanno voluto ricordarci queste esperienze dolorose. Spesso è necessario “ricordare” per poter apprezzare ciò che di positivo viviamo quotidianamente e che a volte non sappiamo riconoscere.
Vorrei concludere questa recensione-riflessione con un’immagine:
Lia ora è libera, finalmente può sognare, amare, vivere. Lia è libera di oltrepassare il cancello di Auschwitz. Lia è libera di salire su per una scala infinita i cui pioli sono formati dall’amore, dall’amicizia, dal rispetto, dalla libertà, dalla voglia di vivere, dal desiderio di realizzare i propri sogni, dalla fiducia. Sale sempre più su Lia e raggiunge la volta celeste per riportarvi l’astro della speranza affinché dal cielo non cadano più le stelle.
LINK ALLA RECENSIONE;
http://pennadoro.blogspot.it/2014/03/...
VOTO: 4 stelline e mezzo.
RECENSIONE:
Lia è una ragazzina ebrea, ha 13 anni ed è costretta a vivere in una buia cantina per sfuggire ai fascisti. La famiglia Urovitz è composta da papà Daniele, da mamma Giuditta, da nonna Myriam, da Lia e dai suoi fratelli Chalom e Tommaso. Sono Ebrei, devono nascondersi, devono diventare invisibili agli occhi dei loro persecutori. Così, una buia cantina diventa il loro nascondiglio. Sono aiutati dai coniugi Parisi e da altri amici di buona volontà. Nel rifugio le giornate trascorrono lente e si vive nella continua paura di esser scoperti. L’angoscia di ciò che potrebbe accadere rende tutti nervosi, demotivati tranne Myriam e Lia. La nonna mi è subito piaciuta perché mostra la saggezza tipica delle persone che hanno fatto tesoro della loro esistenza. Dispensa consigli, cerca di mitigare le situazioni in cui si creano contrasti tra i ragazzi e i loro genitori, spera nella fine della guerra per tornare finalmente a vivere in pace. Lia cerca di dare una parvenza di normalità alle sue giornate: studia, aiuta la mamma nei lavori domestici e nella preparazione dei miseri pranzi e delle, ancor più misere, cene. Ma, questa ragazzina ama la vita, guarda con occhi sognanti quella botola che la divide e la protegge dalla dura realtà e sogna. Sogna il futuro, vorrebbe diventare un medico per aiutare le persone e viaggiare, anela a esser parte attiva di quella stessa società che oggi la disprezza e la considera “un pericolo da eliminare”. La situazione precipita quando i rastrellamenti si fanno più serrati. Lia e i suoi cari iniziano un pellegrinaggio che li porterà in vari nascondigli e saranno costretti a ritornare alla loro abitazione proprio all’alba del 16 ottobre 1943 quando la comunità ebraica, del ghetto di Roma, viene rastrellata dalla Gestapo. Gli Urovitz saranno deportati ad Auschwitz. In tutto saranno 1023 ebrei italiani a finire nei campi di concentramento. Tornarono in 17.
Nel campo di concentramento di Auschwitz inizia la lenta agonia di tutti i deportati privati di ogni cosa e costretti a subire violenze alla persona e alla dignità. Ho letto queste pagine provando un vivo dolore, non è facile ripercorrere le torture subite dai prigionieri nei campi di sterminio. Non è facile accompagnare con lo sguardo da lettore i bambini, gli anziani, le donne, tutti coloro che erano inabili al lavoro, attraverso i bui e stretti corridoi che conducevano “alle docce”. Non vi descrivo gli orrori ma vi vorrei parlare della “fiducia”, “della speranza” che Lia continua a provare in cuor suo. Naturalmente mi direte: “Speranza nei lager tedeschi?” Si, cari amici, Speranza. Ed è proprio questo il messaggio che si evince tra le righe del romanzo che veste i panni di una vera e propria ricostruzione storica. Tra queste pagine si ha un intreccio perfetto tra la parte storica reale e il personaggio di Lia, emblema di tutti coloro che subirono la deportazione. Con un linguaggio forte, a volte necessariamente crudele, Sofia Domino ripercorre il dramma dei prigionieri. Esperienze sconvolgenti vengono narrate per ricordare come nei lager si perdeva la dignità di essere uomini, la capacità di pensare, la memoria di sé. La parola “annientamento” assume un duplice significato: nel lager non solo si annienta l’uomo fisicamente, ma, prima che muoia, si annientano tutte le sue caratteristiche umane.
Lia affronterà la prigionia alternando momenti di rabbia e ribellione, con momenti di disarmante ingenuità senza mai perdere la speranza. I puri di cuore non conoscono confini, i puri di cuore non moriranno mai fino a quando si avrà memoria del loro sacrificio. Riflettiamo, cari lettori, riflettiamo quando ci lamentiamo nelle nostre case, con gli amici, in piena libertà. Quando non siamo mai contenti di nulla.
Leggendo “Quando dal cielo cadevano le stelle” ho ammirato il lavoro di ricerca e di studio condotto per realizzare questo libro. La scrittrice si è posta di fronte alla Storia e con fedele e scientifica ricostruzione del passato, ci ha narrato la vita, le emozioni, le ingiustizie, i pensieri di coloro che hanno subito la violenza disumana e la sopraffazione infinita dei lager. Ho ammirato molto l’impegno di Rebecca e Sofia Domino che con i loro romanzi sull’Olocausto hanno voluto ricordarci queste esperienze dolorose. Spesso è necessario “ricordare” per poter apprezzare ciò che di positivo viviamo quotidianamente e che a volte non sappiamo riconoscere.
Vorrei concludere questa recensione-riflessione con un’immagine:
Lia ora è libera, finalmente può sognare, amare, vivere. Lia è libera di oltrepassare il cancello di Auschwitz. Lia è libera di salire su per una scala infinita i cui pioli sono formati dall’amore, dall’amicizia, dal rispetto, dalla libertà, dalla voglia di vivere, dal desiderio di realizzare i propri sogni, dalla fiducia. Sale sempre più su Lia e raggiunge la volta celeste per riportarvi l’astro della speranza affinché dal cielo non cadano più le stelle.